QUANTO VALGONO 130 CENTIMETRI?

Quante vite viviamo? Una vita l’ho terminata. Ho preso l’uscita definitivamente ieri sera, sul tardi, all’ora a cui avevo educato buona parte dei miei rientri baresi di questi anni. È terminato, anche formalmente, il mio mandato di consigliere regionale. In realtà, so dire quando tutto è iniziato, il 6 settembre del 2016. Non so quando tutto finirà davvero, intendo mentalmente e sentimentalmente. Quando sei stato troppo coinvolto in qualcosa o con qualcuno, non te ne emancipi mai. Riprendo il mio lavoro, ricerca e didattica, la mia università.
Ieri, intanto, ho serrato in questi faldoni l’essenziale dei miei quattro anni in Regione, quello in forma cartacea (spero qualcuno mi aiuti a trasferire tutti i files disordinatamente presenti nel computer che ho avuto a disposizione). I faldoni, uno sull’altro, fanno 130 centimetri. Li ho portati via, destinati in qualche scaffale domestico.
Quanto c’è in 130 centimetri? L’altezza di mio figlio all’inizio di questa vita ora terminata. Quanto valgono 130 centimetri? Quanto se ne va con loro? Quanto va perduto? Quanto andrà dimenticato? Quanto resterà? Ecco, quanto?!
Di sicuro, mi resta il privilegio di aver servito la mia Terra.
So che questa mia esperienza di consigliere regionale ha ingenerato, nella mia città, in una ristrettissima cerchia di persone, perplessità, incomprensioni, in alcuni ombre, complessi, in altri astio e gelosie. Ho messo in conto tutto, non solo la fatica (questa è solo dovere), ma anche solitudine, incomprensioni, delusioni, quindi amarezze personali. Non fa nulla.
Ho fatto una scelta approcciandomi ad un’esperienza in una compagine di governo: anziché dedicare tempo ed energie ad avviare o rintuzzare polemiche, a declamare principi, a marcare diversità, a elencare o contemplare cosa non va, mi sono impegnato, con tutte le energie fisiche ed intellettive, giornalmente, per moltissime ore tutti i giorni, a risolvere problemi, immaginare soluzioni, costruire percorsi normativi e amministrativi, aprire nuovi varchi, immaginare e offrire opportunità, sollecitare risposte, soprattutto dare il senso che solo il lavoro ci migliora e migliora la realtà che ci circonda, la nostra terra.
È, poi, il senso della nostra dimensione. La normalità, anche quando tutto attorno forse normale non è. Lavoro, semplicità, umiltà.
La faccio breve. Ho avvertito in questi quattro anni, in maniera ancor più acuta che in altre passate mie esperienze, il senso del tempo breve. Il nostro, che è le ore e i giorni che passano. Il senso pieno e recuperato del presente, l’unico che ci è dato e che spesso sprechiamo voltando la testa al passato o tendendola verso un futuro che non ci appartiene, se non come programma. Un presente sempre e solo ridotto a un “non ancora” o a un “non più”. Anziché occupato, qui e ora, dal pensiero che si fa azione, un present continuous, il farsi, quotidiano, concreto e faticoso. Il farsi che, così, conquista e si fa futuro. L’unico modo, a mio parere, per rendere grazie a chi ci ha preceduto, i nostri genitori, nonni e così via indietro nel tempo e per onorare i nostri obblighi verso le future generazioni.
Se ci pensiamo, questo senso del tempo, la consapevolezza della sua finitezza, che è l’elemento caratterizzante della condizione umana, motiva, impegna, rende migliori noi e intensi i nostri tentativi.
La consapevolezza della brevità del tempo a disposizione, quindi della necessità di viverlo con intensità, è una sorta di lasciapassare per la serenità, facendo del nostro tempo sempre uno nuovo, un tempo di origini e di esordi, di curiosità e aperture, e rende più lieve la fine stessa, la perdita, perché perdita non è e non è stata.
In politica, tutto ciò passa da un modo di essere e fare Politica che liberi la sua Forza, la sua Potenza, quella di creare il possibile e che abbandoni i “bassifondi del possibile”, cioè quella rassegnata, pigra, maligna, indolente e impotente rassegnazione cui buona parte della classe dirigente sembra consegnarsi ogni volta difronte ad ogni difficoltà. I miei sforzi, i miei tentativi – inadeguati, parziali, limitati perché soggettivamente limitati – sono stati in questa direzione.
《È come se ci fossimo dimenticati chi siamo. Esploratori, pionieri, non dei guardiani… Un tempo, per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento. Ora, invece, lo abbassiamo, preoccupati di far parte del mare di fango.》
Chiudo. Ringrazio mia moglie, i miei figli, i genitori che ho avuto, mio fratello, amici e compagni sempre presenti da lungo tempo. Nel cuore e nella mente ho sempre avuto l’esempio tenace dei miei genitori, il sorriso sincero dei miei figli, lo sguardo limpido di chi amo.
Ringrazio chi, in diversa forma e misura, mi ha dato supporto nell’attività consiliare: i colleghi del gruppo (Sebastiano, Mimmo, prima pure Mino) e Onofrio, Carlo, Giulio, Pasquale, Raffaele, Antonio, Pierantonio, Ivan, Anna, Francesca.
Ringrazio voi, quanti mi hanno aiutato, sono stati vicini, mi hanno riservato parole e attenzioni, in sintesi quanti sono stati per me speranza. Mi auguro, a mia volta, di essere riuscito (per qualcuno, in qualche modo, anche molto parziale, in qualche momento) ad essere speranza che, come ripeteva uno dei miei riferimenti e ripeto spesso, è ben più importante che avere speranza per sé. Sarebbe bellissimo, ne sarei felicissimo.
Ovviamente sarò presente. Continuerò a seguire il tanto programmato, impostato (e finanziato) in questi anni dalla Regione, perché si traducano in azioni concrete e in opere (c’è tanto nella mia città e nel territorio murgiano che deve vedere ancora la luce).
Andiamo avanti!
enzo colonna
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A breve, per chi fosse interessato, renderò disponibile un rapporto di fine mandato. Ho sintetizzato parte del lavoro (quello non normativo) in un post di un mese e mezzo fa, disponibile da qui:

ALTRI PASSI IN AVANTI PER LA ROTATORIA SULLA STRADA ALTAMURA-CORATO (ALL’INCROCIO PER GRAVINA E POGGIORSINI).

