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Il Consiglio Comunale di Altamura,
premesso che
- in Italia, dopo la decisione di rinunciare definitivamente
al nucleare da fissione come fonte energetica, si è posto
il problema della definitiva messa in sicurezza dei rifiuti
radioattivi e dello smantellamento degli impianti nucleari;
- nel novembre 1997, il Ministro Bersani assunse
l’impegno della costituzione di un tavolo. fra tutti gli attori
interessati alla dismissione degli impianti nucleari in Italia
per la definizione di un Piano di azione comune per la gestione
degli esiti del nucleare;
- ad aprile 1998 lo stesso Ministro ha proposto
al Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
delle Province Autonome di Trento e Bolzano l’attivazione di un
percorso partecipativo che permettesse una scelta concertata del
sito e che consentisse la partecipazione delle Autonomie locali,
sulla base di una corretta e completa informazione, scientificamente
fondata, in quanto la disponibilità di un sito nazionale
di smaltimento e deposito dei rifiuti radioattivi costituiva lelemento
essenziale e condizionante per la realizzazione del Piano. La
proposta doveva concretizzarsi in un accordo di programma da stipularsi
nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome;
- nel luglio 1998 il Ministro ha istituito
il “Tavolo Nazionale per la gestione degli esiti del nucleare”,
composto da Governo, Regioni, UPI, ANCI, Organizzazioni Sindacali
CGIL, CISL e UIL nazionali e di categoria, ENEL, ANPA ed ENEA,
con il quale è stata avviata una fase di concertazione
strategica sulle iniziative conseguenti alla chiusura del nucleare
e sono state promosse le condizioni necessarie all’attuazione
delle fasi operative della corretta gestione dei rifiuti radioattivi
Al completamento della fase informativa, il Ministero dell’industria
si attende che le regioni o gli enti locali possano manifestare
un eventuale interesse a mettere a disposizione del Paese un sito
che risponda, in via preliminare, ai requisiti di sicurezza necessari
alla realizzazione di un centro di smaltimento;
- a febbraio 1999, il Ministro Bersani durante
un’audizione da parte della Commissione parlamentare dinchiesta
sul ciclo dei rifiuti si impegnò a presentare, entro 5-6
mesi, un piano di gestione degli esiti del nucleare, anticipando
già nella riunione alcuni punti sui quali si erano già
consolidate opinioni certe;
- a marzo 1999 è stato pubblicato il
decreto legislativo n. 79 che ha dato attuazione alla direttiva
96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia
elettrica. Il decreto all’art. 13 prevede che l’ENEL costituisca,
fra l’altro, una “Società per lo smaltimento delle centrali
elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustibile
e le attività connesse e conseguenti, anche in consorzio
con altri enti pubblici o società che, se a presenza pubblica,
possono anche acquisirne titolarità”. Tale società,
denominata SoGIN, è stata costituita a luglio 1999 e ad
essa sono state conferite le quattro centrali elettronucleari
ENEL, le risorse finanziarie accantonate nei fondi previsti a
suo tempo per fare fronte ai futuri costi del decommissioning
e della chiusura del ciclo del combustibile;
- il 4 novembre 1999 è stato approvato
l’Accordo di programma Stato-Regioni e Province autonome di Trento
e Bolzano riguardante la definizione e lallestimento di
alcune misure volte a promuovere la gestione in sicurezza dei
rifiuti radioattivi prodotti in Italia, nel cui ambito è
anche previsto un percorso partecipativo, trasparente e consensuale
per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la realizzazione
del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi;
- il 14 dicembre 1999 è stato presentato
il Piano per la gestione degli esiti del nucleare in Italia, Documento
di Indirizzi Strategici, che il Ministro dell’Industria
intende portare all’approvazione del Governo e del Parlamento,
affinché, pur nei loro ruoli diversi, affrontino la sistemazione
della eredità del nucleare con assunzione delle conseguenti
responsabilità e decisioni. Il documento riporta gli obiettivi
da conseguire, le risorse finanziarie necessarie e gli strumenti
normativi e di gestione da adottare;
- il 16 dicembre 1999 è stato costituito
presso la Conferenza Stato Regioni un Gruppo di lavoro
composto da sette membri (designati dalle amministrazioni centrali
e dalla conferenza dei presidenti delle regioni e delle province
autonome) con il compito di sottoporre alla Conferenza stessa
"un documento contenente: a) lo stato dellarte
degli studi e delle ricerche prodotti in ordine alla localizzazione
e realizzazione del deposito, con eventuale prospettazione dei
punti critici e degli argomenti di approfondimento; b)
le proposte inerenti: le iniziative di informazione e gli strumenti
di confronto e coinvolgimento delle popolazioni e degli Enti Locali;
le procedure per la scelta del sito e gli strumenti di raccordo,
con eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione
strutturali e/o funzionali, che consentano la collaborazione e
lazione coordinata tra i diversi livelli di governo e di
amministrazione, con evidenziazione delle soluzioni atte ad assicurare
una maggiore semplificazione ed efficacia dellazione amministrativa;
le soluzioni e gli strumenti volti a promuovere e realizzare le
condizioni per larmonico inserimento del deposito nel contesto
territoriale circostante";
- tale Gruppo di lavoro avrebbe dovuto concludere
le proprie attività entro luglio 2000 ma si è
appreso dalla risposta fornita il 13.03.2001 dallallora
Ministro dellIndustria Enrico Letta allinterrogazione
4-25621 presentata dallOn.le Zaccheo – essendo "risultata
l’istruttoria richiesta più complessa ed impegnativa di
quanto previsto in sede di approvazione dell’accordo di programma
si è deciso, in sede di Conferenza Stato-Regioni, di prorogare
la durata dell’incarico fino a marzo 2001".
