Le buone notizie (comiche) della settimana

Un uomo di 80 anni e’ stato richiamato dalle autorita’ militari britanniche, con una cartolina che lo invitava a presentarsi in un centro d’addestramento in vista di un possibile intervento in Iraq.
Joe Steer, che nel 1942 ha combattuto nella battaglia di El Alamein, in Egitto, ha confessato che teme di non essere al passo con le nuove tecnologie. “Sono abituato ai fucili e alle mitragliatrici – ha detto l’ottuagenario – ma non ai missili”. Un maledetto pacifista.

Peccati, buon senso e decenza.
‘Se una ragazza va a fare la comunione con l’ombelico scoperto, lo consideriamo un’offesa al buon gusto (senza scomodare i sacramenti)’. Cosi’ risponde il direttore di Famiglia Cristiana, don Scortino, a una lettrice che gli chiede se sono cambiate le norme di comportamento in chiesa poiche’ si vedono catechiste con abiti senza maniche e scollati. “E’ invece un peccato contro la giustizia” aggiunge don Scortino “andarci decentemente vestite, dopo aver rifiutato di regolarizzare la colf extracomunitaria”.

Tarvisio elegge il Tomba dei sacerdoti
Dal 6 al 9 marzo, a Tarvisio si terra’ il primo Gran Premio Nazionale di sci per preti e frati. Sci alpino (uno slalom gigante) e sci di fondo (2-3 km a tecnica libera) il programma delle gare.
Il motto scelto per la manifestazione sara’ “Il Signore scia con voi”.

Nuove gravemente alla salute
Un fumatore tedesco ha ricevuto una dolorosa lezione sulla nocivita’ delle sigarette. Stava comprando un pacchetto da un distributore automatico, quando la macchinetta gli e’ caduta addosso. Prontamente ricoverato in ospedale se la cavera’ in pochi giorni.
Ha dichiarato che da oggi acquistera’ solo sigarette di contrabbando.

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ALTISSIMI I VALORI DI BENZENE AD ALTAMURA: 3 VOLTE IL LIMITE CONSENTITO





Comunicato stampa
Altamura lì 26/02/2003

LEGAMBIENTE:
“altissimi i valori di benzene ad Altamura: oltre 3 volte il limite consentito”


Legambiente Altamura con il contributo del Comune di Altamura sta effettuando per l’anno 2003 rilevamenti sulla qualità  dell’aria.
Il monitoraggio avverrà  ogni tre mesi in 4 zone diverse della città . Il primo dei rilevamenti, compiuto su uno dei parametri indicatori dell’inquinamento atmosferico: il benzene, ha dato risultati sconcertanti che arrivano perfino a superare di 3 volte il limite consentito dal DM 25/11/94.
Quello che sta suonando Legambiente è un campanello d’allarme
per la città  e per l’Amministrazione, dato che il benzene, uno fra le
otto sostanze che compongono lo smog, è stato riconosciuto dalla
comunità  scientifica come un potente cancerogeno.
Nonostante Altamura non sia una grande città  i valori riscontrati
superano di gran lunga quelli delle grandi metropoli (a conferma della tesi si allegano le concentrazioni di benzene cittadine e quelle di altre città ).
Fin ora ben poco si è fatto per la mobilità  nella nostra città , nonostante le soluzioni per ovviare al problema dello smog e
del traffico ci siano e sono molteplici.
Innanzi tutto è necessario attuare immediatamente il nuovo
piano del traffico che è stato redatto da circa un anno e che ancora giace nei cassetti dell’Amministrazione Comunale; potenziare il servizio di trasporto pubblico adeguandolo alle necessità  dei cittadini e alle nuove zone di espansione della città  (come in parte è stato fatto); è inoltre necessario chiudere al traffico alcune zone come il centro storico per consentire ai cittadini di passeggiare senza doversi preoccupare di essere investiti o di inalare i fumi dei tubi di scappamento; creare nuove aree di parcheggio insieme alla realizzazione di aree verdi ed evitare la circolazione dei mezzi pesanti
all’interno della città  attraverso il completamento della circonvallazione.
Adottare una politica rivolta alla mobilità  sostenibile, come quella che suggerisce Legambiente, implica forse per l’Amministrazione scelte impopolari, ma che si riveleranno fondamentali per la qualità  della vita di chi verrà  dopo di noi.
I cittadini, infine, dovranno rivestire un ruolo importante essendo i primi artefici degli ingorghi e dell’eccessivo traffico dovuto allo sproporzionato uso delle automobili per compiere brevi tragitti.
L’impegno dovrà  essere congiunto se vogliamo che la qualità  dell’aria
non peggiori sempre più, fino a rendere necessari quei rimedi adottati nelle grandi metropoli come la circolazione a targhe alterne e le maschere d’ossigeno per bambini e anziani.
Legambiente è pronta a offrire ogni tipo di collaborazione per l’attuazione delle soluzioni indicate.

Legambiente Altamura
visita il sito di LEGAMBIENTE ALTAMURA

LEGAMBIENTE DENUNCIA: UCCISI 16 ALBERI!





COMUNICATO STAMPA
Altamura, lì 27/02/03

LEGAMBIENTE DENUNCIA: UCCISI 16 ALBERI!

