di enzo colonna
consigliere comunale – enzo@altamura2001.com
“La pessima “qualità della vita” di molti luoghi destinati a residenza non dipende da cattive progettazioni. Nemmeno esiste un principio in base al quale l’edilizia residenziale pubblica o, comunque, quella più povera o delle periferie, dev’essere brutta e incompleta. L’attuale stato delle cose dipende, invece, da illegali attuazioni dei progetti. Sistematiche violazioni delle destinazioni d’uso rendono invivibili interi quartieri; sistematiche omissioni degli atti e delle attività necessarie per assicurare la fruibilità dei servizi connessi e complementari alle aree vincolate ad usi collettivi fanno di interi quartieri quartieri-dormitorio“
(Michele Costantino, Bene-casa e qualità della vita: gli impianti sportivi di quartiere, in Rischi temuti, danni attesi, tutela privata, Milano, 2002, 135, volume curato dal medesimo Autore)
Avevo già scritto (v. Forum di Altamura2001) che l’Amministrazione comunale, fortemente sollecitata da numerosi cittadini, dal “Coordinamento per lo sviluppo e la qualità della vita” ed anche da alcuni consiglieri comunali (Vito Menzulli, Pinuccio Giove), si era attivata per individuare una soluzione che consentisse di impedire la realizzazione dell’impianto di distribuzione di Via Mura Megalitiche, rivedendo così sue precedenti determinazioni. L’impianto – è bene precisarlo ”” era stato legittimamente richiesto da una società altamurana (il 4 dicembre 2000) e sottoposto per ben due volte al vaglio della commissione edilizia: il 10 aprile 2001 la commissione aveva espresso parere “favorevole alle condizioni dell’Ufficio e subordinando il rilascio all’acquisizione del parere della Soprintendenza dei Beni Archeologici”; il 6 novembre 2001 – ottenuto il via libera dalla Soprintendenza di Taranto (il 27 giugno 2001) – la commissione edilizia aveva riconfermato il suo parere favorevole. L’impianto era stato anche esaminato dalla commissione consiliare “Urbanistica e Territorio” in cui nessuno dei componenti aveva avuto alcunché da ridire sulla sua ubicazione in quella zona. Il 9 novembre 2001 era stata rilasciata la concessione edilizia (la n. 199/bis).
In realtà , tutti (l’amministrazione, le commissioni, il dirigente) avevano sottovalutato una circostanza fondamentale: la zona interessata è tipizzata dal nostro Piano Regolatore Generale come S2B, cioè “Verde di quartiere” (l’art. 27 della Norme Tecniche di Attuazione del PRG così dispone: “Tali zone, individuate ai sensi del D.M. 02/04/68 n. 1444, sono destinate alle aree di verde attrezzato relative alle zone residenziali. In tali zone è consentita la costruzione di attrezzature per il gioco, costruzioni provvisorie per chioschi da adibire a bar ristoro e ricoveri, impianti sportivi per allenamento. Saranno curate le alberature eventualmente esistenti e la posa a dimora di nuovi piantamenti“).
La domanda che in tanti si sono posti è stata: come mai si è potuto autorizzare un intervento di quel tipo in un’area che ha quella precisa destinazione urbanistica, vale a dire un’area destinata a verde attrezzato a servizio degli abitanti del quartiere e della città ? Da quale circostanza nasceva questa, se così si può dire, sottovalutazione?
Questa, come tante altre questioni di rilevanza urbanistica e territoriale che stanno appassionando e dividendo gli schieramenti politici, nasce da un deficit di analisi e di programmazione o pianificazione che sconta la nostra città a causa di una subcultura amministrativa che ha albergato per anni nel Palazzo di Città . L’unica idea forte che sembra dominare, da anni, le stanze del Palazzo di Città è: campo libero alle incursioni ed alle iniziative dei privati, in pratica “ognuno faccia che cacchio vuole“! Insomma una mesta e, potremmo dire, onesta ammissione, da parte dei vecchi amministratori comunali (e, si spera, non anche dei nuovi amministratori), della propria incapacità di amministrare e pianificare ogni qualsivoglia sviluppo o crescita della città . Le conseguenze di quella filosofia, molto spiccia e concreta (“fatti, non parole”), si stanno vedendo e si rivelano devastanti, come nel caso della stazione di servizio in esame.