Rilevato altresì che
- già allinizio degli anni 90
presso "lallora ENEA-DISP, un gruppo di qualificati
specialisti ha svolto una indagine preliminare sui siti del demanio
militare, allo scopo di verificare, in tale ambito, lesistenza
di siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito centralizzato
nazionale di smaltimento definitivo dei rifiuti a media e bassa
attività e a media-breve vita media. Dallo studio effettuato,
che ha comportato anche indagini in situ mediante prelievi e carotaggi,
sono risultati potenzialmente candidabili un sito nellItalia
meridionale e, in via subordinata, un sito nellItalia centro-settentrionale"
(così si legge nellAppendice 2 del Documento
di "Indirizzi Strategici per la gestione degli esiti del
nucleare" elaborato dal Ministero dellIndustria e diffuso
il 14 dicembre 1999, 0, 0);
- nella seduta del 23 giugno 2000, rispondendo
alla interrogazione 3-03260 presentata dal Senatore Prof. Ferdinando
Pappalardo in ordine alla prevista installazione di un deposito
di scorie radioattive nel territorio della Murgia barese, il Sottosegretario
di Stato per l’industria, il commercio e l’artigianato e per il
commercio con l’estero Senatore Passigli ha riconosciuto che l’ENEA
ha eseguito nel recente passato uno studio di fattibilità
volto alla individuazione di un sito idoneo ad ospitare un deposito
di rifiuti radioattivi, prendendo in considerazione "due
siti del demanio militare, uno in provincia di Piacenza e uno
in provincia di Bari, nel territorio della Murgia", anche
se ha subito dopo affermato che "detti siti non sono stati
presi in considerazione in quanto il primo è di estensione
troppo limitata mentre, nel secondo, è in uso un deposito
militare";
- nel corso del 1996 l’ENEA ha costituito
una Task Force per individuare il sito nazionale di deposito
dei rifiuti radioattivi; in particolare l’Ente è stato
incaricato di intraprendere le azioni di natura sitologica e progettuale
dirette all’individuazione e alla caratterizzazione di uno o più
siti idonei ad ospitare il centro di deposito ed alla definizione
concettuale del sistema ingegneristico. La priorità assegnata
alla task force è stata quella di avviare le azioni
preliminari, volte alla scelta del sito nel quale realizzare le
strutture necessarie allo smaltimento dei rifiuti radioattivi
di media e bassa attività;
- dal "Documento su una strategia d’intervento
per la disattivazione degli impianti nucleari e per la sistemazione
dei rifiuti radioattivi di media e bassa radioattività,
inclusi quelli derivanti dallo smantellamento degli impianti nucleari"
approvato dalla Commissione parlamentare dinchiesta
sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
connesse il 29 aprile 1999, si evince che "a
tutt’oggi la task force ha svolto le seguenti attività:
1) completamento ed analisi critica dell’inventario nazionale
di rifiuti e materiali destinati al sito di smaltimento, al fine
di acquisire i dati per il dimensionamento del centro di deposito;
2) elaborazione di un progetto concettuale per l’individuazione
di un sito di smaltimento proponibile, sulla base delle caratteristiche
qualitative e quantitative dei rifiuti italiani [il lavoro è
stato commissionato all’agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale
per i rifiuti radioattivi), che ne ha verificato l’adattabilità
a due siti italiani indicati dall’ENEA]; 3) avvio di uno studio
di performance assessment, avente per oggetto l’individuazione
e l’applicazione di una metodologia di calcolo per la valutazione
del comportamento ai fini del contenimento della radioattività,
di un sistema di strutture modulari e del sito relativo nelle
condizioni di esercizio normale ed in quelle incidentali; 4) caratterizzazione
più dettagliata diretta a meglio definire le caratteristiche
geochimiche ed idrogeologiche, antropiche, climatiche, eccetera,
al fine di disporre di dati più precisi per la valutazione
quantitativa di performance assessment e, quindi, meglio
qualificare il programma ed il modello di calcolo. Inoltre la
task force sito dell’ENEA ha messo a punto un sistema informativo
geografico, SIG, riferito all’intero territorio nazionale per
l’individuazione di siti potenzialmente idonei allo smaltimento
di rifiuti a bassa e media radioattività. Il metodo si
avvale di un sistema multiparametrico a punteggi e pesi che vengono
