POLO INNOVATIVO PER L’INFANZIA, TRENTACAPILLI

In corso la seduta pubblica della segreteria tecnico-amministrativa del concorso di progettazione che sta procedendo ad abbinare ai progetti candidati (e valutati in forma anonima) i nominativi dei progettisti, che erano indicati a parte, in un plico mantenuto chiuso dell’atto di candidatura. Conosceremo così i progetti vincitori dei premi previsti dal disciplinare regionale: i primi tre classificati, poi il progetto classificatosi tra il 4° e l’8° posto, elaborato dal gruppo di progettazione con l’età media più bassa e i progetti meritevoli di “menzione”. In presenza dei requisiti, al primo classificato, poi, il Comune potrà affidare la progettazione definitiva ed esecutiva, cioè il livello di progettazione necessario per bandire la gara di appalto per la realizzazione dell’opera.

A PROPOSITO DELLE IPOTESI DI SITI PER IL DEPOSITO NAZIONALE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI

La pubblicazione (nella prima immagine, la mappa generale: informazioni, dati, documenti, mappe, schede relative ai singoli siti sono disponibili nel sito www.depositonazionale.it) della proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e del connesso Parco Tecnologico ha generato numerosissime reazioni e comprensibili preoccupazioni, ma anche una produzione e diffusione impressionante di sciocchezze e approssimazioni, che, a loro volta, non fanno altro che alimentare ulteriore confusione, distogliendo l’attenzione e la necessaria razionalità dal merito della questione, dalle valutazioni da fare, dagli argomenti e dalle iniziative da mettere in campo.
Anche chi ha ruoli di responsabilità (pubblica, istituzionale, politica, culturale) preferisce, alla riflessione e al ragionamento (che aiutano tutti a riflettere e ragionare e che servono per adottare le giuste decisioni, le giuste iniziative), la velocità per un post e, quindi, il tempo di un post. Folate isteriche e emotive. Senza la pazienza, la fatica e senza nemmeno prendersi la briga, prima, di leggere atti e documenti, comprendere procedure, cosa è avvenuto sinora e cosa deve essere fatto, soprattutto senza sforzarsi di far comprendere a tutti di cosa si discute.
Magari, anche con la consapevolezza che, oggi, in tutti i comuni, le regioni, i territori interessati dalle 67 aree potenzialmente idonee si sono ritrovati a fare le stesse considerazioni: mai da noi, non sapevamo nulla, questo territorio merita altro, questa cosa non passerà da noi, faremo le barricate, l’ambiente, la salute… cose così! Immagino. Le bacheche facebook di cittadini, figure istituzionali e politiche di tutti i 67 territori, dal Piemonte alla Puglia, dal Lazio alla Basilicata, dalla Toscana alla Sicilia e alla Sardegna, oggi grondano indignazione e chiamate alla lotta.
Così, però, non ne usciamo, da questa vicenda serissima e lunghissima: se ne parla da almeno 25 anni (già io me ne sono occupato la prima volta vent’anni fa: nel mio blog www.enzocolonna.com potete recuperare almeno una ventina di interventi sul tema).
Mi scuso se i miei toni possono apparire perentori e paradossali. Io, invece, apprezzo questa pubblicazione, la ufficializzazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee. Giudico questa decisione del Governo nazionale, che, nel suo percorso, non mi ha offerto certo motivi di entusiasmo, un atto di governo vero, serio e responsabile, lontano da calcoli e opportunismi che sinora, per moltissimo tempo, avevano impedito di consumare questo primo passo, difficile politicamente.
📌 RESPONSABILITÀ
Se vogliamo essere seri e se non vogliamo semplicemente strappare qualche like o consenso con facilità, dovremmo tutti convenire che la realizzazione di un deposito nazionale è una necessità. Non un’opzione, non un’ipotesi, non certo un capriccio. L’Italia deve mettere in sicurezza e stoccare definitivamente scorie e materiale radioattivo (di diversa intensità) che ha prodotto nei decenni scorsi (a seguito, prima, dell’esercizio per diversi anni di centrali nucleari e, poi, della loro dismissione con la fine della stagione nucleare sancita nel referendum degli anni ’80) e che ha prodotto e produce, quotidianamente, con attività ordinarie, che diamo per scontate, ma che implicano la produzione di questo tipo di rifiuti (medicina nucleare, una serie di cicli produttivi, ricerca, ecc.). È una questione lasciata in sospeso da decenni.
L’Italia trasferisce, con rischi e costi, all’estero tali rifiuti o li deposita “provvisoriamente” in decine di siti “temporanei” (sono decenni!!) la cui sicurezza è lontana mille miglia da quella di un impianto come quello che si dovrebbe realizzare, anche a pochi chilometri da noi (sulla Jonica, a Rotondella, c’è un centro in cui sono “provvisoriamente” stoccati oltre tremila metri cubi di materiale radioattivo in stato liquido e solido). Che facciamo, come Paese Italia?! Decine di depositi “temporanei” sparsi lungo la penisola, insicuri e dai costi di gestione elevatissimi, non li vediamo, non ce ne occupiamo e si va avanti da decenni… mentre un deposito unico efficiente, attrezzato, moderno, no, non lo vogliamo?!
Il progetto prevede, in superficie e ricoperto da una collina artificiale, la realizzazione del Deposito Nazionale e di un Parco Tecnologico (centro di ricerca nel campo del nucleare, oltre che della salvaguardia ambientale) in un un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico.
📌 MURGIA
Non mi sorprende affatto che questo territorio, quello di cerniera tra Puglia e Basilicata, nel tarantino e nel barese, ai piedi dell’altopiano murgiano sia contemplato tra i siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Da molti anni, questa ipotesi è presente negli studi e nella documentazione (prima della SOGIN, della questione si è occupato l’ENEA).
Il tema è stato affrontato, evidenziato ed è stato ben presente in numerose iniziative (ad esempio, le marce Gravina-Altamura del 2003 e 2005) di gruppi e movimenti attivi sul territorio (v. qui, ad esempio, nel 2016: https://www.facebook.com/notes/2665686587078212/ ). Ricordo che fu oggetto di una delle mie primissime iniziative (assieme alla predisposizione della delibera consiliare di adesione al Parco della Murgia) da consigliere comunale, eletto poche settimane prima: il 27 luglio 2001, infatti, il consiglio approvò all’unanimità un mio ordine del giorno il cui testo è disponibile nel mio blog [v. qui: https://www.enzocolonna.com/…/deposito-nazionale-dei…/].
Il tema è stato poi affrontato, nel corso degli anni, anche con iniziative dei parlamentari del territorio: ricordo quelle, in particolare, del Senatore Ferdinando Pappalardo, dell’Onorevole Donato Piglionica (leggi qui: https://www.enzocolonna.com/…/la-murgia-non-sara…/), dell’Onorevole Liliana Ventricelli e del Senatore Dario Stefàno. Fu oggetto, nel 2016, di una seduta congiunta dei consigli comunali del territorio.
Ora, a distanza di anni, se ne ha ufficialità e ne possiamo, ne dobbiamo discutere con metodo, decisione, serietà, efficacia. A distanza di tanti anni, pezzi di questo territorio, sul versante materano, sono nell’elenco dei siti idonei ad ospitare un impianto del genere (v. immagini).
