E’ tutto legale?

Dal quotidiano LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì
28 febbraio 2001 abbiamo tratto l’articolo che segue. Ricostruisce la vicenda
sarda della realizzazione di un intervento urbanistico di rilevante impatto
ambientale (alberghi, campo da golf, ecc.) in un territorio ricompreso nella
lista dei S.I.C. (Siti di Importanza Comunitario), soggetto quindi alla disciplina
della direttiva comunitaria 92/43/CE (relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche)
il cui Regolamento di attuazione è stato adottato con il Decreto del
Presidente della Repubblica dell’8 settembre 1997, n. 357. Il mancato rispetto
di tale disciplina da parte della Regione Sardegna ha indotto la Commissione
europea ad attivare una procedura di infrazione contro la Repubblica Italiana
nei termini e con le conseguenze che sono illustrate nel resoconto giornalistico.

Perché vi segnaliamo questa vicenda
che sembrerebbe non interessare Altamura?

Lo facciamo perché il territorio della
Murgia è soggetto alla medesima disciplina (DPR n. 357/97: il testo integrale
lo trovate in queste pagine web) in quanto dichiarato Sito di Importanza Comunitaria
(SIC) e, per giunta, anche individuato come Zona di Protezione Speciale [cosiddetta
ZPS: in proposito v. la legge 11 febbraio 1992, n. 157, che riportiamo in queste
sito e che introduce le "Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio": per ulteriori dettagli ed estremi
sul regime vincolistico e di tutela del territorio dell’Alta Murgia, consigliamo
di leggere, all’indirizzo http://digilander.iol.it/torredinebbia/news.htm,
il "Documento prodotto dall’assemblea delle associazioni facenti parte
del Comitato Promotore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia – Centro didattico
MUREX 12.12.99" e quello poi inviato a diverse Autorità (tra cui
l’Unione Europea) dal Comitato Promotore con l’invito al rispetto, alla
verifica ed all’attuazione di tali normative nella Z.P.S. “Murgia Alta” ai sensi
dei DPR 357 del 8/9/1997].

Per comprendere cosa comporti tutto questo,
è sufficiente leggere in particolare quanto prevedono gli articoli 4,
5, 6 e 7 del DPR n. 357/97. In altri termini, gli interventi di trasformazione
urbanistica e territoriale di forte impatto (come quelli già realizzati
o in fase di autorizzazione o di realizzazione: spietramento, discariche, zone
industriali e capannoni di ogni genere, impianti di compostaggio ed inceneritori
di rifiuti, lottizzazioni di rilevanti dimensioni, campi da golf e villaggi
turistici, conigliere a schiera, ecc.) devono essere rispettosi di tale normativa
di fonte comunitaria. Altrimenti, come è successo per la Sardegna, anche
per la Puglia (v., in questo sito, pure il "Caso Nardò" sollevato
con un’interrogazione del parlamentare europeo Giorgio Celli) è
possibile e prevedibile che la Commissione europea avvii una procedura di infrazione
con pesanti conseguenze (anche economiche: pensate al destino dei fondi strutturali
europei!) per tutti, imprenditori ed amministrazioni pubbliche compresi.

Altamura2001 — La Città di Tutti

*

COSA PREVEDE LA
LEGGE
(art. 4-7, DPR 357/97):

Articolo 4
Misure di conservazione

1. Le Regioni e le Province autonome
di Trento e di Bolzano adottano per i siti di importanza comunitaria,
entro tre mesi, dall’inclusione nell’elenco definito dalla Commissione europea,
le opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli
habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone
sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere
conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi del presente regolamento.

2. Le Regioni e le Province autonome
di Trento e di Bolzano adottano per le zone speciali di conservazione,
entro sei mesi dalla loro designazione, le misure di conservazione necessarie
che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici od integrati
ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative
o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche
dei tipi di habitat
naturali di cui all’allegato A e delle specie di cui all’allegato B presenti
nei siti.

3. Qualora le zone speciali di conservazione
ricadono all’interno delle aree naturali protette, si applicano le misure di
conservazione per queste previste dalla normativa vigente.

