Questo numero
di Enrico Deaglio
La meglio gioventù è il titolo di una raccolta di versi giovanili in friulano di Pier Paolo Pasolini ed è il titolo dell’ultimo film di Marco Tullio Giordana. Prodotto per la Rai, viene ora finalmente mandato in onda dopo una serie di inspiegabili rinvii, ma soprattutto dopo aver vinto il premio “Un certain regard” a Cannes e avere avuto (nonostante le sei ore di durata) un inaspettato e clamoroso successo di pubblico.
Il film, come è noto, appassiona e fa discutere. Nella storia di una famiglia attraverso gli anni Sessanta, attraverso le scelte di vita di un gruppo di ragazzi, un po’ di fili italiani vengono tirati fuori dalla terra da cui erano sommersi. E riallacciati.
Tutto ciò ha molto a che fare con un fenomeno noto come “nostalgia”. Chissà perché la nostalgia, di questi tempi, è un movimento dell’anima piuttosto forte. Anche tra i più giovani. La nostalgia, anche se qualche volta trattata male, è un bel sentimento.
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Da questi avvenimenti, un mese fa è nata l’idea, davvero pazzescamente impossibile, di partecipare a questo movimento raccogliendo in un numero speciale di Diario (il più voluminoso che abbiamo mai fatto in sette anni) i nomi e le storie di quelli che fecero parte di quella famosa meglio gioventù.
Un dizionario. Un atlante. Una mappa. Un omaggio. Un pezzo di storia comune a tantissimi. Ma anche un volume che si può leggere come una guida del telefono di una città scomparsa.
Di man in mano che il lavoro procedeva (e noi, come tanti mormoni nelle caverne, che archiviano tutto il mondo pensando che alla fine si salverà solo chi ha un nome ”“ o agenti di un ipotetico Sifar di ex capelloni ”“ producevamo liste ed elenchi) ci siamo posti alcuni problemi di non facile risoluzione.
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Il primo: è giusto quello che stiamo facendo? Ovvero, se si fanno degli elenchi, non si stabilisce forse un criterio di esclusione? Il più noto ai danni del meno noto?
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Il secondo, conseguenza del primo. Dal momento che dalla nostra esperienza, ogni nome ne germina altri dieci, come si fa a ridisegnare queste liste? Si aggiungono dei nomi a margine? Si fa una seconda e poi una terza edizione? Si finisce nell’utopia paurosa di Borges che immaginava mappe sempre più dettagliate fino a un’unica mappa che copre perfettamente tutta la Terra?
Ha senso tutto ciò? Argomenti di discussione: Oskar Schindler che cercava di aggiungere fino alla fine nomi alla sua lista. Yad Washem aggiunge ogni anno nuovi nomi ai suoi Giusti. Liliana Picciotto aggiorna ogni anno la lista dei deportati. E le Pagine gialle, sono forse complete? E internet, è forse il depositario di tutto?
A proposito di internet ”“ questa specie di succedaneo della memoria, di infingardo giudice ”“ è vero che Google, se digiti il nome X, ti dà milioni di informazioni. Ma è anche vero che su tantissimi altri nomi resta muto. Muto è stato su tutti gli operai, su tutta la fabbrica. A sua discolpa si può dire che alcuni degli edifici dove si consumarono lotte e vite, adesso non ci sono più. Ground zero.
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E così siamo andati avanti, con tanti lettori che ci hanno mandato commoventi ricordi e con telefonate a numeri disattivati da tempo. Alla fine è venuta fuori questa dilettantesca enciclopedia, che però ci rende abbastanza contenti, perché, in fin dei conti, è un piccolo mattoncino.