L’elenco pubblicato conferma, inoltre, quanto abbiamo più volte ribadito: la presenza del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (la sua istituzione e il suo perimetro) ha tenuto fuori diverse altre aree della Murgia, proprio perché un’area protetta di quella natura era un “criterio escludente” l’insediamento del deposito.
📌 PROCEDURA
È bene chiarire che quella pubblicata non è la mappa dei siti per lo stoccaggio delle scorie radioattive. Viene ora, finalmente, pubblicato l’esito di uno lungo studio (di carattere esclusivamente tecnico) di ricognizione e censimento delle aree, estese almeno 300 ettari, potenzialmente idonee ad ospitare l’impianto sulla base di “criteri di esclusione e di approfondimento”, definiti a livello nazionale e internazionale: quelli, ad esempio, che escludono le aree interessate da elevato rischio vulcanico e sismico, frane, alluvioni o che insistono su aree protette, presentano determinate conformazioni geologiche o della superficie, si trovano ad una certa distanza dal mare e corsi d’acqua, da centri abitati, strade e linee ferroviarie, ad un certa altitudine, ecc..
Quella pubblicata, a dire il vero, non è nemmeno la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale, ma una Proposta, esito appunto dello studio tecnico a cui facevo riferimento prima. La pubblicazione della proposta di Carta avvia finalmente il procedimento del dibattito pubblico a livello nazionale con presentazione “formale” di osservazioni, incontri e seminari nazionali, eventuali disponibilità di territori ad ospitare l’impianto. Quindi, è il primo necessario passo di un lungo procedimento, tutto da svolgere, su cui sarà necessario essere vigili, attenti, precisi, partecipi, uniti:
– Dalla pubblicazione, ora, decorrono i sessanta giorni assegnati dal decreto legislativo n. 31/2010 per la presentazione di osservazioni e proposte da parte degli enti locali, delle regioni, dei soggetti portatori di interessi qualificati.
– Entro “centoventi giorni”, la Sogin promuove un seminario nazionale, cui sono invitati, tra gli altri, Ministeri interessati, Regioni, Province e Comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Carta, l’Unione delle Province, l’ANCI, soggetti portatori di interessi qualificati, università e enti di ricerca.
– Dopo il Seminario Nazionale, Sogin raccoglie le ulteriori osservazioni trasmesse formalmente a Sogin e al Ministero dello Sviluppo Economico e aggiorna la proposta di CNAI, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministro dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo ISIN (ex ISPRA), del Ministro dell’Ambiente e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. In base a questi pareri, il Ministero dello Sviluppo Economico convaliderà la versione definitiva della CNAI, che sarà quindi il frutto della sintesi della proposta originaria ora pubblicata e dei contributi e pareri sottoposti durante la fase di consultazione pubblica.
– Dopo l’approvazione della Carta, Sogin aprirà la successiva fase di confronto finalizzata a raccogliere le manifestazioni d’interesse, volontarie e non vincolanti, da parte delle Regioni e degli enti locali il cui territorio ricade anche parzialmente nelle aree idonee. In assenza di manifestazioni d’interesse, la Sogin avvierà trattative bilaterali con le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee. In caso di insuccesso delle trattative bilaterali (mancata intesa), verrà convocato un tavolo tra le diverse istituzioni centrali e locali, come ulteriore tentativo di pervenire a una soluzione condivisa. Raggiunta l’intesa su una o più aree, Sogin, di concerto con gli enti locali interessati, svolgerà campagne d’indagine tecnica al fine di individuare il sito del Deposito Nazionale. Successivamente, il Ministero dello Sviluppo Economico individuerà il sito con un proprio decreto, che sarà emanato anche nel caso in cui dovessero fallire le diverse procedure per il raggiungimento dell’intesa.
📌 QUALCHE CONSIDERAZIONE E APPROCCIO ALLA QUESTIONE
Erano anni che si attendeva la pubblicazione di questa mappa tenuta sino ad ora riservata. A più riprese è stata data per imminente la pubblicazione (ricordo, nel 2010, nel 2015, nel 2016, nel 2018). Nulla, invece, sino ad oggi, almeno ufficialmente. Sono circolate ipotesi, più o meno fondate, alcune riconducibili a chi aveva condotto studi (ne ricordo una risalente al 2001 che allegai all’ordine del giorno presentato in consiglio comunale). Non è dunque una proposta di Carta che nasce per volontà di questo o quel ministro, di questo o quel governo, ma attraversa le stagioni governative degli ultimi 20-25 anni. Non nasce, soprattutto, dalla sera alla mattina.
Ora, finalmente a mio parere, viene resa pubblica e pubblicamente se ne può e deve discutere. E prima di trarre conclusioni, in termini istituzionali, sarebbe utile avere momenti di approfondimento, di conoscenza del progetto, con diverse voci e diversi approcci.
Per quanto ci riguarda, credo sia opportuno mettere da parte argomenti e atteggiamenti tipo: “abbiamo già dato, questo territorio ha subìto tanto” o “scansatevi, passerete sul nostro cadavere” o “così distruggiamo l’ambiente, danneggiamo la salute, i tumori, ecc.”.
Sono argomenti o del tutto privi di fondamento (perché un impianto del genere è molto più sicuro, ma molto di più, dei depositi temporanei attuali e sicuramente molto meno dannoso per ambiente e salute di tanti impianti esistenti di altra natura) o perfettamente replicabili in tutti i 67 territori ipotizzati.
Il rischio è di cadere in un madornale errore di presunzione – con fatica sopportabile in altre situazioni, ma del tutto intollerabile e controproducente su temi così seri – che porta a ritenerci (come emerge in diversi post e commenti diffusi oggi) più abili, più intelligenti o più vittime e più in credito di tutti gli altri territori in discussione!!
A mio parere, invece, a noi tocca affrontare il tema con serietà e razionalità, formulare, se ci sono, osservazioni e repliche di natura tecnica (tenendo presente i criteri utilizzati) e, soprattutto, spiegare come questo territorio ha fatto delle scelte, si è dato un profilo, ha individuato le sue vocazioni (dall’agroalimentare alla cultura, dai beni paesaggistici, naturalistici e archeologici al turismo), ha strette connessioni, su queste vocazioni e questi interessi, con i territori del tarantino e della Basilicata, anche con la prossimità, quasi contiguità, di un Parco Nazionale (Alta Murgia) e due Parchi Regionali (“Murgia Materana” e “Terra delle Gravine”). Insomma, non è possibile qui insediare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico non “perché fanno male alla salute o all’ambiente!” o “perché già siamo stati vittime di qualcosa, in qualche tempo, in qualche modo, vittime!” (tutti dicono e possono dire le stesse cose o sciocchezze), ma perché in decenni, con fatica e anche con notevoli risorse pubbliche e private abbiamo definito un’identità territoriale (culturale ed economica), difficilmente compatibile con un polo tecnologico come quello proposto, che rispettiamo e la cui necessità comprendiamo bene (almeno io), ma che spazzerebbe via tutto quello che abbiamo costruito sinora.
ENZO COLONNA

