ALTRI PASSI IN AVANTI PER LA ROTATORIA SULLA STRADA ALTAMURA-CORATO (ALL’INCROCIO PER GRAVINA E POGGIORSINI).
COVID E SCUOLE: NATURA DEL PROBLEMA.
PROROGATA LA MISURA #START, A SOSTEGNO DEL REDDITO DI #PROFESSIONISTI, #AUTONOMI E #COCOCO.
QUESTA L’ORDINANZA PER LE SCUOLE PUGLIESI, CON ALCUNE CONSIDERAZIONI. LE AULE SI SVUOTANO E I REPARTI #COVID SI RIEMPIONO.
LA SITUAZIONE ALLL’OSPEDALE DELLA MURGIA
:
Perché rispettiamo le norme?
Perché rispettiamo le norme?
Si individuano comunemente tre ragioni:
1) rispettiamo le norme per evitare una sanzione;
2) rispettiamo le norme perché prevediamo di ottenere l’approvazione degli altri, di dare una buona immagine di noi e di contare, in questo clima di reciproca fiducia, in un ritorno in termini di sostegno o collaborazione;
3) rispettiamo le norme perché le consideriamo giuste e agiamo sulla base di questo convincimento, di questa motivazione interiore.
La mia impressione è che quest’ultimo DPCM difetti proprio in tutto ciò che fonda la terza ragione. A parte la “questione scuola” (che è un discorso a parte su cui mi sono soffermato più volte), le pesanti restrizioni interessano settori come cultura (cinema, teatri, sale concerti), ristorazione (ristoranti, bar, pub, pizzerie, ecc.) e sport (palestre, scuole di danza, centri sportivi, ecc.) che presentano, in buona parte, luoghi – ammettiamolo – tra i più presidiati, rispetto a tanti altri, sotto il profilo della prevenzione dei contagi o, almeno, sicuramente luoghi in cui più facilmente è possibile effettuare controlli (questi sconosciuti, ammettiamo pure questo!) con riferimento al limite di accessi e di presenze, al rispetto delle distanze, all’organizzazione dei servizi e del lavoro, in sintesi con riferimento all’adozione di tutti i protocolli di prevenzione.
Questa inafferrabilità della ragione, questa incomprensibilità, questa irragionevolezza, genera inevitabilmente il senso di un’ingiustizia, facendo venir meno quella leva formidabile del successo di una norma, in termini di osservanza e di consenso sociale, che è data dal sentirla propria, un obbligo interiorizzato. E quanto più è basso il grado di interiorizzazione di una norma, tanto maggiore sarà l’affidamento che si deve fare sulle sanzioni come sistema di controllo.
Non voglio prendere in considerazione altri aspetti di sistema pur decisivi, come – uno, per tutti – la considerazione, totalmente messa in disparte da tempo, che il diritto fondamentale alla salute non sta prima o sopra altri diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e questa, invece, impone di ricercare un equilibrio tra tutti, in un insieme organico che non sacrifica uno di questi diritti a favore di altri, come, appunto, è la natura dell’uomo, che non è riducibile alla sua sola dimensione fisica, biologica, corporale. Altrimenti, assieme alla Costituzione, cancelliamo due millenni e mezzo almeno della nostra civiltà, dai greci in avanti.
Ecco, per riprendere e chiudere, mi sembra che l’approccio espresso in questi DPCM non si preoccupi di far sentire e motivare la “giustezza” delle regole di comportamento che impone, trascurando così l’importanza del processo di interiorizzazione di un comportamento, cioè la possibilità di sentire e assimilare il valore implicito nella norma da parte di chi è chiamato a rispettarla. Solo così, infatti, la norma è più nettamente compresa da un più gran numero di individui, motivando e rafforzando la convinzione della necessità di tale regola e quindi della necessità che tale regola sia rispettata e socialmente sanzionata.
In altri termini, la norma deve essere equilibrata, ragionevole, con soluzioni uguali per situazioni uguali e, poi, deve essere motivata, spiegata, fatta comprendere.
Altrimenti va a finire, come in questo caso, che l’osservanza della norma sia affidata e legata unicamente al meccanismo sanzionatorio (il motivo n. 1). Ma, così, dilagano sfiducia, malessere, pessimismo verso le istituzioni e salta la coesione sociale che è l’elemento determinante in una situazione di emergenza.