Dopo l’approvazione da parte del Dirigente del Servizio “Pianificazione Territoriale, Mobilità e Viabilità” della Città Metropolitana di Bari del progetto esecutivo con contestuale avvio della procedura della gara di appalto (di cui avevo dato conto qui circa tre settimane fa), sono stati compiuti altri due passi amministrativi: è stata designato l’ufficio di direzione dei lavori ed è stato istituito il seggio di gara.
Il progetto – ricordo – prevede la realizzazione di una rotatoria e di aiuole spartitraffico in corrispondenza dell’intersezione tra la Strada Provinciale 238 (Altamura-Corato) e la Strada Provinciale 159 (Gravina, Poggiorsini – San Giovanni). Per questo sono destinati complessivamente 350.000 euro: l’importo comprende i lavori, l’iva, gli oneri per la sicurezza e per l’acquisizione delle aree, ecc., e si ridurrà a seguito dei ribassi offerti in sede di gara. La realizzazione della rotatoria consentirà certamente ai numerosi autoveicoli che percorrono tale importante asse stradale di affrontare l’intersezione in condizioni di sicurezza e a velocità moderata.
Molte volte ho sollevato il tema dell’urgenza di mettere in sicurezza quel maledetto incrocio, in cui si sono consumati numerosi incidenti, anche con tragiche conseguenze.
👉 Da qui il mio ultimo intervento pubblico: https://www.enzocolonna.com/…/grande-e-attesa-notizia…/
📌 Altri passi in avanti, dunque, verso l’atteso risultato finale. Seguo e accompagno questa procedura, passo dopo passo, da quattro anni, con tutti i limiti imposti dal non aver avuto alcun ruolo nella Città Metropolitana. Anni di incontri, note e telefonate, sollecitazioni e aggiornamenti.

COVID E SCUOLE: NATURA DEL PROBLEMA.

450 ad #Altamura
4.000 a #Bari e provincia
10.000 in #Puglia
Questi sono i numeri, non precisi all’unità e impietosi, dei casi #Covid attualmente positivi. Tali numeri, quindi, non comprendono i casi positivi accertati negli ultimi due mesi che hanno superato la quarantena, a seguito dei tamponi di controllo risultati negativi.
Vediamo, sommariamente e in modo frammentato, come funziona il sistema.
Ad ogni caso positivo segue individuazione dei conviventi e dei contatti stretti, che vengono posti in quarantena e sottoposti a tampone (non sempre).
Ogni positivo sviluppa mediamente una quindicina di contatti stretti. Facciamo i calcoli, moltiplichiamo per dieci/quindici i 600-700 casi complessivi di questa seconda ondata e immaginiamo il numero delle persone da seguire, monitorare, ecc.. Poi ci sono i casi sintomatici segnalati dai medici o autosegnalati, cioè persone che non sono state individuate nell’attività di tracciamento svolta dalla Asl.
Fortunatamente (anche se la fortuna non c’entra nulla), riuscimmo, con la responsabile del servizio igiene di Altamura, ad attivare la prima postazione tamponi drive-trough di tutto il barese in via Manzoni, in tempi non sospetti, tra luglio e agosto. Da allora, effettuano tamponi tutti i giorni, domenica compresa. Un’altra postazione del genere è stata attivata due giorni fa a Cassano; un’altra si spera presto anche a Gravina.
In ambiente scolastico tutto si complica. Come sa chi ci è passato (alunno, studente, genitore, docente, personale), il numero dei contatti stretti sale enormemente: un’intera classe se si tratta di un alunno o tutte le classi in cui insegna se si tratta di un docente.
Con questi numeri il sistema salta.
Quando si accerta un caso positivo nella scuola, bisogna predisporre un elenco (dati anagrafici, mail, telefono). Bisogna inviare il provvedimento che dispone l’isolamento domiciliare. Poi c’è la quarantena. Al termine della quarantena, l’Asl invia la convocazione per il tampone di di verifica. Se positivi, si resta in quarantena. I negativi, però, per essere riammessi a scuola devono presentare un certificato del pediatra o del medico di famiglia, che, ovviamente, sono in estrema difficoltà: come fanno a certificare, con un esame compiuto giorni addietro, che il bambino o lo studente può rientrare a scuola?
Per non parlare delle sanificazioni degli ambienti (di dubbia utilità) e di tutta una serie di passaggi e adempimenti che conoscono bene i dirigenti scolastici e il personale amministrativo.
Questo prevedono le indicazioni “operative” (sic!) del Ministero dell’Istruzione.
Ci salviamo così? Che dite? Non credo proprio!
Questo delirio italico (fatto di carte “a posto”, di formalità, incertezze, contorsioni linguistiche, interpretazioni, circolari, di “non è competenza mia” o “la colpa è di quello”) fa sì che il sistema scolastico, didattico e formativo, si ingolfi e si inceppi. Basta un caso positivo (con contagio contratto fuori, magari nel localetto vissuto con tutta la comitiva nel centro storico, sull’autobus, in famiglia il più delle volte, al supermercato, al mercato o chissà dove!) e la scuola va in tilt.
Tutto questo (con raffiche di tamponi che, alla prova pratica, si rivelano del tutto inutili) impegna personale (scolastico e sanitario) e risorse in numeri ingentissimi.
Questo è il problema, non il numero dei contagi, non i focolai nella scuola (che, come ho scritto più volte, almeno dalle nostre parti non si sono verificati), non i tamponi, non il sistema sanitario (che ha altri limiti e altro genere di problemi).
Tutto questo ha l’effetto perverso di impegnare personale e risorse in procedure ed esami, rallentando e bloccando le attività destinate ad individuare, isolare, tracciare, sorvegliare tutti i casi che non coinvolgono persone dell’ambiente scolastico (che sono, almeno da noi, tantissimi, come ho scritto prima).
Allora la partita vera, per chi vuole impegnarsi per la piena funzionalità della scuola, è cambiare i protocolli ministeriali, rendere tutto più agile, semplice, efficace.
La Puglia e altre regioni hanno da tempo proposto di passare ad un sistema di verifiche basato sui cosiddetti tamponi rapidi o antigenici. Gli antigeni sono proteine virali che il nostro organismo riconosce come corpi estranei e contro i quali produce anticorpi. Il vantaggio di questo test è la velocità. In circa 15-30 minuti si ha una risposta e quindi potrebbero essere molto utili nelle scuole, per screening di massa. L’unico limite è che se si rileva una positività, deve poi comunque essere confermata con un tampone tradizionale, cioè con il test molecolare, perché il test antigenico potrebbe rilevare solo antigeni del virus, cioè tracce del virus, che non per forza indicano la presenza del virus vivo e in grado di infettare. Per le indagini di massa è lo strumento migliore, vista la bassa prevalenza di positivi.
Questo consentirebbe di liberare subito, in mezz’ora, quanti sono risultati negativi, quindi senza la necessità di porre in quarantena intere classi, bloccando le attività didattiche, e di individuare rapidamente i pochi casi dubbi (i positivi a questo test), che poi verrebbero sottoposti al tradizionale tampone (il molecolare che, unanimemente, è l’unico esame diagnostico di riferimento per verificare con certezza la presenza del Sars-Cov2).
Questo approccio consentirebbe, inoltre, di non rallentare l’attività di cosiddetta sorveglianza epidemiologica svolta dai dipartimenti di prevenzione delle asl, che potrebbero e dovrebbero concentrarsi sulla ricerca dei casi positivi (contatti stretti di positivi, sintomatici segnalati dai medici, ecc.).
La questione sta tutta qui. Allora, vogliamo continuare a giocare a “vedo/non vedo”? Vogliamo continuare a scaricare tutte le responsabilità e le colpe su qualcuno? Vogliamo continuare a fare esercizio di indignazione? Sempre verso un altro? O vogliamo parlare il linguaggio della realtà e della verità? Che sono cose crude, sotto i nostri occhi!
Domandate a chi opera nella scuola, nella sanità, al vostro medico o pediatra. Vi prego, non fermatevi a queste mie parole, a questi miei tentativi (inadeguati, come tutti i miei in questi anni e su tanti temi) di spiegazione, di condivisione di conoscenza e consapevolezza, di presa d’atto della realtà. E della conseguente assunzione di responsabilità e dei conseguenti doveri che ci spettano, ovviamente in misura diversa. La vita è una cosa pratica, spesso anche faticosa. Forza!

