Pessimismo nero

Pierluigi Sullo

da www.carta.org

E che né le sinistre varie e variamente collocate, né il sindacato, né quel che conosciamo come “movimento dei movimenti”, sembrano aver afferrato un qualche filo, nella matassa: tanto da potersi dire, per lo meno, che si è cominciato a fare un argine efficace.

Prendiamo un esempio semplice. La “legge obiettivo” del ministro Lunardi, ovvero una impressionante operazione finanziaria che minaccia di riversare sul territorio una quantità  di asfalto e cemento senza precedenti – con la sola ragione di “abbeverare il cavallo” – non frega niente a nessuno, da questa parte della società . “Abbeverare il cavallo” è un vecchia espressione e ha a che fare con la politica economica: significa pompare risorse pubbliche, per esempio in infrastrutture, o in consumi, allo scopo di ridare slancio alla produzione, alla crescita economica. Si può dire che la “legge obiettivo” è una tra le due o tre principali “riforme” berlusconiane, e ha una importanza decisiva nei rapporti tra il potere politico e le imprese (inclusa la Mafia Spa). Questo, senza nemmeno discutere del senso della parola “crescita” o “infrastrutture”, ecc. Ma Sergio Cofferati, intervistato da Rossana Rossanda sulla Rivista del Manifesto, indica la “crescita” come solo termometro della sanità  del paese, aggiunge che la crisi Fiat si supera ridando “competitività ” alle automobili prodotte dalla multinazionale, e completa il suo pensiero dicendo che l’economia si stimola facendo infrastrutture. Ora, magari Cofferati non è proprio contento del Ponte sullo Stretto, ma il suo orizzonte culturale è quello. Perché la sinistra dovrebbe opporsi a Lunardi?

D’altra parte, la Cgil è impegnata, ormai sola, nella difesa dell’articolo 18. La manovra del governo ha funzionato: Cisl e Uil stanno trattando, mentre la Cgil proclama uno sciopero generale. Più grave ancora, la Margherita, cioè Rutelli, non si oppone più a una qualche riforma di quell’articolo. Quel che il 16 aprile, con il grande sciopero generale, sembrava un fronte compatto, si è completamente disgregato. Perché? Perché l’idea che la “modernizzazione” consista nello smantellamento delle regole del mercato del lavoro è troppo solida, è quella che apparentemente ha tenuto al potere Tony Blair, ed è sostanzialmente condivisa anche dai Ds, i quali affiancano la Cgil solo perché non possono fare altro. A meno di miracoli, Berlusconi ha già  vinto questa partita, anche se resta da giocare il secondo tempo, e tutti noi correremo come pazzi (per restare in clima calcistico). Nel frattempo, possiamo domandarci: qual è l'”altra” proposta, sul mercato del lavoro, la protezione sociale, il reddito?

Rutelli ha voluto distinguersi anche sulla questione delle impronte agli immigrati. Dice che si potrebbero prendere a tutti, senza distinzione. Ottima idea. Fa il paio con i sistemi di controllo con telecamere che vengono installati in tutte le città , come quello sperimentale inaugurato a Bergamo tempo fa da Scajola. Se la sinistra francese, si è detto, ha perso le presidenziali perché si è lasciata trascinare in una discussione falsa sulla “sicurezza”, il leader dell’Ulivo ha deciso di giocare d’anticipo: se mi presento come Le Pen, dev’essere il ragionamento, frego i voti ai Le Pen. E in tutti i casi, è difficile gridare al razzismo, quando si sono voluti i “centri di detenzione temporanea” (come i Ds), e anche non volendo far pesare la cosa, ed è giusto non farla pesare, non rivangare, ecc., la corsa parte zoppa, sulla legge Bossi-Fini. Dobbiamo essere tutti grati alla Cgil per molti motivi, ma dov’era Cofferati quando i lavoratori stranieri venivano discriminati in base alla loro (arbitraria) “regolarità ” e sottoposti al ricatto della detenzione fuorilegge e dell’espulsione? Non aveva, questa circostanza, a che fare con le relazioni sindacali nelle fabbriche imbottite di ghanesi o marocchini?

E mentre succede tutto questo, quella cosa che avrebbe dovuto fungere da lievito, da moltiplicatore, da produttore di idee innovative, all’altezza dell’epoca globale che viviamo, il “movimento dei movimenti”, che fa? In sintesi, si può dire: a) che il senso comune per cui “il movimento è in crisi” si è diffuso come un virus nella posta elettronica; b) che questo è il riflesso della paralisi di un inopinato “Italian social Forum” (in english), che si è andato via via restringendo ad alcuni interlocutori “nazionali” impegnati a convocare manifestazioni, stendere documenti fondamentali, e decidere chi rappresenta chi e dove; c) che, di conseguenza, il Forum sociale europeo, da farsi a Firenze in novembre, è ad oggi una scatola vuota; d) che, infine, la grande diffusione di reti e forum sociali, e delle loro attività , sperimentazioni e connessioni, viene sostanzialmente ignorato da quel personale politico “nazionale”.

In fin dei conti, i soli ad opporsi a Lunardi sono quelli di Aosta, dell’Abruzzo, di Reggio e Messina, del comune di Venezia (il Mose), della Maremma, ecc. Per non parlare del fatto che a creare ambiti di relazione, solidarietà  e condivisione, con i migranti, sono le migliaia di associazioni sparse nel paese, che hanno creato anche fatti politici di prima grandezza, come la manifestazione di gennaio a Roma, e che oggi fanno di tutto, letteralmente, città  per città : dall’opporsi a nuovi centri di detenzione, come a Bologna, a creare occasioni di incontro e comprensione con le altre culture, in decine di città . E ancora, se il Municipio di Roma X sta per sperimentare una forma originale di reddito di cittadinanza, o il gruppo territorio del Milano social forum propone un ambizioso tentativo di ripensare la città  più liberista d’Italia, e decine di sindaci tentano di sperimentare il bilancio partecipativo, questo viene giudicato dalla cultura di sinistra come robetta locale, non degna di attenzione come il conflitto di classe a scala europea, anzi globale. Il che non impedirà  che le sperimentazioni si facciano, che le novità  di realizzino, che le reti sociali crescano. Ma, certo, non aiuta.

Spero di proiettare un pessimismo eccessivo sugli eventi di queste settimane nel nostro paese. Anzi, sono sicuro che sia così. Sono certo che sabato, a Roma, per la Fao (agricoltura? Alimentazione? Ogm?) ci saranno centomila persone, e che i forum riusciranno partecipati e vivi. Scommetto che Disobbedienti ed Attac, Cobas e Arci, Rifondazione e Lilliput, ecc., saranno tanto intelligenti, tutti quanti, da non comportarsi come i buoni, vecchi partiti di una volta, ciascuno coi suoi remi nella sua barca, e che sapranno ri-farsi la domanda di fondo (che peraltro, astrattamente, già  si fanno da tempo): cosa c’è di nuovo, in giro? In fondo, dipingersi la situazione nel modo peggiore possibile serve ad apprezzare anche il più piccolo segnale positivo. E’ un piccolo trucco psicologico, senza il quale continuare a fare Carta sarebbe impossibile.

I punti neri della Bossi-Fini

LUCA FAZIO

da il manifesto del 5 giugno 2002

Punto per punto, ecco il manifesto più avanzato del nuovo razzismo che presto tormenterà  la vita dei moderni schiavi della fortezza Europa.

Permesso di soggiorno.

Viene concesso soltanto a chi entra in Italia con un contratto di lavoro. I datori di lavoro dovranno rivolgersi alle ambasciate e ai consolati italiani all’estero per assumere stranieri. Il permesso di soggiorno durerà  2 anni e non più 3, e quando lo straniero perderà  il lavoro sarà  costretto a tornare nel suo paese (oppure a vivere in «clandestinità »). Scompare il cosiddetto «sponsor» previsto dalla legge Turco-Napolitano, cioè la possibilità  di entrare in Italia grazie a un cittadino disposto a fare da garante. Chi darà  lavoro a stranieri non in regola (teoricamente) rischia l’arresto da tre mesi a un anno e multe fino a 5.000 euro per ogni lavoratore senza permesso di soggiorno. In più, il datore di lavoro dovrà  garantire la disponibilità  di un alloggio per l’immigrato e anche una cauzione per il reimpatrio in caso di interruzione del rapporto di lavoro.

Carta di soggiorno.

Per ottenere la carta di soggiorno (che a differenza del permesso non scade) ci vorranno sei anni e non più cinque di permanenza in Italia.

Diritto d’asilo.

Chi entra in Italia per chiedere asilo politico (anche chi si presenta spontaneamente in questura) viene trattenuto in un centro di identificazione; da quel luogo sarà  impossibile allontanarsi, pena la perdita del diritto d’asilo. Se la richiesta viene respinta è possibile ricorrere al Tar, ma il ricorso non contempla la sospensione dell’espulsione.

Ricongiungimenti.

Chi è in regola con il permesso di soggiorno può chiedere il ricongiungimento familiare ma solo con il coniuge e con i figli minori; per il ricongiungimento con un figlio maggiorenne bisogna dimostrare che quest’ultimo non possa provvedere al proprio sostentamento. Difficile far entrare i genitori: devono aver compiuto 65 anni e nel paese di origine non devono avere altri figli in grado di mantenerli.

Ingresso di minori.

I minorenni che entrano in Italia non accompagnati da parenti sono ammessi per almeno tre anni ad un progetto di integrazione sociale di un ente pubblico o privato. Otterranno il permesso di soggiorno solo a 18 anni compiuti e l’ente gestore del progetto dovrà  garantire che il ragazzo è in Italia da almeno 4 anni, che ha una casa e che frequenta corsi di studio oppure che lavora.

Colf e badanti.

Ogni famiglia potrà  regolarizzare una sola colf, ma non è stato fissato un limite per le «badanti» che assistono anziani o portatori di handicap; la dichiarazione di emersione dovrà  essere presentata alle prefetture a due mesi dell’entrata in vigore della nuova legge.

Gli sportivi.

Per «tutelare i vivai italiani», anche per gli sportivi extracomunitari professionisti verrà  fissato un tetto di ingressi.

Quote di ingresso.

Entro il 30 novembre, il presidente del consiglio, in accordo con la conferenza stato-regioni, emana il decreto che fissa i numeri degli extracomunitari che possono entrare in Italia; decreto che però è diventato facoltativo, teoricamente significa che si potrebbe anche decidere di chiudere completamente le frontiere per un anno intero.

Contributi Inps.

I lavoratori immigrati che hanno versato anche meno di 5 anni di contributi potranno riscattarli anche qualora lascino l’Italia, ma solo al compimento del 65esimo anno di età  (traguardo difficilmente raggiungibile in alcune aree disagiate del mondo, 0, 0); la prima stesura della legge prevedeva che gli stranieri perdessero tutti i contributi versati.

Espulsioni.

Gli «irregolari», persone con documenti ma sprovviste di permesso di soggiorno, vengono espulsi con accompagnamento coatto alla frontiera: caricati a forza su navi e aerei.

Centri di detenzione.

La permanenza nei centri di detenzione per clandestini senza identità  certa passa da 30 a 60 giorni (e se non bastano per l’identificazione, allo straniero viene intimato di lasciare il paese entro 3 e non più 15 giorni).

Reato di clandestinità .

Chi rientra in Italia dopo essere stato espulso compie un reato punibile con un anno di carcere (il nuovo ingresso è consentito dopo 10 anni dall’espulsione).

Uso della Marina.

La nuova legge dà  maggiori poteri alle navi della marina militare per intercettare in mare aperto le imbarcazioni dirette verso le coste italiane. Sono previsti sconti di pena per gli scafisti pentiti che aiuteranno le polizie a individuare chi organizza i viaggi verso l’Italia.

Impronte digitali.

A tutti gli extracomunitari che chiedono il permesso di soggiorno (o il rinnovo) verranno prese le impronte.

Gli italiani ci rubano il lavoro!

Dal “Il cacao della domenica”. Newsletter di Franca Rame e Dario Fo del 12 maggio 2002. www.francarame.it

Niente di particolarmente strano se non fosse che la signora in questione aveva trascorso 17 anni della sua vita in Belgio come immigrata. Ed e’ un’amnesia straordinaria aver scordato di essere stata, a sua volta, trattata come una ladra di lavoro, forse anche borseggiatrice e anche un po’ puttana.

L’intolleranza verso gli immigrati, in Italia, e’ particolarmente odiosa perche’ siamo un popolo di antichi emigranti. Come ai tempi dell’antica Roma gli schiavi liberati diventano i piu’ ossessivi persecutori di chi non e’ un uomo libero.

A nulla serve parlare di popoli depredati di ogni risorsa, di un terzo mondo affamato dallo sfruttamento coloniale, di milioni di profughi creati da guerre condotte o fomentate dal nostro ricco occidente.

E neppure otterreste risultati ricordando, a molti italici che si professano cristiani, cattolici, credenti, che si trovano a non sopportare persone che hanno lo stesso colore della pelle, gli stessi occhi e gli stessi capelli crespi di Gesu’, oltre la stessa miseria. Ricordare loro l’importanza dell’amore, della carita’, della pieta’, delle quali in chiesa cantano laudi, sarebbe tempo perso.

Mentre da alcune parti si invita a imparare a convivere con la mafia, dall’altra si bombarda la platea televisiva giocando sul terrore, sul pericolo imminente, costituito da quegli intrusi pezzenti che arrivano stipati in carrette del mare che si sfasciano sulle nostre coste.

E qui si raggiunge l’apice dell’incongruenza.