Analogo discorso potrebbe farsi per la vicenda degli accordi di programma (in applicazione della legge regionale n. 34/94). Il Leitmotiv è stato il medesimo: non siamo capaci di attrezzare una vera ed omogenea area industriale nelle zone individuate, da decenni, dal Piano Regolatore Generale (via Gravina e Jesce)… bene, ognuno si faccia il capannone dove vuole!
Il problema, politico e culturale prim’ancora che amministrativo, è allora: una maggioranza di centrosinistra che ha i numeri, il consenso, le teste e le idee per una netta inversione di rotta, può consentire che si continui per la strada tracciata dalla precedente amministrazione di centrodestra? Ovviamente no, è la risposta che tutti nel centrosinistra danno. Ma allora a questa affermazione o rivendicazione di principio, è necessario, coerentemente, far seguire una diversa consapevolezza dei problemi e soprattutto del ruolo che una nuova, giovane e sinora non compromessa classe dirigente è chiamata a svolgere; a quella affermazione di principio devono accompagnarsi impegni ben precisi, l’orgoglio di proprie scelte, determinazione e coraggio nel far passare l’idea di una crescita armonica, razionale e qualitativamente qualificata, di tutta la città . Tutto ciò implica che i Sì, secchi e qualificanti, a scelte che vanno in questa direzione siano preceduti o accompagnati da altrettanti NO (decisi e qualificati) a condizionamenti, a pressioni, ad operazioni che vanno non nella direzione di assicurare una migliore qualità della vita per tutti, ma al contrario verso quella di privilegiare una vita di qualità per pochi.
La sfida o il compito che l’attuale centrosinistra è chiamato ad affrontare è proprio quello di far compiere una salto di qualità all’azione amministrativa che non può ispirarsi all’inetta logica degli atti dovuti. È un atto dovuto rilasciare una concessione edilizia, quando si è consapevoli che l’intervento non è compatibile con la destinazione d’uso impressa alla zona dal Piano Regolatore?! È un atto dovuto procedere al convenzionamento ed al rilascio delle concessioni consentendo la realizzazione di capannoni in aree agricole in ordine sparso ed in deroga al Piano Regolatore, quando si è consapevoli che il Comune di Altamura già dispone e destina centinaia di ettari per gli insediamenti industriali e che la procedura sinora utilizzata per gli accordi di programma ex lege 34/94 presenta seri dubbi di legittimità ?!
Il compito del centrosinistra – lo si ripete, con la sua nuova, giovane e sinora non compromessa classe dirigente – non può ridursi alla ratifica ed alla registrazione di scelte e di eventi (di rilevanza collettiva) determinati da pochi interessati, da chi su quelle scelte fonda anche legittimamente le proprie fortune e ricchezze. Il compito del centrosinistra è invece quello di prosciugare le sacche di degrado civile, sociale, politico, culturale ed ambientale, presenti nella città e di riempire di contenuto quello che per molti anni è sembrato essere un vuoto in un circolo di egoismi, ambizioni personali, interessi privati: il Comune.