PROROGATA LA MISURA #START, A SOSTEGNO DEL REDDITO DI #PROFESSIONISTI, #AUTONOMI E #COCOCO.

E’ stato prorogato alle ore 12 del 30 novembre 2020 il termine per la presentazione delle candidature all’#Avviso regionale #START, che è finalizzato a sostenere, con un contributo a fondo perduto di 2.000 euro, i lavoratori autonomi, co.co.co. e i professionisti. L’avviso, pubblicato il 15 luglio scorso, dava attuazione ad una linea di intervento prevista nell’ambito della manovra da 750 milioni di euro varata, nel maggio scorso, dalla Regione Puglia per fronteggiare gli effetti negativi sull’economia derivanti dall’emergenza sanitaria da Covid-19 [avevo scritto e aggiornato qui, più volte].
✅ Le risorse complessivamente stanziate per questa misura ammontano a 124 milioni di euro e l’assegnazione dei contributi avviene in maniera automatica, seguendo l’ordine cronologico di arrivo delle domande, sino ad esaurimento dei fondi disponibili.
✅ Sinora è stata completata l’istruttoria per poco meno di 30.000 domande. Di queste, sono state ammesse al contributo circa 27.000; per circa 1500 sono state chieste integrazioni; circa 800 non sono state ammesse.
✅ Per chi non l’avesse già presentata sinora, ricordo che possono presentare istanza:
📌 Liberi #professionisti con domicilio fiscale in Puglia e titolari di partita IVA che abbiano iniziato l’attività prima del 1° febbraio 2020, compresi i partecipanti agli studi associati, costituiti esclusivamente con contratto di associazione in partecipazione o altra forma associata, purché non di natura commerciale d’impresa. Sono tassativamente escluse le forme di aggregazione professionale che prevedano l’obbligatoria iscrizione al Registro delle Imprese della Camera di Commercio. I beneficiari devono essere iscritti all’albo professionale e alla relativa cassa previdenziale privata, ovvero, nel caso in cui l’attività esercitata non rientri tra le professioni intellettuali che hanno una cassa previdenziale privata, devono essere iscritti alla gestione separata INPS.
📌 Titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, #cococo, attivi alla data del 1° febbraio 2020 iscritti alla Gestione separata dell’INPS e residenti in Puglia.
✅ I richiedenti dovranno dimostrare un #reddito lordo da lavoro autonomo, per l’anno 2019, non superiore a euro 23.400 euro, con un volume d’affari complessivo non superiore a euro 30.000.
✅ Le istanze di candidatura, previa registrazione, dovranno essere firmate digitalmente e inoltrate esclusivamente in via telematica attraverso la procedura on line disponibile nel portale Sistema Puglia, all’indirizzo www.sistema.puglia.it/start
✅ Questo contributo regionale è cumulabile con altri incentivi, indennità e agevolazioni disposti a livello nazionale per fronteggiare gli effetti economici negativi causati dalla pandemia da Covid-19.

QUESTA L’ORDINANZA PER LE SCUOLE PUGLIESI, CON ALCUNE CONSIDERAZIONI. LE AULE SI SVUOTANO E I REPARTI #COVID SI RIEMPIONO.