A questo punto, non resta che una strada. Tutti devono impegnarsi e lavorare rapidamente per dare forza e contenuti alla seconda ragione delle tre che inizialmente richiamavo. È necessario, cioè, fornire sostegno e collaborazione agli operatori e ai lavoratori dei settori ora colpiti. Lo devono fare le istituzioni, ai diversi livelli (statale, regionale, comunale) con forme di compensazione, sostegno e detassazioni. Lo possiamo fare noi, da fruitori, consumatori, concittadini, con piccoli gesti (acquisti con asporto, un abbonamento o un ciclo di sedute sottoscritti in anticipo, un caffè in più, ecc.) capaci di confermare e rinsaldare la fiducia e la solidarietà su cui si tiene una comunità.
SELEZIONI IN CAMPO SANITARIO
Segnalo queste selezioni avviate negli ultimi giorni.
✅ Per l’emergenza coronavirus il Dipartimento della Protezione Civile ha pubblicato online i bandi per reclutare 1500 unità di personale medico e sanitario e 500 addetti amministrativi diplomati, a supporto delle strutture sanitarie territoriali.
✍️ Le domande vanno presentate online nel sito della Protezione Civile entro le ore 19 del 26 ottobre 2020.
📌 Da qui, tutte le informazioni:
https://medicinaterritorialecovid19.protezionecivile.it/
✅ La ASL di Bari cerca nuovi medici specialisti, che si aggiungono alle numerose (diverse centinaia) figure sanitarie (medici, professionisti non medici, infermieri, oss) già assunte o in corso di assunzione a seguito di concorsi e selezioni già svolte nell’ultimo anno e mezzo. Ha adottato 15 avvisi per titoli mirati a reclutare dirigenti medici ai quali conferire incarichi a tempo determinato della durata di 3 anni in diverse discipline specialistiche (v. prima immagine).
✍️ Le domande vanno presentate online nel sito della ASL entro il 1° novembre 2020.
📌 Gli avvisi sono stati pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia del 22 ottobre scorso, disponibili dal seguente link:
https://bit.ly/3mgZhZQ
EMERGENZA #COVID, NOI E LA NOSTRA FORZA/FRAGILITÀ.
Noto in alcuni commenti al testo che ho postato ieri [da qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10223220697296596&id=1558501860] e, in generale, nel dibattito in corso da tempo sull’emergenza covid, a tutti i livelli, il riflesso condizionato di una cultura che ormai impera e che ci è stata inculcata da molto tempo.
Guardare, interpretare e voler plasmare la realtà dal proprio, unico ed esclusivo, punto di vista. Dal proprio IO. Abbiamo perso la capacità di comprendere, fare nostre, le ragioni dell’altro, di affrontare la realtà come insieme composito, articolato, complesso, in cui ci siamo noi insieme agli altri, con i rispettivi vissuti, bisogni, aspettative, fragilità e virtù.
O recuperiamo questa idea dell’insieme o saremo condannati a recitare un ruolo che ci porta contrapporre interessi, diritti, bisogni. Una lotta senza senso e senza esito, se non una sconfitta per tutti. Un corpo sociale è un corpo vivo se tutte le sue componenti sono rispettate e non vanno in sofferenza. Una comunità, una società è questo punto di equilibrio. La nostra dimensione è operare affinché questo punto di equilibrio si raggiunga e si mantenga. È uno sforzo quotidiano.
Non mi dite che non sappiamo di cosa sto scrivendo, cosa sto cercando di esprimere, che poi è quello che ho cercato di esprimere, negli anni, con i miei, parziali e inadeguati, tentativi di agire pubblico. Non mi dite che non ne siamo capaci. Perché è esattamente quello che sappiamo fare e facciamo tutti giorni nelle nostre famiglie, per molti nelle proprie attività (un’impresa, un ufficio, una classe a scuola o all’università, un gruppo di veri amici e compagni).
In presenza di una difficoltà o di una fragilità, tutto il gruppo (familiare e no) adatta i propri comportamenti e le proprie scelte. Non si fa finta di nulla, non si pretende che tutto possa procedere come se nulla fosse, come se quella fragilità o difficoltà non ci fosse, o che quella difficoltà o fragilità sia presa in carico da altri. Nessuno si sottrae. Si condivide, ci si fa, ciascuno e secondo le proprie possibilità e capacità, parte diligente con tutti gli altri ad affrontare difficoltà, a compensare fragilità. Chi non lo fa è fuori. Fuori da una famiglia, da un’organizzazione lavorativa, da una comitiva o associazione. Perché i problemi, le difficoltà, le fragilità di uno, sono i problemi, le difficoltà, le fragilità di tutti e perché sappiamo che quei problemi, quelle difficoltà e fragilità, prima o poi, toccheranno a tutti, a ciascuno di noi. Prima o poi! E per chi si scopre improvvisamente, con le proprie difficoltà e fragilità, a non poter contare su quella rete familiare, affettiva, relazionale, in cui era inserito, la delusione e lo smarrimento sono profondi, è una solitudine che sa di fine.
