LE RAGIONI DEL WWF CONTRO GLI ACCORDI DI PROGRAMMA.

All’Ecc.mo Tribunale Amministrativo
per la Puglia — Bari

Ricorso

della Associazione Italiana per
il World Wide Fund for Nature (W.W.F.) ONLUS
, in persona del
Presidente p.t. Arch. Fulco Pratesi, rappresentata e difesa
dall’Avv. Silvia Lioce, elettivamente domiciliata in
Bari, alla via Amendola n.166/5, come da mandato a margine del presente
atto

Contro

la Regione Puglia, in persona del
Presidente pro tempore

il Comune di Altamura, in persona
del Sindaco pro tempore

e nei confronti

del Consorzio di Sviluppo Murgiano,
in persona del legale rappresentante pro tempore;

del Consorzio San Marco s.r.l.,
in persona del legale rappresentante pro tempore;

per l’annullamento dei seguenti
atti:

  • decreto P.G.R. (Presidente Giunta Regionale,
    ndr) n.460 del 13.9.2001, pubblicato sul B.U.R. Puglia n.144
    del 27.9.2001, avente ad oggetto: "Approvazione accordi di
    programma sottoscritti in data 15.12.2000 tra la Regione Puglia
    ed il Comune di Altamura ai sensi LL. RR. N.34/94 e 8/98 per la
    realizzazione di un comparto omogeneo di insediamenti produttivi
    di tipo industriale e artigianale da parte del Consorzio Sviluppo
    Murgiano;
  • decreto P.G.R. n.461 del 13.9.2201, pubblicato
    sul B.U.R. Puglia n. 144 del 27.9.2001, avente ad oggetto: Approvazione
    accordi di programma sottoscritti in data 15.12.2000 tra la Regione
    Puglia ed il Comune di Altamura ai sensi LL. RR. N.34/94 e 8/98
    per la realizzazione di un comparto omogeneo di insediamenti produttivi
    di tipo industriale e artigianale da parte del Consorzio San Marco
    s.r.l.;

nonché degli atti preordinati,
connessi e successivi, ed in particolare:

  • deliberazione, in parte qua, n.1284 del 10.10.2000,
    con la quale la Giunta Regionale ha approvato le direttive per
    l’applicazione delle LL.RR. n. 34/94 e n.8/98;
  • delibere G.R. del 30.10.2000 (dal n.1440 al
    n.1473) con le quali è stato autorizzato il P.G.R. a sottoscrivere
    gli "Accordi di programma" per la realizzazione di n.34
    insediamenti produttivi di tipo industriale e artigianale in favore
    del Consorzio Sviluppo Murgiano;
  • delibere G.R. del 30.10.2000 (dal n.1429 al
    n.1439) con le quali è stato autorizzato il P.G.R. a sottoscrivere
    gli "Accordi di programma" per la realizzazione di n.1
    insediamenti produttivi di tipo industriale ed artigianale in
    favore del Consorzio San Marco s.r.l.;
  • delibere datate 27.12.2000 (dal n.170 al n.203)
    con le quali il C.C. di Altamura ha ratificato i suddetti "Accordi
    di programma" approvati con il decreto P.G.R. n.460/2001
    (Consorzio Sviluppo Murgiano, 0, 0);
  • delibere datate 27.12.2000 (dal n.207 al n.217)
    con le quali il C.C. di Altamura ha ratificato gli accordi di
    programma approvati con il decreto di P.G.R. n.461/2001 (Consorzio
    San Marco s.r.l., 0, 0);
  • nota dell’Assessorato Regionale all’Ambiente
    — Settore Ecologia – n.8476 del 24.7.2001, relativa al parere
    di incidenza ambientale;
  • determina dirigenziale dell’Assessorato
    Regionale all’Ambiente — Settore Ecologia – n.211 del
    17.10.2001, con la quale sono stati esclusi dalla procedura di
    V.I.A. gli accordi di programma per il Consorzio Sviluppo Murgiano;
  • nota dell’Assessorato Regionale all’Ambiente
    — Settore Ecologia – n.7567 del 2.7.2001, relativa agli adempimenti
    di cui al D.P.R. n.357/97.

Fatto


Il Comune di Altamura è dotato
di un piano regolatore adeguato alla l.reg. n.56/1980, approvato
di recente con deliberazione G.R. n.1194 del 29.4.1998; detto strumento
urbanistico destina a zona D (area industriale-artigianale) una
vasta area del territorio posta in contrada denominata "Jesce"
di circa 259 ettari.

La scelta della destinazione ad aree
industriali, impressa dal P.R.G. in vigore — peraltro a
conferma di identica scelta già effettuata nel previgente
P.R.G.
approvato nel 1974, non è senza dubbio casuale
atteso che la contrada in questione — già inclusa nel
P.R.G. ASI Valbasento, con delibera G.R. n.6327 del 22.10.1979 –
trovasi alla confluenza con i contermini territori di Santeramo
e Matera, che hanno lì concentrato i propri stabilimenti
industriali. (vedi ad esempio, gli insediamenti "Natuzzi 2000;
"Ferrosud"; Consorzio ASI di Matera).

Sennonché l’Amministrazione
comunale, inspiegabilmente, ha preferito "derogare" alle
prescrizioni del proprio strumento urbanistico accedendo alle richieste
di alcuni operatori del settore che, per evidenti interessi di natura
squisitamente privatistica, hanno preferito realizzare i propri
interventi su aree aventi ben altra destinazione: il tutto avvalendosi
della particolare procedura prevista dalla legge regionale n. 34//94
e 8/1998 che, come è noto, attraverso lo strumento dell’accordo
di programma consente di derogare alle previsioni dello strumento
urbanistico vigente, allorché nel territorio comunale siano
indisponibili aree aventi destinazione specifica agli interventi
che si vogliono attuare.