Articolo 5
Valutazione di incidenza

1. Nella pianificazione e programmazione
territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei
siti di importanza comunitaria
.

2. I proponenti di piani territoriali,
urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistici venatori,
presentano
al Ministero dell’ambiente, nel caso di piani a rilevanza nazionale,
o alle Regioni o alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nel caso di
piani a rilevanza regionale o provinciale, una relazione documentata per
individuare e valutare i principali effetti che il piano può avere sul
sito di importanza comunitaria
, tenuto conto degli obiettivi di conservazione
del medesimo.

3. I proponenti di progetti riferibili
alle tipologie progettuali di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377
, e successive modifiche
ed integrazioni ed agli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica
12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996,
nel caso in cui tali progetti si riferiscono ad interventi ai quali non si
applica la procedura di valutazione di impatto ambientale, presentano all’autorità
competente allo svolgimento di tale procedura una relazione documentata per
individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere
sul sito di importanza comunitaria
, tenuto conto degli obiettivi di conservazione
del medesimo.

4. La relazione di cui ai commi 2 e 3 deve
fare riferimento ai contenuti di cui all’allegato G al presente regolamento.

5. Nel caso in cui i progetti si riferiscono
ad interventi ai quali si applica la procedura di valutazione di impatto ambientale,
si procede ai sensi della vigente normativa in materia
.

6. Le autorità di cui ai commi
2 e 3 effettuano la valutazione di incidenza dei piani o progetti sui siti di
importanza comunitaria, entro novanta giorni dal ricevimento della relazione
di cui ai commi 2 e 3, accertando che non ne pregiudicano l’integrità,
tenendo conto anche delle possibili interazioni con altri piani e progetti,
e qualora ricadenti anche parzialmente in aree naturali protette, sentito l’ente
di gestione dell’area. Le Autorità
di cui ai commi 2 e 3 possono
chiedere una sola volta integrazioni della relazione ovvero possono indicare
prescrizioni alle quali il proponente del piano o progetto deve attenersi
.
Nel caso in cui la predetta autorità chiede integrazioni della relazione,
il termine per la valutazione di incidenza è interrotto e decorre dalla
data in cui le integrazioni pervengono all’autorità medesima.

7. L’autorità competente al rilascio
dell’approvazione definitiva del piano o del progetto acquisisce preventivamente
la valutazione di incidenza eventualmente individuando modalità di consultazione
del pubblico interessato dalla realizzazione del piano o del progetto
.

8. Qualora, nonostante le conclusioni
negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni
alternative possibili, il piano o progetto debba essere realizzato per motivi
imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale
ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa
necessaria per garantire la coerenza globale della rete “Natura 2000”
e
ne danno comunicazione al Ministero dell’ambiente per le finalità di
cui all’articolo 13 del presente regolamento.

9. Qualora nei siti ricadono tipi di habitat
naturali e specie prioritari il piano o il progetto di cui sia stata valutata
l’incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato
soltanto con riferimento ad esigenze connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza
pubblica o con esigenze di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo
parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse
pubblico.

Articolo 6
Zone di protezione speciale

1. Gli obblighi derivanti dall’articolo
4, commi 2 e 3, e dall’articolo 5 del presente regolamento si applicano anche
alle zone
di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 11 febbraio 1992,
n. 157.

Articolo 7
Monitoraggio

1. Le Regioni e le Province autonome
di Trento e di Bolzano adottano le idonee misure per garantire il monitoraggio
dello stato di conservazione delle specie e degli habitat naturali di interesse
comunitario
, con particolare attenzione a quelli prioritari, dandone comunicazione
al Ministero dell’ambiente.
2. Il Ministero dell’ambiente definisce con proprio decreto, sentiti
per quanto di competenza il Ministero per le politiche agricole e l’Istituto
nazionale per la fauna selvatica, le linee guida per il monitoraggio.

 

* * *

L’ARTICOLO DELLA NUOVA SARDEGNA

"Ecco perché
Is Arenas va bocciata".