Infatti stiamo reagendo alla presenza di alcuni malviventi senza scrupoli non colpendo questi, ma negando diritti civili essenziali a centinaia di migliaia di persone disperate, che vengono da noi alla ricerca di un’onesta possibilita’ di lavoro e di vita. E’ l’ennesima versione della sindrome afgana, come dice Sergio Frau: “Per trovare l’ago nel pagliaio si da’ fuoco al pagliaio”.

E non ci si rende conto che, cosi’, al contrario, si trascinano gli immigrati tra le braccia della criminalita’ organizzata.

Dovremmo rovesciare completamente la situazione: abbiamo bisogno di centinaia di migliaia di immigrati per far si’ che il nostro sistema produttivo regga. Le industrie del veneto non riescono a soddisfare le richieste di mercato per mancanza di manodopera. La Coldiretti ha addirittura annunciato che se non arrivano subito 20 mila nuovi immigrati si dovranno abbandonare tonnellate di frutti sulle piante. La situazione richiederebbe interventi costruttivi, agevolare l’arrivo di lavoratori, organizzare la loro accoglienza, case, servizi, aiuti dal punto di vista burocratico. Invece non si predispone nessun servizio e le leggi attuali rendono difficilissima l’immigrazione legale. Chi ha provato a rendere possibile l’ingresso di un lavoratore straniero sa quanto sia difficile, anche disponendo di un’assunzione immediata. E pure se si tratta di casi drammatici superare il muro della cecita’ burocratica e’ complicatissimo. Noi abbiamo toccato con mano la situazione. Sono nove mesi che tentiamo di far entrare legalmente in Italia una donna che vive, in Marocco, una situazione veramente drammatica e non ci siamo ancora riusciti pur disponendo di un contratto di assunzione.

Questa situazione da’ opportunita’ meravigliose a chi invece della legge se ne infischia, ingrossa le file di chi e’ disposto a pagare la mafia delle immigrazioni clandestine, restando poi in una situazione di ricatto e di sudditanza verso queste bande criminali. Di sicuro e’ indispensabile dotarsi di sistemi certi di identificazione di chi viene fermato senza documenti (e piu’ utile e semplice delle impronte digitali ci sembra una fotografia) ma non abbiamo l’impressione che si stia realmente agendo contro le centrali criminali. Un’amica extracomunitaria, una rispettabile professionista, ci ha raccontato costernata del percorso preferenziale che a volte trovano presso la burocrazia i magnaccia quando cercano permessi di soggiorno per le loro prostitute schiave… O qualcuno puo’ veramente credere che le decine di migliaia di prostitute straniere presenti in Italia siano tutte clandestine? Si e’ intolleranti verso i lavoratori stranieri e molto meno lo si e’ verso i banditi che sanno destreggiarsi tra leggi, avvocati e mazzette. E contemporaneamente si alimenta, in modo ottuso e stolto, il sospetto e l’insofferenza verso l’immigrato. Anni fa un giornale di provincia titolo’ in prima pagina: “Marocchino accoltella un italiano”.

Leggendo nelle pagine interne si scopriva che, invece, era stato il marocchino a finire all’ospedale con un coltello piantato nello stomaco. Ma chissa’ quanti avranno avuto il tempo di leggere tutta la storia.

Una modesta proposta sarebbe che tutte le reti televisive iniziassero a raccontare, ogni sera, la storia di un immigrato che lavora e che cerca di ricostruirsi una vita…

Ma, come si sa, l’extracomunitario onesto non fa audience.

GRANELLO DI SABBIA (n°51) Bollettino elettronico settimanale di ATTAC

Martedì, 28-05-2002

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Indice degli argomenti

Libri Feltrinelli/ATTAC Italia, Collana Nuova Serie:

Il Granello di Sabbia. I pro e i contro della Tobin Tax, a cura di Emiliano

Brancaccio e Riccardo Bellofiore (Pagine: 140, prezzo: Euro 8,0).

1 – Un Trattato europeo sulla Tobin tax

La Tobin tax è uno degli obiettivi più rinomati del movimento

anti-globalizzazione, un obiettivo acquisito si potrebbe dire. Attac Italia,

che ha promosso una campagna per una legge di iniziativa popolare, ha già 

raccolto 80 mila firme per portare il provvedimento in Parlamento e farne

oggetto di una discussione generale. (.)di Francesco Ruggeri (tratto da

Liberazione)

2 – Per la difesa e l’estensione dell’art. 18 Attac nella battaglia

referendaria per un altro mondo possibile

La centralità  del tema del lavoro nel dibattito di Attac non sta solo nella

capacità  dell’associazione di coinvolgere nel proprio percorso di

autoeducazione popolare orientata all’azione diverse componenti del mondo

sindacale e delle reti che lottano contro la precarietà  e l’esclusione. La

proposta di Attac, anche a livello internazionale, è quella di promuovere

nel dibattito sulla cittadinanza e per la promozione della democrazia

partecipativa la questione del lavoro, dei diritti, dei tempi e dell’

esclusione (.) Consiglio nazionale ATTAC Italia.

3 – Perché aderire alla battaglia referendaria per l’abolizione della legge

di parità  scolastica.

Tra i temi degli ultimi mesi di mobilitazioni e di lotte sociali, il diritto

a un’istruzione pubblica, laica, gratuita ha avuto un peso determinate,

capace di spingere nuovamente all’azione politica settori che da anni

sembravano avere abbandonato la lotta e la militanza; un ruolo determinante,

anche nella formazione di un nuovo movimento che ha saputo scardinare le

logiche televisive e antidemocratiche del ministro all’istruzione Letizia

Moratti. (.)Consiglio nazionale ATTAC Italia.

4 – Nel decennale delle stragi .

A dieci anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio che hanno cambiato la

nostra vita è triste e doloroso ammettere che, con ogni probabilità ,

soltanto i macellai che di tanto orrore furono gli esecutori materiali sono

oggi in galera, mentre sui mandanti esistono solo ipotesi e inchieste

archiviate per insufficienza di prove (.) di Ernesto Burgio (ATTAC Palermo)

5 – Il neoliberismo fa bene alla mafia

Il decennale della strage di Capaci va celebrato nella consapevolezza di

quanto è stato fatto – in positivo e in negativo – e di quanto è diventato

difficile il da farsi in una fase storica caratterizzata, a livello europeo,

dal dominio del pensiero e della pratica neoliberista. (.) di Giuseppe Di

Lello (ex magistrato, parlamentare europeo)

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Il Granello di Sabbia. I pro e i contro della Tobin Tax

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a cura di Emiliano Brancaccio e Riccardo Bellofiore

Libri Feltrinelli/ATTAC Italia, Collana Nuova Serie:

(Pagine: 140, prezzo: Euro 8,0).

Fornisce una esauriente definizione della proposta di Tobin, offre un

sintetico resoconto delle fondamentali questioni di economia politica in

essa richiamate ed è articolato in tre sezioni: una “introduzione” che

presenta i diversi aspetti della questione, argomentandone le ragioni; un’

antologia di scritti di James Tobin (tra cui il suo famoso primo articolo

del 1978) che delinea il retroterra culturale e politico dell’economista

americano e, infine, una scelta di saggi che presenta le più autorevoli

posizioni di critica (da destra e da sinistra) e di sostegno della Tobin

tax.

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1 – Un Trattato europeo sulla Tobin tax

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di Francesco Ruggeri (tratto da Liberazione)

La Tobin tax è uno degli obiettivi più rinomati del movimento

anti-globalizzazione, un obiettivo acquisito si potrebbe dire. Attac Italia,

che ha promosso una campagna per una legge di iniziativa popolare, ha già 

raccolto 80 mila firme per portare il provvedimento in Parlamento e farne

oggetto di una discussione generale. Quando si pensa al movimento no-global,

la Tobin è senz’altro uno degli elementi identificativi più immediati,

frutto di una elaborazione da parte di una antesignana del movimento stesso,

come Attac France.

Però la Tobin deve ancora riuscire ad affermarsi come legge e soprattutto

come proposta per un’altra idea di società : molti parlamenti anche in Europa

ne hanno già  discusso, ma non è stata ancora mai approvata in un paese

importante. La battaglia quindi ha bisogno di essere condotta con

determinazione e con nuove idee.

Su questo si è interrogato il convegno di due giorni organizzato da Attac

Italia (oggi la conclusione dei lavori), che ha cercato di analizzare i

possibili sviluppi di una campagna – che comunque in Italia è già  stata un

successo – che ha bisogno di divenire sempre più europea, soprattutto mentre

ci si avvicina al primo Forum sociale europeo. Asse centrale del convegno è

stato quindi proprio l’idea di un “Trattato europeo” sulla Tobin tax in

direzione di una vera e propria convenzione europea capace di coinvolgere

altre campagne e altre iniziative. Da questo unto di vista significativo è

stata la presenza e l’interesse dimostrati dalla “Campagna per

l’annullamento del debito” desiderosa di condividere con le reti di Attac

l’ipotesi di un utilizzo dei fondi reperibili attraverso questa tassa sui

capitali per lo sviluppo dei paesi poveri. In particolare l’economista

francese, Bruno Jetin, si è detto convinto che «i fondi della Tobin vanno

impiegati al 100 per cento per lo sviluppo dei paesi terzi e non nei paesi

occidentali perché altrimenti ci sarebbe il rischio di ulteriori diminuzioni

di fondi verso lo stato sociale». L’allargamento della Tobin è però anche

funzionale ad una maggiore “corposità  sociale” della campagna stessa. Nella

tavola rotonda che si è svolta ieri mattina è stato Riccardo Bellofiore a

ricordare come la Tobin sia «una misura molto piccola su una strada giusta»

di cui va valorizzato il possibile contenuto sociale «soprattutto in

direzione del mondo del lavoro». Questa possibilità  della Tobin è stata

ripresa fortemente anche dagli altri intervenuti, in particolare Gianni

Rinaldini, segretario nazionale della Fiom, il quale ha colto l’occasione

del convegno per ribadire “l’internità ” del sindacato metalmeccanico dentro

il movimento dei movimenti anche se Rinaldini ha sottolineato l’importanza

di consolidare le alleanze sociali soprattutto per quanto riguarda la difesa

dei diritti del lavoro. Questo nesso, del resto, è sempre stato presente tra

i promotori della campagna: Attac Italia ha sempre rivendicato la propria

funzione di cerniera tra il mondo del lavoro e quello del non lavoro, ma

anche tra le diverse anime del movimento. Certamente, uno dei limiti della

campagna stessa è che il movimento non l’ha fatta del tutto propria,

“appaltandola” ad Attac e quindi rinunciando a svilupparne le potenzialità .

Ora però, anche nel vivo della campagna referendaria per l’estensione

dell’articolo 18, che vede impegnati quasi tutti i soggetti del movimento,

questo nesso può essere riproposto offrendo così una nuova possibilità  di

sviluppo all’intero movimento. E’ Fausto Bertinotti, segretario nazionale di

Rifondazione comunista, a insistere su questa tonalità  esaltando la platea

quando ribadisce che «si può vincere: sia sulla Tobin, che sosterremo con

forza quando arriverà  in Parlamento, ma anche ora nell’immediato nella

campagna referendaria sia per quanto riguarda la raccolta delle firme che

successivamente, quando il referendum bisognerà  vincerlo nelle urne».

La Tobin quindi arriverà , probabilmente in autunno, nelle aule del

Parlamento e, sottolinea Fiorino Iantorno che del convegno è uno degli

organizzatori, «noi cercheremo di costruire un caso politico». La proposta

infatti dovrà  permettere di verificare le reali intenzioni del

centrosinistra rappresentato ieri al convegno sia dal vice-presidente del

Senato, Cesare Salvi, che dal presidente della Regione Toscana, Claudio

Martini – peraltro fischiato quando ha rivendicato la giustezza del vertice

Ocse previsto proprio a Siena il prossimo luglio. Dalle ambiguità  del

centrosinistra, in effetti, bisognerà  guardarsi: «la Tobin tax non deve

essere una moda» ha detto ad esempio Gigi Malabarba, capogruppo al Senato di

Rifondazione, anche lui convinto dell’importanza di consolidare le possibili

alleanze sociali che la Tobin può realizzare anche in direzione del mondo

del precariato «il primo a proporla».

Vedremo nei prossimi mesi, soprattutto intorno alla preparazione e allo

svolgimento del Forum sociale europeo, se questa indicazione di un

allargamento dei contenuti e degli strumenti a disposizione del movimento –

dalla Tobin, ai referendum, alla questione dei diritti sociali più in

generale – permetterà  di costruire piattaforme più complessive che facciano

muovere il movimento stesso più compattamente. Per ora rimane l’auspicio di

Riccardo Petrella, presidente onorario di Attac Italia che, chiudendo i

lavori del convegno, si è detto convinto che la Tobin deve essere inserita

«tra quegli strumenti a disposizione dei cittadini per affermare

concretamente il diritto alla vita».

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2 – Per la difesa e l’estensione dell’art. 18. Attac nella battaglia

referendaria per un altro mondo possibile

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Consiglio nazionale ATTAC

“La centralità  del tema del lavoro nel dibattito di Attac non sta solo nella

capacità  dell’associazione di coinvolgere nel proprio percorso di

autoeducazione popolare orientata all’azione diverse componenti del mondo

sindacale e delle reti che lottano contro la precarietà  e l’esclusione. La

proposta di Attac, anche a livello internazionale, è quella di promuovere

nel dibattito sulla cittadinanza e per la promozione della democrazia

partecipativa la questione del lavoro, dei diritti, dei tempi e dell’

esclusione. La democrazia nei luoghi di lavoro, la difesa dei salari e dei

diritti, la dignità  e la protezione sociale per i nuovi soggetti del non-

lavoro, la lotta per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti,

sono i terreni su cui Attac può dare un significativo contributo alle

battaglie del mondo sindacale (.)”.