Beh, cosa pensate, pensiamo, sia un corpo sociale, una comunità cittadina o statale, se non questo, in altra scala, con ben altre complessità?!
Se in una famiglia c’è la mamma anziana con difficoltà di movimento o il papà allettato con un tumore, che facciamo, ce ne freghiamo? O, tutti i figli, dedicano risorse economiche per le cure, si organizzano per seguirli nelle cure e terapie, nelle incombenze quotidiane, nel far loro compagnia, per assisterli fanno i turni, anche nei periodi di ferie? Se nostro figlio è febbricitante, che facciamo, organizziamo la festa con amici, andiamo in pizzeria? Se un compagno di lavoro ha difficoltà perché segue le terapie di un familiare disabile o ammalato, non gli andiamo incontro sostituendolo al bisogno o con una diversa articolazione dei turni di lavoro?
Non so, non credo ci sia qualcosa di incomprensibile in tutto questo. E allora perché facciamo finta di non capirlo se l’ordine dei problemi e delle difficoltà investe un intero corpo sociale e ce ne andiamo dietro ai nostri impulsi, ai nostri egoismi, alle nostre teorie o soluzioni, più o meno legittime o balzane, e ciascuno racconta la propria storia, come fosse un duello western, o IO o TU?
La questione, perché non ci sono soluzioni assolute e generali, torna alla sua essenza che non è un fatto di scienza, di schieramenti politici, di istituzioni, di ruoli e distintivi, di leggi scritte e protocolli. È una questione che attiene alla nostra natura, che interroga la nostra umanità.
Viviamo nell’incertezza, la nostra vita è incertezza. Con questa dobbiamo imparare a vivere. È la nostra natura, che è fragile, vulnerabile, complessa.
A questa naturale e ineludibile fragilità non si risponde con schemi binari. Io o tu, noi o voi, maschio o femmina, on od off, dentro o fuori e, per stare al tema che ci occupa, chiusura o apertura, negazionisti o allarmisti, tamponi sì o tamponi no, lockdown sì o lockdown no, ecc.
La risposta sta, anch’essa, nella nostra natura, nelle capacità che agli esseri umani sono state assegnate e non ad altri esseri viventi e che ci rendono unici, quindi preziosi. La capacità di sapere, la conoscenza, che ci consente di evitare il male evitabile. La capacità di essere virtuosi, cioè di fare e agire bene, di amare e essere amati, di costruire relazioni che superano e sublimano l’io e il tu.
Queste capacità sono la nostra forza e ci consentono di convivere con le nostre fragilità, perché ci consentono di conoscerle e di affrontarle elaborando le nostre caratteristiche, con i nostri comportamenti, le nostre scelte.
Per stare al tema, questo significa, a mio parere, vedere e riconoscere che c’è un problema nel nostro corpo sociale, anche se dovesse presentarsi in termini gravi, a volte devastanti, per un numero limitato di persone (si dice il 5%!).
Che facciamo? Facciamo finta di nulla, ce ne freghiamo? Giochiamo “a chi tocca tocca” e cavoli suoi? Pensate, il 5% della popolazione altamurana fa 3500 persone, tra di noi, vicino a noi, oggi non noi ma domani forse sì, probabilmente sì, nelle nostre famiglie di cui, amorevolmente, ci interessa solo!!
O, per quella nostra capacità e forza, facciamo in modo di evitare il male evitabile e di affrontare il problema individuando e salvaguardando le priorità del momento, adottando accorgimenti e adattando i nostri comportamenti, modificando un po’ i nostri stili di vita per qualche mese, ridimensionando l’esposizione piena del nostro IO (magari questa la lasciamo confinata ai confronti elettorali, alle dispute di genere, ecc.)?