LE LEGGI NON SONO POST DI FACEBOOK

Avrei molto da ridire anche sulla sciatteria dei post su Facebook, soprattutto quando questo canale (impropriamente a mio parere, perché, è bene ricordarlo, resta un canale prettamente commerciale, un grande esercizio commerciale con tanto di scaffali virtuali e mercanzia) è utilizzato ormai diffusamente per comunicazioni istituzionali e amministrative, negli ultimi mesi anche su materie estremamente delicate. È certo, comunque, che “le leggi non sono post di Facebook”, come scrive il prof. Giorgio Costantino. Vi suggerisco, ringraziando

Claudio Belli

per la segnalazione, la lettura di questo suo (al solito, da par suo) piacevolissimo e puntuale intervento, di cui riporto qui alcuni stralci, meno tecnici.

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《Il perseguimento dell’obiettivo sostenere «le riforme e gli investimenti, anche in vista della transizione verde e digitale, al fine di agevolare una ripresa duratura, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, di migliorare la resilienza delle economie dell’Unione e di ridurre le divergenze economiche fra gli Stati membri», come si afferma nella premessa del piano per il recovery fund, implica non soltanto la sua enunciazione, ma anche la predisposizione degli strumenti per raggiungerlo.
Non appare utile costringere i cittadini ad impiegare tempo ed energie per interpretare i detti della Sibilla cumana.
La responsabilità della sciatteria legislativa non è politica. I propositi dei politici possono essere condivisi o possono essere combattuti. Si tratta di scelte di valore. La questione è tecnica. …
In sede politica si può decidere che, per accedere agli uffici giudiziari, occorre indossare un berretto a sonagli. La decisione può indurre a dubitare della sanità mentale del proponente e merita di essere contestata. La traduzione in norma di legge del disegno politico richiede il corretto uso della lingua italiana e la elaborazione di un testo che non si presti ad equivoci. …
La scrittura dei testi legislativi è diversa da quella di un messaggio su Twitter o su Facebook; è anche diversa da quella di un articolo su un quotidiano. Non è un prodotto di consumo immediato. La disposizione può essere, successivamente, corretta o modificata, ma, se vigente, detta le regole di comportamento dei consociati. La sua interpretazione non dovrebbe essere un incubo.
Le questioni relative al funzionamento della giustizia non possono essere imputate alla pignoleria dei giuristi e, in particolare, dei processualcivilisti o alla cavillosità degli avvocati. Oltre alla insufficienza delle risorse e all’impiego di queste, occorre anche considerare gli effetti della tecnica legislativa e della incertezza delle regole.
Questa determina effetti devastanti sulla tutela dei diritti e sulla economia, cosicché ogni enunciazione sulle sorti magnifiche e progressive si traduce sovente in uno slogan pubblicitario privo di effetti reali.》
https://www.editorialedomani.it/giustizia/la-sciatteria-nello-scrivere-le-leggi-crea-effetti-devastanti-nellordinamento-ct97t587