La scelta tuttavia è ricaduta,
del tutto inopinatamente, su suoli inclusi in un’area ubicata
all’interno della zona di protezione speciale "Murgia
Alta" designata ai sensi della Direttiva 79/409/CEE e del pSIC
Sito di Importanza Comunitaria "Murgia Alta" designata
ai sensi della Direttiva 92/43. Detta area, inoltre, è inserita
nella zona proposta per il Parco Nazionale dell’Alta Murgia
istituito con L. 426/98 sulla base del perimetro scaturito dalla
conferenza dei servizi convocata dalla Regione Puglia nel 1993.

In attuazione delle predette leggi
regionali, pertanto, in data 15.12.2000, sono stati sottoscritti
dal Presidente della Regione, autorizzato dalla Giunta Regionale
con apposite delibere, e dal Sindaco del Comune di Altamura ben
34 accordi di programma per la realizzazione di strutture nel settore
industriale e artigianale da parte dei soci del Consorzio Sviluppo
Murgiano; nella stessa data sono stati sottoscritti dal Presidente
della Regione, autorizzato con apposite delibere da parte della
Giunta Regionale, altri n.11 accordi di programma per la realizzazione
di altrettanti insediamenti produttivi proposti dai soci del Consorzio
San Marco.

Detti accordi di programma sono stati
poi approvati con decreti P.R.G. n.460 del 13.9.2001 e n.461 del
13.9.2001, entrambi pubblicati sul B.U.R. n.144 del 27.9.2001.

Si ha notizia che sono in corso di
approvazione numerosissimi altri accordi di programma per insediamenti
industriali nella stessa zona.

La ricorrente, in considerazione del
particolare valore ambientalistico del sito ove inopinatamente le
Amministrazioni Regionale e Comunale hanno localizzato gli insediamenti
produttivi, in variante al vigente strumento urbanistico, hanno
interesse ad impugnare i predetti accordi di programma che sono
illegittimi per i seguenti motivi.

DIRITTO

1 — Violazione ed erronea
applicazione delle leggi regionali n.34/94 e n.8/98. Eccesso di
potere per sviamento dell’azione amministrativa; violazione
dei principi di buona e corretta amministrazione nonché di
obiettività ed imparzialità di giudizio; illogicità
manifesta.

Dispone l’art. 1 della legge
regionale n.34 del 19.12.1994, come modificata dalla l.r. n.8/98
che, al fine di incentivare l’occupazione nei settori industriale,
artigianale, agricolo, turistico ed alberghiero i Sindaci dei Comuni
interessati possono chiedere al Presidente della Giunta Regionale
la definizione di un accordo di programma, ai sensi dell’art.
27 della legge 8.6.1990 n.142, per l’autorizzazione alla realizzazione
o ampliamento di complessi produttivi che attivano immediatamente
livelli occupazionali non inferiori a 10 addetti per unità
produttiva.

Stabilisce altresì la predetta
disposizione di legge che la sottoscrizione dell’accordo "è
ammissibile solo se lo strumento urbanistico vigente non dispone
di aree idonee e sufficienti con destinazione specifica operante
e giuridicamente efficace per le opere da realizzare …
".

Ebbene, come si è detto nelle
premesse di fatto, nel territorio comunale di Altamura è
stata individuata, sin dal 1974, un’area di ben 259 ettari
destinati ad insediamenti industriali ed artigianali
.

Ma vi è dippiù.

Nell’ambito della predetta area
esiste un vasto comprensorio di circa 100 ettari, la cui lottizzazione
— ad iniziativa privata — è stata regolarmente
approvata e convenzionata, sia pure attraverso varie vicende che,
per motivi sicuramente estranei alla volontà dei privati
lottizzanti ma riconducibili ad un colpevole comportamento dell’Amministrazione
comunale, hanno ritardato la stipula della convenzione e quindi
la definizione del procedimento, iniziato sin dal 1993.

Appare, pertanto, del tutto illegittima
oltre che ingiustificata la scelta dell’Amministrazione Comunale
di derogare allo strumento urbanistico, per localizzare i nuovi
complessi produttivi in altra zona del territorio comunale, per
dippiù avente rilevante valore paesaggistico.

Né risponde a vero la circostanza
addotta dalla Amministrazione comunale la quale asserisce che le
aree destinate dal P.R.G agli insediamenti in questione sono al
momento inutilizzabili, essendo tale destinazione "non operante
e giuridicamente efficace".

Non si sa bene, infatti, cosa voglia
intendere l’Amministrazione Comunale per "operante e giuridicamente
efficace".

Tenuto conto che, come sopra detto,
dei 259 ettari destinati agli insediamenti in questione (colpevolmente
non resi disponibili dall’Amministrazione che ad oggi alcun
piano esecutivo ad iniziativa pubblica ha posto in essere), ben
100 ettari hanno costituito oggetto di lottizzazione privata e che,
dei predetti 100 ettari, è stata utilizzata ad oggi solo
una modestissima porzione, ognuno vede come l’assunto dell’Amministrazione
non risponda al vero e sia tanto pretestuoso, erroneo ed infondato
sì da far ritenere che nella specie vengono perseguiti interessi
non in linea con quelli propriamente pubblici.

Né l’Amministrazione può
addurre, a sostegno delle proprie infondate tesi, quanto contenuto
nelle direttive regionali, interpretative delle citate leggi n.34/94
e n.8/98, nelle quali, con specifico riferimento all’ipotesi
in cui esista uno strumento urbanistico di iniziativa privata, si
sostiene che — al fine di una corretta interpretazione della
legge, l’efficacia del piano debba riferirsi "
non solo alla sottoscrizione della convenzione ex art. 28 della
L. reg. 56/80, ma anche alla concreta attuazione degli obblighi
contrattuali da parte del privato lottizzante, sì da consentire,
in presenza di richieste di rilascio di concessioni edilizie, il
conseguente ed immediato provvedimento comunale finalizzato alla
realizzazione dell’intervento produttivo che rappresenta l’obiettivo
primario ed inequivocabile del ricorso alle disposizioni di cui
alla l. reg. n.34/94
".