Riporto nelle immagini il contenuto essenziale dell’#ordinanza firmata un paio di ore fa dal Presidente della Regione.
Dal 30 ottobre sino al 24 novembre sospesa l’attività in presenza nelle scuole primarie (elementari) e secondarie di primo (medie) e secondo grado (superiori). Queste Istituzioni scolastiche adottano “didattica digitale integrata riservando alle attività in presenza esclusivamente i laboratori (ove previsti dai rispettivi ordinamenti dal ciclo didattico) e la frequenza degli alunni con bisogni educativi speciali.”
Sono convinto e temo che blocchi e sospensioni ulteriori ne vedremo su scala nazionale.
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Non posso limitarmi a questo, avendo trattato il tema in più occasioni con appelli caduti nel vuoto
[da qui, ad esempio, il 9 ottobre:
Formulo qualche considerazione, con la tristezza nel cuore e il senso della sconfitta nella mente.
È un esito che avevo facilmente pronosticato (v. terza immagine). Riporto un passo di quel testo di tre settimane fa circa per sottolineare un concetto:
《quando arriveremo alla chiusura delle scuole (perché ci arriveremo alla chiusura completa e come non mai vorrei che i fatti possano smentirmi) tanti si indigneranno, ma in tanti si saranno tolti il “problema”!! Sarà una sconfitta per tutti. Nessuno del mondo adulto si potrà sentire assolto, però. La sconfitta sarà di noi adulti, per egoismo, impreparazione, pavidità, indifferenza, inefficienza, incapacità di sentire la responsabilità del momento e di affrontare, ciascuno per il proprio ruolo, la durezza che quella responsabilità implica.》
Ecco, ora nessuno si senta assolto! C’è poco da fare gli indignati, c’è poco da sparare, da istituzioni locali verso altre istituzioni. Quando, poi, solo pochi giorni fa, sono stati proprio i Comuni a scagliarsi contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per essersi permesso di chiamarli ad assumersi la responsabilità di definire le zone di maggior rischio nei propri territori. La verità – e lo dico proprio ora che dovrei sentirmi alleggerito da responsabilità istituzionali non avendo nemmeno partecipato alla competizione elettorale – è che questo gioco a scagliarsi e scaricare su altri livelli istituzionali (ora la Regione, ora lo Stato o altro) responsabilità, compiti e colpe è un gioco perdente e non aiuta nessuno. Non si risolve nulla, non si aiuta nessuno, non si dà alcun contributo, anzi si aggrava la situazione alimentando sfiducia, malumore e odio, scatenando impulsi e reazioni. Un mix di emozioni che prima o poi travolge tutti, anche chi crede di poterle manipolare, soprattutto se le parole non sono state precedute da azioni compiute. Ecco, nessuno, soprattutto chi è nelle istituzioni, può sentirsi assolto se prima non ha assolto il dovere di agire. Agire, questo ci assolve, anche se poi non si sia riusciti a sortire il risultato sperato.
Da chi ha ruoli nelle istituzioni, da chi ha un ruolo politico o funzioni pubbliche, è o ambisce ad essere classe dirigente, è doveroso attendersi rigore, conoscenza dei problemi e della realtà, pazienza nel spiegarli a tutti, impegno per risolvere per quanto è possibile e gli è possibile, capacità di isolare e sostenere il buono che c’è e si fa, assunzione di responsabilità e non autoassoluzione, rincorsa alla esaltazione degli istinti, diffusione di incertezza, stravolgimento della realtà, reazioni ispirate a ripicche, risentimenti.
Nessuno porta responsabilità, invece. Un’eterna assoluzione di noi stessi e la colpa è sempre degli altri. L’indice sempre puntato. Sono gesti e parole che si ripetono, quando, qui da noi, poi, c’è poco da fare i gradassi e gli indignati perché, se non lo si è capito ancora, nonostante lo abbia scritto tante volte, c’è un numero impressionante di contagi accertati (non ho dati aggiornati, ma, comprendendo quelli guariti, siamo molto probabilmente sui 600 casi accertati negli ultimi due mesi, nella cosiddetta seconda ondata, di cui 437 gli attuali positivi secondo i dati ufficialmente comunicati dal Comune). Per fare qualche raffronto: a Trani i positivi sono 63, a Bari città, con una popolazione quasi cinque volte quella di Altamura, i positivi erano ieri 1068. Ecco, qui, da noi, cosa abbiamo fatto o tentato per contenere la diffusione del contagio?
Qui, da noi, c’è poco da fare i gradassi e gli indignati perché, nel nostro Comune, l’incidenza dei casi Covid è più che doppia rispetto alla media pugliese (circa 85 casi ogni 10000 abitanti, in Puglia 40 ogni 10000 abitanti). Ne abbiamo preso veramente consapevolezza? Qui, da noi, abbiamo adottato alcuna cautela o misura? Abbiamo fatto qualcosa, il nostro?
Infine, c’è poco da fare i gradassi e gli indignati mentre i reparti Covid si stanno rapidamente riempiendo. Al “Perinei”, a distanza di un giorno e mezzo dall’avvio del reparto (ne ho scritto ieri), sono già ricoverati 20 pazienti di cui 4 in rianimazione.
Vogliamo continuare così?