Ma torniamo alla vicenda, nel suo piccolo esemplare, della stazione di servizio o, più correttamente, dell’impianto di distribuzione. Il Comune di Altamura avrebbe dovuto, già da alcuni anni, provvedere a fissare “criteri, requisiti e caratteristiche delle aree dove poter installare i nuovi impianti stradali di carburante“, così come disponeva il Decreto Legislativo 11 febbraio 1998, n. 32. La Giunta regionale pugliese è intervenuta con la deliberazione n. 11 del 19 gennaio 2000 a “fissare i criteri per quei Comuni che non hanno provveduto ad emanare i propri“. Le direttive della Regione prevedono che gli impianti di distribuzione del tipo di quello autorizzato in via Mura Megalitiche possano essere installati in zone omogenee tipizzate dal piano regolatore come D ed F. Le zone D sono, secondo il Decreto Ministeriale n. 1444/68, “le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati“; le zone F sono “le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale“.
Il menzionato Decreto Ministeriale (del 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 1968, n. 97) definisce e fissa i “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765“.
In particolare l’art. 3 individua i “Rapporti massimi, tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi”:
“Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all’art. 17 – penultimo comma – della legge n. 765, sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante – insediato o da insediare – la dotazione minima, inderogabile, di mq. 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.
Tale quantità complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:
a) mq. 4,50 di aree per l’istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo;
b) mq. 2 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre;
c) mq. 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade;
d) mq. 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall’art. 18 della legge n. 765): tali aree ”” in casi speciali – potranno essere distribuite su diversi livelli.
Ai fini dell’osservanza dei rapporti suindicati nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq. di superficie lorda abitabile (pari a circa 80 mc. vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq. (pari a circa 20 mc. vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità , servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.)“.
Si tratta, in altri termini, di quei 18 mq per abitante che – nel mio ultimo intervento in consiglio comunale (15 febbraio 2002), quando si è discusso degli accordi di programma – ho definito i 18 mq di vita che la legge riserva ad ogni abitante. Rispettare le previsioni di un Piano Regolatore Generale significa infatti non certo privilegiare un’area piuttosto che un’altra, ma rispettare semplicemente quegli indici e quei rapporti che, al momento della redazione del Piano, sono stati tenuti presenti ed applicati. Derogare o non rispettare il Piano Regolatore, al contrario, significa non solo (ma questo non sarebbe in astratto un problema!) privilegiare un soggetto (il beneficiario della deroga) ma soprattutto (e questo è il vero problema!) penalizzare indirettamente tutti gli altri abitanti del quartiere (o zona o città ), che si vedono ridurre quegli indici di vita o di qualità di vita previsti dalla legge. Sottrarre, ad esempio, un’area alla sua destinazione a verde attrezzato di quartiere significa dunque privare irreversibilmente gli abitanti di quel quartiere di una quota pro capite di verde che, con la saturazione urbanistica ed abitativa della nostra città , non potrebbe essere recuperato altrove, depauperando anche economicamente il valore delle loro abitazioni e residenze. Identico discorso vale per ogni altra ipotesi di deroga o di stravolgimento delle prescrizioni del Piano Regolatore (come appunto gli accordi di programma di cui alla legge 34) se non è accompagnata da misure di compensazione o perequazione urbanistica: se aggiungo in una zona un carico urbanistico non previsto, residenziale o industriale che sia, devo necessariamente sottrarlo da altra zona (dove invece era previsto) in misura corrispondente.
Per dirla terra terra”¦ è come quando dobbiamo impartire istruzioni al costruttore della nostra casa per la realizzazione dei muri divisori: se abbiamo bisogno di metri quadrati in più per il soggiorno, li possiamo ricavare riducendo la grandezza della cucina, ma non certo eliminando del tutto il cesso o la camera da letto o andando a murare il balcone o il pianerottolo condominiale”¦ l’estensione totale dell’appartamento è sempre e deve necessariamente rimanere sempre la stessa e certi spazi (i vani dell’appartamento) non possono essere eliminati o spostati (il cesso deve essere sistemato necessariamente lì, perché il sistema di scarico fognario è unico per tutti i condomini)!