Infatti, l’interpretazione che
la Giunta Regionale fornisce della legge in questione rappresenta
una palese forzatura della legge stessa che la conduce a conseguenze
aberranti, certamente non volute dal legislatore.

Premesso, infatti, che la legge si
limita a richiedere, ai fini della legittimità dell’accordo
di programma, comportante variante allo strumento urbanistico vigente,
l’assenza di "aree idonee con destinazione specifica
operante e giuridicamente efficace"
; premesso inoltre che
la lottizzazione ad iniziativa privata può considerarsi
"giuridicamente efficace" al momento della stipula della
convenzione,
non si vede sulla base di quale elemento letterale
e logico delle norme in questione la Giunta Regionale abbia preteso
di ritenere non giuridicamente efficace una lottizzazione già
convenzionata.

Che, del resto, se così fosse
la legge sarebbe sicuramente illegittima per violazione dell’art.
97 della Costituzione, in quanto in contrasto con i canoni di ragionevolezza
e di buon andamento della P.A.

Infatti, ove si consideri che, a norma
dell’art. 1, comma 2°, secondo capoverso della l. reg.
n.34/94, "le aree interessate agli interventi previsti dagli
accordi di programma dovranno essere dotate delle opere di urbanizzazione
primaria
"; ed inoltre che "in assenza, le stesse
opere dovranno essere previste a carico del soggetto destinatario
della concessione edilizia
", è di ogni evidenza
che, al momento della stipula dell’accordo di programma, sussiste
un mero impegno del destinatario della concessione edilizia a realizzare
le opere di urbanizzazione: impegno che, nel caso della lottizzazione
convenzionata, è stato già consacrato in un atto di
convenzione il quale stabilisce anche i termini entro i quali le
urbanizzazioni devono essere eseguite
.

Di norma, peraltro, le opere di urbanizzazione
nelle lottizzazioni convenzionate, devono essere eseguite in concomitanza
delle opere edilizie di costruzione dei manufatti.

Sicché, se la "ratio"
sottesa alle norme di cui alle leggi regionali citate è quella
di incentivare l’occupazione, togliendo ogni ostacolo alla
rapida esecuzione delle opere approvate con l’accordo di programma,
non si vede perché possano considerarsi "giuridicamente
operanti" le aree poste in zone diverse da quelle destinate
ad insediamenti industriali dal vigente strumento urbanistico, ancorché
sfornite delle opere di urbanizzazione
; e non invece le aree
lottizzate poste in zona avente la specifica destinazione, la cui
urbanizzazione, come è noto, è coeva all’esecuzione
dei lavori.

2 — Violazione e malgoverno
art. 34, primo comma della l. reg. n.34 del 19.12.1994; violazione
e malgoverno dell’art. 27 della L. 8.6.1990 n.142, nonché
dell’art. 34 del D. L.vo 18.8.2000 n.267. Violazione art. 14
L. 241/90 e art. 9 L. n.340/2000. Eccesso di potere per violazione
della norme sul giusto procedimento. Eccesso di potere per violazione
dei criteri di ragionevolezza nonché dei principi di buona
amministrazione.

L’art. 1 della citata l. reg.
n.34/94 richiama espressamente l’art. 27 della l. 8.6.1990
n.142, che, come è noto, disciplinava la procedura da adottarsi
per la definizione dell’accordo di programma.

Ebbene, detto articolo, ancora vigente
all’epoca della sottoscrizione dell’accordo di programma
da parte del Comune di Altamura e della Regione Puglia, così
recitava al comma 3:

"Per verificare la possibilità
di concordare l’accordo di programma, il Presidente della Regione
o il Presidente della Provincia o il Sindaco, convoca una
conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate
".

Analogamente l’art. 34 del D.
L.vo 18.8.2000 n.267 che ha sostituito il predetto art. 27 della
L. 8.6.1990 n.142 e che così recita:

"Per verificare la possibilità
di concordare l’accordo di programma, il Presidente della Regione
o il Presidente della Provincia o il Sindaco convoca una conferenza
tra i rappresentanti di tutte le Amministrazioni interessate
".

Le suddette prescrizioni hanno la
finalità di assicurare, attraverso la conferenza, un esame
contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti
nel procedimento
amministrativo.

Ebbene, "la conferenza"
è compiutamente disciplinata, a sua volta, dall’art.
14 della legge 7.8.1990 n.241, successivamente modificata dall’art.
9 della L.24.11.2000 n.9, da cui si evince che componenti essenziali
della conferenza sono tutti gli organismi istituzionalmente competenti
a perseguire interessi pubblici.

Sulla utilità della predetta
"conferenza" si è recentemente espresso il Consiglio
di Stato nella decisione della Sez. V n.3639 del 28.6.2000 nella
quale si afferma che:

"In questa ottica le legge,
che espressamente prevede (art. 14) l’ipotesi di una pluralità
di interessi pubblici coinvolti in uno stesso procedimento amministrativo
e di un loro <esame contestuale>, disegna un modello di
procedimento in cui una delle funzioni principali è proprio
quella di coordinamento ed organizzazione dei fini pubblici,

come dimostrano istituti quali la comunicazione dell’avvio
di procedimento, la partecipazione degli interessati, il responsabile
del procedimento, la conferenza di servizi.

A ben vedere, per altro,
la legge n.241 del 1990 rappresenta una più compiuta esplicitazione
dei contenuti del canone costituzionale del buon andamento dell’Amministrazione
pubblica, sicchè l’esercizio dissociato dei poteri che
fanno capo allo stesso ente per la realizzazione di più interessi
pubblici, specie ove tra di essi sussista un obiettivo collegamento,
come nel settore che ci occupa, si pone contro il basilare criterio
di ragionevolezza e, pertanto, in evidente contrasto con il principio
di buona amministrazione
".