Sedici cipressi secolari sono stati abbattuti all’alba di giovedì 27 febbraio 2003 in Via Londra, intersezione di Via Bari, subito dopo “Parco San Giuliano”.
Erano di intralcio alla sede stradale che si realizzerà  per i nuovi quartieri.
Il progetto è nato ed è stato portato avanti nella totale noncuranza e disinteresse per i 18 alberi presenti sul tracciato stradale disegnato dal piano regolatore.
Legambiente ritiene che se i tecnici avessero “utilizzato” gli alberi come spartitraffico e per la creazione di una pista ciclabile, spostando di pochi metri i confini delle lottizzazioni tutti gli alberi sarebbero stati salvati.
E’ inspiegabile, inoltre, il motivo per cui anche quegli alberi che non erano d’intralcio alla realizzazione della strada siano ugualmente stati abbattuti.
Ha prevalso la politica della speculazione del territorio, da sfruttare centimetro per centimetro, dell’aggressione alla natura, in una città  martoriata dalle continue “amputazioni” (altri tre alberi sradicati la settimana scorsa in Via Ofanto!).
E’ stato ridotto ulteriormente il nostro patrimonio naturalistico, che meriterebbe ben altra attenzione da parte di uffici tecnici insensibili.
Più volte Legambiente Altamura si è proposta per il censimento delle presenze arboree presenti nei confini cittadini per tutelarle inserendole nell’albo regionale dei monumenti vegetazionali istituito con legge n.14 del 31-05-2001, ma ad oggi non è pervenuta alcuna risposta in tal senso.
I sedici cipressi piantati nel 1934 hanno visto e vissuto 70 anni della storia della nostra città , del nostro passato: il futuro è nero catrame, asfalto!

Legambiente Altamura
http://it.geocities.com/legambiente_altamura/

Lord Keynes inviato al fronte

ENZO MODUGNO
I Social Forum sono stati anche, a guardar bene, dei congressi internazionali di
polemologia, una disciplina che studia le cause delle guerre. Da Firenze a Porto Alegre
in centinaia di dibattiti sono state valutate le dichiarazioni ufficiali del governo Usa e le
principali cause della guerra avanzate finora, cioè il keynesismo militare, il terrorismo,
il petrolio. Partiamo dalla prima spiegazione, il keynesismo militare. «Con Reagan –
ha scritto Samir Amin – il keynesismo sociale è stato ripudiato, ma a favore di un
keynesismo militare – immutato dal 1945 e mantenuto anche dopo la dissoluzione del
presunto nemico sovietico – per il quale la scelta egemonica di Washington ha trovato
nuove legittimazioni». Secondo questa versione, la crisi economica, la più grave dopo
il `29, è oggi il pericolo reale e inconfessabile per la «sicurezza nazionale» Usa, non il
terrorismo e il petrolio delle versioni ufficiali. Quindi la spesa pubblica militare – il
keynesismo infinito – serve in realtà  a combattere la crisi perché ha il duplice effetto:
1) di attutire la recessione – come sostegno alla domanda che diventa decisivo
quando la riduzione della pressione fiscale e i tagli del costo del denaro non danno
risultati – e 2) di rafforzare l’egemonia militare – che permette di controllare mercati e
campi d’investimento e di rassicurare i capitali esteri che affluiscono a finanziare il
deficit statunitense.

Una sinergia micidiale. La spesa pubblica militare è così diventata la formula della
sopravvivenza per il capitalismo statunitense afflitto da depressione cronica, ed è
ormai una necessità  permanente, strutturale, inconfessabile che ha dunque bisogno di
apparire necessaria in altro modo, giustificata cioè da una continua, ossessiva,
apocalittica minaccia, che se c’è va enfatizzata e se non c’è va costruita.

Torniamo un po’ dietro nella storia, agli anni Trenta, quando gli Usa stavano
attraversando il decennio di depressione più disastroso della loro storia, curato invano
con la spesa pubblica civile. Ma quando «il dottor New Deal – disse l’allora presidente
Roosevelt – lasciò il posto al dottor vinciamo la guerra», e nel 1941, già  nei primi mesi
di conflitto con la forte ripresa della produzione, gli Usa verificarono l’efficacia
economica della spesa pubblica militare, la adottarono stabilmente e da allora non
l’hanno più abbandonata. Quindi non ci troviamo all’inizio della «guerra infinita» ma
ad un’alternanza di guerre calde e fredde che dura da 61 anni: oggi infatti, con la
capacità  produttiva inutilizzata al 25%, come nella grande depressione, l’unica
domanda che continua a crescere è quella per gli armamenti.

Il military keynesianism, di cui hanno scritto Paul Sweezy e Paul Baran, Harry Magdoff,
Samir Amin, che hanno interpretato in questo modo le guerre Usa per più di mezzo
secolo, è stato ripreso nei Social Forum ma oggi è quasi ignorato a sinistra. Ne ha
parlato Alex Zanotelli e ne hanno variamente trattato Massimo Pivetti su «Giano»,
Giacchè, Burgio e Catone su «L’Ernesto», Nella Ginatempo su «Pace e guerra» e
Sbancor su Indymedia, Luciano Vasapollo e Giorgio Gattei in La belle epoque è finita,
quaderno di «Contropiano». Ma non ve n’è traccia nel pur dotto volume Per una pace
infinita di Fausto Bertinotti e Alfonso Gianni, secondo i quali la guerra viene fatta per
rimuovere le interruzioni alla circolazione delle comunicazioni e dei flussi del petrolio e
del denaro.

Secondo la spiegazione «keynesiano-militare» delle minacce di guerra, il terrorismo e
il petrolio svolgerebbero il ruolo ufficiale di «minaccia».

La guerra al terrorismo è la versione ufficiale fornita dall’amministrazione Usa,
accettata da neoliberisti di destra e di sinistra, e anche da una parte della sinistra che
rifiuta la guerra, ma perché la considera un mezzo inadeguato e controproducente. Si
vedano a questo proposito, le critiche a questa spiegazione date da Andrea Catone
nel numero 5 de «L’Ernesto». Rifiuta questa versione anche Alex Zanotelli: «Non è una
guerra contro il terrorismo. Non so cosa sia successo l’11 settembre, un giorno lo
sapremo, ma il complesso militare-industriale americano ha usato l’11 settembre per
rilanciare l’economia».