Così recita il documento politico approvato all’unanimità  dall’Assemblea

Nazionale costitutiva di Attac Italia nel gennaio scorso a Bologna.

Oggi nel nostro Paese è in atto uno scontro sociale senza precedenti e

destinato da qui al prossimo autunno a radicalizzarsi: il governo

neoliberista e confindustriale di Berlusconi ha deciso di lanciare una sfida

frontale al movimento dei lavoratori e alle conquiste sociali di tutti. Il

neoliberismo è in crisi, e proprio per questo esaurisce tutte le sue

possibili mediazioni, mostrando il volto più duro della globalizzazione e

mirando alla desertificazione dei diritti sociali e ambientali, fino a

mettere a repentaglio la stessa salvaguardia del vivente.

Da questo punto di vista, l’attacco all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori

costituisce la testa d’ariete per un più generalizzato e sistematico

tentativo di minare alla base ogni diritto collettivo e ogni conquista

sociale acquisita: dai contratti nazionali ai diritti sindacali, dalla

protezione sociale alla sanità , dalla scuola pubblica alla previdenza,

dall’autodeterminazione di genere ai diritti dei migranti, dall’ambiente

agli spazi di democrazia.

Contro tutto questo da tempo un nuovo movimento – e Attac con esso – si è

prepotentemente affacciato sulla scena politica nazionale e internazionale,

proponendo un “altro mondo possibile”, ovvero la necessità  di una

trasformazione sociale attraverso la radicale fuoriuscita dalle politiche

neoliberiste, nonché la consapevolezza del fallimento di ogni illusione di

governabilità  delle stesse.

È un movimento la cui capacità  di tenere aperto lo spazio pubblico della

mobilitazione e della speranza ha favorito la ripresa di un nuovo

protagonismo del movimento dei lavoratori che, attraverso la grande

mobilitazione del 23 marzo e lo sciopero generale e generalizzato del 16

aprile scorso, ha ridato fiato alle lotte contro le politiche neoliberiste e

riattualizzato il tema della necessità  di una trasformazione sociale.

Da tempo riteniamo mature le condizioni per il passaggio da una fase di pura

resistenza alle politiche di disgregazione sociale ad una fase di offensiva

antiliberista, attraverso la messa in campo di vertenze capaci di produrre

conflitto e di spostare in avanti le lotte per un orizzonte diverso e

possibile.

Da questo punto di vista la campagna di Attac per l’introduzione della Tobin

Tax (campagna per la quale chiediamo a tutti i comitati locali la produzione

di un ultimo sforzo a coronamento del positivo risultato sin qui prodotto)

ha avuto la funzione di apripista, dimostrando la praticabilità  e la

capacità  di aggregazione di vertenze in grado di produrre uno sbocco in

avanti alle contraddizioni presenti.

È con la medesima convinzione che oggi riteniamo centrale l’adesione di

Attac al referendum per l’estensione dell’art. 18, così come a quelli per la

difesa del diritto alla salute e dell’ambiente e per il carattere pubblico

dell’istruzione, lanciati da diversi soggetti, ma di per sé in grado di

divenire terreno d’incontro tra forze politiche, sociali, sindacali e di

movimento che intendano muoversi nella direzione della costruzione di un’

alternativa.

Difendere ed estendere l’art. 18 significa, oltre che una battaglia di

giustizia contro la libertà  di licenziamento, la possibilità  di aprire una

nuova stagione di diritti, per affermare da una parte come “a stesso lavoro

debbano corrispondere stessi diritti”, e dall’altra porre le premesse per

una tutela generalizzata dall’arbitrarietà  di tutte le posizioni lavorative

precarie, atipiche e flessibili.

È per questo orizzonte che come CN di Attac abbiamo risposto favorevolmente

alla proposta formulataci di partecipare al Comitato nazionale promotore del

referendum per l’estensione dell’art. 18. Ed è il medesimo orizzonte che ci

spinge a invitare tutti i comitati locali di Attac – compatibilmente con le

energie di ciascuno – a farsi parte protagonista nei propri territori per la

riuscita della stagione referendaria, partecipando alla costituzione dei

comitati territoriali ed abbinando ai quesiti referendari la nostra campagna

per la Tobin Tax.

Per sconfiggere l’arroganza delle politiche neoliberiste, per riappropriarci

dei nostri diritti.

E perché tutti insieme è possibile.

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3 – Perché aderire alla battaglia refendaria per l’abolizione della legge di

parità  scolastica

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Consiglio nazionale ATTAC

Tra i temi degli ultimi mesi di mobilitazioni e di lotte sociali, il diritto

a un’istruzione pubblica, laica, gratuita ha avuto un peso determinate,

capace di spingere nuovamente all’azione politica settori che da anni

sembravano avere abbandonato la lotta e la militanza; un ruolo determinante,

anche nella formazione di un nuovo movimento che ha saputo scardinare le

logiche televisive e antidemocratiche del ministro all’istruzione Letizia

Moratti.

Nei mesi di novembre e dicembre le scuole e le facoltà  si sono riempite di

studenti, insegnanti, lavoratori della scuola e esponenti della società 

civile, tornando ad essere, dopo anni di silenzio, luogo di dibattito e di

partecipazione. Tale movimento ha avuto un punto di forte visibilità  con la

mobilitazione autorganizzata degli studenti che il 20 dicembre, con un

imponente corteo, hanno messo in luce le contraddizioni della kermesse

mediatica degli “stati generali” dell’istruzione, nati per legittimare la

pretesa “morattiana” di demolire la scuola pubblica e ridurla a un modello

aziendalistico e competitivo. Altri punti salienti di queste lotte sono

state le manifestazioni e gli scioperi, primo tra tutti quello del sindacato

di base, che vedeva la scuola come tema centrale, del 15 febbraio 2002.

Tuttavia, la battaglia per la difesa e l’estensione del diritto

all’istruzione è lontana dall’essere vinta. La campagna referendaria per

l’abolizione della legge di parità  scolastica può diventare un altro momento

decisivo di questa lotta, un nuovo momento per coagulare diverse forze di

mobilitazione ed esperienze, e per cominciare anche a proporre dei

cambiamenti concreti.

La legge di parità  scolastica, voluta dal ministro all’istruzione del

centro-sinistra Luigi Berlinguer, rappresenta una delle teste di ariete con

cui sono stati introdotti i nuovi principi ispiratori della svendita della

scuola pubblica. La sua abolizione avrebbe non solo un valore simbolico

fortissimo, ma soprattutto evidenti ricadute concrete, poiché quella legge è

uno dei presupposti giuridici della nuova scuola liberista, ed è avvalorata

e compiuta nei suoi effetti proprio dall’anti-scuola berlusconiana.

Questa legge garantisce che le scuole private possano essere considerate

offerte formative espresse dalla società  e in quanto tali godere degli

stessi vantaggi riservati alle scuole statali, senza però rispondere agli

stessi criteri di laicità , rispetto delle tutele sindacali e gratuità  che

valgono per la scuola pubblica. L’ipocrisia con cui l’allora ministro

giustificava (e tuttora giustifica) questa legge, che nemmeno quarant’anni

di governi di Democrazia Cristiana avevano potuto concepire, era la

responsabilità  che lo Stato dovrebbe assumersi nei confronti di quelle

famiglie e di quei ragazzi che scelgono un precorso differente da quello

statale. La nostra risposta è che lo stato, a quei ragazzi, ha già 

provveduto assicurando loro un sevizio pubblico di qualità , ma di fronte

alla scelta di un’impostazione particolare e connotata ideologicamente, non

vi può essere alcun onere per la collettività .

In realtà  le impostazione ideologiche che connotano questo disegno sono di

ben altra matrice; esse sottintendono la concezione che lo stato debba

essere eliminato dalla gestione dei servizi sociali e chiamato in causa solo

quando si tratta di proteggere e garantire la sopravvivenza e i guadagni

delle imprese private. È la stessa logica per cui diritti fondamentali come

la salute, la previdenza sociale, l’istruzione, sono visti come servizi e

beni commerciabili, per cui deve valere il principio di libera concorrenza:

più si paga, migliore sarà  l’erogazione del servizio; migliore l’erogazione

di questo servizio, maggiore la stabilità  dell’ente erogatore sul mercato.

Peccato che l’istruzione sia un diritto tutelato dalla nostra costituzione

(un fastidioso orpello che la legge di parità  aggira e che di fatto viola).

Questi motivi ci spingono a credere che la lotta contro questa legge non sia

un fenomeno marginale che interessa solo gli studenti, gli insegnanti e

poche altre categorie coinvolte in prima persona, ma una battaglia

fondamentale di civiltà  e di democrazia: un compito irrinunciabile per

contrastare il fondamentalismo dei mercati.

La trasformazione del diritto all’istruzione in un bene commerciabile, la

mercificazione del sapere che alberga dietro la filosofia della

privatizzazione scolastica è la stessa che regge il neoliberismo economico:

una trasformazione strutturale che taglia tutto ciò che appartiene all’idea

di stato sociale, imponendo un modello sociale di frammentazione e di

competizione tra individui, in nulla vincolati a un idea di collettività , e

di partecipazione democratica a ciò che spetta loro di diritto. La scuola

che emerge da questo disegno è in realtà  una fabbrica di conformismo

sociale, in cui passeranno i modelli della flessibilità , della

subordinazione di ogni interesse al mercato, di una qualità  vista come

efficientismo e conformità  passiva a standard predefiniti. Questo modello è

il necessario apparato ideologico e pedagogico di una società  fondata su

principi antisindacali, che fa leva sulla competizione tra lavoratori

singoli e tra categorie di lavoratori (padri e figli; immigrati e italiani;

clandestini e regolari, 0, 0); è anche lo strumento per costruire una società  che

faccia propria una distorta idea di identità  culturale, fondata

sull’ignoranza e sul disprezzo per la diversità  culturale; e che imponga la

religione come il fondamentale ambito di mediazione culturale, in un attacco

globale alla laicità .

Per queste ragioni invitiamo tutti ad aderire alla campagna referendaria

contro la legge di parità  scolastica, sostenendola attivamente; non possiamo

pensare di escludere la lotta per il diritto all’istruzione dal nostro

orizzonte di lotta antiliberista; non possiamo pensare che un altro mondo

sia possibile se non lavoriamo, per costruirlo, a partire dal diritto

all’istruzione, alla critica, alla consapevolezza.

_____________________________

4 – Nel decennale delle

stragi .____________________________________________________________

di Ernesto Burgio (ATTAC Palermo)

A dieci anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio che hanno cambiato la

nostra vita è triste e doloroso ammettere che, con ogni probabilità ,

soltanto i macellai che di tanto orrore furono gli esecutori materiali sono

oggi in galera, mentre sui mandanti esistono solo ipotesi e inchieste

archiviate per insufficienza di prove

Ma oggi, 23 maggio 2002, nel decimo anniversario della strage che costò la

vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonino Montinaro, Rocco Di

Cillo, Vito Schifani abbiamo reputato nostro dovere adoperarci perché, se

anche sul piano giudiziario non è stato possibile portare a termine le

indagini, la gente sappia quali inquietanti scenari questa ennesima tragedia

italiana riveli a uno sguardo più attento

Convinti del fatto che, ancora una volta, non si stia facendo abbastanza

perché la gente sappia, ci limiteremo qui a indicare con chiarezza alcuni

dati di fatto su cui ormai concordano molti osservatori e testimoni attenti

e desiderosi di rispettare la memoria di chi ha dato la propria vita nella

lotta contro una criminalità  internazionale che negli ultimi decenni è

riuscita a corrompere e, in taluni casi, a infiltrare governi, parlamenti e

istituzioni politico-finanziarie sopranazionali.

Crediamo in particolare che sia venuto il momento di dichiarare

pubblicamente:

– che la decisione di eliminare, con una messa in scena plateale, Falcone e

soprattutto Borsellino (la cui “esecuzione” fu subito giudicata inutile e

controproducente per la mafia siciliana) maturò con grande probabilità  in

ambienti esterni a Cosa Nostra

– che parecchi collaboratori di giustizia hanno fatto in tal senso nomi

precisi: nomi di personaggi molto potenti oggi in Italia e nel mondo

– che pressioni di ogni tipo hanno costretto le procure ad archiviare i

procedimenti a carico di questi probabili assassini; ma se in sede

giudiziaria è necessario avere prove inconfutabili a carico di singoli

individui. in sede di denuncia pubblica, non è necessario fare nomi precisi

e ci si può limitare a denunciare gli scenari inquietanti che numerose

testimonianze hanno evocato (.)

– che questa è una situazione tutt’altro che nuova nel nostro paese, se è

vero che da Portella della Ginestra in poi tutte le stragi di Stato sono

rimaste impunite: nella migliore delle ipotesi hanno pagato gli esecutori,

mai i mandanti. Non si vede per quale motivo si debba supporre che le stragi

del ’92 rappresentino l’eccezione alla regola

– che Falcone aveva annotato nel suo personal computer tutto ciò che sarebbe

servito a far luce sul suo lavoro e sulla sua propria (possibile) morte. e

che il computer fu manomesso dagli inquirenti;

– che anche Borsellino aveva sempre con sé un’agenda personale in cui

annotava i fatti più significativi della sua vita. e che qualcuno si premurò

di far scomparire anche questa dalla scena del delitto

– che nel luogo della strage di Capaci fu trovato un foglietto con un numero

telefonico del Sismi

– che Riina cercò di trattare con uomini delle istituzioni la propria resa e

che è difficile non rimanere colpiti dalla constatazione che il numero 1 di

Cosa Nostra, imprendibile per decenni, si sia praticamente arreso poco dopo

le stragi e che in quegli stessi anni (’89-93) in cui l’intero ordine

planetario mutò, a seguito dell’implosione dell’Impero sovietico, saltarono

molti altri gangli del vecchio sistema di controllo politico-mafioso del

mondo (non solo Riina e Caruana-Cuntrera, ma anche personaggi quali Escobar

e Kun Sa, Marcos, Siad Barre e Noriega.)