Non diversamente è stato opinato
con riferimento alla intervenuta legge 24.11.2000 n.340 che, all’art.
9, ha modificato, sostituendolo, l’art. 14 della l. n.241/1990.

E’ stato, infatti, osservato
che in quest’ultima legge l’utilità della conferenza
di servizi (come commentano Francesco Caringella e Luigi Tarantino
nella rivista "Urbanistica ed Appalti" n.4/2000 (ed. IPSOA)
"risiede nella possibilità di concentrare in un
unico contesto temporale le valutazioni e le posizioni delle singole
amministrazioni portatrici degli interessi pubblici coinvolti nel
procedimento amministrativo, al fine di consentirne il coordinamento
e di favorire l’intervento di accordi tra le stesse ai sensi
dell’art. 15 della l. n.241/1990. Si tratta in definitiva del
luogo del procedimento nel quale tutti gli interessi pubblici rilevanti
hanno l’occasione per essere sincronicamente rappresentati,
ma anche il luogo in cui, in difetto di possibile contemperamento,
si prende atto dell’esistenza di interessi pubblici prevalenti
e ad essi si accorda preferenza.

Può, quindi, essere definita
come <luogo istituzionale per il razionale coordinamento degli
interessi pubblici> e, quindi, alla stregua di strumento di attuazione
del principio di buon andamento ai sensi dell’art. 97 della
Costituzione.

La stessa Consulta ha dato il suo
placet all’istituto de quo, ritenuto rispettoso del principio
di legalità in quanto non diretto ad innescare (almeno nella
sua fisionomia antecedente alla legge n.340/2000) alcuno spostamento
di competenze, ma dà luogo ad una differente disciplina delle
modalità di esercizio del potere
".

Ciò posto in linea di principio,
non par dubbio che nella specie siano state palesemente violate
le norme procedimentali prescritte per la definizione degli accordi
di programma.

Infatti, alcuna conferenza tra
i rappresentanti delle Amministrazioni interessate è stata
mai convocata
, essendosi limitata l’Amministrazione ad
indire una "conferenza" alla quale sono stati invitati
solo ed esclusivamente "gli imprenditori locali"
portatori, come è ovvio, di interessi di assoluto carattere
privatistico (per i quali, peraltro, è persino dubbia la
possibilità di partecipazione, dal momento che "la
terminologia utilizzata dal legislatore sembra preclusiva di tale
possibilità: <qualora sia opportuno effettuare un esame
contestuale di vari interessi pubblici
" (cfr. autori cit.
Caringella e Tarantino).

Viceversa, non sono invitate alla
conferenza le associazioni ambientalistiche
, portatrici degli
interessi pubblici legati alla tutela dell’ambiente, la cui
presenza nella specie era indispensabile, tenuto conto delle caratteristiche
della zona in cui gli interventi produttivi devono essere realizzati;
né è stato invitato alla conferenza il Ministero
dell’Ambiente
(cui, come è noto compete il potere
di annullare le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalla Regione)
attraverso un soggetto abilitato a rappresentarlo istituzionalmente.

Sicché, ove si consideri che
scopo dell’accordo di programma è quello di semplificare
il procedimento a che "l’accordo tra le amministrazioni
interessate costituisca il migliore strumento per garantire una
forma di coordinamento idonea al soddisfacimento del pubblico interesse

(o meglio dei diversi interessi pubblici di cui sono portatrici
le differenti amministrazioni interessate)
…." (cfr.
C. di S. Sez. VI, del 5.1.2001 n.25), ognuno vede come l’assenza
dei predetti soggetti, portatori dell’interesse pubblico alla
tutela dell’ambiente, comporti la illegittimità degli
accordi di programma stipulati tra il Sindaco del Comune di Altamura
ed il Presidente della Giunta Regionale.

3 — Violazione art. 5 2°
comma del D.P.R. n. 357/97. Violazione art.6, par. 3 della Direttiva
92/43/CEE del 21.5.1992. Eccesso di potere per violazione del giusto
procedimento.

La partecipazione alla conferenza
delle Amministrazioni interessate o degli organismi deputati ad
esprimere il loro parere — giova ripetere — si rendeva
vieppiù necessaria ove si consideri che, trattandosi di zona
di particolare valore ambientale, l’esecuzione delle opere
è subordinata al rispetto di specifiche norme di settore
che sottopongono il relativo progetto all’apposita istruttoria
da parte degli organi specificamente a ciò deputati.

Ci riferiamo, in particolare, alla
legge regionale 12.4.2001, che disciplina le procedure di valutazione
di impatto ambientale, in attuazione della direttiva 85/337/CEE
modificata dalla direttiva 97/11/CE e del D.P.R. 12.4.1996 intergrato
e modificato dal D.P.C.M. 3.9.1999; nonché le procedure di
valutazione di incidenza ambientale di cui al D.P.R. 8.9.1997 n.357.

Essendo, pertanto, l’esecuzione
delle citate norme subordinata al rispetto delle procedure di cui
alla citata legge regionale, la valutazione della sussistenza dell’impatto
ambientale o di incidenza ambientale non possono che precedere l’accordo
di programma e non seguire ad esso come nella specie è accaduto.

Infatti, gli effetti dell’accordo
di programma "discendono direttamente dall’accordo,
in quanto la fonte dell’accordo è costituita dall’atto
convenzionale, su cui è intervenuto il consenso delle amministrazioni,
svolgendo il decreto di approvazione solo una funzione di esternazione
.