Qualche mese fa a Praga, il presidente americano George W. Bush ha dichiarato: «La
guerra fredda è finita ma ora ci sono nuovi nemici. Ci abbiamo messo dieci anni per
capire qual era la nuova minaccia», confessando così la troppo lunga gestazione della
strategia statunitense sulla sicurezza nazionale. Ma può essere detto, con Ramonet,
in altro modo: «l’anticomunismo vi era piaciuto? l’antislamismo vi entusiasmerà ».
Tuttavia il terrorismo islamista non è l’Armata rossa e i 10 mila di Al Qaeda non
riescono a giustificare una spesa militare così sproporzionata; anche perché sono stati
allevati, istruiti, armati dagli Usa sin dagli inizi e usati contro l’Urss in Afganistan; una
credibilità  vacillante, anche per i dubbi e le inchieste sull’11 settembre.

E’ stato dunque necessario un rilancio ufficiale. Se dopo l’11 settembre erano stati
previsti due anni, adesso il «piano militare strategico per la guerra al terrore» ne
prevede altri trenta, un intero periodo storico, l’equivalente della Guerra fredda, in
realtà  la sua continuazione. «E’ la formula magica per far durare all’infinito il periodo
delle vacche grasse: la Guerra fredda è una pompa automatica, si gira un rubinetto e
la gente strepita per nuovi stanziamenti militari, se ne gira un altro e lo strepito
cessa», scriveva 50 anni fa l’ultraconservatore «U.S. News and World Report» (citato da
Paul Sweezy ne Il capitale monopolistico). Nulla di nuovo dunque, nient’altro che la
solita, collaudatissima «formula magica». Costruire o enfatizzare la minaccia per
giustificare l’ingente spesa pubblica militare. Ma alla Casa Bianca ci sono due scuole di
pensiero e la seconda ha un’altra minaccia da affiancare al terrorismo: la mancanza di
petrolio.

La mancanza di petrolio costuisce, secondo alcuni documenti dell’amministrazione
Bush, il vero pericolo, dato che fondano alla «sicurezza nazionale» Usa sul controllo
dei giacimenti. Questa spiegazione è recepita da un’altra parte della sinistra perché
combacia con l’interpretazione «leninista» della guerra imperialistica come guerra di
rapina. Per Valentino Parlato potrebbe essere «una tesi troppo vetero-imperialista» (il
manifesto, 18-9-2002). Si sovrappone o coincide con l’interpretazione della guerra
come imposizione dell’egemonia Usa. La versione petrolio è frequente sui media
europei ma, come ha rilevato Rifkin, non su quelli americani. In effetti le compagnie
americane hanno comprato ancora nel 2001 il 42% del petrolio che l’Iraq è riuscito ad
esportare.

D’altra parte se si trattasse davvero di una guerra per disporre di più petrolio, perché
solo ora e non dieci anni fa durante la guerra del Golfo? Quando invece il petrolio fu
bloccato, prima col dietro-front a pochi chilometri da Bagdad e soprattutto poi con le
sanzioni.

Il giornale della Confindustria si chiede preoccupato – ed è una preoccupazione
«europea» – se anche questa volta «ci sia interesse a tenere quel greggio lontano dal
mercato per molti anni» («Il Sole-24 Ore», 23-12-2002). Non si aspetta oil bonanza
neanche l’«Economist» (25-1-2003) secondo cui il motivo della guerra non è il petrolio
a buon mercato perché gli impianti petroliferi, già  in cattive condizioni dopo dieci anni
di abbandono, con la guerra peggioreranno e ci vorranno altri dieci anni per
ripristinarli, specialmente se Saddam Hussein distruggerà  i pozzi: per questo si
prevedono prezzi alti, $40 al barile, «almeno per molti anni».

E poi come sarà  gestito il petrolio dell’Iraq? «Il petrolio è degli iracheni» ha dichiarato
il segretario di stato Usa Colin Powell (22 gennaio), ma il suo capo tace: glie lo
lasceranno o glie lo prenderanno tutto? E in questo secondo caso quanto potrà  costare
tenere a bada 25 milioni di iracheni?

Dunque non è certo la guerra che assicura agli Usa petrolio a basso costo ma al
contrario il controllo del mercato che già  detengono da molti anni: infatti i paesi
veramente dipendenti dal petrolio sono i paesi produttori, che non hanno mai il
coltello dalla parte del manico; il mercato del petrolio e dei derivati sul petrolio è
dominato dalla domanda e i prezzi di riferimento (Brent e West Texas) si fanno in
Occidente. Si prospettava anche un accordo tra i paesi importatori che potrebbero
escludere alcuni paesi produttori gettandoli sul lastrico. E la Russia e altri paesi non
Opec, che sono in grado da soli di fornire tutto il petrolio necessario sostituendo il
Medio oriente, stanno ora tentando di convincere gli Usa ad acquistarne quote
maggiori: c’è infatti incertezza sull’incremento della domanda di petrolio, che è del
2,2% secondo il modello di riferimento ma potrebbe essere solo dell’1,1% in seguito
al risparmio energetico in consumi e investimenti. Perfino il Bush del «no» a Kyoto ha
stanziato 1,2 miliardi per il motore all’idrogeno. Pertanto, e per il fatto che i giacimenti
sono più vasti di quanto stimato qualche anno fa, il dominio sul mercato assicura già 
agli Usa abbondanza di petrolio e controllo dei prezzi.

Per questo, anche se la crisi economica, secondo la tesi neoclassica, derivasse dal
prezzo del petrolio – e non invece da ragioni endogene, secondo la tesi marxiana –
non avrebbe comunque senso l’occupazione dei giacimenti perché rapinare petrolio
costa molto di più che comprarlo: la guerra all’Iraq potrebbe costare fino a 2000 miliardi
di dollari, come sostiene l’economista William D. Nordhaus docente a Yale (il manifesto
del 14/2/2003), e quindi gli Usa, che spendono 100 miliardi all’anno per importare
petrolio, con 2000 miliardi potrebbero comprarne per vent’anni standosene tranquilli a
casa. Ma sfortunatamente il rapporto costi/benefici è stato calcolato su un altro piano.