– che già  alla fine degli anni ’80 un altro giudice, Carlo Palermo, anche

lui vittima di un attentato mafioso nel quale persero la vita una donna e i

suoi due bambini, aveva rivelato l’impressionante intreccio di interessi

criminali internazionali che legava tra loro uomini politici, banchieri,

mafiosi, speculatori, faccendieri, imprenditori, massoni (P2), uomini dei

servizi segreti, ex-generali del kgb, agenti della Cia, sicari e terroristi

della destra eversiva internazionale. tutti attori e comparse, burattinai e

burattini di un dramma mondiale in cui si intrecciavano i traffici più

ignobili e micidiali: quello delle armi e quello della droga, quello dei

(nuovi) schiavi e dei migranti e quello – che tutti li permette e sostiene –

di valuta

– che lo stesso Carlo Palermo quando seppe della strage di Capaci dichiarò a

tutte lettere che la morte di Falcone doveva essere collegata a questo

senario politico-criminale globale

– che è dimostrato come da qualche tempo Falcone non solo indagasse nella

rete intricata di paradisi fiscali, finanziarie ombra e istituti di credito

off shore in cui scorreva il flusso insanguinato di narco e petrodollari che

era (ed è) frutto di questi traffici. ma avesse anche iniziato a occuparsi

di Gladio, la struttura militare clandestina organizzata dai servizi segreti

italiani su precise direttive dei servizi segreti americani e sospettata di

essere stato il tramite principale dei finanziamenti allo stragismo di Stato

e al terrorismo nero nel nostro paese (Gladio era rimasta occulta per

decenni: la sua esistenza era stata da poco ufficialmente svelata al paese

dal presidente del consiglio Giulio Andreotti e il Presidente della

Repubblica Francesco Cossiga aveva dovuto dimettersi esattamente un mese

prima della strage di Capaci, per evitare l’impeachment)

– che indagare su Gladio avrebbe portato Falcone a collegare definitivamente

tra loro alcuni fili che non bisogna(va) collegare: lo stragismo nero, la

strategia Nato in Italia e in Europa, l’utilizzo della mafia siciliana da

parte dei servizi segreti americani (l’Oss nell’immediato dopoguerra, la Cia

a partire dal 1947) e della Democrazia Cristiana, il ruolo di Gelli e della

P2 e quello di Sindona, Calvi Marcinkus e di altre figure inquietanti di

quel sottobosco criminal-polit6ico-finanziario che per decenni ha operato

nell’ombra con il fine preciso di impedire che in Italia (e in altri paesi

europei) si realizzasse una vera democrazia (e che i partiti di sinistra

conquistassero il Potere)

A questo punto crediamo di aver fornito dati sufficienti a delineare un

quadro interpretativo abbastanza chiaro e credibile: ci sembra infatti

possibile affermare sulla base di quanto appena accennato

– che le stragi del ’92 debbano essere inserite nel più ampio contesto

politico-criminale internazionale e nazionale (in questo senso è anche

importante ricordare come esse siano avvenute nel momento drammatico in cui

Mani Pulite aveva causato la crisi definitiva della Prima Repubblica e dei

partiti che per mezzo secolo erano stati i principali soggetti della vita

democratica del nostro paese; che la mafia aveva da poco decretato la morte

di alcuni ex alleati che non erano più in grado di garantirla e cercava

nuove alleanze; che si preparava a scendere in campo un nuovo soggetto

politico, che avrebbe avuto un ruolo molto significativo negli anni a

venire: Forza Italia.)

– che, come suggerito dallo stesso giudice Palermo e da molti altri

osservatori, a decidere le stragi del ’92 siano stati quei potentati

finanziari e criminali internazionali che non potevano permettere che le

indagini dei due giudici siciliani penetrassero nei misteri di Galdio/Stay

Behind, fino a svelare gli intrecci perversi tra politica, mafia, finanza

internazionale, servizi segreti più o meno deviati e destra internazionale

eversiva..

Per concludere e per chiarire quelle che a nostro parere sono le vere cause

di un silenzio colpevole che dura tuttora e dell’estrema pericolosità  di

questa situazione vogliamo almeno abbozzare due importanti considerazioni:

– se oggi in Italia si minaccia quotidianamente l’indipendenza della

magistratura e si cerca di di imbrigliare e controllare l’intero sistema

dell’informazione, di disintegrare la sanità  e la scuola pubbliche, di

smantellare lo Stato sociale, di annullare i diritti acquisiti dai

lavoratori in decenni di lotte, di distruggere le maggiori forze politiche e

sindacali di sinistra. è facile riconoscere in tutto questo la concreta

attuazione del cosiddetto Piano di Rinascita democratica messo a punto

proprio da quella famosa Loggia P2 che per decenni è stata la vera centrale

operativa di Gladio e probabilmente dello stragismo di destra nel nostro

paese

– da anni alcuni noti studiosi del processo di globalizzazione neoliberista,

primo fra tutti Noam Comsky, sostengono che ci sono attualmente nel mondo

alcune centinaia di personaggi (in larga misura banchieri e gestori di fondi

pensi

Legambiente e il Parco.

Quindi, SI al parco – opportunità  e non ostacolo.

Custodendo le tradizioni culturali e le abilità  locali ancora utili (che si sono affinate in secoli di utilizzo del nostro territorio) il parco dell’Alta Murgia, potrà  essere l’ancora di salvezza dell’agricoltura di qualità  che le mono-colture e i grandi mercati stanno distruggendo.

(Un conto, ad esempio, è comprare del caciocavallo in un ipermercato, altra cosa è comprarlo, col marchio del parco, in una masseria della Murgia)

Mantenere vive e dare un futuro a queste abilità  significa conservare il patrimonio e le diversità  naturali e culturali della nostra terra, sulle quali gravano serie ipoteche negative come: discariche abusive, depositi di scorie nucleari, spietramenti, ecc.

Un parco omogeneo, non un parco – groviera frutto di elaborazioni prive di criteri logici e ambientali, dettate solamente da interessi privati.

La riqualificazione del territorio della Murgia e dell’economia legata ad esso, non è un sogno grazie alle ricadute economiche e turistiche che si avranno con l’istituzione del Parco Dell’Alta Murgia.

Il fattore parco ha sempre donato valore aggiunto alle attività  economiche e agli immobili legati ad un’area protetta.

Se pensiamo poi che ben un terzo dei comuni italiani può beneficiare di questo fattore perché collocato dentro un’area protetta, salta agli occhi il potenziale economico che ne deriva per la nostra città .

Ma il tempo è denaro!!! e qui ne stiamo perdendo molto!!!

La settimana dei parchi è un’occasione per ribadire l’efficacia dei parchi nazionali come modello di tutela e sviluppo.

Ed è un momento per sollecitare ancora una volta le amministrazioni dei Comuni interessati dall’istituendo Parco a “darsi una mossa”.

Essere dentro un’Area protetta significa premere con decisione sull’acceleratore dell’economia.

Le norme di salvaguardia sono già  state approvate da tutti i comuni interessati;

Manca la proposta di perimetrazione del Comune di Altamura, su cui pare assai difficile raggiungere un accordo con le associazioni di categoria e sulla quale si sono adoperate le menti creative di tutti i possibili interessati.

I Legambientini pensano che sia “cosa buona e giusta” risolvere al più presto la fase della concertazione e giungere finalmente ad una posizione definitiva.

Clicca con il tasto destro del mouse e scarica da qui il file .doc con i dati a supporto dell’intervento.

ECCO LE MIGLIORI LOCALITÁ BALNEARI

COMUNICATO STAMPA DI LEGAMBIENTE-PUGLIA

Il responso della “Guida Blu 2002” di Legambiente e

Touring Club Italiano, presentata oggi a Roma in una

gremita confrenza stampa, premia la Puglia,

attribuendo ad Otranto e alle Isole Tremiti le ambite

“5 vele”. Insieme alle due città  pugliesi vengono

attribuiti i massimi riconoscimenti ad Ustica, perla

nera del Mediterraneo, Cinqueterre, miniature della

riviera ligure, Pantelleria, sperduta e ventosa,

Pollica, incastonata del Parco del Cilento, Tropea,

splendida terrazza sul Tirreno calabrese, Castiglione

della Pescaia, linda e con il magnifico centro

storico, Arbus, dalle selvagge spiagge battute dal

maestrale, Sirolo, a picco sulle bianche pareti del

Monte Conero.

La “Guida Blu” rappresenta ormai un vero e proprio

vademe***** dell’estate con le segnalazioni delle

migliori 225 località  costiere, che vede insieme alle

dieci località  al top della classifica, anche altri

215 comuni marini segnalati, con una, due, tre o

quattro vele, in questa mappa che intende coniugare

mare, ambiente e buona ospitalità , in altre parole

buone occasioni di vacanza nel rispetto del

territorio. E poi le 300 spiagge più belle d’Italia,

le 50 aree marine protette e i più significativi 100

punti di immersione segnalati da Legambiente. Il tutto

racchiuso in un volume di 320 pagine con più di 250

foto a colori realizzato dal Tci editore con il

consueto rigore e la caratteristica grande attenzione

riservata sia alla facilità  di consultazione sia alla

gradevolezza estetica.

“Anche quest’anno la classifica della Guida Blu ha

segnalato le città  pugliesi dove si è riusciti a

coniugare meglio lo sviluppo turistico con la tutela

del paesaggio e dell’intero territorio – ha dichiarato

Massimiliano Schiralli, presidente regionale di

Legambiente -, attivando interventi di recupero e di

valorizzazione dei litorali, azioni di restauro dei

centri storici e di lotta contro ogni tipo di

speculazione edilizia. Purtroppo nel complesso la

situazione pugliese non è delle migliori visto che si

prefigura una corsa alla cementificazione selvaggia

sui litorali, grazie ai numerosi progetti di porti e

di insediamenti turistico alberghieri localizzati in

aree decisamente sensibili sotto il profilo

ambientale”.

“Siamo preoccupati dai recenti dati diffusi dal

Ministero dell’Ambiente che indicano una decisa

diminuzione della costa balneabile, con un decremento

rispetto all’anno passato di ben 15,2 chilometri – ha

continuato Angela Lobefaro, segretaria regionale di

Legambiente -, inoltre, non dobbiamo dimenticare che

la nostra regione è ai primi posti nella classifica

nazionale delle “Ecomafie” proprio con riferimento

alle attività  illecite nel cosiddetto “ciclo del

cemento”. Occorre invertire la tendenza di molti Enti

locali e sviluppare una politica di tutela del

paesaggio e delle immense risorse naturalistiche

pugliesi”.

Come per ogni oscar che si rispetti le località 

premiate sono state selezionate da una qualificata

giuria di esperti, che dei circa 483 comuni costieri

definiti “centri balneari” dal Tci, ne ha selezionati

225. Tutte le località  prese in considerazione hanno

totalizzato un punteggio superiore alla sufficienza:

come dire che ognuna delle località  presenti nella

Guida Blu merita di essere scelta come meta per una

vacanza più o meno breve, per una gita durante il fine

settimana o almeno per una visita di passaggio. Su

ognuno di questi Comuni sono stati raccolti dati sulle

caratteristiche ambientali e ricettive, integrati con

le valutazioni espresse dai circoli di Legambiente e

dall’equipaggio della Goletta Verde, la storica

campagna di Legambiente che da 16 anni tutte le estati

passa al microscopio il mare italiano e le coste

italiane. Il giudizio attribuito a ciascuna località ,

dalle 5 vele assegnate alle dieci migliori fino ad 1

vela, è dunque il frutto di valutazioni ricche ed

approfondite. Grosso modo i parametri presi in esame

possono essere suddivisi in due categorie: la qualità 

dei servizi ricettivi e la qualità  ambientale del

territorio del Comune. Così, vi sono certamente

località  naturalisticamente più significative delle

dieci premiate con le 5 vele, ma che non offrono

servizi turistici di eccellenza. Come ve ne sono con

strutture ricettive impeccabili dove, però, il

territorio marino e costiero è stato più o meno

gravemente compromesso. Complessivamente gli

indicatori considerati sono 128, provenienti dalle

banche dati di Istat, Ancitel, Sist, Cerved, Ministero

della Sanità , Enit, Touring Club, Enel, Istituto

Ambiente Italia e naturalmente da Legambiente. I 128

indicatori sono stati raggruppati in 13 classi:

paesaggio naturale, paesaggio costiero, paesaggio

urbano, qualità  del costruito, vivibilità , capacità 

ricettiva, servizi turistici, mobilità , ciclo dei

rifiuti, ciclo delle acque, sostenibilità ,

balneabilità  e spiaggia, oltre il mare, sub, servizi

ai disabili. A ciascun comune è stato assegnato un

punteggio da 1 a 100, poi sintetizzato

nell’assegnazione delle vele. Poi ovviamente c’è anche

un giudizio che tiene conto delle aspettative dei

“turisti non per caso”: quelli che cercano nelle

vacanze oltre all’albergo, all’ombrellone in spiaggia,

alla discoteca e allo struscio sul lungomare anche

l’opportunità  di passare un periodo in uno di quei

tanti luoghi che rendono straordinario e affascinante

il Belpaese. E proprio i turisti, anzi, con il loro

giudizio hanno contribuito alla definizione del numero

di vele da assegnare ad ogni località : il popolo dei

vacanzieri, rispondendo ad un questionario di

Legambiente, ha fatto salire o scendere il voto

finale.