L’effetto giuridico di un
accordo di programma è quello di obbligare le parti stipulanti
ad ottemperare agli impegni assunti con l’accordo nel rispetto
delle competenze che caratterizzano ciascuna amministrazione.
In
mancanza di espressa disposizione legislativa non appare, infatti,
legittimo alcuno spostamento di competenze e dal fatto che l’accordo
venga approvato dal Presidente della Regione non può certo
derivare che, con tale atto, avente peraltro funzione di mera
esternazione, si possano determinare modifiche agli ordinari criteri
di competenza …
"
(cfr. C. di S. Sez. IV del
5.1.2001 n.25).

Ne consegue che, comportando l’accordo
l’assunzione di impegno da parte dei soggetti che all’accordo
stesso hanno partecipato, esso non può essere stipulato senza
che prima si effettui la prescritta valutazione di carattere ambientale.

In proposito il T.A.R. Friuli —
Venezia Giulia, nella sentenza n.534/2001 del 27.8.2001 si è
così espresso:

"Al riguardo sembra esplicito
già l’art.5, 2° comma del D.P.R. n.357/97, che,
sotto la rubrica <Valutazione di incidenza> fa carico di presentare
al Ministero dell’Ambiente o alla Regione, secondo le rispettive
competenze, una relazione idonea ad individuare e valutare i principali
effetti che un determinato piano può avere sul sito di importanza
comunitaria, incidendo sulla sua conservazione, ai <proponenti
di piani territoriali, urbanistici e di settore>, dove il generico
riferimento ai <proponenti> pare, ad avviso del Collegio,
essere stato posto per ricomprendere gli strumenti urbanistici ad
iniziativa pubblica, così come quelli ad iniziativa privata,
come nel caso di specie
.

Ancora più esplicito è
l’art.6, paragrafo 3°, della direttiva il quale stabilisce
che forma oggetto di un’opportuna valutazione dell’incidenza
che ha sul sito di importanza comunitaria <qualsiasi piano
o progetto … che possa avere incidenza significativa su tale
sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti>,
con ciò esplicitamente riferendosi non solo agli strumenti
progettuali ma altresì a quelli di pianificazione.

Peraltro i ricorrenti sostengono
che, come è nulla l’incidenza di uno strumento urbanistico
generale sul sito tutelato, così lo è anche quella
di uno strumento urbanistico attuativo, mentre sono suscettibili
di incidere sugli obiettivi di tutela soltanto i progetti che, in
attuazione del P.R.P.C., prevedano interventi sul sito, onde la
valutazione in parola andrebbe limitata ad essi e non dovrebbe precedere
l’approvazione dello strumento attuativo.

Ritiene il Collegio che questa
prospettazione sia infondata, dovendo comunque essere, in base alle
disposizioni sopra citate, preventiva la valutazione di incidenza
di tutti i piani e progetti indicati nella direttiva, onde verificare
se siano in grado o meno di compromettere la conservazione del sito
e che essa non possa limitarsi ad atti attuativi, ormai vincolati,
degli strumenti approvati, dal momento che proprio l’approvazione
ingenera il ragionevole affidamento del privato all’edificabilità
delle aree così definite, né si vede come essa potrebbe
essere limitata o negata in base ad atti posteriori.

Ogni dubbio al riguardo, peraltro,
viene meno se si considera che, con nota del 4.4.2000, la Commissione
europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello
Stato italiano, fra l’altro perché l’art. 5
del D.P.R. n.357/97 non sarebbe conforme all’art. 6 , paragrafo
3° della direttiva 92/43/CEE, in quanto la norma nazionale
sottopone a valutazione di incidenza un limitato numero di progetti,
mentre quella comunitaria la prevede nei confronti di qualsiasi
piano o progetto (osserva la Commissione) che può avere <un’incidenza
significativa sul sito, singolarmente o congiuntamente ad altri
piano o progetti>.

Il fatto che un piano urbanistico
attuativo presupponga un’ulteriore attività progettuale
non lo sottrae alla valutazione di incidenza, in quanto necessario
esaminare se esso possa compromettere gli obiettivi di conservazione
del sito, anche se sono necessari ulteriori progetti in sua esecuzione,
come espressamente previsto dall’art. 6, paragrafo 3°
della direttiva in questione
".

4 — Violazione e malgoverno
legge regionale 12.4.2001 n.11. Incompetenza.

La legge 12.4.2001 n.11 disciplina,
come è noto, le procedure di valutazione di impatto ambientale,
nonché le procedure di valutazione di incidenza ambientale.

Ebbene, l’art. 3 della predetta
legge stabilisce che il Comune è competente per le procedure
di V.I.A. e di valutazione di incidenza ambientale, relative ai
progetti elencati negli allegati A3 e B3 che ricadono interamente
nell’ambito del territorio comunale, tra i quali, come vedremo,
rientrano i progetti di cui agli accordi di programma in questione.

Di poi, l’art. 28 della stessa
legge regionale stabilisce espressamente che "Il Comitato per
la V.I.A. è l’organo tecnico consultivo della
Regione e delle altre autorità competenti nella materia della
valutazione dell’impatto ambientale".

La Regione Puglia, tuttavia, non ha
ancora costituito il nuovo organo consultivo ed inoltre è
scaduta, al 30.6.2001, la norma transitoria contenuta nell’art.
32 della citata legge ai sensi della quale, fino alla costituzione
del Comitato per la V.I.A.,
la Regione, nell’espletamento
dei relativi procedimenti, avrebbe dovuto continuare ad avvalersi
del Comitato costituito ai sensi della delibera G.R. 27.1.1998 n.16.