D’altra parte il colonialismo è tramontato anche perché, stabilita l’egemonia militare,
era più conveniente controllare i mercati che occupare i territori. Per questo
l’occupazione coloniale dei pozzi – oggi – può diventare un’altra giustificazione per
l’ingente spesa pubblica militare.

Il keynesismo militare dunque è un tragico retaggio delle dittature che con la gestione
neoliberista si è definitivamente affermato come indispensabile alla sopravvivenza del
capitalismo. Un micidiale binomio che va riconosciuto e fermato: il terrorismo e il
petrolio sono solo le giustificazioni di turno, ci saranno ancora minacce ossessive,
apocalittiche, martellanti, e governanti che non oseranno metterle in dubbio.
L’anticomunismo delle blacklist maccartiste e l’antislamismo di oggi seguono lo stesso
copione. Questo capitalismo ha avuto bisogno quest’anno per sopravvivere di 700
miliardi di armamenti mentre ne sarebbero bastati 13 per eliminare la morte per
fame. Un cinismo trasversale che ormai solo un grande movimento può fermare.

LIBRI, NON BOMBE

– MARCH 5, 2003 / ONE DAY STUDENT STRIKE – BOOKS NOT BOMBS (EN)
PEACEIncorporated, has joined with the National Youth and Student Peace Coalition, calling for a one day student strike in opposition to the United States and Allied Forces invasion of Iraq. PEACEIncorporated will help coordinate student actions on Junior and Senior High School campuses. Please visit our website to register your school.
http://www.peaceinc.org/youthaction/booksnotbombs.htm

Students and youths futures will be shaped by actions taken today. A U.S. attack on Iraq will inevitably:
Endanger the lives of US and Iraqi servicemen and women.
Increase the suffering of the Iraqi people while slaughtering thousands of innocent people.
Encourage terror attacks against the US around the world and at home.
Be used as an excuse to erode civil liberties.
Divert resources from education and social services in both countries.
Subvert historical precedent and international law.
Join us in a student strike March 5th to demand:

US Government:

End the drive for military action and economic sanctions that target the people of Iraq.
Fund education to ensure that everyone in the U.S. has access to higher education.
Re-allocate military funds to eliminating poverty and building peace and home and abroad.
Campus Administrators:

Declare opposition to the war.
Disclose and eliminate military research contracts.
Freeze or lower tuition and fees.
The war on Iraq is a venture for control of the region and its oil supplies, not national security, democracy, or human rights. Campuses provide implicit support for this through military research, recruiting, and ROTC programs.

As students who value freedom, democracy, and our education we say: THERE IS AN ALTERNATIVE! The best way to improve our national security is to halt drives for illegal and immoral wars and redirect public funds from the military and arms trade to education and social services at home and humanitarian aid abroad.

Take a stand with students across the United States on March 5th, to build toward this collective vision. International youth and students are invited to strike in unity with students in the United States. Please visit the Youth Action section of our website to find out what you can do to help raise awareness of the responsibility we all share in making our world safer and more peaceful for everyone and help stop the United States and Allied Forces invasion of Iraq and register your school as a participant in the strike. http://www.peaceinc.org/youthaction/booksnotbombs.htm

PEACEIncorporated902 West Maple StreetFayetteville, AR 72704(479) 313-3226peaceinc@cox-internet.com– http://www.peaceinc.org

