Trent’anni di storia del pop italiano nel libro di Silvio Teot

Articolo tratto da “la Repubblica-Bari” del 9 agosto 2002

Trent’anni di storia del pop italiano in un libro sugli Uaragniaun di Altamura

LA VIA PUGLIESE ALLA WORLD MUSIC
di BEPPE LOPEZ

Sono rare le occasioni per fare un viaggio, un viaggio vero, all’interno di una generazione, la generazione – se si può dire – per antonomasia. La generazione a cavallo tra il Sessantotto e il Settantassette che ha vissuto utopie e cambiamenti epocali, esaltazione del collettivo e stabilizzazione dell’individualismo, e che ha superato i quaranta senz’accorgersene (e forse anche i cinquanta). Un viaggio vero lo consente solo un’esperienza di gruppo che non si è chiuso nel localismo e non si è persa per le anonime strade del cosmopolitismo, che si è votata alle radici, al territorio e, insieme, agli intrecci, alle commistioni, all’arricchimento identificativo e identitario con le cause dei diseredati e gli slanci dei generosi che parlano, in tutto il mondo, lo stesso linguaggio del cuore e della mente, che partecipano agli stessi problemi dell’umanità  (schierandosi istintivamente dalla stessa parte), che amano la stessa musica. In questo senso è almeno trent’anni che il mondo è globale. E che la musica è globale: la world music.
Non esattamente il pop, non più il rock, non solo il folk, non proprio l’etnica, non il jazz vero e proprio… Una musica che è, insieme, esperienza generazionale, talento ed eccellenza tecnica, partecipazione politica, cultura, stare insieme, condividere una visione del mondo e, soprattutto, un mondo concreto, fatto di persone, di lotta per la sopravvivenza, di difesa della dignità  degli individui…
Il regalo di questo inaspettato viaggio lo si riceve sfogliando, anzi leggendo d’un fiato le 260 pagine di “Trent’anni suonati” di Silvio Teot (piazzaedizioni, Altamura, euro 12,50). Inaspettato perché il volume, pur nella curata veste grafica, si propone col profilo basso di un sottotitolo che recita: “Note fuori dal pentagramma sulla musica popolare italiana attraverso l’esperienza Uaragniaun”. Insomma, una specie di diario storico della nascita, della crescita, dei concerti, dei Cd e degli “incontri” di uno dei più importanti e solidi gruppi folk europei, italiani, meridionali e pugliesi, appunto gli altamurani Uaragniaun, capitanati da Maria Moramarco (una delle più belle voci mediterranee in assoluto e per giudizio unanime), dal chitarrista suo marito Luigi Bolognese e, appunto, dal percussionista Silvio Teot.
In realtà , la continuità  trentennale, i collegamenti e le caratteristiche di rigore di questo gruppo (che non ha mai scelto il professionismo puro continuando ad essere “persone fra persone” e che non ha mai preteso di riprodurre filologicamente la tradizionale musica popolare ma nemmeno l’ha piegata a sciagurate manipolazioni commerciali), insieme alla particolare sensibilità  e passione con cui l’autoremusicista ha vissuto questi trent’anni, hanno prodotto un volume raro. Da consigliare non solo a chi voglia sapere e capire, in tutti i suoi aspetti (storici, tecnici, umani, problematici, ecc.), uno dei capitoli più ricchi e istruttivi della storia contemporanea, delle sue contraddizioni, delle sue lacerazioni ma anche della sua permanente e complessa unicità  – il capitolo che solo riduttivamente può essere catalogato come “musica popolare” – ma anche a chi voglia capire com’è che noi meridionali, che noi uomini del mondo siamo arrivati al punto in cui siamo, e su cosa possano poggiare le nostre speranze in un mondo di nuovo globale.
Nel catalogo di questi “Trent’anni suonati” c’è di tutto. È impossibile tentare anche uno scarnissimo elenco di questioni, eventi, cose e persone. Si parte in una qualche maniera, nel dicembre del 1978, con la rappresentazione del natale nel villaggio cavernicolo di Piscialo e dai ragazzi dello Zoo della Murgia. Fare pipì sulla chitarra è musica! “Via Demetrio Stratos”. Otello Prefazio, Compagno cittadino fratello partigiano, il tarantolato lucano Angelo Infantino, violoncello e tammorra, le radio libere, la terra di mezzo fra Gargano e Salento, le canzoni dei cafoni, discodance e terrorismo, Mercadante, Ermanno Olmi, la politica intanto era sempre più puttana, Matteo Salvatore, l’organetto di Ambrogio Sparagna, la guerra in Medio Oriente, Daniele Sepe, i zampognari, la pizzica, tarantella power, il rispetto delle fonti e la questione etica dei diritti d’autore, l’arte di arrangiarsi, il falegname musicista di Ostuni, Beppe Barra, Alfio Antico, gli scazzi personali, lo slow food, l’11 settembre…
“Chi avrebbe mai immaginato che la musica popolare sarebbe sopravvissuta e resuscitata alla grande a metà  degli anni Novanta? Pochi, pochissimi”, annota Teot, dopo il racconto dei faticosi e quasi clandestini anni Ottanta, durante i quale tutto sembrava perduto. “Tuttavia quella musica covava sotto la cenere della crisi, del riflusso, della discodance, del terrorismo…”. Ecco: l’inaspettato e probabilmente inconsapevole regalo che ci fa questo volume è la minuziosa, cronachistica, appassionata descrizione di una materia, di un mondo, di una maniera di stare al mondo che cova oggi sotto la cenere dei valori, dei sentimenti, delle passioni e delle opportunità  che qualche zelante cultore della “globalizzazione” ritiene irreversibilmente e definitivamente bruciati dal fuoco della standardizzazione e della omologazione.