Sennonché, in assenza di tale
organo consultivo (la cui competenza, secondo la citata legge
regionale è esclusiva, mentre non è prevista alcuna
surroga, nelle ipotesi di mancato suo funzionamento
), il Dirigente
del Settore (che, peraltro, secondo le previsioni di cui al citato
art. 28 farà parte del costituendo Comitato, senza diritto
di voto
) ha ritenuto di poterne fare a meno e di poter legittimamente
ad esso sostituirsi, limitandosi ad osservare, nella determina n.211
del 23.10.2001, che: "in data 30.6.2001 il Comitato Regionale
di V.I.A., istituito con delibera G.R. n.16 del 27.1.1998, ha cessato
la propria attività secondo quanto disposto dall’art.
32, comma 2° l. reg. 11/2001; il nuovo Comitato Regionale di
V.I.A., previsto dall’art. 28 della stessa l. reg. ad oggi
non è stato ancora istituito
".

E’ tuttavia noto che, in ipotesi
di competenze attribuite ad organi collegiali, le relative determinazioni
non possono essere assunte da organo diverso, ancorché facente
parte della stessa Amministrazione, a meno che non vi sia una espressa
previsione normativa: previsione che nella fattispecie non sussiste.

Sicché, essendo sfornito di
ogni competenza al riguardo, il Dirigente del settore (peraltro,
come abbiamo visto, privo addirittura di diritto di voto nell’ambito
del Comitato da istituirsi) deve limitarsi a sottoporre la questione
all’organo collegiale competente, qualora esso sarà
in grado di funzionare e al quale spetterà ogni decisione
al riguardo.

Alla stregua di quanto sopra, sono
palesemente viziati da incompetenza e pertanto illegittimi i provvedimenti
contenuti nelle note n.8476 del 24.7.2001, n.7567 del 2.7.2001,
nonché nella determina n.211 del 23.10.2001 (peraltro "postuma"
rispetto ai provvedimenti di approvazione dell’accordo di programma)
nelle quali il Dirigente del Settore Ecologia dell’Assessorato
Regionale all’Ambiente ha espresso la sua personale valutazione
dei progetti sottoposti all’Assessorato stesso, ritenendo a
torto di potersi sostituire all’organo tecnico consultivo della
Regione.

5 — Violazione e malgoverno
l. reg. 12.4.2001 n.11. Eccesso di potere per difetto assoluto di
motivazione. Travisamento e difetto di presupposto. Sviamento. Violazione
dei principi di obiettività ed imparzialità di giudizio.

I predetti provvedimenti sono altresì
erronei ed infondati nel merito.

L’art. 4 , comma terzo della
l. reg. 12.4.2001 n.11 così dispone:

"Sono assoggettati altresì
alla procedura di V.I.A. i progetti per la realizzazione di interventi
e di opere identificati nell’allegato B, ripartito negli elenchi
B1, B2, B3, qualora ciò si renda necessario in esito alla
procedura di verifica di cui all’art. 16 o qualora gli interventi
e le opere ricadono anche parzialmente all’interno di aree
naturali protette
".

Ebbene, gli interventi, costituenti
oggetto di tutti gli accordi di programma, approvati con i decreti
di P.G.R. impugnati, comportano la sistemazione di un’area
complessiva di circa 70 ettari
per la realizzazione di insediamenti
produttivi di tipo industriale ed artigianale da parte del "Consorzio
Sviluppo Murgiano" e del "Consorzio San Marco s.r.l."
posto a soli 4 Km di distanza dal primo.

Inoltre i predetti accordi comportano
la infrastrutturazione delle aree, di tipo primario e secondario,
"al fine anche dell’inserimento del Patto Territoriale
Sistema Murgiano", come si legge nella delibera G.M. n.950
del 10.10.1998, contenente l’adesione di massima alle richieste
delle ditte appartenenti al Consorzio Sviluppo Murgiano di attivazione
delle procedure di cui alle LL. RR. n 34/94 e n.8/98.

Sicché gli interventi ricadono
nell’elenco B3 (lavori per l’attrezzamento di aree industriali
con una superficie interessata superiore a 40 ha).

Perdippiù tutta la superficie
interessata dagli accordi di programma, approvati con i decreti
P.G.R. impugnati, rientra nella zona denominata "Alta Murgia"
individuata, nell’art.5 della l. reg. n.19 del 24.7.1997, come
area naturale protetta, nonché
espressamente prevista
all’art. 34, comma 6, lett. l della legge quadro per le aree
protette 6.12.1991 n.394.

Sussistendo, pertanto, entrambe le
condizioni di cui alla predetta disposizione regionale, gli interventi
di cui agli accordi di programma in questione devono necessariamente
essere sottoposti alla procedura di V.I.A.

In tal senso si è già
espresso, comunque, codesto T.A.R. che, nella recente sentenza n.397/2001,
richiamando l’art. 34, comma 6, lett. l) della citata l. 6.12.1991
n.394 (che, come sopra detto, ha apprezzato il sito "Alta Murgia"
come "prioritaria area di reperimento"), nonché
l’art.1, comma 4 del D.P.R. 12.4.1996 (a norma del quale sono
assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale
i progetti in questione "che ricadono anche parzialmente all’interno
di aree naturali protette come definite dalla legge 6.12.1991 n.394)
ha affermato la necessità della procedura di valutazione
di impatto, relativamente alla coltivazione di una cava ricadente
in un’area compresa nel sito "Alta Murgia".

Sicché, le determinazioni del
Dirigente di Settore dell’Assessorato all’Ambiente, di
cui alle note n.7567 del 2.7.2001 (riferita all’accordo di
programma relativo al progetto per insediamenti produttivi "Consorzio
San Marco s.r.l." approvato con il decreto P.G.R. 13.9.2001
n.461), nonché n.8476 del 24.7.2001 e determina n.211 del
23.10.2001 (riferite all’accordo di programma relativo al progetto
per insediamenti da parte del "Consorzio Sviluppo Murgiano"),
sono illegittime per violazione di legge.

Peraltro, le motivazioni addotte a
sostegno di ciascuna delle predette decisioni assunte sono decisamente
errate.