Ecco nel dettaglio le motivazioni che hanno

determinato il riconoscimento delle 5 Vele della Guida

blu 2002 alle 2 città  pugliesi: Otranto, città 

salentina preservata dalla speculazione edilizia che

caratterizza buona parte del nostro meridione per una

serie di fortunate concause (pretura tradizionalmente

attiva contro gli abusi edilizi, una serie di

proprietà  ecclesiastiche e zone militari e

amministrazioni comunali che, anche nell’alternanza

politica, hanno continuato a perseguire misure di

valorizzazione e tutela). Il salto al primo posto lo

si deve al superamento di un vecchio divieto di

balneazione che insisteva su una baia nei pressi del

porto. Nel corso dell’ultimo sono stati collegati al

depuratore gli ultimi insediamenti che ancora

scaricavano a mare. L’amministrazione comunale ha

portato avanti una battaglia per la tutela del faro di

Punta Palacia e ha realizzato percorsi di

cicloturismo. E’ stato decretato il vincolo di

inedificabilità  assoluta per un’ampia zona a sud di

Otranto, sulla quale non sono ammesse neppure le

volumetrie concesse per insediamenti agricoli. E’

stato realizzato infine un altro parcheggio per

servire il centro storico, uno dei più grandi del

Salento. L’amministrazione ha addirittura rifiutato

un’offerta della Valtur che pretendeva di realizzare

un insediamento turistico nella zona a sud della

città . Le Isole Tremiti, sono state modellate dal moto

ondoso e dal vento in un suggestivo susseguirsi di

scogliere, insenature rocciose, grotte, archi naturali

e calette isolate, in un armonico alternarsi che si

ripete nelle parti sommerse. I fondali delle isole

rappresentano, infatti, un’area di importantissimo

valore naturalistico sia per i popolamenti vegetali ma

soprattutto per le diversificate comunità  animali che

qui trovano le condizioni adatte per insediarsi,

alimentarsi e riprodursi. Al fine di tutelare e

valorizzare questo meraviglioso patrimonio naturale, è

stata istituita l’Area Marina Protetta “Isole

Tremiti”, gestita dal Parco Nazionale del Gargano.

Alle bellezze naturalistiche, si affianca il

patrimonio storico-archeologico: numerose tracce sulle

Isole Tremiti rilevano la presenza dell’uomo sin

dall’antichità . Mare, natura, storia dunque, ma anche

l’impegno a conservare e valorizzare uno degli

arcipelaghi più suggestivi del nostro mare mediante

l’attivazione di un rete di depurazione delle acque,

la predisposizione di un sistema di trasporti pubblici

urbani tramite bus elettrici sull’isola di S. Domino,

sono alcune tra le iniziative che l’amministrazione

comunale ha messo in cantiere per ridurre l’impatto

antropico sulle “isole di Diomede”

Immediatamente a ridosso delle due regine dell’estate

troviamo Giovinazzo, Mattinata e Nardò con “quattro

vele”, mentre ben 12 località  raggiungono le “tre

vele” (Castrignano del Capo, Castro, Chiuti, Ginosa,

Lesina, Peschici, Salve, Sannicandro Garganico, Trani,

Tricase, Ugento e Vieste).

Nella Guida Blu 2002 anche la segnalazione delle

spiagge più belle d’Italia. Le spiagge pugliesi

descritte nella pubblicazione sono ben 31, come ad

esempio “Cala pietre di fucile” presso le isole

Tremiti, “Punta rossa” e la “Spiaggia del monaco” in

provincia di Foggia, “Torre Egnazia” e la “spiaggia

del fiume Morello” in provincia di Brindisi, “le

falesie di Sant’Andrea” e “le piscine di Santa

Cesarea” in provincia di Lecce o, ancora “Punta

Prosciutto” in provincia di Taranto. Si tratta di

località  spesso poco note, frequentate magari dai soli

residenti o in alcuni casi raggiungibili dopo

estenuanti trekking o seguendo itinerari conosciuti

solo da pochi privilegiati. 300 angoli di paradiso

sparsi lungo le coste del nostro paese, descritti in

ogni dettaglio con tanto di indicazioni come

raggiungerli e su qual è il periodo migliore per

frequentarli. Proprio per questo è d’obbligo una

raccomandazione: sono luoghi da “maneggiare con cura”,

evitando quei comportamenti dannosi per l’ambiente

così frequenti purtroppo sulle spiagge più affollate.

Profondo Blu. La sezione dedicata ai subacquei: cento

immersioni da non perdere, cento tuffi nel blu alla

scoperta dei paradisi sommersi dei nostri mari,

raccolte grazie ai circoli subacquei di Legambiente.

Per ognuna di esse abbiamo cercato di fornire le

informazioni fondamentali: la profondità  massima

consigliata, le caratteristiche dell’immersione, le

condizioni di visibilità  che più frequentemente si

incontrano e il riferimento del diving o del circolo

subacqueo di Legambiente, un dato prezioso per chi

vuole entrare in contatto con esperti del luogo. Delle

cento immersioni, ne abbiamo evidenziate venti che, a

nostro giudizio, sono le più significative, quelle che

decisamente non possono mancare nel libretto di un

buon subacqueo. Per la Puglia sono indicate 13

spiagge: da “Cala incina” a Polignano a “Punta Facì ad

Otranto, dal “tunnel del diavolo ad Otranto o da Punta

Meliso a Santa Maria di Leuca a “Punta Secca” alle

Isole Tremiti.

UFFICIO STAMPA

LEGAMBIENTE PUGLIA

LA MURGIA STA DIVENTANDO UNA PATTUMIERA

Legislatura: XIV Ramo: Camera

Tipo Atto: INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE Numero atto: 5/00910

Data presentazione: 08-05-2002

Seduta di presentazione: 140

Presentatore

PIGLIONICA Donato DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

Cofirmatari

VIGNI Fabrizio DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

VIANELLO Michele DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

ROSSI Nicola DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

ROSSIELLO Giuseppe DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

SASSO Alba DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

CALDAROLA Giuseppe DEMOCRATICI DI SIN.-L’ULIVO (DS-U)

Stato Iter

Iter in corso

Destinatari

Data

MINISTERO DELL’AMBIENTE

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

Argomento

SCARICHI E DISCARICHE

SEQUESTRO GIUDIZIARIO

TUTELA DELL’ AMBIENTE

ZONE AGRICOLE

Fasi Iter (DA ASSEGNARE IN COMMISSIONE)

Testo dell’Atto

Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. – Per sapere – premesso che:

a seguito di una indagine della procura della Repubblica di Bari nell’ultima settimana di aprile sono state sequestrate alcune aree agricole adibite a discariche abusive, la principale delle quali si trova nel comune di Santeremo in Colle;

nell’ambito della stessa operazione sono stati eseguiti anche alcuni arresti;

nelle aree in questione risulterebbero tra l’altro smaltiti rifiuti tossici provenienti da lavorazioni industriali;

nella regione Puglia, commissariata da circa 8 anni per l’emergenza ambientale, quasi quotidianamente la stampa riporta di sequestri di

aree adibite a discariche abusive, mentre persiste una preoccupante carenza di programmazione in un settore di vitale importanza per la tutela dell’ambiente;

nella regione Puglia solo recentemente è stata istituita una agenzia regionale per la protezione ambientale, con una strutturazione della stessa alquanto precaria;

alcune aree dei territorio regionale, e la Murgia in particolare, appaiono per conformazione, vastità  e scarsa antropizzazione particolarmente a rischio per i fenomeni finora descritti;

le aree in questione sono in parte localizzate all’interno di aree potenzialmente inserite all’interno del perimetrando Parco dell’Alta

Murgia, significando così che trattasi di aree di particolare valore ambientale;

un recente report di Legambiente indica la Puglia al quarto posto in Italia per numero di reati ambientali -:

se siano state effettuate dall’ANPA valutazioni del danno ambientale concretizzatosi;

quali interventi intenda adottare a tutela delle areee del perimetrando Parco dell’Alta Murgia.

(5-00910)

L’Assopim ed i Consorzi citano in giudizio il Comune

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA – SEDE DI BARI

RICORSO

del CONSORZIO DI SVILUPPO MURGIANO in persona del legale rappresentante pro-tempore sig. Antonio Traetta;
dell’ASSOPIM in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. Carlo Maria Martino;
del CONSORZIO SAN MARCO S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Di Leo Costantino; tutti rappresentati e difesi – anche disgiuntamente – dagli Avv.ti Prof. Carlo De Bellis ed Angelo Montemurno ed elettivamente domiciliati in Bari alla via … , per mandato a margine;

contro

il COMUNE DI ALTAMURA, in persona del Sindaco pro-tempore;

per l’annullamento

a. della delibera del Consiglio Comunale di Altamura n. 37 del 15 febbraio 2002 (pubblicata con affissione all’Albo pretorio dal 28 febbraio 2002 al 15 marzo 2002) avente ad oggetto: “Questioni urbanistiche relative agli insediamenti produttivi. Atto di indirizzo”?;

b. di ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e conseguenziale ivi compresa:

– la delibera del C.C. n. 3 del 2 gennaio 2002 (pubblicata con affissione all’Albo pretorio daI 29 gennaio 2002 al 13 febbraio 2002) ad oggetto: “Verifica dello stato dell’iter procedurale relativo alle progettazioni in ordine all’applicazione delle ll. rr. 34/94 e 8/98. Atto di indirizzo”?;

Ed ove occorra:

– i pareri legali acquisiti in ordine alle procedure inerenti gli accordi di programma in questione.

per l’accertamento

dell’inadempimento del Comune di Altamura all’obbligo di dare esecuzione agli “Accordi di Programma”? approvati giusta D.P.G.R. nn. 460 e 461 del 13.9.2001, pubblicati sul B.U.R.P. n. 144 del 27.9.2001, con la sottoscrizione della convenzione attuativa dell’accordo (già  sottoscritta dalle varie imprese) ed a procedere all’immediato rilascio delle concessioni edilizie già  presentate dalle imprese socie dei consorzi ricorrenti;

nonché, per la condanna

del Comune di Altamura al risarcimento di tutti i danni derivanti dalla illegittima adozione dei provvedimenti impugnati.

* * *

1. I Consorzi ricorrenti (in nome e per conto di aziende aderenti al patto territoriale “Sistema murgiano”?) il 3.11.98 hanno presentato al Comune di Altamura domanda di attivazione delle procedure previste dalla L.R. 34/94 (già  modificata dalla successiva L.R. 8/98) per la realizzazione di infrastrutturazioni di aree per insediamenti produttivi in contrada “Cenzovito”? (Consorzio Sviluppo Murgiano) ed in contrada “Curtaniello”? (Consorzio San Marco).

Le aree interessate dagli interventi erano (all’epoca) tipizzate dal P.R.G. come zona agricola, ubicata in prossimità  della S.S. 96 ossia in una delle direttrici in precedenza individuate dall’Amministrazione per interventi consimili.

Nella domanda di attivazione della procedura semplificata ex L.R. 34 (finalizzata alla più celere realizzazione di opifici produttivi) i Consorzi ebbero ad evidenziare la possibilità  di incrementare l’impiego occupazionale delle aziende aderenti di oltre 700 unità  lavorative (rispetto a quelle già  in dotazione, 0, 0); nonché ebbero a rappresentare la necessaria propedeuticità  ed urgenza di tali interventi per acquisire i finanziamenti previsti dal patto territoriale per le infrastrutturazioni e per le iniziative delle singole aziende (cfr. nota protocollata dall’Amministrazione comunale al n. 30245 del 5.11.98).

2. Con delibera di G.C. n. 950 del 10.11.98, il Comune di Altamura espresse il proprio assenso all’iniziativa evidenziando che “i richiesti insediamenti non sono attualmente possibili nelle zone destinate alla produzione dal P.R.G. in quanto le stesse o risultano insufficienti ed esaurite ovvero (vedi P.I.P.), sono sfornite di strumento urbanistico esecutivo operante e di specifica normativa per il convenzionamento, precisando che la richiesta attiene ad area posta su una delle direttrici, via Bari indicata dall’Amministrazione comunale per insediamenti di cui alle ll.rr. nn. 34/94 e 8/98”?.

3. Con successiva delibera di giunta (n. 951 del 10.11.98), il Comune di Altamura approvava anche il progetto per le infrastrutture degli insediamenti produttivi in contrada “Cenzovito”?.

4. A seguito dell’adozione dei provvedimenti giuntali indicati sub 2. e 3., il dirigente della ripartizione tecnica comunale, nominato responsabile del procedimento, provvedeva all’istruttoria delle istanze ex L.R. 34/94 e 8/98 ed alla loro trasmissione alla Regione Puglia per l’adozione dei consequenziali provvedimenti necessari alla approvazione dell’accordo di programma e della variante al P.R.G..

5. Va incidentalmente premesso: l’iter di approvazione dei menzionati accordi di programma ha avuto una fase istruttoria particolarmente approfondita. È infatti accaduto che alcuni proprietari di aree dalla estensione di oltre 100 ettari in contrada “Iesce”?, destinata dal P.R.G. “ad insediamenti industriali di grandi dimensioni la cui realizzazione deve essere prevista su scala interregionale (consorzio ASI)”?, ebbero a contestare l’assenso comunale sull’ammissibilità  dell’attivazione delle procedure di cui alla ll.rr. 34/94 e 8/98 disposto con la delibera di G.C. n. 950/98.
Con atto di diffida del 6.11.98 gli intimanti, deducendo che i suoli in titolarità  in zona D1 “Iesce”? risultavano interessati da un piano di lottizzazione privata approvato con delibera di C.C. n. 76/96, ebbero infatti a contestare che vi fosse carenza di aree con specifica destinazione, così come asserito in atti dall’Amministrazione.