LA SITUAZIONE ALLL’OSPEDALE DELLA MURGIA

Stamattina ho effettuato un sopralluogo presso l’#OspedaledellaMurgia “Fabio Perinei” alla luce dei recenti sviluppi, per verificare come procede l’attivazione, ex novo, del reparto #Covid. Molto probabilmente l’ultimo nella veste di consigliere regionale, che, formalmente, mantengo per pochissimi giorni ancora.
🟦 UNA PREMESSA
Il ricovero di malati covid (quelli con sintomi seri, a volte anche molto gravi, o con altre patologie non trattabili domiciliarmente) deve avvenire in reparti ospedalieri. Hanno bisogno di medici, attrezzature, personale, servizi, che solo strutture ospedaliere possono offrire. Non sono appestati da isolare. Servono ospedali, non lazzaretti. Strutture moderne ed efficienti (con postazioni di terapia intensiva e rianimazione, macchine per tac e radiografie, impianti di aerazione e ossigenazione, unità cardiologiche, sale chirurgiche, ecc.), non strutture fatiscenti, chiuse e abbandonate da anni, del tutto spoglie (per favore, smettiamola di evocare la possibilità di utilizzare l’ex ospedale in viale Regina Margherita!).
📌 Altra cosa è invece discutere dell’opportunità di individuare il “Perinei” come sede di un reparto del genere, su cui, in altre sedi, da una decina di giorni almeno, ho espresso quella che ora, stante la mia posizione di consigliere uscente, è solo un’opinione. A mio parere (non tecnico), per come è posizionato, per il suo bacino di utenza, per le sue prestazioni e vocazioni (con una serie di unità operative in crescita e che si andavano potenziando), il nostro Ospedale poteva essere individuato come struttura di riferimento nell’entroterra barese No-Covid, cioè destinato a servire tutte le prestazioni e gli interventi che non coinvolgono pazienti con contagio. È quanto riuscimmo a fare durante la prima ondata nella primavera scorsa, quando l’Ospedale della Murgia fu individuato, nel piano ospedaliero regionale per l’emergenza pandemica, come struttura no-covid (non so se qualcuno se lo ricorda!). Questa volta è andata diversamente.
🟦 LA SITUAZIONE
Dopo i lavori per isolare gli ambienti e per potenziare attrezzature e impianto ossigenazione, il #RepartoCovid è stato sistemato al sesto piano con percorsi dedicati, garantendo una netta separazione dei flussi di pazienti Covid e no-Covid all’interno del presidio.
Sono stati attivati 20 posti letto, di cui 10 tutti allestiti e pronti ad accogliere pazienti (i primi cinque forse già oggi). Il numero è ampliabile sino a 60 posti letto (tra reparto malattie infettive e degenze di area medica, terapia semintensiva e intensiva).
➡️ Dal seguente link, un video del nuovo reparto pubblicato dal Presidente

Michele Emiliano

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➡️ Da qui, una nota della Asl di Bari:
Dalla #AslBari e dalla #Regione è venuta, a più riprese e anche a me, la rassicurazione che gli ordinari #reparti resteranno in attività, tranne che per gli interventi differibili e programmabili (in elezione).
Come pure si continueranno a svolgere dialisi e trattamenti terapeutici oncologici. A questo riguardo, sono contento che sia stata accolta la richiesta di spostare il reparto di #oncologia dal sesto al quarto piano, così da ulteriormente rasserenare i pazienti oncologici.
Il #personale è stato, come mi era stato già assicurato giorni addietro, ulteriormente potenziato, anche con specifiche professionalità dedicate al Covid. Negli ultimi giorni hanno già preso servizio al “Perinei” una quindicina di medici (infettivologi, pneumologi, internisti). Si è in attesa di tre ulteriori anestesisti e di un buon numero di nuovi infermieri.
📌 Si tratta di un lavoro (attrezzature, professionalità, personale, ambienti) che, ad emergenza finita, potranno tradursi in un arricchimento della dotazione esistente dell’Ospedale (ad esempio, macchinari, posti letto e personale in più per terapia intensiva e rianimazione) e in nuove unità operative (malattie infettive, ad esempio).
🟦 UN PAIO DI CONSIDERAZIONI
È inevitabile comunque – è bene parlare con franchezza – che la configurazione Covid dell’Ospedale comporterà disagi, ritardi ulteriori e differimenti di interventi, spostamenti, ove necessario, in altre strutture ospedaliere per interventi non urgenti. Mi piace (almeno mi sforzo) agire e parlare con franchezza, serietà e responsabilità. Considerata la mia opinione, che ho manifestato in altre sedi (istituzionali e decisionali) tempestivamente (diversi giorni addietro) e che ho sintetizzato prima (nel senso che sarebbe stata più opportuna la scelta di altra struttura ospedaliera barese) e considerata la mia posizione, di consigliere uscente, non candidato per giunta, quindi alleggerito dal peso istituzionale, mi sarebbe comodo e facile criticare e basta. Ma, come ripeto spesso, sempre, al di là dei ruoli, la vita è responsabilità, doveri. Quindi, anche buonsenso e rispetto per la fatica di chi deve affrontare emergenza e difficoltà.
E allora mi sento di sottolineare un paio di punti.
1️⃣ Dobbiamo vigilare affinché tutti i reparti mantengano la loro funzionalità e operatività, affinché non siano bloccati nelle prestazioni e servizi per i pazienti no-covid e non siano travolti dalle esigenze connesse all’emergenza covid. Per questo sono necessarie due condizioni:
✔️ La prima (e mi sembra che ci sia, anche dalla ricognizione operata questa mattina) è che la struttura sia pronta. Ho trovato il #personale, come sempre, disponibile, professionale, motivato, pronto ad affrontare la fatica di gestire la coabitazione di servizi e percorsi (covid e no-covid). Per questo, come ho fatto con qualcuno stamattina, li ringrazio tutti (direzione medica e amministrativa, area tecnica, responsabili di unità, personale sanitario e amministrativo e tecnico, medici, figure tecniche, infermieri, oss, ausiliari, ecc.). Dovremmo essere tutti grati nei loro confronti, per l’enorme lavoro (soprattutto organizzativo) svolto e quello, ulteriore, che si accingono a svolgere. A loro, ancora #grazie.
✔️ La seconda è quello che #noi, da utenti o potenziali utenti, possiamo garantire: comprensione e fiducia, un supplemento di pazienza (lo so, se ne richiede tanta, soprattutto in questo periodo!) e, soprattutto, il contributo concreto che possiamo dare per non sovraccaricare la struttura, limitando la diffusione del contagio ed evitando situazioni di rischio.
2️⃣ Possiamo formulare e avanzare perplessità, riserve e critiche sulla scelta, ma dobbiamo pure essere consapevoli, se vogliamo sforzarci di parlare la lingua della realtà e della verità, che il territorio murgiano, con le sue strutture, deve essere in grado di affrontare l’emergenza covid (speriamo nella misura minore immaginabile). I numeri dei casi positivi di questa seconda ondata di #contagi, da fine agosto ad ora, impongono di farci carico di una risposta, sul territorio, anche in termini di prestazioni e servizi ospedalieri. Non solo i casi #covid complessivamente accertati nel barese sono di gran lunga superiori rispetto alla primavera scorsa, ma qui, da noi, solo considerando quelli accertati tra Altamura e Gravina, i casi sono pari a quasi un quarto dei casi totali dell’area metropolitana barese. L’alternativa sarebbe stata sballottolare i pazienti covid tra un capo all’altro della Puglia (è già avvenuto, con pazienti della nostra zona ricoverati a Brindisi o a Lecce).
🟦 UN APPELLO
Per favore, continuiamo con le #donazioni di #sangue. Il servizio di raccolta prosegue normalmente, come pure quello per la selezione e prelievo per la tipizzazione di candidati alla donazione di midollo osseo. L’Unità di Medicina #Trasfusionale (attiva da un anno e mezzo, grande conquista per tutto il territorio murgiano dopo tanti anni di attesa) è ubicata al piano terra dell’Ospedale. Stamattina ho appreso che da quando si è iniziato a parlare dell’attivazione del reparto Covid, le donazioni giornaliere si sono più che dimezzate. E’ una reazione emotiva che non trova alcuna ragione. Il reparto Covid è completamente separato (al sesto piano, ripeto), separati sono i percorsi e gli accessi. Sono stati adottati tutti i protocolli e le precauzioni perché le donazioni possano svolgersi normalmente e in sicurezza. A questo riguardo, proprio per contingentare gli accessi e limitare il numero delle persone in attesa di donare, è necessario contattare l’Unità per prenotare la donazioni [https://www.sanita.puglia.it/…/unita-fissa-raccolta-sangue].
ENZO COLONNA