Nella nota n.7567 del 2.7.2001, infatti,
il Dirigente dell’Assessorato Ambiente — Settore Ecologia,
afferma che l’intervento di che trattasi non risulta ricompreso
"per tipologia dimensionale" negli elenchi allegati
alla l. reg. 12.4.2001 n.11.

L’eccezione è pretestuosa
e denota a chiare lettere lo sviamento dell’azione amministrativa.

Il predetto Dirigente omette, infatti,
di considerare che gli interventi di cui agli accordi di programma
in questione, comportanti la realizzazione di ben 11 stabilimenti
industriali
, distano pochi chilometri dagli interventi di cui
agli accordi di programma per il Consorzio Sviluppo Murgiano, comportanti
la realizzazione di altri 34 stabilimenti industriali.

Sicchè è "farisaico"
affermare che, per le sue dimensioni, il progetto presentato dal
Consorzio San Marco non rientra nell’elenco delle opere assoggettabili
a V.I.A., ove si tenga conto che gli 11 stabilimenti industriali
previsti nel predetto progetto, distano solo pochi chilometri dai
34 stabilimenti industriali compresi nel progetto presentato dal
Consorzio Sviluppo Murgiano; ed inoltre che, complessivamente,
i 45 accordi di programma occupano ben 70 ettari dell’area
naturale protetta
.

Ora, se si tiene conto che la valutazione
di impatto ambientale ha "lo scopo di assicurare che, nei
processi decisionali relativi a piani, programmi di intervento,
e progetti di opere o di interventi, di iniziativa pubblica o privata,
siano perseguiti la protezione ed il miglioramento della qualità
della vita umana, il mantenimento della capacità riproduttiva
degli ecosistemi e delle risorse, la salvaguardia della molteplicità
delle specie, l’impiego di risorse rinnovabili, l’uso
razionale delle risorse
" (cfr. art. 1, comma 2°
della l. reg. 12.4.2001 n.11), ognuno vede che, per decidere se
un progetto sia o meno sottoponibile alla procedura V.I.A., lo stesso
non può essere "singolarmente" considerato, bensì
deve essere esaminato nel contesto dell’ambiente ove le opere
devono essere realizzate.

Diversamente opinando si eluderebbe
il disposto della legge e ne verrebbe frustrata la sua "ratio"
perché, basterebbe scindere un intervento in altri di più
modeste dimensioni, per sottrarsi alla procedura di V.I.A.

Parimenti illegittima è la
nota n.8476 del 24.7.2001 relativa al progetto presentato dal Consorzio
Sviluppo Murgiano, nonché la successiva determina n.211 del
23.10.2001, nella quale ultima il Dirigente del Settore, pur essendosi
posto il problema che, nelle vicinanze dell’area prescelta
per gli interventi da parte del Consorzio Sviluppo Murgiano "sono
previsti altri interventi singoli, e a 4 Km in linea d’area,
in località Curtaniello, un accordo di programma del Consorzio
"San Marco" formato da un insediamento di undici opifici,
per una superficie di 8 ha, il cui impatto andrebbe inevitabilmente
a sommarsi all’interno di cui all’oggetto
",
ha tuttavia concluso, senza alcuna valida e plausibile ragione,
che gli interventi stessi, non determinando "un impatto diretto
e significativo sulla conservazione della specie ed habitat di interesse
comunitario" sono esclusi dalla applicazione della V.I.A.

Sennonché, gli accordi di programma
relativi al Consorzio Sviluppo Murgiano, anche se da soli considerati,
occupano una estensione di 60 ha di gran lunga maggiore di quella
prevista nell’allegato B3 di cui sopra.

Pertanto, sussistendo i presupposti
normativi previsti dalle citate disposizioni di legge per la procedura
di valutazione di impatto ambientale e non essendo la relativa scelta
affidata al potere discrezionale della amministrazione, a
tacer
d’altro e senza entrare nel merito delle "discutibilissime"
valutazioni dell’Assessorato Regionale all’Ambiente, i
provvedimenti impugnati, (che graziosamente esonerano i progetti
di cui trattasi dalla V.I.A., forse al solo scopo di accelerarne
la realizzazione per fini non conformi all’interesse pubblico),
sono illegittimi.

6 — Violazione e malgoverno
art.4 della l. reg. 12.4.2001, n.11; violazione e malgoverno art.5
del D.P.R. n.357/1997. Eccesso di potere per difetto di motivazione.
Sviamento dell’azione amministrativa.

L’art.4, comma quarto della l.
reg. n.11 del 12.4.2001 dispone, come è noto, che:

"I progetti per la realizzazione
di interventi e di opere identificati nell’allegato B, ripartito
negli elenchi B1, B2 e B3, non sottoposti a procedura di V.I.A.,
se ricadono in zone di protezione speciale o in siti di importanza
comunitaria di cui alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE sono soggetti
alla valutazione di incidenza ambientale ai sensi dell’art.
5 del D.P.R. n.357/97".

Alla stregua della predetta disposizione,
pertanto, non par dubbio che gli accordi di programma relativi al
Consorzio San Marco, inopinatamente esclusi dalla V.I.A., dovessero
perlomeno, ed in subordine, essere sottoposti alla procedura di
valutazione di incidenza ambientale dal momento che il sito "Alta
Murgia"
, nel cui interno ricadono le aree prescelte per
la realizzazione degli interventi di tutti i 45 accordi di programma
approvati con i decreti P.G.R. impugnati, è stato designato
quale Z.P.S. (Zona a Protezione Special) nonché S.I.C. (Sito
di Importanza Comunitaria) e, per tali caratteristiche è
stato inserito nell’elenco delle zone di protezione speciale
designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza
comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE, approvato
con D.M. 3.4.2000
.

Ebbene, non si comprende per quale
arcana ragione il Dirigente del Settore Ecologia dell’Assessorato
Regionale all’Ambiente — travisando la stessa lettera
della legge – abbia ritenuto, invece, nella nota del 2.7.2001 n.7567,
che il progetto presentato dal Consorzio San Marco debba ritenersi
escluso dalle procedure di cui all’art. 5 del D.P.R. 8.9.1997
n.357.