6. A seguito dell’atto di diffida notificato il 6.11.98 l’Assessorato all’urbanistica della Regione Puglia, con nota n. 12251 dei 30.11.98, ebbe ad invitare il Comune di Altamura a verificare l’esistenza nel vigente strumento urbanistico comunale di “aree idonee e sufficienti con destinazione specifica operante e giuridicamente efficace per le opere da realizzare”? con espresso riferimento al Piano di lottizzazione approvato in zona D1 “Iesce”? con la delibera di C.C. n. 76 del 16.5.96.

7. Il Comune di Altamura, con nota prot. n. 34075/98, fornì all’Assessorato regionale i chiarimenti richiesti. Nella summenzionata nota l’Amministrazione comunale diede atto di aver richiesto parere pro veritate al Prof. Avv. Franco Gagliardi La Gaia (cfr. delibera di G.M. n. 1010 del nuovo atto di diffida) con il quale fu contestato il venir meno di uno dei presupposti legittimanti l’adozione della delibera n. 950/98 ossia il non convenzionamento della lottizzazione relativa alle aree in zona D1 “Iesce”?. Il Comune di Altamura, con delibera G.C. n. 319 del 14.6.2000 (adottata previa acquisizione di ulteriore parere legale ed inviata alla Regione), rigettò per infondatezza i rilievi opposti dai lottizzanti e confermò la volontà  dell’ente “in ordine alle proposte condivise ed inoltrate alla Regione Puglia ai sensi delle ll. rr. 3 4/94 ed 8/98, evidenziando che i relativi procedimenti attivati previa verifica della sussistenza delle condizioni e dei presupposti delle richiamate leggi regionali devono essere conclusi anche in ossequio al disposto dell’art. 2 della L. 241/90”?.

[…]

11. Si anticipa. Nella menzionata delibera n. 319 il Comune evidenziava l’irrilevanza dell’intervenuto convenzionamento del Piano di Lottizzazione in zona “Iesce”? sull’ammissibilità  delle attivate procedure ex L.R. 34:

C) … il Piano di Lottizzazione “Iesce”, per converso, – a prescindere dalla mancata operatività  del Piano Pluriennale di Attuazione – pur convenzionato è, allo stato, manchevole delle progettazioni esecutive delle opere di urbanizzazione debitamente approvate dagli enti che soprassiedono i settori di competenza …

D) l’idoneità  delle aree cui la legge si riferisce, peraltro, deve essere traguardata anche nell’ottica dell’interesse delle imprese tutelato dalla normativa straordinaria de qua: che se queste- siccome è stato ribadito e verbalizzato in sede di conferenza di servizi tenuta in data 8.6.2000, presso il Palazzo di Città , ritengono le aree della zona “Jesce”? strategicamente scalibrate (per la lontananza dal Comune di Altamura e per i costi delle strutture di fondazione e di infrastrutturazione) non possono essere – di fronte alle opportunità  offerte dalla normativa de qua – costrette ad allocarsi comunque in quel sito
”?.

12. Invero in quella sede l’Amministrazione nel tentare di salvaguardare i propri atti si limitò a rigettare i rilievi dei lottizzanti senza evidenziare che il Piano di Lottizzazione approvato in zona Iesce risultava essere non solo illegittimo ma altresì ineseguibile in tempi ragionevolmente contenuti.

Il Comune aveva infatti omesso di esplicitare che quel Piano di Lottizzazione privata in zona Iesce risultava essere stato approvato e di poi convenzionato: in violazione del P.R.G. (che destinava quella zona all’attuazione attraverso programmazione su scala interregionale e tramite soggetti istituzionali – consorzio ASI – e non privati, 0, 0); in violazione dell’art. 14 della L.R. 6/79 (le aree lottizzate non risultavano infatti comprese in un P.P.A. definitivamente approvato, 0, 0); in violazione della normativa vincolistica e dell’art. 21 della L.R. 56/80 che impone l’acquisizione dei preventivi nulla osta da parte delle autorità  preposte alla tutela per l’approvazione delle lottizzazioni interessate da aree vincolate (gravando sulla zona “Iesce”? sia vincoli di natura idrogeologica che paesaggistica).

Peraltro alcuna menzione si rinviene nella delibera di G.C. n. 319/2000 in merito alla localizzazione e situazione infrastrutturale della lottizzazione convenzionata.

L’area lottizzata in contrada Iesce:

– insiste ad oltre 10 Km dal centro abitato;

– è ubicata in una zona totalmente priva di opere di urbanizzazione (per la quale occorrono investimenti minimi stimati in almeno 10 miliardi, 0, 0);

– è distante ed isolata dai tronchi delle infrastrutture esistenti. Tanto da rendere particolarmente oneroso, per il bilancio comunale, il dovuto, necessario raccordo della zona con le reti ed infrastrutture esistenti. Ed è questo il motivo per il quale in sede di adeguamento del P.R.G. si era prescritto che quella zona dovesse avere attuazione su scala interregionale ed a mezzo di Consorzi A.S.I..

Tali omissioni che impingono sulla legittimità  della lottizzazione Iesce e sulla sua effettiva eseguibilità  sono stati espressamente denunciati dai Consorzi ricorrenti anche nel giudizio TAR Puglia n. 1667/2000 R.G., che gli odierni intimanti hanno proposto proprio a tutela della definizione dei richiesti Accordi di programma.

In quel gravame si è anche evidenziato come, nonostante l’apparente enumerazione nella stipulata convenzione, degli obblighi del privato di provvedere agli oneri di urbanizzazione, tali obblighi attengono solo all’interno della contrada Iesce. Poiché risulta neppur menzionato che per “urbanizzare la contrada Iesce” è necessario addurre tutte le opere di urbanizzazione (strade, acqua, elettricità , fogna bianca e nera, gas, telefoni, ecc.) per oltre 10 Km.

In realtà  il Piano di Lottizzazione Iesce risulta solo in ipotesi disciplinato unicamente all’interno per l’urbanizzazione: cioé una MONADE con obblighi di urbanizzazione rispetto ad un DESERTO di urbanizzazione inesistente per un raggio di oltre 10 Km.

13. Tale situazione di fatto, del tutto obliterata nella delibera di G.C. n. 319/2000, è stata comunque esplicitata dal Comune nella relazione prot. n. 26033 del 12 agosto 2000 del responsabile del procedimento (dirigente dell’U.T.C.), trasmessa alla Regione su richiesta dell’Assessorato al ramo. In merito alla lottizzazione Iesce, nella relazione tecnica si legge:

Ad oggi non risultano pervenuti progetti esecutivi relativi alle urbanizzazioni ed infrastrutturazioni primarie e secondarie della zona convenzionata, propedeutici agli interventi insediativi, progetti che ai sensi del citato art. 3 (l.r. 6/85) sono <>. Non risultano altresì presentate richieste di concessioni edilizie riguardanti le superfici fondiarie inserite nello stesso p.d.l. convenzionato, a riprova della impossibilità  per questo Ente di rilasciare su detta area concessioni edilizie, per l’esplicito divieto sancito dall’art. 35 della citata convenzione che così recita: << (trattasi di quelli relativi alle opere di urbanizzazione) redatti secondo le previsioni del piano di lottizzazione devono essere presentati ed approvati prima della richiesta di concessione edilizia>>”?.

14. Completata l’istruttoria, la Regione Puglia:

– con le delibere di G.R. nn. 1429, 1430, 1432, 1433, 1434, 1435, 1436, 1437, 1438, 1439 del 30.10.2000 ha autorizzato il Presidente della Giunta Regionale alla sottoscrizione degli accordi di programma richiesti dal Sindaco del Comune di Altamura per la realizzazione in contrada Curtaniello di insediamenti produttivi in variante allo strumento urbanistico generale (vigente) da parte delle 10 imprese aderenti al Consorzio San Marco;

– con le delibere di G.R. nn. 1440, 1441, 1442, 1443, 1444, 1445, 1446, 1447, 1448, 1449, 1450, 1451, 1452, 1453, 1454, 1455, 1456, 1457, 1458, 1459, 1460, 1461, 1462, 1463, 1464, 1465, 1466, 1467, 1468, 1469, 1470, 1471, 1472, 1473 del 30.10.2000 si è autorizzato il Presidente della G.R. alla sottoscrizione degli accordi di programma richiesti dal Sindaco del Comune di Altamura per la realizzazione in contrada Cenzovito di insediamenti produttivi in variante allo strumento urbanistico generale (vigente) da parte delle 34 imprese aderenti al Consorzio Sviluppo Murgiano.

15. Successivamente, gli accordi di programma di cui sub 14 sono stati sottoscritti in data 15.12.2000 dal Sindaco e dal Presidente della G.R. e trasmessi al Consiglio Comunale per la ratifica.

16. In data 27.12.2000, il Consiglio Comunale di Altamura con le delibere di C.C. da n. 208 a n. 217 (per le imprese aderenti al Consorzio San Marco), nonché da n. 170 a n. 203 (per il Consorzio Sviluppo Murgiano) ha ratificato, ai sensi dell’art. 34 del D.Lgs. 267/2000, tutti i suddetti accordi di programma.

17. A seguito della trasmissione da parte del Comune di Altamura della:

a) dichiarazione sottoscritta dalle imprese in data 10.10.2000, concernente l’impegno alla realizzazione delle opere di urbanizza.zione necessarie;

b) nonché degli accordi di programma incondizionatamente accettati e sottoscritti dalle imprese,


tutti gli atti sono stati trasmessi all’Assessorato all’Ambiente ”” Settore Ecologia per gli adempimenti di cui al D.P.R. 357/97.

18. L’Assessorato competente, giuste note prot. n. 7567 del 2.7.2001 (per ilConsorzio San Marco) e n. 8476 del 24.7.2001 (per il Consorzio Sviluppo Murgiano) ha espresso parere favorevole ai sensi del D.P.R. 357/97.

19. La Giunta Regionale con le delibere di G.R. nn. 1216 del 10.8.2001 (per il Consorzio Sviluppo Murgiano) e 1217 del 10.8.2001 (per il Consorzio San Marco) ha rilasciato parere paesaggistico favorevole, ai sensi dell’art. 5.03 delle N.T.A. del P.U.T.T., ai fini dell’approvazione della variante urbanistica.

20. Il Presidente della G.R. con i decreti n. 460 (per il Consorzio di Sviluppo Murgiano) e n. 461 (per il Consorzio San Marco), entrambi del 13.9.2001, ha definitivamente approvato ai sensi e per gli effetti dell’art. 34 del D.Lgs. 267/2000 (anche ai fine della variante del P.R.G. di Altamura) gli accordi di programma proposti dalle ditte aderenti ai consorzi ricorrenti (DD.PP.GG.RR. pubblicati sul B.U.R.P. n. 144 deI 27.9.2001).

21. In data 14.11.2001 i Consorzi ricorrenti, dopo aver atteso per ben tre anni la conclusione delI’iter approvativo degli accordi di programma, hanno chiesto al Comune di Altamura la sottoscrizione della convenzione attuativa ed il rilascio delle concessioni edilizie.

22. Nell’inerzia comunale, i Consorzi ricorrenti hanno diffidato l’Amministrazione comunale ad adempiere agli accordi di programma e procedere all’immediato rilascio delle concessioni edilizie (cfr. atti di diffida notificati il 27.12.2001).

23. Inopinatamente il Comune di Altamura, con la delibera di C.C. n. 3 del 2.1.2002, deducendo che le procedure di accordo ratificate dal Consiglio Comunale nella seduta del 27.12.2000 risultano oggetto di indagine penale e che i decreti del Presidente della Regione Puglia nn. 460 e 461/2001 risultano oggetto di impugnazione presso il TAR Puglia, ha disposto di attendere gli esiti dei procedimenti giudiziari per dar corso agli adempimenti dovuti.

24. A tale provvedimento di illegittima sospensione sine die, il Consiglio Comunale, con successiva delibera n. 37 del 15.2.2002, dichiarando del tutto apoditticamente di “non condividere le scelte di politica urbanistica per gli insediamenti produttivi operate dalla precedente Amministrazione”?,

ha confermato il proprio precedente provvedimento e disposto di non sottoscrivere alcun atto convenzionale e/o autorizzatorio fondato su tali procedure.

25. Tali provvedimenti sono invero, oltre che manifestamente illegittimi, gravemente lesivi dei diritti e degli interessi dei Consorzi ricorrenti e delle imprese loro aderenti.

26. Il Consorzio San Marco ed il Consorzio Sviluppo Murgiano, nonché l’Associazione Piccola e Media Impresa della Murgia (ASSOPIM), anche in via autonoma, impugnano tutti i provvedimenti espressamente indicati nell’epigrafe chiedendone il loro annullamento e l’accertamento dell’obbligo comunale all’adempimento degli accordi di programma approvati, con il rilascio delle concessioni edilizie per i seguenti

MOTIVI DI DIRITTO

I. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 34 DLGS. 267/2000.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DELIBERA DI G.R. N. 1284/2000.

VIOLAZIONE DELL’ART. 3 L. 241/90. ECCESSO DI POTERE (omessa ed erronea considerazione dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà , sviamento).

I provvedimenti impugnati sono innanzitutto inficiati da tutti i vizi indicati in rubrica.

La pur sommaria ricognizione dei provvedimenti adottati dal Comune di Altamura e dalla Giunta Regionale (svolta nelle premesse di fatto) rivela come gli accordi di programma proposti dalle imprese aderenti ai Consorzi ricorrenti siano stati definitivamente e legittimamente approvati ai sensi dell’art. 34 D.Lgs. 267/2000.

Laddove ve ne fosse bisogno: anche le direttive adottate dalla Regione Puglia in merito alla procedura di formazione ed approvazione degli accordi di programma ex L.R. 34/94 e 8/98 confermano come nella specie sussista l’obbligo del Comune di Altamura di dare esecuzione ai summenzionati accordi con il rilascio degli atti autorizzatori.