ANNULLATE GLI ATTI DELLA COMMISSIONE EDILIZIA DEL 17 FEBBRAIO





– 
Protocollo nr. 6620 del 20 febbraio 2003
– 
All’attenzione del
– 
Sindaco, avv. Rachele Popolizio
– 
Assessore all’Urbanistica, avv. Giuseppe Pignatelli
– 
Segretario Generale, dott. Raffaele Palermo
– 
Dirigente III Settore, ing. Emilio Petraroli
– 
– 
– Altamura, Palazzo di Città  –
– 
– 
– 
Oggetto: A) Decadenza della Commissione Edilizia Comunale ”“ Conseguenze ”“ Nullità  degli atti – Atto di impulso amministrativo.
B) Progetto di Struttura Polifunzionale in zona F1 (via IV Novembre) – Interrogazione
– 
– 
I sottoscritti, dr. Vincenzo Colonna, prof. Giacinto Forte, avv. Vito Menzulli, nella loro qualità  di consiglieri comunali chiedono alle SS.VV. l’avvio immediato di un procedimento, in autotutela amministrativa, diretto a verificare, accertare e dichiarare la nullità  di tutti atti prodotti dalla Commissione Edilizia Comunale a far data dal 15 febbraio 2003. In particolare chiedono che venga accertata e dichiarata la nullità  della convocazione, dei lavori e dei pareri espressi dalla menzionata Commissione relativi alla seduta del 17 febbraio.
È noto infatti che la Commissione Edilizia dura in carica per un triennio e, nel caso specifico, il termine è decorso, senza che si sia provveduto alla ricostituzione dell’organo, il 31 dicembre 2002. Infatti, la deliberazione del Consiglio Comunale n. 154 del 29 novembre 1999 con la quale si è proceduto alla nomina dei componenti della Commissione è stata pubblicata mediante affissione all’Albo Pretorio il 20 dicembre 1999 e, decorsi 10 giorni, è divenuta esecutiva in data 31 dicembre 1999 (in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 47, comma 1, della legge n. 142/90 e 17, comma 33, della legge n. 127/97).
A partire dal 1° gennaio 2003, la Commissione ha dunque potuto operare in regime di proroga che, per legge, non può superare i 45 giorni decorrenti dalla scadenza del termine predetto (art. 3, comma 1, decreto legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito in legge 15 luglio 1994, n. 444).
Ciò significa che il termine massimo di proroga, di cui si è potuto avvalere l’organo, è irrimediabilmente scaduto il 14 febbraio 2003. A partire, dunque, da tale data la Commissione Edilizia è decaduta dalla sue funzioni (art. 6, comma 1, d.l. n. 293/94).
Se, nel periodo di proroga, l’organo può adottare esclusivamente, pena la loro nullità , «gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti ed indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza ed indifferibilità » (art. 3, comma 2, d.l. n. 293/94), «tutti gli atti adottati dagli organi decaduti sono nulli» (art. 6, comma 2, d.l. n. 293/94).
I sottoscritti chiedono dunque che venga dichiarata la nullità  di tali atti non solo al fine di tutelare l’interesse dell’ente comunale alla legittimità  dei suoi atti e delle sue procedure, ma anche al fine di salvaguardare l’interesse di quei cittadini che, avendo chiesto il rilascio di concessioni e/o autorizzazioni edilizie, possono vedere compromesso l’esito dei relativi procedimenti amministrativi di rilascio in presenza di atti o fasi endoprocedimentali (come appunto il parere della Commissione Edilizia) illegittimi o nulli.
– 
I sottoscritti consiglieri non possono, però, esimersi dal rilevare una circostanza che ha dello sbalorditivo. Visionando i verbali dei lavori della Commissione Edilizia del 17 febbraio (nulli, per le considerazioni svolte!), hanno appreso del parere favorevole espresso dalla Commissione in merito ad un “progetto di struttura polifunzionale”? in zona F1 del PRG vigente (in via IV Novembre, via La Carrera, via Baracca) presentato dai proprietari, con relativa richiesta di concessione edilizia, in pari data, 17 febbraio 2003, prot. nr. 6108.
A questo riguardo e fatti salvi i rilievi precedentemente mossi in ordine alla nullità  dei pareri rilasciati dalla Commissione nella seduta del 17 febbraio, gli scriventi chiedono di sapere, sotto il profilo del merito politico ed amministrativo:
1)- –  Come sia stato possibile, nell’arco della medesima giornata (17 febbraio) e nel giro di poche ore, protocollare la richiesta, trasmetterla agli uffici competenti, visionare-esaminare-istruire la relativa pratica ed infine sottoporre il progetto all’esame, conclusosi con esito favorevole, della Commissione Edilizia (che ha iniziato i suoi lavori alle ore 17.15)?
2)- –  Come mai un analogo ed esemplare modulo procedimentale ispirato ai canoni dell’efficienza, rapidità  e tempestività  dell’azione amministrativa non sia stato utilizzato in altre circostanze, per dare riscontro alle centinaia di richieste di concessioni e autorizzazioni edilizie, relative ad interventi edilizi di portata e complessità  certamente inferiori, presentate da cittadini altamurani?
3)- –  Come ed in che termini siano state superate le perplessità  che indussero il Presidente della Commissione a ritirare un progetto di intervento sulla medesima area (presentato dagli stessi proprietari, ma elaborato da altro professionista progettista) dall’esame della medesima Commissione in data 21 agosto 2002, poiché si riteneva di «dover acquisire in merito il preventivo parere dell’Amministrazione Comunale, trattandosi di area di uso pubblico»?
4)- –  Perché si è ritenuto di non tener conto, in questo caso specifico ed in un precedente, dell’orientamento che sembrava essere stato assunto dall’Amministrazione comunale e delle indicazioni provenienti da singoli consiglieri comunali (come i sottoscritti) e da rappresentanti di forze politiche di maggioranza per i quali era necessario subordinare l’esame e l’eventuale autorizzazione alla realizzazione di interventi urbanistici ed edilizi proposti da privati nelle zone destinate «ad attrezzature ed impianti di interesse generale» (le zone F di cui al d.m. n. 1444/68) alla preliminare redazione di un piano generale dei servizi destinati alla collettività  ed all’uso pubblico (scuole, verde di quartiere, parchi, impianti ed attrezzature sportive, asili, ecc.)?
– 
Per le rilevanti implicazioni politiche ed amministrative delle considerazioni qui svolte, le Autorità  in indirizzo sono pregate di fornire un tempestivo riscontro agli scriventi.
– 
Altamura, 20 febbraio 2003
– 
Distinti saluti
Dr. Vincenzo Colonna
Prof. Giacinto Forte
Avv. Vito Menzulli

Zone verdi e giardini nelle scuole, un’altra città  é possibile

Il progetto , voluto dall’Assessorato ai Lavori Pubblici, scollegato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione, si pone come obiettivo quello di aprire al pubblico un verde recintato , come se l’appartenenza ad un a scuola non ne garantisse il carattere pubblico.
Forse perché i bambini in quanto minori hanno minori diritti di cittadinanza?
In fase di progettazione, non sono stati consultati le parti interessate , non sono stati neanche informati gli organi collegiali della scuola.
Noi pensiamo che molte sono le motivazioni per non approvare questa iniziativa , alcune delle quali coincidono con quelle espresse dal comitato dei genitori che si è costituito in questi giorni e che ha anche messo in evidenza le vere esigenze della scuola.
Le normative sull’edilizia scolastica di nuova costruzione e delle aree a servizi in generale , anche secondo le direttive del nostro PR.G. , impongono un rapporto minimo di copertura del 30% . Questo vuol dire che il rimanente 70% dell’area a disposizione rimane di pertinenza della scuola per vari usi: didattici, ludici, di sicurezza ecc”¦
Non si capisce perché , a scuole di antica costruzione lo spazio all’aperto esistente, a volte anche inferiore a quello necessario , debba essere invece sottratto.
L’edificio 4 Novembre , concepito con il suo spazio verde, appartiene alla storia di questa città , e questa connotazione storica ne impone la tutela e valorizzazione nella sua interezza.