Le scuole di Altamura

Ho seguito, sino a poco fa, un lungo confronto, organizzato dal comitato cittadino per la salute e l’istruzione, sul tema della riapertura delle scuole in questa fase di emergenza. È stato interessante proprio per essere stato a più voci. Mi hanno convinto alcuni interventi, ma non entro nel merito. Da tutti è venuta la “sacrosanta e ovvia” considerazione sulla condizione strutturale delle scuole (classi pollaio, spazi inadeguati, luoghi inaccessibili per diversamente abili, ecc.) che, ricordo, è materia di competenza comunale per i cicli delle scuole, che un tempo si chiamavano, infanzia, elementari e medie e di competenza della città metropolitana (o province) per le superiori. Alla giuste lamentele mi sarei aspettato, solo per amore di completezza e verità, che qualcuno avesse ricordato lo sforzo – non in emergenza, all’ultimo minuto, ma in termini di programmazione e investimenti di medio lungo respiro (non effimeri e di dubbia utilità come tramezzature in cartongesso per l’emergenza o i banchi e sedie con o senza rotelle) – effettuato dalla Regione negli ultimi anni.
Uno sforzo senza precedenti, almeno nella storia di Altamura, che conosco. Giusto per completezza e limitando i richiami alla sola Città di Altamura e ai soli interventi di tipo strutturale, ricordo i seguenti progetti, alcuni già realizzati e tanti ancora da realizzare, con risorse riconosciute dalla Regione (su cui ho dedicato non poche energie nei miei quattro anni):
– la Biblioteca di Comunità “Agorateca” presso la Scuola “Tommaso Fiore”, già realizzata e attiva dal giugno 2019, grazie un finanziamento regionale di circa un milione di euro riconosciuto nel gennaio 2018 al progetto elaborato e candidato dall’Istituto Comprensivo Bosco-Fiore;
– la nuova palestra della Scuola “Padre Pio”, di cui sono in corso i lavori di realizzazione grazie ad un cofinanziamento regionale di 700mila euro conseguito nel maggio 2017 dal Comune;
– Polo Innovativo per l’Infanzia a Trentacapilli (nuova realizzazione interamente finanziata nel gennaio 2018 dalla Regione: 4.300.000 + 70mila per concorso progettazione)
– Polo scolastico (Istituto Comprensivo) a Trentacapilli (nuova realizzazione – con finanziamento richiesto nel maggio 2018 di 5.000.000 di euro e inserito nel programma triennale regionale dell’edilizia scolastica).
– la ristrutturazione completa e l’adeguamento sismico della Scuola “Ottavio Serena” (intervento interamente finanziato dalla Regione con 2,5 milioni di euro nel novembre 2017; un paio di mesi fa circa è stato sottoscritto il contratto per la progettazione a cui seguiranno i lavori);
– Il Museo/Laboratorio degli strumenti scientifici del Liceo Classico Cagnazzi, in corso di allestimento, con un finanziamento regionale di 40mila euro riconosciuto al progetto della scuola nel 2019;
– 250mila euro, nel gennaio 2018, per interventi strutturali e manutenzione straordinaria del plesso “G. Garibaldi”;
– 200mila euro, nel gennaio 2018, per interventi strutturali e manutenzione straordinaria del plesso della scuola “IV Novembre” (200mila euro);
– 350milaeuro per l’adeguamento alla normativa antincendio della Scuola dell’infanzia “G.B. Castelli”;
– 85mila euro, nel gennaio 2019, per lavori di ripristino dei prospetti esterni, dei solai dell’auditorium e della recinzione esterna della scuola media “Tommaso Fiore” (lavori in gran parte effettuati);
– 70mila euro, nel maggio 2019, per l’adeguamento antincendio della scuola “Mercadante”;
– 40mila euro, nel marzo 2019, a copertura del 70% del costo dei lavori di ripristino delle condizioni igienico-sanitarie e messa in sicurezza della palestra e dei locali annessi della scuola “Don Milani” (terminati i lavori, si attende la consegna).
Aggiungo, anche se non di carattere strutturale (che è materia del comune), il grande risultato della attivazione, in via stabile, del CPIA, centro per l’istruzione degli adulti.
Voglio dire che finché continueremo a ragionare di emergenza, ecco, di emergenza in emergenza, saremo sempre in emergenza. O torniamo, come decenni addietro, ad apprezzare il respiro lungo e l’azione concreta che esigono la programmazione e la conseguente attuazione, ora un ingrato compito di cui in pochi si fanno carico, o, ripeto, torneremo a dire e fare sempre le stesse cose ad ogni appuntamento con l’emergenza di turno.

Auguri. Buon anno.