Ai sensi del punto 6 della delibera di G.R. n. 1284/2000, infatti, “la deliberazione del Consiglio Comunale di ratifica viene trasmessa al Presidente della G.R., che con proprio decreto sancisce i contenuti dell’accordo di programma e rende efficace la variante urbanistica connessa allo stesso accordo di programma”?.

La disposizione chiarisce pertanto che nella specie, da un canto, si è già  costituito il vincolo giuridico derivante dall’incontro delle volontà  delle parti; dall’altro, che risulta già  operante ed efficace la variante urbanistica del vigente P.R.G. di Altamura.

Per l’effetto, sia sotto il profilo obbligatorio che sotto quello strettamente urbanistico, il Comune di Altamura, alla stregua della intervenuta conclusione dell’iter di approvazione degli accordi di programma, è tenuto a sottoscrivere gli atti convenzionali ed autorizzatori fondati su tali procedure. La giurisprudenza amministrativa ha poi escluso che l’amministrazione comunale possa – nella legittimità  – esercitare un potere di recesso unilaterale della volontà  già  manifestata nell’iter di approvazione dell’accordo di programma (cfr. per tutte T.A.R. Lazio, Sez. I, 3.10.1997 n. 1434).

I Giudici amministrativi hanno infatti chiarito che l’esercizio dello ius poenitendi inciderebbe, in tali ipotesi, su un precedente atto della stessa amministrazione non costituente manifestazione unilaterale di volontà  di quest’ultima, bensì inserentesi in un procedimento paracontrattuale quale è quello inerente all’accordo di programma.

Sicché dovendosi ritenere, sulla base dei principi generali, che tale accordo ha acquistato definitiva efficacia nel momento dell’incontro delle volontà  validamente espresse dalle parti (e nella specie, quindi, all’atto della ratifica da parte del Consiglio comunale dell’adesione già  prestata dal Sindaco), non può ritenersi configurabile alcun potere di recesso unilaterale di una di esse, tantomeno poi se successivo alla conclusione del procedimento. Tali quieti principi nella specie sembrano essere stati obliterati dal Comune di Altamura.

Il Consiglio comunale, infatti, nel disporre dapprima una atipica quanto illegittima sospensione sine die nell’esecuzione degli accordi approvati (delibera di C.C. n. 3/2002) e, successivamente, con la dichiarata “non condivisione”? delle scelte di politica urbanistica operate dalla precedente amministrazione (delibera di C.C. n. 37/2002), ha surrettiziamente inteso esercitare una illegittima revoca delle manifestazioni di volontà  espresse nell’iter di approvazione dell’accordo di programma.

Il che, per quanto già  in precedenza evidenziato, integra violazione dell’art. 34 D.Lgs. 267/2000 e dei principi generali in materia di definizione dei procedimenti paracontrattuali.

* * *

II. FALSA APPLICAZIONE DELLA L.R. 34/94 e s.mi. VIOLAZIONE DELL’ART. 34 D.LGS. 267/2000. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 L. 241/90.

FALSA APPLICAZIONE DEL P.R.G.

ECCESSO DI POTERE (travisamento dei presupposti; difetto di istruttoria; difetto di motivazione; sviamento).

Le censure che precedono appaiono ancor più stridenti non appena si valutino i presupposti in base ai quali il Comune di Altamura ha preteso adottare i provvedimenti impugnati.

Si legge infatti nella delibera di C.C. n. 37/2002:

Ritenuto

– che questa Amministrazione non condivide assolutamente le scelte di politica urbanistica per gli insediamenti produttivi operate dalla precedente amministrazione,

– che la generica individuazione di semplici direttrici di espansione si risolve soltanto in una mancata, articolata ed organica programmazione che incide con effetti devastanti sulle caratteristiche tipologiche proprie del territorio comunale:

– che l’applicazione della legge regionale n. 34/94 e successive modificazioni non solo non era un obbligo per l’Amministrazione ma costituiva una risposta impropria alle legittime esigenze di crescita di molti imprenditori che potevano trovare piena soddisfazione nel rispetto delle previsioni del P.R.G. vigente
”?.

Tali giustificazioni sono invero apodittiche, erronee e comunque inidonee a legittimare l’adozione dei provvedimenti impugnati.

Deve innanzitutto ribadirsi che la giurisprudenza amministrativa è univoca nell’affermare che, in subiecta materia, le motivazioni di ordine latamente politico-amministrativo non possono avere prevalenza su quelle tecniche. La circostanza pertanto che la subentrata “nuova Amministrazione”? dichiari apoditticamente di non condividere le scelte di politica urbanistica operate dalla precedente Amministrazione è affermazione di per sé inidonea a costituire motivazione sufficiente a legittimare le determinazioni impugnate.

Espressamente si eccepisce pertanto la violazione dell’art. 3 L. 241/90. L’affermazione poi (anch’essa apodittica) che l’individuazione di semplici direttrici di espansione si risolve in mancata programmazione con effetti devastanti sul territorio, oltre a non assurgere per la sua genericità  ed indeterminatezza al rango di motivazione congrua e sufficiente, è nella specie contraddetta dall’istruttoria regionale.

Il Comune di Altamura sembra infatti dimenticare che la Giunta Regionale ha sancito il proprio assenso alla sottoscrizione degli accordi di programma rilevando che gli interventi proposti dalle imprese aderenti ai Consorzi ricorrenti tendono ad accomarsi in ambiti territoriali lungo le direttrici indicate dall’Amministrazione comunale e a stratificarsi in ampliamento rispetto ad insediamenti già  preesistenti.

Si legge infatti nelle delibere di G.R. da n. 1429 a n. 1439 deI 30.10.2000 per il Consorzio San Marco e da n. 1440 a n. 1473 del 30.10.2000 per il Consorzio Sviluppo Murgiano:

Sotto il profilo urbanistico in relazione alla sua localizzazione compresa in più ampio ambito nella disponibilità  del Consorzio…, 1 ”˜area interessata non contrasta con le direttrici di espansione residenziale del vigente strumento urbanistico (P.R.G.) né interferisce con la pianificazione territoriale a livello regionale. Di conseguenza la stessa variante risulta ammissibile dal punto di vista tecnico-urbanistico e ciò in relazione alla localizzazione dell’area che, in uno alle altre iniziative proposte dalle ditte aderenti al Consorzio…, costituisce un comparto omogeneo di interventi produttivi che non interferisce con la pianificazione comunale né con ipotesi di assetto territoriale (P.UT.T.)”?.

Ne consegue pertanto evidente l’erroneità -pretestuosità  della generica affermazione assunta dal Consiglio comunale in sede di adozione dei provvedimenti impugnati.

Invero: nell’intento di sovvertire scelte urbanistiche che hanno la sola “pecca”? di essere state assunte da un’Amministrazione diversa da quella in carica, il Consiglio comunale ha preteso obliterare la specifica quanto articolata istruttoria svolta sia in sede comunale che in sede regionale nell’iter di approvazione degli accordi di programma.

Si denuncia pertanto anche il difetto di istruttoria su cui fondano le apodittiche affermazioni del Consiglio comunale di Altamura. Infine del tutto irrilevante é nella specie l’argomentazione che l’applicazione della L.R. 34 non era un obbligo per l’Amministrazione. Tale rilievo non può infatti certo incidere su un procedimento amministrativo che ad oggi risulta essere stato legittimamente concluso. Ben si guarda infatti il Consiglio comunale, al di là  della timida qualificazione della scelta operata in termini di “risposta impropria”?, dal contestare alla precedente Amministrazione vizi di legittimità  nell’iter di approvazione degli accordi di programma. Del resto l’articolata istruttoria espletata da Comune e Regione (solo sinteticamente richiamata nelle premesse di fatto) dà  atto delle ragioni tecniche ed amministrative che hanno legittimato il ricorso alle procedure semplificate di cui alla L.R. 34. Ed è questo ulteriore profilo che disvela anche l’assoluto difetto di motivazione ed il fine sviato degli atti impugnati.

Conferma del vizio in ultimo denunciato si ritrova poi nel solo generico rinvio che la delibera di C.C. n. 37/2002 fa all’acquisizione di pareri legali. Da quanto consta a questa difesa in data 27.12.2001 il professionista incaricato dalla P.A. (Prof. Gagliardi La Gala) ha reso un ulteriore parere in merito alla definizione delle procedure inerenti agli accordi di programma ed ha sul punto ribadito:

Non esistono né ragioni di illegittimità , né causa di illiceità , non si ravvedono ragioni giuridicamente valide per annullare gli atti a suo tempo adottati dall ”˜Ente sì da incidere sugli accordi di programma”? (si rinvia al parere del Prof. Gagliardi La Gala del 27.12.2001).

Il che attesta ulteriormente il malcelato intento di “disfare”?, senza valide motivazioni, scelte legittimamente assunte dalla precedente Amministrazione del cui indotto occupazionale ed economico beneficerebbe l’intera collettività  altamurana.

* * *

III. VIOLAZIONE DELL’ART. 97 COST. VIOLAZIONE DELL’ART. 34 D.LGS. 267/2000. ECCESSO DI POTERE (travisamento dei fatti; omessa considerazione dei presupposti; difetto di istruttoria; sviamento).

Del pari pretestuoso è l’aver poi richiamato a presupposto legittimante della impugnata determinazione di non dar corso (con la sottoscrizione dei necessari atti convenzionali ed autorizzatori) agli accordi di programma definitivamente approvati, la duplice circostanza che:

– le relative procedure risultano oggetto di indagine penale ed i relativi atti sottoposti a sequestro dell’ Autorità  giudiziaria;

– i relativi decreti del Presidente della Regione Puglia risultano oggetto di impugnazione per l’annullamento presso il TAR Puglia”?.

Tali presupposti, richiamati sia nella delibera di C.C. n. 3/2002 che nella successiva delibera di C.C. n. 37/2002, sono infatti di per sé inidonei a legittimare la disposta inesecuzione degli accordi di programma sotto diverso profilo.

Si premette: il ricorso strumentalmente proposto dal WWF avverso i decreti regionali di approvazione degli accordi di programma si fonda sostanzialmente (e per i limiti propri dell’interesse che può far valere in giudizio un’associazione ambientale) sulla supposta mancata acquisizione dei provvedimenti di V.I.A..

Viceversa: come si evince dalla ricognizione documentale effettuata nelle premesse di fatto, tali rilievi non appaiono fondati in quanto i Consorzi ricorrenti hanno acquisito sia il parere favorevole ex D.P.R. 357/97 da parte dell’Assessorato Ambiente ”” Settore Ecologia (cfr. note nn. 7567 del 2.7.2001 per il Consorzio San Marco e 8476 del 24.7.2001 per il Consorzio Sviluppo Murgiano) che il parere favorevole paesaggistico da parte della Giunta Regionale (cfr. delibere di G.R. n. 1216 del 10.8.2001 per il Consorzio Sviluppo Murgiano e n. 1217 del 10.8.2001 per il Consorzio San Marco).

Basti appena considerare che il Ministero dell’Ambiente si è costituito nel giudizio de quo (a mezzo dell’Avvocatura dello Stato) ed ha chiesto il rigetto del ricorso.

Peraltro in tale ricorso non è stata neppure richiesta la domanda di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati. Sicché alcun impedimento giuridico osta all’adempimento degli obblighi assunti con l’approvazione degli accordi di programma.

In merito poi all’azione penale, occorre evidenziare che la stessa ha originato due diversi procedimenti dei quali uno (attinente gli accordi di programma in genere) versa ancora nella fase delle mere “indagini”?, l’altro riguarda invece un’area (in contrada Pontrelli) la cui situazione di fatto e di diritto è totalmente diversa ed estranea a quella oggetto degli interventi proposti dai Consorzi ricorrenti.

Anche il sequestro degli atti operato a suo tempo dal Giudice penale ha avuto natura meramente “probatoria”? e non “cautelativa”?, sicché non risulta essere stata disposta al fine di impedire la commissione di qualche ipotetico reato (v. parere del Prof Avv. Gagliardi La Gala del 27.12.2001), ed allora deve esplicitare le motivazioni su cui intende sorreggere tale assunto, assumendosi le correlate conseguenziali responsabilità ;

– ovvero non può, nella legittimità , rinviare sine die l’attuazione di accordi di programma validi ed efficaci in attesa della definizione di procedimenti giurisdizionali di cui è incerto l’an (il giudizio penale riguardante le 34 in genere – lo si ribadisce – è ancora nella fase delle mere “indagini”?, 0, 0); ed il quando (il giudizio al TAR è pendente ma senza richiesta di sospensiva).

È notoria infatti l’univoca giurisprudenza del Consiglio di Stato che ritiene violi il principio della tipicità  degli atti amministrativi il provvedimento con cui una P.A. dispone la sospensione, anche a titolo cautelare, sine die.

Lucidamente il Giudice amministrativo ha statuito che, in difetto di un termine finale di vigenza, la sospensione, a vario titolo disposta, assume surrettiziamente natura di una statuizione definitiva. Sicchè la determinazione soprassessoria, che nella specie è altresì illegittima per i motivi innanzi denunciati, assume illegittima valenza definitiva proprio per la mancata individuazione di un termine “certus quando”?.

E in tal senso sembra illegittimamente orientato il Consiglio comunale di Altamura che, ben consapevole (dagli atti e pareri acquisiti) della legittimità  degli accordi di programma approvati, pretende surrettiziamente sospenderne l’attuazione attraverso apodittici rilievi di opportunità  e sull’esistenza mera di procedimenti giurisdizionali che di per sé sono inidonei a sospendere l’efficacia degli atti (così come espressamente attestato anche nel provvedimento del Giudice penale).