Perché rispettiamo le norme?

Perché rispettiamo le norme?
Si individuano comunemente tre ragioni:
1) rispettiamo le norme per evitare una sanzione;
2) rispettiamo le norme perché prevediamo di ottenere l’approvazione degli altri, di dare una buona immagine di noi e di contare, in questo clima di reciproca fiducia, in un ritorno in termini di sostegno o collaborazione;
3) rispettiamo le norme perché le consideriamo giuste e agiamo sulla base di questo convincimento, di questa motivazione interiore.

La mia impressione è che quest’ultimo DPCM difetti proprio in tutto ciò che fonda la terza ragione. A parte la “questione scuola” (che è un discorso a parte su cui mi sono soffermato più volte), le pesanti restrizioni interessano settori come cultura (cinema, teatri, sale concerti), ristorazione (ristoranti, bar, pub, pizzerie, ecc.) e sport (palestre, scuole di danza, centri sportivi, ecc.) che presentano, in buona parte, luoghi – ammettiamolo – tra i più presidiati, rispetto a tanti altri, sotto il profilo della prevenzione dei contagi o, almeno, sicuramente luoghi in cui più facilmente è possibile effettuare controlli (questi sconosciuti, ammettiamo pure questo!) con riferimento al limite di accessi e di presenze, al rispetto delle distanze, all’organizzazione dei servizi e del lavoro, in sintesi con riferimento all’adozione di tutti i protocolli di prevenzione.

Questa inafferrabilità della ragione, questa incomprensibilità, questa irragionevolezza, genera inevitabilmente il senso di un’ingiustizia, facendo venir meno quella leva formidabile del successo di una norma, in termini di osservanza e di consenso sociale, che è data dal sentirla propria, un obbligo interiorizzato. E quanto più è basso il grado di interiorizzazione di una norma, tanto maggiore sarà l’affidamento che si deve fare sulle sanzioni come sistema di controllo.

Non voglio prendere in considerazione altri aspetti di sistema pur decisivi, come – uno, per tutti – la considerazione, totalmente messa in disparte da tempo, che il diritto fondamentale alla salute non sta prima o sopra altri diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e questa, invece, impone di ricercare un equilibrio tra tutti, in un insieme organico che non sacrifica uno di questi diritti a favore di altri, come, appunto, è la natura dell’uomo, che non è riducibile alla sua sola dimensione fisica, biologica, corporale. Altrimenti, assieme alla Costituzione, cancelliamo due millenni e mezzo almeno della nostra civiltà, dai greci in avanti.

Ecco, per riprendere e chiudere, mi sembra che l’approccio espresso in questi DPCM non si preoccupi di far sentire e motivare la “giustezza” delle regole di comportamento che impone, trascurando così l’importanza del processo di interiorizzazione di un comportamento, cioè la possibilità di sentire e assimilare il valore implicito nella norma da parte di chi è chiamato a rispettarla. Solo così, infatti, la norma è più nettamente compresa da un più gran numero di individui, motivando e rafforzando la convinzione della necessità di tale regola e quindi della necessità che tale regola sia rispettata e socialmente sanzionata.

In altri termini, la norma deve essere equilibrata, ragionevole, con soluzioni uguali per situazioni uguali e, poi, deve essere motivata, spiegata, fatta comprendere.

Altrimenti va a finire, come in questo caso, che l’osservanza della norma sia affidata e legata unicamente al meccanismo sanzionatorio (il motivo n. 1). Ma, così, dilagano sfiducia, malessere, pessimismo verso le istituzioni e salta la coesione sociale che è l’elemento determinante in una situazione di emergenza.

A questo punto, non resta che una strada. Tutti devono impegnarsi e lavorare rapidamente per dare forza e contenuti alla seconda ragione delle tre che inizialmente richiamavo. È necessario, cioè, fornire sostegno e collaborazione agli operatori e ai lavoratori dei settori ora colpiti. Lo devono fare le istituzioni, ai diversi livelli (statale, regionale, comunale) con forme di compensazione, sostegno e detassazioni. Lo possiamo fare noi, da fruitori, consumatori, concittadini, con piccoli gesti (acquisti con asporto, un abbonamento o un ciclo di sedute sottoscritti in anticipo, un caffè in più, ecc.) capaci di confermare e rinsaldare la fiducia e la solidarietà su cui si tiene una comunità.

SELEZIONI IN CAMPO SANITARIO

Segnalo queste selezioni avviate negli ultimi giorni.