È banale ribadire che non ci è dato sapere, prevedere la parabola che compie la nostra esistenza? Certo. Non è più il tempo di indovini, aruspici, àuguri. Sappiamo solo o almeno dovremmo sapere che a noi tocca fare un passo dopo l’altro, un piede davanti all’altro, con tutti i rischi connessi, cercando di saggiare il terreno prima per apprezzarne la consistenza e, nel caso, cambiare direzione.
Passato e futuro non ci appartengono. Solo un “non più” e un “non ancora”. Una consapevolezza, il passato, che ci mostra, a farne memoria, chi siamo stati e, quindi, chi siamo o possiamo essere. Un’idea, un’aspettativa, il futuro, che viene se siamo ben centrati nel presente, se facciamo il nostro, qui e ora.
Tra passato e futuro, siamo noi qui e ora. Il presente, l’unico tempo che possiamo considerare davvero nostro, perché a questo possiamo dare un contenuto e un senso, con la nostra capacità di bene dire e fare, di inventare, scoprire cercando e sortendo insieme un futuro comune.
Questa è l’unica forma di resistenza o ribellione al tempo che ci è data nell’incedere ininterrotto e inesorabile che lega le generazioni, passato e futuro. Nel presente, con la nostra opera, possiamo flettere un po’ la parabola che ci consegna il passato e che consegniamo al futuro. Possiamo affermare che, nella storia, questa possibilità ce la siamo giocata abbastanza bene, complessivamente ci ha reso migliori.
Qui, ora, siamo impegnati nel presente. Una questione di scelte. Resistenza o indifferenza. Azione o lamentazione. Liberazione dal male di cui siamo capaci e che è in noi. O rassegnazione, accondiscendènza, resa a quel male. Siamo quello che facciamo. È nell’agire quotidiano, il senso della nostra esistenza. È nell’agire nel presente che si rivela chi siamo. È nell’agire che c’è la possibilità di rialzarsi anche dopo cadute dolorose.
E poiché possiamo conoscere di quale sostanza siamo fatti, di quali energie o debolezze, virtù o difetti, come pure quale parabola possibile attende la nostra vita, dai bisogni e dalle esistenze di chi vive attorno a noi, l’augurio che faccio a me, ai miei cari, a voi Amici e Contatti, è di farci vigili, di essere attenti gli uni agli altri, di stimolarci a vicenda, di esortarci a vicenda (Lettera agli Ebrei, 10, 24-25). Che qualcuno sia presente – lui o lei a noi e noi a lui o lei – con le sue parole o con “gesti di simpatia e premura”, come li ha chiamati uno scrittore, che sono capaci di rinnovare e tenere vivo il patto di ognuno col resto della specie umana. Carezze, impulsi di vita. E l’anno sarà buono.

Saluto e ringrazio Domenico Labate, direttore medico del Presidio Ospedaliero della Murgia

L’ho fatto di persona una settimana in Ospedale, lo faccio oggi pubblicamente. Saluto e ringrazio

