L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO PIU’ GRANDE D’EUROPA

 




FABBRICA DI FERTILIZZANTI NEL PARCO CONTAMINATO

Bari, sorgerà  nell’Altopiano delle Murge. Sarà  l’impianto più grande d’Europa. L’accusa: usa fanghi al cromo




DAL NOSTRO INVIATO
ALTOPIANO DELLE MURGE (Bari) – E’ almeno dal 1997 che metalli cancerogeni come piombo e cromo filtrano nelle falde d’acqua (potabile) dell’altopiano carsico delle Murge. Eppure, negli stessi luoghi contaminati, che per giunta sono Sic e Zps (Sito di interesse comunitario e Zona di protezione speciale), la stessa impresa accusata di aver inquinato, la «Tersan Puglia», sta costruendo il più grande impianto di compostaggio d’Europa: 800 tonnellate al giorno di rifiuti, di cui 500 di fanghi, contenenti anche cromo. Un impianto di cui non si coglie il senso (nove Comuni che producono appena 198 tonnellate di rifiuti) e che è avvertito come una minaccia per la salute e l’economia (carne, latticini e pane dop).
Il Corriere della Sera è in grado di individuare alcuni punti fermi di una vicenda inquietante. Primo: sull’altopiano delle Murge sono stati scaricati e mescolati al terreno centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti contenenti cromo. Fanghi industriali provenienti dai consorzi di concerie toscane Acquarno e Cuoio Depur, che attraverso due società , Ecoespanso e Delca, li davano alla Tersan a un prezzo di gran lunga inferiore ai 60 euro «di mercato». Secondo: una parte di quei rifiuti è stata commercializzata come compost, fertilizzante agricolo, senza averne le caratteristiche («Non è necessaria la laurea in chimica – scrivono i professori Giovanni Vallini, Francesco Fracassi e Fabrizio Pulpo in un procedimento contro Tersan del ’98, autori delle perizie sui prodotti della Tersan – per comprendere che quel prodotto è esso stesso un rifiuto»). Illuminante quel che è accaduto nel ’98 e nel ’99. Nel ’98, la Tersan cede come fertilizzante 12 mila tonnellate di fanghi alla Silva, una società  i cui due soci sono la figlia di Silvestro Delle Foglie, uno degli otto imputati e patron della Tersan, e la moglie di un funzionario regionale. Dalla Tersan, la Silva compra anche un’area di 180 ettari vicino a Bitonto, in cui i periti sospettano che siano stati «smaltiti» i rifiuti pericolosi, tanto che chiedono a Renato Nitti (pm nel procedimento del ’98 e in quello attuale) di incaricare subito un chimico per accertarsene. Ma la richiesta resta inascoltata e il sospetto rimane tale. Nel ’99 invece Tersan tratta circa 80 mila tonnellate di fanghi e ne cede 45 mila alla sola azienda di Giuseppe Quintano (un altro imputato, a cui sono stati sequestrati 300 ettari di terreno). Anche in questo caso, viene chiesto al pm di incaricare subito un chimico per verificare i livelli di contaminazione. Invano. Mentre, dicono i militari del Noe, «il Consorzio di smaltimento di Santa Croce all’Arno continua imperterrito a inviare i propri fanghi a Tersan, anche dopo che il ministero dell’Ambiente ha ribadito che i fanghi contenenti cromo non possono andare al compostaggio». Nel 2000 invece la Lipu (Lega di protezione uccelli) chiede al giudice civile del Tribunale di Bari, Giuseppe Rana, di incaricare un collegio di consulenti tecnici «per verificare la percolazione verso gli strati profondi e il passaggio di eventuali inquinanti in falda». Ma Rana non ritiene di far eseguire alcuna perizia.
Il caso «esploderà » solo quattro anni dopo. Venti giorni fa. E a Nitti verrà  affiancato il pm Roberto Rossi. Ma i ritardi aggravano la situazione perché, dicono Vallini e Fracassi, «è dimostrato scientificamente che il cromo trivalente, di per sé elemento con tossicità  diretta, nei terreni può trasformarsi in cromo esavalente, estremamente tossico per i sistemi biologici». Per l’attività  della Tersan, parole di fuoco. «Il suo prodotto finale non può essere considerato compost e nemmeno ammendante». Un responso che troverà  conferma nella condanna della Tersan per pubblicità  ingannevole nel settembre 2000, su ricorso dell’Associazione nazionale fertilizzanti. E tuttavia, proprio a settembre del 2000, la Provincia di Bari autorizza la Tersan, che a Modugno ha l’impianto di compostaggio più grande d’Italia con le sue 600 tonnellate al giorno, a costruirne un altro da 800 tonnellate al giorno, il più grande d’Europa. E in zona protetta. Per giunta, addosso a una ferrovia e a una strada statale, la Bari-Matera, chiamata «strada della morte» perché sono vent’anni che attende il raddoppio a quattro corsie e continua a mietere vittime a decine. Ma Anas, Ferrovie Apulo-Lucane e il responsabile del Servizio di igiene pubblica dell’Asl Bari 3 non fanno mancare il loro parere positivo. Un altro esempio. Il 14 luglio 1997, il direttore generale del ministero delle Politiche agricole (governo Prodi, ministro Michele Pinto) confeziona un parere positivo sui prodotti Tersan basandolo solo sull’etichetta del prodotto allegata dalla stessa Tersan. «Come chiedere all’oste se il vino è buono», è il commento dei professori Vallini e Fracassi. E se periti e Noe chiedono «un atteggiamento più prudente da parte delle istituzioni pubbliche», ecco che la giunta provinciale presieduta da Marcello Vernola brucia i tempi e i suoi assessori (Margherita, Ds, Verdi, Sdi, Pdci e Prc) votano per il mega impianto in zona protetta, in cui la Tersan può portare rifiuti da dove le pare (in contpasto con due pronunce della Corte Costituzionale). In particolare 500 tonnellate al giorno di fanghi «contenenti cromo e altri tipi di plastica». Un duro colpo per un territorio che ha eletto due consiglieri provinciali e due regionali; oltre ai parlamentari Marida Dentamaro (Udeur), Donato Piglimnica (Ds) e Giuseppe Nocco (FI), questi due addirittura membri della Commissione sul ciclo dei rifiuti. Mai una parola sugli impianti vecchio e nuovo della Tersan, eccoli pronti a marciare in difesa dell’Alta Murgia.
Carlo Vulpio
cvulpio@corriere.it