 Per l’emergenza coronavirus il Dipartimento della Protezione Civile ha pubblicato online i bandi per reclutare 1500 unità di personale medico e sanitario e 500 addetti amministrativi diplomati, a supporto delle strutture sanitarie territoriali.
✍️ Le domande vanno presentate online nel sito della Protezione Civile entro le ore 19 del 26 ottobre 2020.
📌 Da qui, tutte le informazioni:
https://medicinaterritorialecovid19.protezionecivile.it/

 La ASL di Bari cerca nuovi medici specialisti, che si aggiungono alle numerose (diverse centinaia) figure sanitarie (medici, professionisti non medici, infermieri, oss) già assunte o in corso di assunzione a seguito di concorsi e selezioni già svolte nell’ultimo anno e mezzo. Ha adottato 15 avvisi per titoli mirati a reclutare dirigenti medici ai quali conferire incarichi a tempo determinato della durata di 3 anni in diverse discipline specialistiche (v. prima immagine).
✍️ Le domande vanno presentate online nel sito della ASL entro il 1° novembre 2020.
📌 Gli avvisi sono stati pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia del 22 ottobre scorso, disponibili dal seguente link:
https://bit.ly/3mgZhZQ

EMERGENZA #COVID, NOI E LA NOSTRA FORZA/FRAGILITÀ.

Noto in alcuni commenti al testo che ho postato ieri [da qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10223220697296596&id=1558501860] e, in generale, nel dibattito in corso da tempo sull’emergenza covid, a tutti i livelli, il riflesso condizionato di una cultura che ormai impera e che ci è stata inculcata da molto tempo.

Guardare, interpretare e voler plasmare la realtà dal proprio, unico ed esclusivo, punto di vista. Dal proprio IO. Abbiamo perso la capacità di comprendere, fare nostre, le ragioni dell’altro, di affrontare la realtà come insieme composito, articolato, complesso, in cui ci siamo noi insieme agli altri, con i rispettivi vissuti, bisogni, aspettative, fragilità e virtù.

O recuperiamo questa idea dell’insieme o saremo condannati a recitare un ruolo che ci porta contrapporre interessi, diritti, bisogni. Una lotta senza senso e senza esito, se non una sconfitta per tutti. Un corpo sociale è un corpo vivo se tutte le sue componenti sono rispettate e non vanno in sofferenza. Una comunità, una società è questo punto di equilibrio. La nostra dimensione è operare affinché questo punto di equilibrio si raggiunga e si mantenga. È uno sforzo quotidiano.

Non mi dite che non sappiamo di cosa sto scrivendo, cosa sto cercando di esprimere, che poi è quello che ho cercato di esprimere, negli anni, con i miei, parziali e inadeguati, tentativi di agire pubblico. Non mi dite che non ne siamo capaci. Perché è esattamente quello che sappiamo fare e facciamo tutti giorni nelle nostre famiglie, per molti nelle proprie attività (un’impresa, un ufficio, una classe a scuola o all’università, un gruppo di veri amici e compagni).
In presenza di una difficoltà o di una fragilità, tutto il gruppo (familiare e no) adatta i propri comportamenti e le proprie scelte. Non si fa finta di nulla, non si pretende che tutto possa procedere come se nulla fosse, come se quella fragilità o difficoltà non ci fosse, o che quella difficoltà o fragilità sia presa in carico da altri. Nessuno si sottrae. Si condivide, ci si fa, ciascuno e secondo le proprie possibilità e capacità, parte diligente con tutti gli altri ad affrontare difficoltà, a compensare fragilità. Chi non lo fa è fuori. Fuori da una famiglia, da un’organizzazione lavorativa, da una comitiva o associazione. Perché i problemi, le difficoltà, le fragilità di uno, sono i problemi, le difficoltà, le fragilità di tutti e perché sappiamo che quei problemi, quelle difficoltà e fragilità, prima o poi, toccheranno a tutti, a ciascuno di noi. Prima o poi! E per chi si scopre improvvisamente, con le proprie difficoltà e fragilità, a non poter contare su quella rete familiare, affettiva, relazionale, in cui era inserito, la delusione e lo smarrimento sono profondi, è una solitudine che sa di fine.

Beh, cosa pensate, pensiamo, sia un corpo sociale, una comunità cittadina o statale, se non questo, in altra scala, con ben altre complessità?!

Se in una famiglia c’è la mamma anziana con difficoltà di movimento o il papà allettato con un tumore, che facciamo, ce ne freghiamo? O, tutti i figli, dedicano risorse economiche per le cure, si organizzano per seguirli nelle cure e terapie, nelle incombenze quotidiane, nel far loro compagnia, per assisterli fanno i turni, anche nei periodi di ferie? Se nostro figlio è febbricitante, che facciamo, organizziamo la festa con amici, andiamo in pizzeria? Se un compagno di lavoro ha difficoltà perché segue le terapie di un familiare disabile o ammalato, non gli andiamo incontro sostituendolo al bisogno o con una diversa articolazione dei turni di lavoro?

Non so, non credo ci sia qualcosa di incomprensibile in tutto questo. E allora perché facciamo finta di non capirlo se l’ordine dei problemi e delle difficoltà investe un intero corpo sociale e ce ne andiamo dietro ai nostri impulsi, ai nostri egoismi, alle nostre teorie o soluzioni, più o meno legittime o balzane, e ciascuno racconta la propria storia, come fosse un duello western, o IO o TU?

La questione, perché non ci sono soluzioni assolute e generali, torna alla sua essenza che non è un fatto di scienza, di schieramenti politici, di istituzioni, di ruoli e distintivi, di leggi scritte e protocolli. È una questione che attiene alla nostra natura, che interroga la nostra umanità.

Viviamo nell’incertezza, la nostra vita è incertezza. Con questa dobbiamo imparare a vivere. È la nostra natura, che è fragile, vulnerabile, complessa.
A questa naturale e ineludibile fragilità non si risponde con schemi binari. Io o tu, noi o voi, maschio o femmina, on od off, dentro o fuori e, per stare al tema che ci occupa, chiusura o apertura, negazionisti o allarmisti, tamponi sì o tamponi no, lockdown sì o lockdown no, ecc.

La risposta sta, anch’essa, nella nostra natura, nelle capacità che agli esseri umani sono state assegnate e non ad altri esseri viventi e che ci rendono unici, quindi preziosi. La capacità di sapere, la conoscenza, che ci consente di evitare il male evitabile. La capacità di essere virtuosi, cioè di fare e agire bene, di amare e essere amati, di costruire relazioni che superano e sublimano l’io e il tu.