Domenico Labate, direttore medico del Presidio Ospedaliero della Murgia (l’Ospedale “Perinei” per intenderci meglio). Con questo mese, con questo anno, termina il suo rapporto di lavoro, cessa il suo servizio nella Murgia, nella Asl di Bari, nel servizio sanitario regionale, che per oltre due decenni lo ha visto impegnato nella direzione medica di diversi ospedali. Da noi è stato circa tre anni e mezzo. Da settembre 2017, se non ricordo male.
In buona parte i suoi anni murgiani hanno coinciso con l’espletamento del mio mandato di consigliere regionale, che, come è facilmente comprensibile, ha tra i suoi crucci, le sue preoccupazioni, le sue sfide più problematiche, proprio la sanità sul territorio, in questo caso i servizi ospedalieri (altro discorso, invece, i servizi direttamente da dipartimenti aziendali e quelli resi dal distretto socio-sanitario).
Ringrazio Domenico Labate per il lavoro svolto e per quella che posso definire, sperando di non essere frainteso, una sorta di complicità istituzionale, tra me e lui e – assieme a lui o attraverso lui – con tutta la struttura ospedaliera, tutta la direzione sanitaria e amministrativa, i primari, le singole unità operative, il personale dei vari profili professionali. Una complicità mai informale, banale, ambigua. Il rapporto si è sempre mantenuto su un piano di rispetto reciproco, formale e sostanziale, dei ruoli e delle funzioni. Quando scrivo complice, intendo la capacità di ascoltarsi reciprocamente, di condividere difficoltà, obiettivi di miglioramento, fiducia nella disponibilità e nell’impegno dell’interlocutore.
Sono stati anni, questo è certo ed è evidente a tutti, in cui, grazie al lavoro di tanti (in regione, in asl, in ospedale), si è assistita alla crescita e alla strutturazione del nostro Ospedale. Ovviamente tali processi non sono completi, non mancano lacune, non sono mancati limiti e problemi. Insomma, c’è molto da fare ancora, ma moltissimo è stato fatto. Va riconosciuto.
Dopo un lungo, paziente e complesso lavoro sviluppato negli ultimi quattro anni, si può affermare che l’Ospedale della Murgia stia assumendo il profilo di un centro di importanza strategica nell’ambito delle strutture sanitarie dell’intero territorio regionale. Se ne è avuta conferma anche negli ultimi mesi, con la gestione dell’emergenza covid.
Rispetto a cinque anni fa, i cittadini della Murgia possono contare ora su maggiori servizi, su un personale potenziato in numeri e figure professionali, su una struttura più efficiente rispetto al passato. Il lavoro va proseguito, difendendo e sostenendo il nostro Ospedale e gli sforzi del suo personale.
Sono stati gli anni della classificazione del “Perinei” come Ospedale di 1° livello, a cui è seguito l’accreditamento dei reparti e l’arrivo di nuovo personale (ancora insufficiente, soprattutto in alcune unità). Gli anni dell’attivazione dell’Unità di Medicina Trasfusionale (Banca del Sangue), del Servizio di Emodinamica e Utic, del Centro AntiTrombosi, dell’istituzione del Centro di Riabilitazione Vestibolare (che potrà essere attivo quando saranno assunti almeno due audiometristi), del Servizio di Consulenza Ambulatoriale Pediatrica (SCAP). Gli anni del riavvio dei concorsi per i primari di sette reparti (due conclusi un anno fa, spero che possano essere portati a termine anche gli altri rallentati dall’epidemia). E di tanto altro, tante piccole e grandi questioni affrontate, alcune risolte, altre non ancora.
In questi anni ho sollecitato, seguito, sostenuto, accompagnato, quotidianamente, questa crescita. Ne ho fatto uno dei motivi principali del mio impegno in Regione. Nella convinzione che è all’Ospedale della Murgia, come ho ripetuto in diverse occasioni, soprattutto negli ultimi dieci difficili mesi, il nostro fronte. È e resterà un fondamentale presidio sanitario che dobbiamo difendere e preservare.
E lì, tutto il personale ha fatto, ancora più in questi ultimi mesi, e continua a fare un enorme lavoro, che va riconosciuto e raccontato. Ed io l’ho riconosciuto e raccontato in questi anni, anche attirandomi ben poco “simpatiche” reazioni, anche da figure con ruoli amministrativi, politici e istituzionali, quasi fossi un ingenuo o un impostore a non vedere criticità e problemi, che, invece, vedevamo e, con serietà e in silenzio, abbiamo cercato di affrontare e superare.
Un ospedale, come qualunque organizzazione complessa, proprio come qualsiasi organismo vivente e complesso, va alimentato e curato tutti i giorni, con dedizione, guardando e affrontando i problemi, ma anche additando il buono che si fa. Così si cresce.
Beh, negli ultimi anni, ho trovato in Mimmo Labate e in tutto il suo staff della direzione sanitaria, un interlocutore sicuro, una figura con una sorprendente capacità di assorbire colpi, far fronte a diverse e opposte istanze, dall’interno e dall’esterno, una resilienza che ha consentito di tenere in equilibrio tutta la macchina.
Lo ringrazio, perché ci siamo reciprocamente sostenuti e aiutati, ciascuno facendo il suo e ciascuno rispettando il lavoro e il ruolo dell’altro, senza interferenze di sorta.
Infine (io, che non ho più alcun ruolo istituzionale e politico da alcuni mesi, e lui, al termine del suo servizio ), attraverso lui, come ho fatto tantissime volte, a chiusura di questo complicatissimo 2020, ringrazio, per il lavoro svolto nell’ultimo anno, tutto lo straordinario personale del nostro Ospedale (responsabili delle unità operative, tutta la direzione sanitaria, la direzione amministrativa, i medici, tecnici, infermieri, amministrativi, oss, addetti ai servizi complementari), in particolare, quanti stanno assicurando un’ottima, professionale e sensibile gestione dell’emergenza covid.
Approfitto di questa occasione, avendolo appreso proprio dal dott. Labate la settimana scorsa, per complimentarmi con due responsabili di unità operative dell’Ospedale della Murgia, il dott. Domenico Mimmo Milella (grande professionista, in questa fase particolarmente impegnato, anche umanamente, con i pazienti covid e per questo gli sono, in tanti gli siamo molto grati) e il dott. Antonio Dibello, a cui la Direzione Generale della ASL di Bari ha conferito la direzione dei Dipartimenti della ASL rispettivamente di “Anestesia e Rianimazione” e di “Emergenza-Urgenza”. A loro, buon lavoro.
A Mimmo Labate e a tutto il personale del “Perinei”, rinnovo la mia stima e gratitudine. A loro vanno i miei auguri per il nuovo anno.

Cari Amici e Contatti, auguri a voi e ai vostri cari.

Come per tutti, sono giornate di verifiche e bilanci. Personali, soprattutto. Si osserva il terreno battuto, il percorso fatto, tentativi e cadute. È sempre complicata questa operazione, genera sempre qualche rimorso, a volte rimpianti, riacutizza delusioni e dolori vissuti. Quest’anno è ancor più tutto complicato. Con qualche motivo in più, qualche difficoltà in più, con qualche delusione o dolore in più.
Attraversiamo la notte, questo passaggio simbolico importante per la nostra cultura. La notte del freddo e del tepore insperato, della solitudine e degli affetti ritrovati. La notte che, ad un tempo, è la morte del giorno e il segno che qualcosa non muore mai. La notte della veglia e delle domande.
“Luce e tenebre, vita e morte, destra e sinistra, sono tra loro fratelli. Non è possibile separarli. Perciò né i buoni sono buoni, né i cattivi sono cattivi, né la vita è vita, né la morte è morte” (si legge nel Vangelo di Filippo).
“quanto resta della notte?”
“quanto c’è già del giorno?”
Come si può vivere la notte?
Quella notte, che da secoli segna la nostra tradizione e cultura, è storia di resistenza, rivelazione, rivoluzione, per noi, storditi e sospesi, sotto il fibrillare delle stelle. È la notte dell’esperienza umana, che ci chiama a difendere il diritto di essere eretici e di sbagliare, a cercare di comprendere il vecchio e domandare e cogliere il nuovo. Ci parla di apertura, di solidarietà e della necessità di costruire futuro.
Come? Come, ogni giorno, fa la stragrande maggioranza delle persone, con rigore, umiltà e serietà. Nonostante tutto va avanti, mentre tanti, della politica e dell’informazione, sembrano più impegnati ad erigere cattedrali alla rassegnazione e al proprio “io”.
È la notte della trepidante veglia. È la nostra incessante veglia grazie alla quale allarghiamo il raggio delle cose che conosciamo e che possiamo fare. Così da continuare a fare quello che come specie umana sappiamo fare meglio da sempre. Andare avanti, progredire, evolvere.
Si tratta di mettere un piede dopo l’altro, passo dopo passo, saggiando il terreno e mutando direzione quando è troppo molle. Cadendo e rialzandosi. Confidando nella mano tesa di un viandante, lì, accanto a noi, a sorreggerci.
Cari Amici e Contatti, auguri a voi e ai vostri cari.