Il parere motivato di Bruxelles sulla condanna
al governo italiano
Ma le responsabilità politiche sono della Regione Sardegna.

di Piero Mannironi

 

CAGLIARI. – La condanna è formalmente
per l’Italia, ma, politicamente, la censura è tutta per la Regione Sardegna.
In quello che tecnicamente si chiama “parere motivato”, cioè le ragioni
giuridiche sulle quali si fonda la sentenza, l’Ue non ha dubbi: "L’Italia
è venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 10 del trattato,
in combinazione con l’articolo 6 della direttiva 92/43/Cee". E sulla base
di questa responsabilità oggettiva riconosciuta, il nostro Paese viene
sottoposto all’articolo 226, secondo comma, del trattato sul quale si fonda
la comunità europea: "La Commissione invita la Repubblica italiana
ad adottare le misure necessarie per conformarsi al presente parere motivato
entro e non oltre il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica".
Firmato: Margot Wallström, membro della Commissione.

Il caso in questione è ovviamente quello
di Is Arenas, la pineta sulle dune boscate costa di Narbolia, dove una società
controllata da una holding svizzero-olandese ha costruito un campo da golf.
Ma soprattutto dove intende realizzare un investimento immobiliare da oltre
220 mila metri cubi di cemento. Un caso che ha finora scatenato una tempesta
di polemiche e che ha provocato un conflitto istituzionale senza precedenti
in Sardegna. Nell’aprile dello scorso anno, infatti, l’ex ministro dell’Ambiente
Edo Ronchi aveva spedito i carabinieri del Noe a Villa Devoto per notificare
al presidente della giunta Mario Floris un atto di diffida. Sicuramente un modo
molto ruvido per costringere la Regione a uniformarsi alla normativa europea
e nazionale in materia ambientale. Ma sarebbe ingiusto dimenticare che quel
blitz, politicamente infelice, era stato preceduto da una bordata di attacchi,
perfino insultanti, partiti da alcuni ambienti politici sardi all’indirizzo
del ministro. Questo per dovere di verità. Un momento delicatissimo di
una polemica incandescente, ma sicuramente anche la prova che le inadempienze,
o comunque i comportamenti e le scelte non conformi alle norme comunitarie,
sono soprattutto della Regione.

La "sentenza" della Commissione è
articolata in 16 cartelle. Sedici pagine nelle quali vengono affrontati i problemi
legati al "caso Is Arenas" con pedante pignoleria giuridica. Il punto
centrale, cioè il nodo di tutta la questione, è comunque nella
premessa della "sentenza". In quegli otto punti nei quali vengono
riassunti i capisaldi del diritto comunitario in materia ambientale. Ed è
proprio qui la chiave di una vicenda che è apparsa spesso un conflitto
ideologico e politico, uno scontro tra ambientalisti e imprenditori, una guerra
tra chi combatte per la salvaguardia della natura e chi invece persegue obiettivi
economici. Magari utilizzando parole come "lavoro e sviluppo" come
specchietto per le allodole. E invece no. Prima di tutto c’è un problema
di natura giuridica, un problema di regole che devono essere rispettate.