Queste capacità sono la nostra forza e ci consentono di convivere con le nostre fragilità, perché ci consentono di conoscerle e di affrontarle elaborando le nostre caratteristiche, con i nostri comportamenti, le nostre scelte.

Per stare al tema, questo significa, a mio parere, vedere e riconoscere che c’è un problema nel nostro corpo sociale, anche se dovesse presentarsi in termini gravi, a volte devastanti, per un numero limitato di persone (si dice il 5%!).

Che facciamo? Facciamo finta di nulla, ce ne freghiamo? Giochiamo “a chi tocca tocca” e cavoli suoi? Pensate, il 5% della popolazione altamurana fa 3500 persone, tra di noi, vicino a noi, oggi non noi ma domani forse sì, probabilmente sì, nelle nostre famiglie di cui, amorevolmente, ci interessa solo!!

O, per quella nostra capacità e forza, facciamo in modo di evitare il male evitabile e di affrontare il problema individuando e salvaguardando le priorità del momento, adottando accorgimenti e adattando i nostri comportamenti, modificando un po’ i nostri stili di vita per qualche mese, ridimensionando l’esposizione piena del nostro IO (magari questa la lasciamo confinata ai confronti elettorali, alle dispute di genere, ecc.)?

Credo che la risposta ce la abbiamo noi, in noi, senza che qualcuno ce la venga a suggerire o imporre (ammesso che ne abbia possibilità, voglia e capacità). La risposta è nell’adattare, alle circostanze di bisogno e allo stato di necessità che viviamo, i nostri comportamenti, come mi permettevo di suggerire ieri. Senza rinunciare all’essenziale, senza penalizzare alcuno, ma sforzandosi, tutti, di prendere in carico, in piccola parte, ciascuno per le proprie possibilità e capacità, le difficoltà e fragilità del nostro corpo sociale.

Ciò, ovviamente, non esime dall’esercizio dei doveri, dall’agire con decisione, senza calcoli, convenienze e opportunismi, chi ha ruoli istituzionali e di responsabilità collettiva. Governare, fare politica, non è né facile, né comodo. Nessuno è obbligato a farlo, ma qualcuno deve pur farlo. A ciascuno, il suo.
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“La natura umana è fragile… qualcosa che nonostante la sua fragilità possiede una particolare bellezza perché inseparabile dalla sua intrinseca debolezza.”

EMERGENZA #COVID. I NUMERI DEI CASI ACCERTATI AD #ALTAMURA SONO ALLARMANTI. TRIPLICATI IN TRE SETTIMANE. REAGIAMO. FACCIAMO NOI QUALCOSA!

 

Continuo con i miei appelli, con le mie parole di preoccupazione e di allarme, che consegno da settimane anche a questa bacheca. L’andamento della diffusione dei contagi si è profilato con chiarezza dagli inizi di settembre. Seppure in numeri complessivamente contenuti (allora!), quando ogni giorno i casi di contagio aumentano ogni giorno, seppur di poche unità, l’andamento è chiaro. E l’ho scritto a più riprese.

Ora, però, basta! È necessario reagire.

Se in tre settimane appena, ad Altamura il numero dei casi positivi covid complessivamente accertati (comprendendo anche i guariti, un centinaio) si è triplicato (il primo ottobre erano 114), è necessario reagire!

Se l’incidenza dei casi covid ad Altamura rispetto alla popolazione è doppia rispetto alla media pugliese (in Puglia 33 casi ogni 10.000 abitanti), è necessario reagire!

Se i casi accertati solo tra Altamura e #Gravina costituiscono quasi un quarto dei casi di tutta l’area barese, è necessario reagire!

È necessario reagire, subito! Altrimenti qui salta tutto. E non mi riferisco solo alla possibilità di individuare, tracciare, isolare e seguire i casi accertati (operazioni di fatto impossibili con questi numeri, nonostante l’enorme, continuo, senza sosta, lavoro del Servizio Igiene Pubblica, Dipartimento Prevenzione Asl, di Altamura). Mi riferisco al rischio che qui, per i numeri, si fermi tutto, che qui inizino a crescere i casi gravi, che vada in tilt tutto il sistema sanitario, già in sofferenza e che deve occuparsi di tante altre patologie.

Insomma, se nessuna iniziativa di contenimento si è profilata (almeno in termini di tentativi), se non ci viene detto e prima che ci venga imposto in altre ben piú pesanti modalità, facciamolo noi. Reagiamo. Non abbiamo altre risorse che il buonsenso, la responsabilità individuale, il rispetto.

Fermiamo riunioni conviviali, feste, cerimonie, ritrovi familiari, riunioni di comitiva. Limitiamo all’essenziale le uscite, nostre e dei nostri figli (a cui dobbiamo proibire di frequentare sottani e localetti in cui in tanti si ritrovano): lavoro, scuola, salute, sport, acquisti (magari evitando il mercato finché è nel budello di via Manzoni). Teniamoci a distanza, fisica. Niente abbracci baci, strette di mano. Se gestiamo un ufficio, un’azienda, un’impresa, adottiamo, ove possibile, modalità di lavoro a distanza e agile, così da salvaguardare noi e i nostri dipendenti e lavoratori. Usiamo mascherine in luoghi chiusi sempre, all’aperto quando siamo vicini ad altri. Proteggiamo i nostri nonni, i nostri genitori (niente abbracci e bacetti, distanza da loro, usiamo le mascherine quando siamo con loro).

Ho sempre ripetuto, dinanzi a questa emergenza: né enfatizzare, esasperare, ma nemmeno banalizzare, sottovalutare, restare indifferenti. Ora, i numeri del nostro territorio ci impongono di reagire. Non aspettiamo altri. Facciamolo noi. Noi, ciascuno di noi, individualmente. I rischi sono troppo alti, per noi, per i nostri cari.

Reagiamo con le nostre armi migliori: rispetto, responsabilità individuale, buonsenso. Prima che sia troppo tardi. Vi prego, forza!