I provvedimenti impugnati sono pertanto inficiati anche da evidente sviamento.

***

IV. VIOLAZIONE DELLA L.R. 34/94 e s.m.

VIOLAZIONE DELL’ART. 34 D.LGS. 267/2000. VIOLAZIONE DELL’ART. 97 COST.

ECCESSO DI POTERE (travisamento dei presupposti; contraddittorietà ; iIlogicità ; difetto di istruttoria; sviamento).

L’illogicità  e contraddittorietà  dell’azione amministrativa è poi nella specie caso di scuola.

Dagli atti impugnati si evince che a fronte della determinazione di non dar corso ad accordi di programma già  definitivamente approvati, l’Amministrazione si è impegnata ad approntare “soluzioni alternative a quelle intraprese dalla precedente amministrazione”? (cfr. punto 2 del dispositivo della delibera di C.C. n. 37/2002).

Dalla precedente delibera di C.C. n. 3/2002 sembra poi potersi dedurre che tali soluzioni alternative si risolverebbero nella “prosecuzione delle procedure inerenti la zona Dl Iesce, attraverso la pubblicazione delle lottizzazioni adottate con deliberazione di Consiglio Comunale in zona D1/PIP, ed ha intenzione di dare subito avvio alla procedura per l’individuazione di una nuova zona per un insediamento pubblico”? (cfr. delibera di C.C. n. 3/2002).

Orbene sono proprio le alternative ipotizzate dal Comune ad evidenziare anche l’opportunità  (oltre che la doverosità ) di dare immediato corso agli accordi di programma approvati dalla Regione. Come già  evidenziato in premesse, il Piano di Lottizzazione approvato inzona Iesce è non solo illegittimo ma altresì ineseguibile in tempi ragionevolmente congrui.

Quel Piano di Lottizzazione privata risulta convenzionato: in violazione del P.R.G. (che destina quella zona all’attuazione attraverso programmazione su scala interregionale e tramite soggetti istituzionali – consorzio ASI – e non privati, 0, 0); in violazione della normativa vincolistica e dell’art. 21 della L.R. 56/80 che, tra l’altro, impone l’acquisizione dei nulla osta da parte delle autorità  preposte alla tutela prima dell’approvazione delle lottizzazioni interessate da aree vincolate (gravando sulla zona “Iesce”? sia vincoli di natura idrogeologica che paesaggistica).

Peraltro l’area lottizzata in contrada Iesce:

– insiste ad oltre 10 Km dal centro abitato;

– è ubicata in una zona totalmente priva di opere di urbanizzazione (per la quale occorrono investimenti minimi stimati in almeno 10 miliardi)

– è distante ed isolata dai tronchi delle infrastrutture esistenti. Tanto da rendere particolarmente oneroso, per il bilancio comunale, il dovuto, necessario raccordo della zona con le reti ed infrastrutture esistenti. Ed è questo il motivo per il quale in sede di adeguamento del P.R.G. si era prescritto che quella zona dovesse avere attuazione su scala interregionale ed a mezzo di Consorzi A.S.I.;

– richiede che prima del rilascio delle concessioni siano realizzate ed ultimate tutte le opere di urbanizzazione dell’intera lottizzazione (e non solo di alcuni comparti).

Sicché la sua effettiva attuazione appare lontana e meramente ipotetica. Ne è prova che ad oggi il Comune per quelle aree non ha rilasciato alcuna concessione edilizia; né tanto potrebbe fare senza incorrere in evidente illegittimità .

Anche il rinvio alle lottizzazioni adottate in zona Dl/PIP appare alternativa inesistente. Le lottizzazioni sono state presentate da soggetti che risultano già  essere imprenditori e quindi quelle lottizzazioni soddisfano unicamente le necessità  dei proponenti. Peraltro il Comune (che pur sembra attento alle vicende giudiziarie) trascura il fatto che l’aver concesso lottizzazione privata in zona destinata ad accogliere un PIP (la contraddizione è già  in termini) è oggetto di ricorso al TAR come pure la lottizzazione approvata in zona Iesce.

L’avvio poi di una procedura per l’individuazione di una nuova zona per un insediamento produttivo pubblico allunga indiscriminatamente i tempi di cantierizzazione ed appare ingiustificatamente illogica rispetto al più immediato dar corso agli accordi di programma che sono stati attivati ed approvati proprio per far fronte alle urgenti necessità  delle imprese aderenti ai Consorzi (evidente è quindi anche la violazione della L.R. 34 e della sua ratio).

In sintesi. L’Amministrazione, pur di non dar corso agli accordi di programma legittimamente approvati dalla precedente amministrazione ipotizza alternative illegittime ed impraticabili (Iesce, 0, 0); illegittime ed inesistenti (lottizzazione in zona Dl/PIP, 0, 0); comunque ipotetiche e così lontane nella loro effettiva attuazione da frustrare le esigenze che hanno indotto il Comune di Altamura e la Regione ad attivare le procedure di cui alla L.R. 34.

La illogicità  e contraddittorietà  dell’azione amministrativa è talmente evidente da disvelare, anche per tali profili, lo sviamento dell’azione amministrativa che, come noto, ai sensi dell’art. 97 Cost. deve essere improntata alla massimizzazione degli interessi della collettività .

Il Comune omette infatti di considerare da ultimo che le infrastrutturazioni in contrada “Cenzovito”? sono assistite da finanziamento pubblico per oltre 6 miliardi di Lire, che sarebbe oltremodo vanificato dalle scellerate scelte dell’Amministrazione in danno dell’intera Collettività  altamurana.

Si preferisce infatti ipotizzare nuove aree PIP che sottendono esborsi comunali per espropri ed infrastrutturazioni e disdegnare finanziamenti pubblici che sgraverebbero di oneri il Comune.

* * *

V. VIOLAZIONE DELL’ART. 7 e ss. DELLA L. 241/90.

Nell’adozione dei provvedimenti impugnati, tutti direttamente incidenti sulle posizioni soggettive dei Consorzi ricorrenti e delle imprese ad essi aderenti, il Comune di Altamura ha omesso di dare avviso dell’avvio del procedimento. Tale omissione costituisce violazione degli artt. 7 e ss. della L. 241/90, avendo in tal modo l’Amministrazione impedito la partecipazione al procedimento di soggetti direttamente interessati che, anche ai sensi dell’art. 10, avrebbero potuto apportare i propri rilievi e le proprie osservazioni nell’ambito del procedimento.

Se ne denuncia pertanto l’illegittimità  dell’azione amministrativa.

* * *

DOMANDA DI ACCERTAMENTO ai sensi degli artt. 34 D.Lgs. 80/1998 e 7 L. 205/2000.

Si è già  detto che l’accordo di programma acquisisce definitiva efficacia al momento del valido incontro delle volontà  delle parti (nel caso di specie all’atto della ratifica da parte del Consiglio comunale dell’adesione già  prestata dal Sindaco).

Si é altresì evidenziato che in ragione della natura paracontrattuale dell’accordo di programma non può configurarsi nell’Amministrazione un potere di recesso unilaterale che revochi la volontà  in precedenza manifestata dal Comune.

Tali principi sanciscono pertanto come il comportamento assunto dall’Amministrazione comunale di Altamura integri allo stato inadempimento colpevole ed in ogni caso violazione dell’affidamento ingenerato nei Consorzi ricorrenti (e nelle imprese ad essi aderenti) con i precedenti atti amministrativi di attivazione e ratifica degli accordi.

Si chiede pertanto che per le motivazioni tutte dedotte nei motivi di ricorso e per la violazione più evidente dei principi sull’affidamento, il TAR voglia dichiarare la violazione degli obblighi assunti con l’approvazione degli accordi di programma e, per l’effetto, dichiarare il Comune di Altamura tenuto alla sottoscrizione delle convenzioni ed autorizzazioni necessari all’attuazione degli accordi. Condannare, in ogni caso, la P.A. al risarcimento di tutti i danni ingiusti a titolo di investimenti effettuati, impegni contrattuali, assunzioni di oneri e perdite di finanziamento (da allegarsi e quantificarsi in corso di causa e subordinatamente rimesse alla valutazione e determinazione del Tribunale adito) derivanti dai colpevoli ritardi ed omissioni comunali.

PER QUESTI MOTIVI

SI CHIEDE

che il T.A.R. per la Puglia voglia accogliere il ricorso e per l’effetto:

1. annullare tutti gli atti impugnati ed in epigrafe indicati;

2. accertare e dichiarare l’obbligo del Comune di Altamura di dare attuazione agli accordi di programma con la sottoscrizione delle convenzioni ed il rilascio delle concessioni edilizie;

3. condannare il Comune di Altamura al risarcimento di tutti i danni derivanti dal ritardo e/o inadempimento agli obblighi derivanti dall’approvazione degli accordi di programma.

Con ogni conseguenza di legge, anche in ordine alla condanna alle spese di giudizio.

Ai sensi e per effetto della L. 488/99 e s.m. si dichiara che il valore della presente controversia è di oltre EURO 516.456,90.

Bari, 8 aprile 2002

Avv. Carlo De Bellis

Avv. Angelo Montemurno

Il Coordinamento per la qualità  della vita: le decisioni da prendere.

Se il senso della politica è la libertà , ciò significa che in quello spazio, e in nessun altro, abbiamo realmente il diritto di aspettarci dei miracoli.”?

Abbiamo già  espresso e riconfermiamo il nostro apprezzamento per la posizione che l’Amministrazione comunale ha assunto in relazione agli accordi di programma in via Bari.

Le ragioni che ci hanno indotto ad opporci al tentativo di costruire capannoni industriali in zone agricole, le abbiamo già  espresse con chiarezza e a più riprese. Quelle ragioni, nonostante la dura protesta che alcuni imprenditori hanno sostenuto nei giorni scorsi, restano tuttora valide:

1) la necessità  di realizzare vere aree industriali in zone attrezzate e dotate di servizi per garantire maggiore controllo ed efficienza alle attività  produttive;

2) evitare la proliferazione di opifici industriali disseminati sul territorio;

3) garantire maggiore sicurezza ai lavoratori che non devono essere costretti a percorrere strade già  altamente congestionate come la S.S. 96;

4) rispettare il Piano Regolatore Generale che individua le aree industriali e artigianali in via Gravina e zona Jesce.

Alla luce di queste considerazioni e di quanto disposto dalla legge regionale n. 34, avevamo espresso forti perplessità  sulla legittimità  degli accordi di programma sottoscritti dall’Amministrazione Plotino.

Queste perplessità  hanno trovato pieno e autorevole riscontro nel provvedimento del 13.03.2002 del Tribunale del Riesame di Bari che ha confermato il sequestro preventivo delle aree e degli opifici in via Santeramo, in quanto ha ritenuto “insussistenti i presupposti di legittimità  per simili trasformazioni urbanistiche”?.

Dagli atti acquisiti ”“ si legge nel provvedimento ”“ risulta “la presenza nel P.R.G. del Comune di Altamura di un’area in località  Jesce con destinazione industriale D1. A fronte di ciò e delle indiscusse idoneità  dell’area ad accogliere gli insediamenti industriali [”¦] non doveva in alcun modo pervenirsi alla stipula del richiamato accordo di programma”?.

PIU’ CHIARO DI COSI’”¦!

A più di due mesi dalla decisione assunta dal Consiglio comunale è necessario ora porre fine a questa vicenda con opportune azioni e atti amministrativi e procedere celermente alla realizzazione delle zone industriali e artigianali previsti dal P.R.G.

Fare questo è indispensabile non solo per rispondere alle esigenze del mondo del lavoro, ma anche perché l’Amministrazione deve finalmente impegnarsi a compiere le scelte che ci attendiamo decisive, a cominciare dalla questione del Parco e poter intraprendere un processo serio di riqualificazione urbana per dare risposte concrete ai bisogni di coloro che ad Altamura vivono e lavorano.

Altamura, 5 maggio 2002

Coordinamento cittadino per lo sviluppo e la qualità  della vita

11 maggio: a Matera va in scena il Cerchio di gesso con Faust

Come ben sai, nella nostra città , non c’è un- posto in cui sia possibile recitare; per questo, noi artisti altamurani, abbiamo aderito con piacere alla rassegna teatrale, che si terrà  al teatro Kennedy di Matera, anche se le condizioni economiche, non per colpa di chi organizza, sono, almeno nel ns caso, poco favorevoli; ma al cuore non si comanda! La rassegna, organizzata da Lacompagnia,

è stata di comune accordo sottotitolata “Nemo propheta in patria”, e credetemi (lasciatevelo dire da chi fa questo lavoro da 7- anni fuori Altamura)- così, ci si sente!

Quello che vogliamo, è dare un segnale forte, dimostrare a tutti, anche a noi stessi, che- agli Altamurani, che ad alcuni Altamurani, non interessano solomente l’esibizionismo e l’ostentazione di quel che si ha (spesso di quel che non si ha!) o il passeggiare senza far nulla, passando una vita a chiacchierare ed a criticare.

“In questa città  non si fa un cazzo, al nord è diverso…” io sono stufo di sentire queste parole, a chi mi dice questa frase-  rispondo:”Quando si è organizzato, qualcosa tu dov’eri?”

Dimostriamo di essere diversi, più maturi, dateci forza, riempiamo il teatro Kennedy di Altamurani (chiaramente non ho nulla contro Matera) DIAMO UN SEGNALE.

Sono felice di informarti che sabato 11 maggio

a Matera al teatro kennedy ci sarà  il

FAUST di Goethe

per la regia di Carlo Formigoni,

compagnia teatrale CERCHIO DI GESSO (logicamente recito anch’io) ti aspetto.

P.S.

Perdonatemi questo sfogo!

biglietto euro 8

prevendita presso il Caffè Striccoli o

the- Green Table o

349/6704820 Carlo