Insomma, una cornice di garanzie che i paesi dell’Unione
europea si sono dati per trovare un punto di equilibrio nella loro convivenza.
Citando l’articolo 4, comma 5 della direttiva 92/43/Cee, il commissario Wallström
stabilisce un punto di chiarezza: "Non appena un sito è iscritto
nell’elenco dei Siti di importanza comunitaria (Sic) adottato dalla Commissione,
esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6". Su questa affermazione,
i favorevoli al progetto di Is Arenas hanno recentemente sostenuto che la lista
comunitaria non è stata adottata. Come dire: un Sic è soggetto
o meno a una serie di tutele solo dopo un procedimento burocratico di riconoscimento.
Ma la Commissione spiega che gli Stati membri "avrebbero dovuto trasmettere
l’elenco dei Sic proposti entro il 10 giugno 1995 e la Commissione avrebbe dovuto
adottare la lista comunitaria entro il 10 giugno 1998. Questa lista comunitaria
non ha potuto essere adottata a causa dei ritardi nella presentazione degli
elenchi nazionali completi dei siti proposti". Ma una serie di sentenze
della Corte di giustizia europea ha stabilito un orientamento chiarissimo che
non conosce deroghe o eccezioni: "Dal 10 giugno 1998, anche in mancanza
di un elenco comunitario dei Sic, gli obblighi di protezione e di conservazione
dei siti sensibili dal punto di vista dell’ambiente esistono già in capo
agli Stati membri". E qui è necessario un piccolo inciso, dando
una risposta a una semplicissima domanda: chi ha segnalato i Siti di interesse
comunitario della Sardegna, e quindi anche quello di Is Arenas all’Unione europea?
La risposta è semplice: è stata proprio la Regione. Quindi, la
massima istituzione autonomistica, a prescindere da chi la governa. Ma se si
volesse approfondire il discorso, allora si scoprirebbe che chi ha partecipato
a certi processi nella giunta Palomba, si trova oggi nella nuova maggioranza
di centrodestra e non nasconde il proprio fastidio allo stop all’investimento
immobiliare di Is Arenas.

Ma ritorniamo all’articolo 6 della direttiva 92/43/Cee,
che indica le misure di salvaguardia per i Sic. Al secondo comma si legge: "Gli
Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di
conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché
la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura
in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto
riguarda gli obiettivi della presente direttiva". Nel comma successivo,
si arriva a un’ulteriore specificazione sul come si deve procedere nella tutela
delle aree considerate naturalisticamente pregiate: "Qualsiasi piano o
progetto che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente
o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di un’opportuna valutazione
dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione
del medesimo".

Una premessa, quella della commissaria Wallström,
che sgombera il campo da molte ombre o dubbi interpretativi su quelle che sono
le indicazioni normative dell’Unione Europea. Il parere motivato spiega poi
come si è arrivati all’apertura della procedura di infrazione. Prima
di tutto è stata fatta una valutazione sulle risposte trasmesse dalle
autorità italiane, dopo le richieste d’informazione fatte dall’Ue sul
progetto immobiliare di Is Arenas. E qui, per la Commissione, si sono verificate
tre omissioni. La prima, e più importante, è che non si è
proceduto alla valutazione di impatto ambientale o almeno, non si è correttamente
considerato "se le caratteristiche del progetto, che è un progetto
di cui all’allegato II della direttiva 85/337/Cee, richiedessero una tale valutazione".
A quel punto l’Ue ha messo in mora il governo italiano, in base all’articolo
226 del trattato CE, chiedendo le sue osservazioni entro sessanta giorni. Le
risposte del governo italiano sono arrivate il 30 maggio, l’8 e il 26 giugno
e il 14 luglio 2000. Alla lettera del 30 maggio è stato allegato il provvedimento
inviato dal ministero dell’Ambiente alla Regione Sardegna, con il quale veniva
diffidata la giunta Floris di sospendere o revocare tutti i provvedimenti autorizzativi
già rilasciati, bloccare la prosecuzione dei lavori e di effettuare un
procedimento di valutazione di impatto ambientale. Alla lettera dell’8 giugno,
il governo italiano ha allegato un nota nella quale riferisce che la Regione
Sardegna "non ha inviato le informazioni richieste". Solo il 26 giugno
è arrivata a Bruxelles una comunicazione nota della Regione, nella quale
viene comunicata la "determinazione" (approvazione) di una parte del
progetto della Is Arenas. Cioè il complesso alberghiero da 16.691 metri
cubi, più il campo da golf da 18 buche. Per la Regione questo progetto
non sarebbe da sottoporre alla Via, in quanto non arrecherebbe danni ambientali.