Ma allora: possibile che considerazioni così banali non siano state tenute presenti dall’amministrazione comunale, dalla commissione edilizia e dal dirigente preposto nel momento in cui si è autorizzata la realizzazione dell’impianto di distribuzione carburanti in un’area destinata dal Piano Regolatore a verde di quartiere? Ovviamente no! O almeno lo spero. Il ragionamento è stato questo: quella realizzazione è possibile ”” si è detto ”” perché le direttive della Giunta regionale, efficaci ed operanti ad Altamura in assenza dell’adozione di prescrizioni che la legge del 1998 demandava ai Comuni, prevedono che simili impianti siano ubicati in zone D ed F e perché la zona interessata ha una tipizzazione S2B e va considerata a tutti gli effetti una zona F.
È vero, è proprio così: le aree S2B – come le S2A (servizi di quartiere: asili nido, scuole materne, elementari e medie; edifici di interesse religioso, culturale, sociale, assistenziale, amministrativo; manufatti per pubblici esercizi, commerciali e mercati), le F1 (aree per le attrezzature di servizio pubblico: scuole, caserme, ecc.), le F2 (zone ospedaliere), F3 (parco urbano), le F4 (zone per attrezzature sportive e di spettacolo), le F5 (zone per attrezzature annonarie come depositi, mercati, ecc.) ”” sono tutte da considerare, secondo la classificazione del D.M. n. 1444/68, zone F, cioè “parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”.
Ma è altrettanto vero, quanto banale, che se è possibile assimilare una sottocategoria alla categoria generale (la S2B alla F), non è sicuramente possibile, alla luce delle previsioni del nostro Piano Regolatore Generale e delle relative Norme Tecniche di Attuazione, assimilare una sottocategoria ad un’altra sottocategoria. Mi spiego: sono entrambe zone F (nella classificazione del citato decreto ministeriale del 1968), ma una cosa sono le zone S2B, altra cosa sono le zone S2A; una precisa destinazione urbanistica e funzionale hanno le prime (verde attrezzato di quartiere), altra precisa destinazione urbanistica e funzionale hanno le seconde (servizi di quartiere, tra i quali è ben possibile ricomprendere il servizio di distribuzione di carburanti). Analogo ragionamento vale per le altre zone del nostro PRG (dalla F1 alla F5) riconducibili tutte alla tipizzazione ministeriale F.
In conclusione, il nostro Piano Regolatore propone una opportuna, quanto sottovalutata, puntualizzazione della categoria generale F, individuando in dettaglio sottocategorie di zone di cui si deve tener conto quando si progetta o si autorizza un intervento edilizio o urbanistico: quello in esame, dunque, poteva, correttamente, essere progettato ed autorizzato in una zona S2A (servizi di quartiere), ma non certo in una zona S2B (verde attrezzato di quartiere).
L’amministrazione comunale, con la deliberazione che riportiamo in questo pagine, ha opportunamente avviato un procedimento di verifica della compatibilità urbanistica dell’intervento (già autorizzato) con la zona interessata e, nel frattempo, ha disposto la sospensione dei lavori. L’augurio è che – nonostante le voci che pessimisticamente e con insistenza danno per imminente un via libera definitivo all’impianto da parte della Giunta comunale – questa abbia il coraggio di ammettere che sottovalutazione (o superficialità o errore) c’è stata nel rilascio della precedente concessione e che proceda, ad esito del procedimento amministrativo di verifica ora avviato, alla revoca della concessione edilizia. Il passo successivo dovrebbe essere quello di attrezzare davvero quel verde destinato a quel quartiere (via IV Novembre, via Mura Megalitiche, via Caduti di Via Fani, ecc.).
Diversamente, nulla potrebbe vietare in futuro che a qualcuno venga in mente di progettare o di autorizzare una ”˜pompa di benzina’ in una zona F2.
È una ”˜zona ospedaliera’?
Emb锦 è da considerare una zona F, dov’è lo scandalo?!
Tutto è possibile nel ”˜libero territorio di Altamura’”¦
(Clicca qui per scaricare la delibera della Giunta comunale)