UN’ALTRA CITTA’ E’ POSSIBILE

E’ evidente a tutti che risistemare la “facciata” di una scuola non significa dare verde pubblico alla città .
Altamura è una delle poche città  in Italia in cui il numero degli abitanti è in continua crescita, insieme è cresciuta anche l’edilizia residenziale, non altrettanto può dirsi delle aree verdi, anche se dal 1968, il D.M. 1444, ha previsto che ad ogni cittadino devono essere assicurati almeno 9 mq. di spazio verde , e neanche degli spazi ad uso collettivo.
Nonostante le grandi idee della campagna elettorale, l’attuale amministrazione non ha ancora elaborato alcun intervento per rendere fruibili le aree destinate a verde pubblico, seppur presenti nel P.R.G. (Piano Regolatore Generale), né le amministrazioni che si sono avvicendate hanno preso nella dovuta considerazione le accresciute esigenze dei cittadini .
L’immobilismo dell’ente comunale non fa altro che spingere i proprietari delle aree ricadenti in zone destinate a verde, o comunque ad utilizzo pubblico, a non credere nell’effettività  della destinazione impressa dal P.R.G., inducendoli ad interventi abusivi, anche nella prospettiva di futuri condoni edilizi.
E’, quindi, necessario elaborare un progetto, condiviso da tutti i cittadini, per la realizzazione di un vero parco urbano rispondendo ai bisogni dei cittadini e adempiendo agli obblighi imposti dalla legge e dal P.R.G. , non servono più operazioni di facciata.
Nel contempo è urgente un piano dei servizi al fine di scongiurare usi privatistici di aree a vocazione pubblica.
UN’ALTRA CITTA’ E’ POSSIBILE UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE
Coordinamento per lo sviluppo e la qualità  della vita

Scambio Giovanile Europeo in Romania questa estate.

L’associazione Eutropia di Altamura si occupa della promozione della cittadinanza attiva dei giovani europei. In particolare realizza progetti nell’ambito del Programma Europeo Gioventù.
In questa pagina proponiamo alcuni scambi di cui l’associazione Eutropia è partner e per cui stiamo selezionando i giovani partecipanti. Se sei interessato a partecipare ad uno degli scambi proposti occorre innanzitutto che tu sappia cos’è il Programma Gioventù e per questo è possibile trovare tutte le informazioni sul sito dell’Agenzia Nazionale www.gioventu.it
Il secondo passo consiste nel contattare l’associazione inviando il tuo curriculum e facendo attenzione a scrivere una buona lettera di motivazione, spiegando cioè perché sei interessato a partecipare a questo scambio. Una volta fatto ciò, se sarai selezionato per partecipare allo scambio, ti contatteremo per avviare il percorso di formazione che precede la partenza
 
CV da inviare a eutropia@arabia.com
 




Nome

 


Cognome

 


Data nascita

 


Indirizzo

 


Telefono

 


e-mail

 


contatto  in caso di emergenza

 


sono interessato al progetto (inserire il codice)

 


Perché (motivare l’interesse a partecipare allo scambio)

 
 
 
 
 


Lingue parlate e livello (ottimo, medio, base)

 


Esperienze precedenti

 


Esigenze particolari (allergie, diete..)

 
 
 
Scambio Giovanile Europeo




Codice

LIT-0103


Paese

Lituania


Città 

Vilnius


Periodo attività 

22 giugno ”“ 2 luglio 2003


Fascia d’età 

18-25


Titolo

Photo-eye


Tema

Ambiente e fotografia


Paesi Partecipanti

Non disponibile


Lingue richieste

inglese


Curriculum da inviare entro il

25 aprile


Comunicheremo l’esito entro il

10 maggio


Altre informazioni

Le date dello scambio sono suscettibili di cambiamento, il progetto è in attesa di approvazione
 
Scambio Giovanile Europeo




Codice

POL-0103


Paese

Polonia


Città 

Strzegom


Periodo attività 

estate 2003


Fascia d’età 

17-25


Titolo

 


Tema

Danze e canti tradizionali


Paesi Partecipanti

Non disponibile


Lingue richieste

inglese


Curriculum da inviare entro il

25 aprile


Comunicheremo l’esito entro il

10 maggio


Altre informazioni

Le date dello scambio sono suscettibili di cambiamento, il progetto è in attesa di approvazione
 
Scambio Giovanile Europeo




Codice

FRA-0103


Paese

Francia


Città 

Tregunc


Periodo attività 

24 agosto ”“ 2 settembre 2003


Fascia d’età 

18-25


Titolo

Lien sans frontières : musiques actuelles, graf et arts de la rue 


Tema

Musica, arti di strada


Descrizione

–         Les pratiques de jeunes artistes amateurs peuvent-elles conduire à  une meilleure compréhension des différences culturelles ?
–         Quelle place occupent-elles dans la construction européenne ?
–         Sont-elles des moyens favorisant l’apprentissage de la citoyenneté ?
–         Quelle force représentent-elles ?
L’idée de réunir un groupe de jeunes aux identités culturelles différentes autour d’un mode de communication « reconnu », Musiques Actuelles, graff et arts de la rue est apparue au groupe comme un axe de réflexion autour de ces interrogations. Les pratiques peuvent se rejoindrent pour créer le lien gommant les frontières, d’où le nom du projet « lien sans frontières »


Paesi Partecipanti

Italia, Francia, Ungheria


Lingue richieste

Inglese, francese


Curriculum da inviare entro il

10 luglio


Comunicheremo l’esito entro il

25 luglio


Altre informazioni

Le date dello scambio sono suscettibili di cambiamento, il progetto è in attesa di approvazione
 
Scambio Giovanile Europeo




Codice

TUR-0103


Paese

Turchia


Città 

Istanbul


Periodo attività 

16-23 giugno 2003


Fascia d’età 

17-25


Titolo

EUROPEAN YOUTH&EDUCATION FORUM2003 


Tema

Europe’s Education Systems


Descrizione

The purpose is to give young Europeans a chance to be heard in the debate when Europe’s Education Systems meet in Istanbul, June 16th through 23rd. The European Youth & Education Forum will bring both undergraduate and graduate university students from all over Europe together for 7 days in Istanbul, Turkey.
The idea is to discuss and share our view points on how education takes place in European Integration process. 
At the end of the conference the results will be presented with a view to synthesizing the different view points on higher education systems in Europe.
 