Su questo punto, la Commissione europea prima
osserva che non sono previsti interventi compensativi nel progetto dell’albergo
da 16 mila metri cubi. Non si è pensato, cioè, di attenuare l’impatto
sul sito provocato dall’intervento edilizio. Ma è successivamente, nel
capitolo dedicato alla valutazione giuridico-tecnica, che si osserva: "Un
progetto non può essere preso in considerazione per singoli lotti, per
poi concludere che nessuno dei lotti singolarmente considerati arreca pregiudizio
al sito". A questo punto viene rievocato l’articolo 6, terzo comma, della
direttiva 92/43/Cee dove viene stabilito che "l’impatto di progetti anche
diversi, ma correlati ai fini del possibile impatto cumulativo su un sito, devono
essere considerati congiuntamente". "A maggior ragione – commenta
la Commissione – le autorità di uno Stato membro non possono valutare
isolatamente i differenti impatti che fanno capo a un solo progetto, come nel
caso del progetto di lottizzazione di Is Arenas, che riguarda complessi alberghieri
per ben 220-240 mila metri cubi e un percorso golfistico". C’è poi
il lungo capitolo dedicato al campo da golf. Per la commissaria Wallström,
la ratio della normativa europea è quella di esprimere una valutazione
ex ante, cioè prima della realizzazione del progetto, mentre nel caso
del campo da golf, la valutazione è stata fatta successivamente. Dopo
un attento esame, corredato da riferimenti normativi e da pareri tecnici, l’Ue
arriva alla conclusione che anche il campo da golf non è compatibile
con le direttive europee. E infatti nel parere si legge: "La Commissione
ritiene che il campo da golf abbia un impatto significativo sul sito. Questo
impatto è idoneo a mettere in pericolo il mantenimento del sito in uno
stato favorevole di conservazione e, pertanto, dato che il sito in questione
contiene habitat prioritari (che risultano alterati in modo sostanziale) e possiede
i requisiti per meritare di essere iscritto nell’elenco comunitario dei Sic,
è anche idoneo a mettere in pericolo il raggiungimento degli obiettivi
della direttiva".

Giurisprudenza comunitaria alla mano, la Commissione
affronta poi il problema della tutela dei siti sensibili, anche in mancanza
di un elenco comunitario dei Sic. "Dal 10 giugno 1998 – dice infatti –
gli obblighi di protezione e di conservazione dei siti sensibili dal punto di
vista dell’ambiente esistono già in capo agli Stati membri, anche in
mancanza di un elenco comunitario dei Sic". E questo perché gli
obblighi della direttiva non devono essere compromessi e "gli Stati membri
devono astenersi da tutte quelle attività che possono essere fonte di
degrado degli habitat naturali". Per concludere, il giudizio sulla determinazione
899 della Regione, che autorizza la costruzione dell’albergo da 16 mila metri
cubi e ratifica la costruzione del campo da golf: "Si basa su valutazioni
errate; considera il progetto solo parzialmente; ha approvato la costruzione
di un progetto che è stato, in realtà, già costruito; non
contiene la previsione di misure compensative. Pertanto è un provvedimento
che compromette il mantenimento in buono stato di conservazione del sito e,
di conseguenza, poiché il sito contiene habitat prioritari (che sono
alterati in modo sostanziale) e merita di apparire sull’elenco comunitario dei
Sic, mette in pericolo il raggiungimento del risultato prescritto dalla direttiva".

Ora l’orologio si è messo in moto. "In
applicazione dell’articolo 226, secondo comma del trattato CE – si legge nel
parere motivato – la Commissione invita la Repubblica italiana ad adottare le
misure necessarie per conformarsi al presente parere motivato entro e non oltre
il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica". Questo significa
che sono scattati i sessanta giorni entro i quali il governo italiano dovrà
ottemperare. E’ facile immaginare che ogni iniziativa, dopo le polemiche e i
veleni di quest’ultimo anno, è destinata a innescare reazioni molto forti.
Anche politicamente. Ma se l’Italia non rispondesse all’invito della Commissione
europera cosa potrebbe accadere? la risposta è obbligata: si aprirà
un vero e proprio processo davanti alla Corte di giustizia europea. E, viste
le premesse, per il nostro Paese (ma anche per la Regione) l’assoluzione
è probabilmente la conclusione meno probabile.