Mentre andavamo in macchina, con stizza, ci siamo accorti che mancano, per esempio, “I Vikinghi” di Torino, i “Tiburtaros” di Roma e un elenco di 486 studenti denunciati per la prima occupazione della sede delle facoltà umanistiche a Palazzo Campana a Torino alla fine del 1967. 486! E dire che allora si sosteneva che i contestatori erano pochi! Tutti infilzati come farfalle dal sostituto procuratore Diego Amore, tutto l’elenco pubblicato (a uso degli uffici del personale) dal quotidiano La Stampa. Sarebbe stato bello metterli tutti, perché erano tutti ottimi e ottimi sono rimasti. Ci dobbiamo limitare, per spazio, ai primi tredici, accusati dei reati più gravi, ovvero l’occupazione della facoltà . 1) Bobbio Luigi. 2) Rieser Vittorio. 3) Viale Guido. 4) De Rossi Laura. 5) Lenite Sergio Alessandro. 6) Bosio Luciano. 7) Dragone Gianguido. 8) Friedman Alberto. 9) Mantelli Brunello. 10) Mochi Sismondi Giuliano. 11) Vaglio Mirko. 12) Avanzini Federico. 13) Donat Cattin Carlo.
Tutti nomi che dicono qualcosa, a Torino e non solo a Torino.
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E chissà quanti altri ne mancheranno. Però abbiamo già detto che questo è solo il primo abbozzo.
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E poi c’è un altro rovello, che vi giriamo, sicuri che il tema vi interesserà .
Riguarda proprio il termine “meglio gioventù”?. Prima della raccolta del giovane Pasolini, questa espressione compariva in canzoni popolari degli alpini nella prima guerra mondiale, ma vi aggiungeva “va sotto terra”?, sotto i colpi del cannone. Gioventù (e il suo mito) sono nati insieme alla coscrizione obbligatoria, agli eserciti, alle patrie. La “meglio gioventù”?”ha sempre avuto i suoi riti di iniziazione e le è sempre stato perdonato tutto, perché in fondo andava a farsi ammazzare. Dopo, solo dopo, i sopravvissuti sarebbero stati in grado di riflettere e di perpetuare.
Nella nostra storia i ragazzi (la gioventù) lottava per non andare più in guerra. Questa era la principale differenza con i tempi passati. La carne giovane si rifiutava di servire e quindi poteva occuparsi d’altro. Tutto sommato è andata così per molti decenni, in Europa perlomeno. Ora il dilemma ”“ occuparsi d’altro o servire ”“ si ripropone.
Quella generazione che apposta si faceva crescere i capelli per segnare la sua differenza con il mondo militare, quella generazione poi accusata di non aver tenuto fede alle promesse, agli ideali, di essere scesa a compromessi e tradimenti, resta comunque un precedente, ancora visibile sulla scena. Forse per questo si torna a lei con la nostalgia di cui si parlava all’inizio. Se successe una volta, potrebbe succedere di nuovo.
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Tutta la storia che noi trattiamo si svolge tra il 1965 e il 1975, un po’ perché sono gli anni narrati dal film, un po’ perché formano un decennio abbastanza compatto, un po’ perché mettono in discussione alcune idee fisse. A cavallo del famoso ’68, si potrà scoprire da molte biografie come i “fermenti” nacquero prima e come la politica del ’68 contribuì abbastanza a spegnerli. Dopo il 1975, la storia necessiterebbe un altro numero speciale, e sarebbe più cupo. (La nostra amica Maria Novella, intanto, ci chiede: ma perché non fate un altro libro intitolato La peggio gioventù? Lei sostiene che potrebbe diventare molto più spesso)
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Infine, augurandovi buona lettura e aspettando valanghe di e-mail di precisazione, di aggiunte, di proteste (e anche di ringraziamento). Aspettando tutto ciò per procedere alla nuova edizione “riveduta e corretta”, ancora una cosetta.
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Tutta questa storia della “meglio gioventù”, quando ancora non sapeva di esserlo, nacque nel 1964 in California quando uno sconosciuto studente universitario, con un discorso di pochi minuti, diede inizio al più grande esperimento di democrazia nel mondo. Poi scomparve dalla scena. Si chiamava Mario Savio, siciliano di origine, ed è qui ricordato con affetto.
Ringraziamo tutti i lettori che ci hanno aiutato. E un grazie in più a Guido Crainz, partecipe allora degli eventi, che ha appena pubblicato Il paese mancato, Donzelli editore, da cui abbiamo abbondantemente saccheggiato quando la memoria vacillava.
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Augurandovi buona lettura, aspettandoci migliaia di commenti, un po’ stanchi per questa pazzia che però siamo riusciti a concludere, siamo pronti per la seconda edizione. Ciao.