Aim:
To raise awareness about educational developments in line with the principles of Bologna Declaration in the EU and elsewhere in Europe.
 
Objectives:
– To compare the Turkish education system with European education systems.
– To discover the developments taking place in EU countries and elsewhere Europe in higher education.
–  promote and encourage international follow-up activities such as conferences, seminars, workshops, and outdoor activities such as games, concerts, etc.
–  increase the young people’s active participation within democratic environments.
– to expand on successful classroom activities by applying presentation skills in a European-Youth arena
–  to learn how to define personal goals, improve the quality of life and practice personal power.
– to enable students understand the importance of education in all areas of activities.
 


Paesi Partecipanti

Non disponibile


Lingue richieste

inglese


Curriculum da inviare entro il

25 aprile


Comunicheremo l’esito entro il

10 maggio


Altre informazioni

Le date dello scambio sono suscettibili di cambiamento, il progetto è in attesa di approvazione
 
Scambio Giovanile Europeo




Codice

ROM-0103


Paese

Romania


Città 

Sibiu


Periodo attività 

24 agosto ”“ 2 settembre 2003


Fascia d’età 

18-25


Titolo

Historical Animation ”“ Medieval Times


Tema

Animazione e storia


Descrizione

The project aims to promote the concept of animation in a historic perspective, referring mainly to the medieval times of Europe. This project is addressed to youth workers from the partner countries, who want to exchange practical and cultural experience in terms of animation and history. The activities of the project will contain preparation sessions of the participants before the exchange, the exchange itself and an evaluation of the project. Preparation will be done through meetings and workshops where the methods used will be prepared in detail and young people will also be involved in the preparation.
The project is an opportunity for young people from different socio-cultural and economical backgrounds to come together and share both work and culture. Discussions, games and even looking at each other will tackle the feeling of being European.
There will be the following activities during the exchange:
-§      Intercultural learning through interactive games and simulations
-§      Animation workshops ”“ creating animation activities by cumulating the experience of the participants
-§      Animation sessions for children and youngsters in the city of Sibiu.
-§      Participating to the Medieval Festival Transilvanian Citadels with the outcomes of the workshops, ensuring the spreading of the animation concept
-§      Cultural visit in the medieval citadels around Sibiu ”“ Sighisoara, Biertan, Viscri
-§      Meetings with the public authorities: mayor, city councillors, youth department director
-§      Meetings with other youth NGOs from Sibiu
-§      Press conference
A lot of fun


Paesi Partecipanti

Italia, Francia, Bulgaria, Belgio, Romania


Lingue richieste

Inglese, francese


Curriculum da inviare entro il

10 luglio


Comunicheremo l’esito entro il

25 luglio


Altre informazioni

Le date dello scambio sono suscettibili di cambiamento, il progetto è in attesa di approvazione
 

Il Leviatano americano non ascolta ragioni

_________________________

“La Stampa” del 9 febbraio 2003

Francia e Germania, piano per il disarmo.
Analisi
di Barbara Spinelli

Non è cosa facile, per lo storico del presente, capire i motivi che spingono l’attuale amministrazione americana a spostare su territorio iracheno la guerra antiterrorista iniziata subito dopo l’11 settembre 2001.

Per alcuni è l’attentato stesso contro le Due Torri, a spiegare l’accanimento degli Stati Uniti: profondamente turbata, la psiche nazionale non tollererebbe l’inedita vulnerabilità  dell’America. Per altri la molla è da ricercare nel petrolio, e la guerra contro l’Iraq non sarebbe che l’anello di una lunga collana di eventi, iniziati nel 1973 con l’aumento dei prezzi decretato dai paesi arabi del Golfo: è da allora, infatti, che il controllo politico di questa zona del mondo occupa le menti degli strateghi occidentali e provoca conflitti di vario genere, militari e non. Per altri ancora, infine, la guerra contro l’Iraq è parte di una più vasta offensiva americana, che non ha soltanto il petrolio al suo centro e che punta a rivoluzionare l’idea stessa su cui si è fondata la diplomazia occidentale nella seconda metà  del Novecento.

L’obiettivo della potenza americana non sarebbe più la stabilità  che caratterizzò gli anni della guerra fredda, ma la destabilizzazione creativa dei regimi come delle dittature. Non sarebbe lo status quo e la distensione, bensì il confronto bellico e il sovvertimento di quella che viene percepita come quiete, ed è invece sterile immobilità .

Obiettivo finale sarebbe la democratizzazione degli Stati arabi, e dell’influenza che essi esercitano sull’Islam mondiale. Altre guerre in un passato recente vennero condotte per proteggere popoli perseguitati e in fuga, per evitare occupazioni illegali di nazioni vicine, per disarmare campi di addestramento terrorista: tale fu il caso del Kosovo, dell’invasione irachena del Kuwait, dell’offensiva contro i talebani in Afghanistan. Questa, se si combatterà , sarà  una guerra per creare qualcosa di assolutamente nuovo nella storia araba contemporanea: una democrazia.

E’ probabile che una parte di questo ragionamento sia sensata, ed è un peccato che le nazioni europee perdano tanto tempo a dividersi attorno ad antiamericanismo e filoamericanismo, invece di formulare proprie idee e suggerimenti sulle malattie che Washington pretende di curare. Il mondo arabo-musulmano ha in effetti proprio bisogno di questo, se vuole decollare economicamente e divenire responsabile del proprio destino. Ha bisogno di una vera e propria sovversione dello status quo, intesa come sconvolgimento di abitudini, di inattività  mentali, di false certezze storiche, di ingannevoli narrazioni mitologiche nazionali o pseudo-religiose.