Credo che la risposta ce la abbiamo noi, in noi, senza che qualcuno ce la venga a suggerire o imporre (ammesso che ne abbia possibilità, voglia e capacità). La risposta è nell’adattare, alle circostanze di bisogno e allo stato di necessità che viviamo, i nostri comportamenti, come mi permettevo di suggerire ieri. Senza rinunciare all’essenziale, senza penalizzare alcuno, ma sforzandosi, tutti, di prendere in carico, in piccola parte, ciascuno per le proprie possibilità e capacità, le difficoltà e fragilità del nostro corpo sociale.
Ciò, ovviamente, non esime dall’esercizio dei doveri, dall’agire con decisione, senza calcoli, convenienze e opportunismi, chi ha ruoli istituzionali e di responsabilità collettiva. Governare, fare politica, non è né facile, né comodo. Nessuno è obbligato a farlo, ma qualcuno deve pur farlo. A ciascuno, il suo.
_____
“La natura umana è fragile… qualcosa che nonostante la sua fragilità possiede una particolare bellezza perché inseparabile dalla sua intrinseca debolezza.”
EMERGENZA #COVID. I NUMERI DEI CASI ACCERTATI AD #ALTAMURA SONO ALLARMANTI. TRIPLICATI IN TRE SETTIMANE. REAGIAMO. FACCIAMO NOI QUALCOSA!
Continuo con i miei appelli, con le mie parole di preoccupazione e di allarme, che consegno da settimane anche a questa bacheca. L’andamento della diffusione dei contagi si è profilato con chiarezza dagli inizi di settembre. Seppure in numeri complessivamente contenuti (allora!), quando ogni giorno i casi di contagio aumentano ogni giorno, seppur di poche unità, l’andamento è chiaro. E l’ho scritto a più riprese.
Ora, però, basta! È necessario reagire.
Se in tre settimane appena, ad Altamura il numero dei casi positivi covid complessivamente accertati (comprendendo anche i guariti, un centinaio) si è triplicato (il primo ottobre erano 114), è necessario reagire!
Se l’incidenza dei casi covid ad Altamura rispetto alla popolazione è doppia rispetto alla media pugliese (in Puglia 33 casi ogni 10.000 abitanti), è necessario reagire!
Se i casi accertati solo tra Altamura e #Gravina costituiscono quasi un quarto dei casi di tutta l’area barese, è necessario reagire!
È necessario reagire, subito! Altrimenti qui salta tutto. E non mi riferisco solo alla possibilità di individuare, tracciare, isolare e seguire i casi accertati (operazioni di fatto impossibili con questi numeri, nonostante l’enorme, continuo, senza sosta, lavoro del Servizio Igiene Pubblica, Dipartimento Prevenzione Asl, di Altamura). Mi riferisco al rischio che qui, per i numeri, si fermi tutto, che qui inizino a crescere i casi gravi, che vada in tilt tutto il sistema sanitario, già in sofferenza e che deve occuparsi di tante altre patologie.
Insomma, se nessuna iniziativa di contenimento si è profilata (almeno in termini di tentativi), se non ci viene detto e prima che ci venga imposto in altre ben piú pesanti modalità, facciamolo noi. Reagiamo. Non abbiamo altre risorse che il buonsenso, la responsabilità individuale, il rispetto.
Fermiamo riunioni conviviali, feste, cerimonie, ritrovi familiari, riunioni di comitiva. Limitiamo all’essenziale le uscite, nostre e dei nostri figli (a cui dobbiamo proibire di frequentare sottani e localetti in cui in tanti si ritrovano): lavoro, scuola, salute, sport, acquisti (magari evitando il mercato finché è nel budello di via Manzoni). Teniamoci a distanza, fisica. Niente abbracci baci, strette di mano. Se gestiamo un ufficio, un’azienda, un’impresa, adottiamo, ove possibile, modalità di lavoro a distanza e agile, così da salvaguardare noi e i nostri dipendenti e lavoratori. Usiamo mascherine in luoghi chiusi sempre, all’aperto quando siamo vicini ad altri. Proteggiamo i nostri nonni, i nostri genitori (niente abbracci e bacetti, distanza da loro, usiamo le mascherine quando siamo con loro).
Ho sempre ripetuto, dinanzi a questa emergenza: né enfatizzare, esasperare, ma nemmeno banalizzare, sottovalutare, restare indifferenti. Ora, i numeri del nostro territorio ci impongono di reagire. Non aspettiamo altri. Facciamolo noi. Noi, ciascuno di noi, individualmente. I rischi sono troppo alti, per noi, per i nostri cari.
Reagiamo con le nostre armi migliori: rispetto, responsabilità individuale, buonsenso. Prima che sia troppo tardi. Vi prego, forza!