TENTAZIONI: le chiamate nominative nelle Pubbliche Amministrazioni

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TENTAZIONI


ovvero le chiamate nominative nelle Pubbliche Amministrazioni


 


È un tratto dei tempi. Non c’è amministratore pubblico che non si lasci tentare dalle possibilità  offerte dal quadro normativo, che si è andato rivoluzionando ed affermando nell’ultimo decennio, in materia di rapporti di lavoro, collaborazione o di prestazione d’opera nella pubbliche amministrazioni.


Non mi riferisco al ricorso diffuso e datato alle figure, ormai classiche, di segretari particolari, portaborse o portavoce. È qualcosa di nuovo, ben più incisivo e rilevante, gravido di conseguenze. È la tentazione di plasmare, permeare, piegare l’ossatura di un’amministrazione pubblica appena conquistata: il suo apparato burocratico, in particolare la sua dirigenza ed i suoi nodi di direzione, coordinamento ed organizzazione. Non c’è politico o schieramento eletto, a qualunque livello, che riesca a sottrarsi alla tentazione di inserire nell’apparato amministrativo che governa compagni di cordata, di corrente o di partito, fedeli amici e forse esecutori. Di esempi, anche recenti e riportati dalla cronaca, se ne potrebbero fare molti, dall’Ente Parco dell’Alta Murgia alla Regione Puglia.


I meccanismi sono diversi, tutti riconducibili, con formula di sintesi, alla chiamata diretta, nominale, arbitraria. Ecco allora dirigenti chiamati ”“ senza alcuna procedura selettiva ad evidenza pubblica (ben lontane dunque anche dalle tanto vituperate valutazioni comparative del mondo accademico!) ”“ con contratti a tempo determinato, pescati dalle professioni o da altre amministrazioni. Oppure personale chiamato (senza alcun avviso pubblico o con avvisi imboscati) attraverso procedure di mobilità  esterna (da un’amministrazione ad un’altra) oppure “pescando”? tra gli idonei e non assunti di concorsi già  espletati presso altre amministrazioni.


A volte, si fa ricorso ad avvisi di selezione, per rapporti di lavoro o per il conferimento di incarichi, su cui viene calata la sordina, pubblicati nei luoghi più impensabili e possibilmente in periodi festivi, assegnando tempi stretti per la presentazione delle domande. Capita, poi, che di tali selezioni si perdano le tracce; agli interessati non viene fornito neanche uno straccetto di comunicazione, di graduatorie finali e motivazioni neanche a parlarne. In alcuni casi ”“ allarmati da una massiccia, inaspettata e imbarazzante partecipazione ”“ si procede rapidamente alla loro revoca, in attesi di tempi migliori, meno partecipati e clamorosi.


Sia chiaro: ci si muove abilmente, data l’ampiezza dei confini della legittimità  formale, nella rete sfibrata di un sistema amministrativo pubblico che millantati riformismi e roboanti devolution hanno portato rapidamente alla decadenza. Si pensi, per dirne una, a cosa hanno ridotto la figura del segretario comunale: da emblema e punto di riferimento statale in seno all’ente locale e primo presidio della legittimità  degli atti, a “complemento”? di sindaci, alla cui mercé sono legati chiamata ed allontanamento.


Si fa un bel dire “amministrazione pubblica”?, quando tutt’altro che pubblici e trasparenti sono i meccanismi di selezione del suo personale, quando logiche partitiche o di clientela mortificano il diritto di tanti a poter partecipare alla selezione per la copertura di posti o l’affidamento di incarichi.


Vale ancora, in termini di realtà  ed effettività , il principio costituzionale della concorsualità ? In discussione non sono certo le capacità  e la professionalità  dei fortunati prescelti, ma il rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità  cui si deve ispirare, secondo Costituzione, ogni azione amministrativa. Principi che suggeriscono il ricorso ai concorsi pubblici ed aperti e che le chiamate di personale (con contratti a tempo determinato o in mobilità ) siano effettuate, come peraltro impone la legge sul pubblico impiego, secondo regole, direttive e criteri definiti e pubblici.


In discussione è il “diritto ad una buona amministrazione”?, sancito e riconosciuto ad ogni individuo anche dalla Costituzione europea (art. 101), che presuppone però il rispetto del dovere ad una buona selezione degli amministratori pubblici.


Garantire parità  di trattamento, offrire a tutti una chance di crescita umana e professionale, senza alcuna discriminazione e barriera, sono da sempre impegni ben chiari e precisi per chi si riconosce nell’orizzonte ideale del progresso e delle riforme. È bene non dimenticarsene quando si è al governo di enti, città  e regioni.


 


enzo colonna


consigliere comunale di Altamura


Movimento Cittadino Aria Fresca


enzo@altamura2001.com