La stabilità  delle monarchie arabe è un macroscopico inganno, che ha finito col produrre disuguaglianze, persecuzioni, infine terrorismo. Lo status quo non ha generato né pace né ricostruzioni ma sclerosi, regressioni, e quello che Bernard Lewis chiama il suicidio dell’Islam. E’ quello che sostengono molti arabi illuminati, soprattutto dopo l’attentato dell’11 settembre, e in primo luogo gli intellettuali e studiosi che hanno redatto il rapporto dell’Onu sullo «Sviluppo umano degli arabi», il 2 luglio dell’anno scorso.

Nel rapporto si dice a chiare lettere quello che molti paesi occidentali pensano, senza osare dirlo. La democrazia è quel che manca agli arabi, perché lo sviluppo economico e umano possa aver luogo. Le libertà  civili, i diritti politici, l’educazione e l’emancipazione della donna, la pluralità  dei mezzi di informazione: sono queste le armi che restituiranno loro una autentica dignità , e non l’arma del petrolio brandita come offesa antioccidentale e espressione di risentimento. Perfino sulla questione mediorientale il rapporto redatto dagli arabi è severo, e coraggiosamente autocritico: l’illecita occupazione israeliana dei territori palestinesi e l’interminabile conflitto in Medio Oriente costituiscono impedimenti gravi, ma non possono continuare a essere «usati come scusa dalle classi dirigenti locali». Non possono divenire pretesto per l’inerzia arabo-musulmana, è scritto nel testo dell’Onu.

Sull’ultimo numero di Foreign Affairs, l’arabista Fouad Ajami si sofferma su questa inerzia, per ricordare come la sofferenza subita dalla Palestina sia stata adoperata per occultare altre sofferenze, inflitte dagli stessi Stati arabi che difendono la causa palestinese: la sofferenza degli sciiti nell’Iraq meridionale, quella dei cristiani nella guerra del Sudan, quella dei curdi infine, i cui villaggi sono stati gasati da Saddam alla fine degli Anni Ottanta (5000 morti nella sola città  di Halabjia, in gran parte civili).

Ma la democrazia come vero obiettivo bellico ha i suoi costi, che la superpotenza americana non potrà  a lungo ignorare. Una guerra condotta in nome del diritto di ingerenza non può fare a meno di un forte senso della legge, ed è precisamente questo senso che sembra oggi mancare ai governanti statunitensi. L’intera dottrina sulla guerra preventiva è fondata in realtà  su un vuoto di leggi, di diritto: come nel Leviatano di Thomas Hobbes, non sono la verità  o la giustizia a generare la legge ma l’autorità  solitaria del sovrano. Auctoritas, non veritas facit legem: messo alle strette, il sovrano si arroga diritti eccezionali per far fronte a circostanze eccezionali, e di conseguenza non riconosce autorità  superiori alla propria, né di natura nazionale né multilaterale. In fondo non riconosce neppure l’autorità  di principi autoimposti, e questo conflitto tra democrazia e politica estera costituisce, negli Stati Uniti, una novità  oscura.

E’ questo che rende inquietante il fatto che l’amministrazione Bush si sottoponga con difficoltà  al parere dell’Onu, e non nutra che disprezzo per le opinioni – giudicate troppo legaliste – di molti paesi europei: l’impressione è che l’America faccia resistenza non solo alle Nazioni Unite, ma ai principi fondanti della sua stessa storia. Il legalismo degli europei è trattato con disistima, con impazienza difficilmente condivisibili. Le obiezioni della Germania democratica sono state addirittura messe sullo stesso piano delle obiezioni mosse da Libia e Cuba, nella testimonianza resa al Congresso dal segretario alla Difesa Rumsfeld. Il Leviatano americano non ascolta ragioni, non si piega al diritto, non riconosce leggi superiori alla propria autorità . Nel momento in cui pretende di favorire la nascita di una democrazia si prende con la forza il diritto che ritiene necessario, e non si preoccupa neppure di fare le debite distinzioni tra paesi fidati e non, tra Stati di diritto e dittature.

Una guerra per la democrazia araba condotta in questa maniera può anche miracolosamente riuscire, ma grandissimo è il rischio che produca disastri ancora più pericolosi, antiamericanismi ancora più esasperati, antisemitismi ancor più diffusi. Può darsi che i curdi e gli sciiti iracheni recuperino col tempo la loro dignità , che in Iraq si insedi un regime più favorevole all’Occidente, che nel Golfo si spunti l’abitudine a considerare il petrolio come arma strategica, ma la democrazia riscoperta in terra araba sarà  gravemente mutilata. Le sue radici non saranno nell’accettazione della legge e del diritto internazionale, ma nella sovranità  assoluta degli Stati più forti e nel loro rifiuto di assoggettarsi a superiori regole di condotta. E paradossalmente, l’esempio dello Stato senza-legge sarà  dato dall’America stessa, che tanto sta adoperandosi per debellare la superbia degli Stati fuori-legge, detti anche canaglia.

L’11 settembre non è stato solo un atto di guerra contro gli Stati Uniti. E’ stato anche la tappa di un’estesa guerra civile, che sta avvenendo dentro il mondo arabo-musulmano. In questa guerra civile il governo americano ha deciso di intromettersi, non senza ragioni. Ma c’è il pericolo che perdano la vittoria che vogliono e che potrebbero ottenere. Anche Bin Laden scommette tutto sulla destabilizzazione delle monarchie del Golfo, a cominciare dall’Arabia Saudita.

Anche Bin Laden vuole sovvertire lo status quo, le leggi dell’Onu, il concetto stesso di stabilità  internazionale. Quel che occorrerà  evitare, è che le democrazie liberali somiglino al loro principale avversario, in questa lotta dentro l’Islam arabo e per l’anima dell’Islam arabo. Ci distingue da essi una cosa essenziale – la coscienza della legge, il senso del diritto, la limitazione regolata delle sovranità  assolute – e solo salvaguardando questa preziosa differenza eviteremo la loro rovina e anche la nostra.