POLO INNOVATIVO PER L’INFANZIA NEL QUARTIERE TRENTACAPILLI, AD ALTAMURA: FINALMENTE IL 7 GENNAIO VEDREMO E CONOSCEREMO I PROGETTI

Un mese fa, come avevo aggiornato su questa bacheca, si erano conclusi i lavori della Commissione che ha valutato i 26 progetti in concorso. Pochi minuti fa, attraverso il sito istituzionale del comune, ho appreso che è stata fissata la data della seduta pubblica della segreteria tecnico-amministrativa del concorso che procederà ad abbinare ai progetti candidati (e valutati in forma anonima) i nominativi dei progettisti, che erano indicati a parte, in un plico mantenuto chiuso dell’atto di candidatura.
La seduta si terrà giovedì 7 gennaio 2021, alle ore 10. Salvo cambiamenti, la seduta pubblica potrà essere seguita solo a distanza nelle modalità indicate in questa comunicazione:
In tale seduta, quindi, potremo vedere tutti i progetti candidati e potremo conoscere i progetti vincitori dei premi previsti dal disciplinare regionale: 15.000 euro per il primo classificato, 7.500 euro per il secondo, 4.000 euro per il terzo e un ulteriore premio di 4.000 euro al progetto, classificatosi tra il 4° e l’8° posto, elaborato dal gruppo di progettazione con l’età media più bassa. Sempre secondo quanto previsto nel disciplinare, la Commissione ha individuato, oltre ai vincitori, altri cinque progetti meritevoli di “menzione”. Ricordo che al primo classificato, poi, il Comune potrà affidare la progettazione definitiva ed esecutiva, cioè il livello di progettazione necessario per bandire la gara di appalto per la realizzazione dell’opera.
Il Polo Innovativo per l’Infanzia, ricordo, sorgerà in una porzione (circa 5mila metri quadrati) di una vasta area di proprietà pubblica situata nel cuore del quartiere (estesa complessivamente 24mila mq), destinata dal piano regolatore a servizi. Sarà una struttura moderna e concepita secondo gli standard educativi e formativi più evoluti, e offrirà servizi educativi e ricreativi di cui potranno beneficiare tutti i cittadini. Il progetto prevede sette sezioni/aule destinate alle attività scolastiche, come nido e scuola dell’infanzia, per circa 170 bambini (0-6 anni); strutture e aree attrezzate, interne ed esterne, per attività extrascolastiche (palestra, laboratori tematici, ludoteca, ecc.) per un bacino di utenza di circa 1.000 bambini.
Il costo stimato per la realizzazione dell’opera è pari a 3.194.000 euro, interamente coperto – assieme al costo dell’area e ad altre spese accessorie – dal finanziamento riconosciuto dalla Regione ad Altamura che ammonta a circa 4,3 milioni di euro. Quello previsto nel Comune murgiano, infatti, è uno dei tre progetti selezionati, nel gennaio del 2018, dalla Regione in tutta la Puglia (assieme a quelli di Bari e Capurso) e finanziati con risorse statali pari complessivamente a circa 9,6 milioni di euro.
Un risultato storico ed estremamente importante, il cui percorso prende avvio nel settembre 2017, quando lanciai la proposta a cui seguirono incontri nel quartiere, il lavoro degli uffici e tecnici comunali (avallato dall’allora Commissario prefettizio dott.ssa Rachele Grandolfo, a cui continuo essere molto grato per aver dato impulso amministrativo alla mia proposta) sino alla candidatura nel novembre 2017 deliberata dalla giunta comunale dell’epoca.
Dopo la fase di selezione dei tre comuni beneficiari, per la progettazione degli interventi, assieme all’Assessore all’Istruzione Sebastiano Leo e alla Sezione “Istruzione” della Regione diretta dall’arch. Maria Raffaella Lamacchia, ci siamo fatti promotori di un’iniziativa del tutto innovativa che ha portato la Regione ad avviare tre concorsi di progettazione, uno per ciascun Polo, così da garantire elevati standard di qualità, dal punto di vista architettonico e della sostenibilità ambientale, di queste strutture e la più ampia partecipazione da parte dei professionisti, i più giovani in particolare. Dalla Regione abbiamo fatto seguire, nel dicembre 2018, un protocollo di intesa con i tre comuni selezionati, che ha integrato in modo del tutto originale la misura, riconoscendo ai tre enti locali un ulteriore contributo regionale pari a 70mila euro ciascuno (del bilancio regionale), destinato proprio alla attivazione, predisposizione e gestione dei tre concorsi di progettazione (anziché far ricorso alle ordinarie gare di appalto) e supportando le strutture comunali anche con una task force regionale di esperti (dell’ARTI – Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione della Regione Puglia).
📌 È un percorso che seguo, passo dopo passo, da oltre tre anni, da settembre 2017, dedicando non poco impegno ed energie. Un grande obiettivo per Altamura. Per me, una sorta di “creatura” a cui tengo molto e a cui sono particolarmente legato.
➡️ Per una ricostruzione delle varie tappe, con una serie di link a precedenti note e documenti, v. qui:

I TARTUFI NEL CONSIGLIO REGIONALE.