7 — Eccesso di potere per
erroneità della motivazione addotta. Violazione della Direttiva
Comunitaria 79/409/CEE del 2.4.1979. Insufficiente istruttoria.

Palesemente priva di ogni logica motivazione
e sicuramente non conforme alla situazione dei luoghi è poi
la nota n.8476 del 24.7.2001, relativa agli interventi del Consorzio
Sistema Murgiano, nella quale il Dirigente del Settore Ecologia,
pur dando ampio atto del particolare valore, sotto il profilo paesaggistico,
del sito ove sono ubicati gli interventi, esprime parere favorevole
escludendo la incidenza ambientale, per la seguente considerazione:
"la carta degli habitat e di uso del suolo, hanno fatto rilevare
come l’area interessata dall’intervento sia occupata quasi
esclusivamente da seminativi e solo in minima parte da vegetazione
naturale"; sicché l’opera progettata "non
determina un impatto diretto e significativo sulla conservazione
della specie ed habitat di interesse comunitario".

Sennonché, a tal riguardo,
appare sufficiente rilevare che l’intervento di cui trattasi
si estende su un’area di ben 60 ha, posta a ridosso di un
bosco nonché ad immediato confine di altra vasta area destinata
dal vigente P.R.G. a rimboschimento come si evince dalle tavole
di piano allegate.

I predetti elementi, assolutamente
non presi in considerazione, o comunque sottovalutati dall’Assessorato
Regionale (che — contraddicendo quanto poco prima affermato
nella stessa nota n.8476 del 24.7.2001, circa la presenza nella
zona in questione di "rilevanti specie ed habitat di interesse
comunitario, ed anche prioritario", esclude qualsiasi incidenza
ambientale) inducono a ritenere che l’Autorità in questione
abbia fatto un uso non corretto del proprio potere, quantomeno
per il fatto che il progetto sul quale esprimere il parere non è
stato valutato sulla base di un esame complessivo dei dati salienti
della zona in cui l’area interessata dall’intervento si
inserisce.

A tal riguardo sia sufficiente considerare
che la direttiva comunitaria 79/409/CEE del 2.4.1979, in virtù
della quale il sito in questione è stato inserito nell’elenco
delle Z.P.S. e S.I.C., espressamente dispone all’art. 4, comma
4 che "gli stati membri cercheranno di prevenire l’inquinamento
o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione
".
Donde si ricava il principio logico e generale che, per esaminare
la sussistenza o meno della incidenza ambientale, non è sufficiente
esaminare il singolo intervento, ma è necessario che quest’ultimo
sia valutato nell’intero contesto dell’area in cui è
inserita.

Peraltro il parere dell’Assessorato
non è affatto motivato in ordine ai singoli elementi di
cui deve essere composta la relazione che il proponente il piano
deve produrre ai sensi del comma 4, all. G art. 5 del D.P.R. n.357/97.

Nel predetto allegato, infatti, si
prescrive che le caratteristiche dei piani e progetti debbono essere
descritte
con riferimento tra l’altro, in particolare,
"alla complementarietà con altri piani e/o progetti;
alla produzione di rifiuti; all’inquinamento o disturbi ambientali;
al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie
usate
".

Ebbene, non risulta quale sia il contenuto
della relazione che i proponenti il piano hanno presentato; tuttavia
la determina regionale evita accuratamente di dare atto dei predetti
elementi e non fornisce motivazione alcuna in ordine agli stessi,
limitandosi ad affermare, del tutto sbrigativamente che: "l’area
interessata dall’intervento è occupata quasi esclusivamente
da seminativi e solo in minima parte da vegetazione naturale"
,
quasi che, agli effetti della incidenza ambientale, la presenza
di vegetazione sia l’unico elemento da prendere in considerazione.

7 — Violazione dell’art.
4.01 e seguenti del P.U.T.T. (Piano Urbanistico Territoriale Tematico
per il Paesaggio) approvato con deliberazione G.R. 15.12.2000 n.1748).

Il territorio interessato dagli interventi
in questione, rientra nell’ambito territoriale esteso di cui
al P.U.T.T. (Piano Urbanistico Territoriale per il Paesaggio), approvato
con deliberazione G.R. n.1748 del 15.12.2000; ed inoltre è
stato definito dallo stesso piano "valore distinguibile <C>
laddove sussistano condizioni di presenza di un bene costitutivo,
con o senza prescrizioni vincolistiche preesistenti".

Ebbene, l’art. 4.02 — Titolo
IV del predetto P.U.T.T. (che definisce opere di rilevante trasformazione
territoriale quelle derivanti dalla "infrastrutturazione del
territorio" tra le quali rientrano quindi quelle di cui trattasi)
dispone che qualora queste non siano soggette a Valutazione di Impatto
Ambientale, il relativo progetto (che deve esplicitare e puntualmente
descrivere gli effetti delle opere di mitigazione previste) sia
integrato con lo "Studio di impatto paesaggistico" di
cui all’art.4.01, per la dimostrazione della loro utilità
e della giustezza della allocazione proposta; nonché sia
sottoposto alla "verifica di compatibilità paesaggistica"
(art. 4.03) e ottenga la "attestazione di compatibilità
paesaggistica" (art. 5.04).

Sicché, nella ipotesi dovesse
ritenersi che gli interventi di cui trattasi non siano sottoponibili
alla procedura di V.I.A., resterebbe l’obbligo di osservanza
del citato art.4.02, completamente disatteso nella fattispecie.

P.Q.M.

si chiede l’annullamento degli
atti impugnati ed in epigrafe indicati con ogni pronunzia consequenziale.

Bari, 19 Novembre 2001

Avv. Silvia Lioce