Continua il ballo dei tartufi in Consiglio regionale. Quella riprodotta nell’immagine è una norma inserita nella proposta di legge di stabilità regionale 2021 (c.d. legge di bilancio) che è sottoposta all’esame e al voto dell’aula domani o dopodomani.
Come sapete, il mio mandato è cessato da mesi. Non posso fare a meno, però, di confessare il mio sgomento dinanzi alla pervicacia con cui da due anni si conduce una battaglia contro una norma che introdussi nella legge regionale n. 8/2015 in materia di raccolta dei tartufi. In realtà, una puntualizzazione ispirata solo al buonsenso, nulla di più, nulla di più profondo. Solo buonsenso.
Avevo inserito, nell’articolo di quella legge che disciplina le modalità di rilascio delle autorizzazioni per la raccolta dei tartufi nelle aree protette, un criterio di priorità a favore dei residenti in tali ambiti territoriali. Contro questo criterio di priorità, da due anni una consigliera del M5S ha messo in campo una serie di tentativi per cancellarlo, che negli ultimi due anni sono riuscito, con il voto in consiglio, a far respingere. Evidentemente le elezioni non sono servite a far superare questo cruccio. Sarà anche il clima di intesa e di pacificazione raggiunto dal e con il movimento grillino a livello regionale, quel che appare evidente è che questo ennesimo tentativo ha la stessa ispirazione e mano, essendo la formulazione identica alle precedenti.
Insomma, il ballo dei tartufi continua.
La norma (art. 4 della l.r. 8/2015), sin dalla sua originaria formulazione, letta nel suo complesso prevede che sia la Regione, assieme agli organismi di gestione delle aree protette, a stabilire “modalità e tempi per esercitare la ricerca e la raccolta di tartufi nelle aree ricomprese negli ambiti amministrativi degli enti parco nazionali e regionali, stabilendo il numero massimo delle autorizzazioni che possono essere rilasciate … in relazione alla necessità di non alterare gli ecosistemi che caratterizzano le aree di raccolta”.
In altri termini, c’è un numero chiuso, limitato, di autorizzazioni. Nell’area del Parco dell’Alta Murgia, ad esempio, da diversi anni, sono 70 (un numero che, probabilmente, andrebbe aggiornato e un po’ aumentato). Il problema è dunque: che si fa, come si procede a assegnare le autorizzazioni quando il numero delle domande è superiore?
Su questo tema, molte regioni sono intervenute con legge a disciplinare i criteri per selezionare l’accesso a questa risorsa della terra, tra cui anche quello della residenza o quello che fa salva l’utenza territoriale nelle aree gravate da demani collettivi o usi civici.
In tutta sincerità, negli anni scorsi non sono riuscito a comprendere cosa non fosse chiaro nella formulazione della norma pugliese allorquando si precisa che, in condizioni di parità di requisiti per l’ottenimento delle autorizzazioni alla raccolta, è stabilita semplicemente una priorità a favore dei residenti nelle aree protette, senza che siano previste esclusioni di sorta a danno di alcuno. Ovviamente nell’ipotesi in cui si ponga il problema di far fronte ad un numero di domande superiore a quello delle autorizzazioni rilasciabili.
Ho sempre ricordato, a motivare la contrarietà alla soppressione di tale criterio, che la legge quadro sulle aree protette (n. 394/91), proprio a fronte del particolare e stringente regime vincolistico cui sono sottoposte dette aree, prevede azioni positive di valorizzazione del territorio e delle comunità residenti, come, appunto, le iniziative dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività, tra le quali ben può rientrare la possibilità di conseguire l’autorizzazione alla raccolta di prodotti spontanei come i tartufi.
La formula introdotta due anni fa in Consiglio, ribadisco, non esclude affatto la possibilità per alcuno di conseguire l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di raccolta, ma si limita a introdurre un semplice (e banale, mi verrebbe da dire) criterio di priorità a favore dei residenti nel rilascio di tali autorizzazioni, proprio in coerenza alle disposizioni della legge quadro nazionale.
E questo vale a maggior ragione in territori, ad esempio, come la Murgia o il Gargano (due aree pugliesi in cui insistono parchi nazionali), che peraltro da secoli sono gravate in larga parte anche da usi civici, vale a dire la possibilità di trarre utilità dal terreno in favore proprio di chi abita quei territori e che contano su una popolazione, rispettivamente, di quasi mezzo milione e oltre duecentomila persone.
Quindi, la mia formulazione andava nella direzione di risolvere un problema che gli enti di gestione delle aree protette si trovavano ad affrontare ogni anno, al momento del riconoscimento delle autorizzazioni (tanto da dover addirittura ricorrere al sorteggio), e di fornire un criterio coerente con le esigenze di tutela e promozione dei territori, delle attività e dei residenti delle aree protette.
Tutto mi sarei aspettato, nei miei anni in consiglio regionale, tranne che essere costretto ad affrontare un “caso tartufi” e per questo essere costretto a fare esercizio di semplice buonsenso e razionalità, oltre di doverosa difesa dei territori interessati, dal Gargano alla Murgia.
Beh, l’ho fatto in questi anni; ora non ho più ruolo e strumenti. Mi auguro che tali ragioni e tale ragionevolezza siano ripresi dai consiglieri regionali in carica, in particolare da quelli legati ai territori più direttamente interessati, e motivino la presentazione di un emendamento soppressivo di questo articolo 10.