assegnati alle diverse caratteristiche del sito. La caratteristica
maggiormente valorizzata è quella socioeconomica: uso del
suolo, distribuzione e densità della popolazione, vie di
comunicazione. Le altre caratteristiche che attengono alla valutazione
della sicurezza, sia a breve che a medio e lungo termine, sono:
la quota, la pendenza, la precipitazione, le caratteristiche idrogeologiche,
la sismicità. La metodologia adottata che può essere
rivisitata ha permesso di assegnare ad alcune regione del centro
e del sud dell’Italia (con esclusione delle isole) la classe di
idoneità alta. Le stesse regioni presentano anche caratteristiche
litologiche di tipo argilloso, marnoso o argilloso/marnoso di
notevole interesse tecnico";
- il Documento di "Indirizzi Strategici per
la gestione degli esiti del nucleare" elaborato dal Ministero
dellIndustria e diffuso il 14 dicembre 1999 informa
che "il quantitativo totale dei rifiuti radioattivi italiani,
inclusi quelli derivanti dal completo smantellamento di tutte
le installazioni nucleari dismesse, è stimato attualmente,
in forma condizionata, in circa 120-150.000 m3. La maggior parte
di essi (circa il 98% in termini volumetrici) è costituita
da quelli di bassa attività, o a vita breve (II categoria).
Per questo tipo di rifiuti lo smaltimento avviene in tutto il
mondo mediante il deposito definitivo in speciali strutture ingegneristiche
(solitamente di superficie), localizzate in un sito con caratteristiche
naturali e antropiche adeguate e custodito per periodi dellordine
di qualche secolo I rifiuti ad alta attività o a
vita lunga (III categoria, secondo la classificazione italiana)
sono costituti essenzialmente dai rifiuti ad alta attività
vetrificati Per questa tipologia di rifiuti, la soluzione
presa in considerazione in tutto il mondo è lo smaltimento
in speciali formazioni geologiche profonde che ne garantiscano
l’isolamento dalla biosfera per periodi molto lunghi (migliaia
di anni ed oltre). Il reperimento e la qualificazione di un sito
simile richiede, oltre a investimenti ingenti, diversi decenni
di studi e valutazioni, come dimostra il fatto che paesi con massicce
produzioni di rifiuti a vita lunga (Francia, UK, USA) sono, nei
casi più avanzati, ancora nella fase di costruzione di
laboratori o impianti sperimentali sotterranei. La soluzione di
breve-medio termine che si ritiene di adottare in Italia per questi
rifiuti è lo stoccaggio temporaneo in strutture ingegneristiche
di superficie". La conclusione, si legge nel medesimo Documento,
è che "considerando la situazione logistica e l’inventario
dei rifiuti italiani, le azioni da intraprendere con priorità
riguardano: per i rifiuti di Seconda Categoria, la predisposizione
di un deposito definitivo di tipo superficiale e quindi il reperimento
di un sito adeguato per la sua localizzazione; per i rifiuti di
Terza Categoria (includendo in essi anche i combustibili nucleari
irraggiati non inviati all’estero per il ritrattamento), la predisposizione
di una adeguata struttura ingegneristica per il loro immagazzinamento
temporaneo (dellordine di alcune decine di anni), localizzata
nello stesso sito di deposito definitivo dei rifiuti di Seconda
Categoria";
- lo stesso Documento di Indirizzi Strategici illustra
le caratteristiche richieste per il deposito: "Il
deposito definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa attività
è costituito da un sistema di strutture ingegneristiche
che assicurano un confinamento completo della radioattività.
Oltre alle unità di deposito vere e proprie, un sito di
questo tipo è destinato ad ospitare installazioni ausiliarie
costituite da stazioni di condizionamento locale dei rifiuti,
laboratori di analisi e controllo, sistemi remotizzati di movimentazione
e trasporto, edifici di servizio e amministrativi, un centro accoglienza,
locali per il personale, ecc. Il sito, per le sole esigenze del
deposito dei rifiuti radioattivi, dovrebbe avere un’estensione
di un centinaio di ettari. La superficie addizionale per linstallazione
del sistema di immagazzinamento dei rifiuti di III categoria è
dellordine di qualche ettaro, incluse le aree di servizio.
Per quanto riguarda le caratteristiche geologiche richieste,
esse non sono particolarmente critiche, dato che l’isolamento
totale dei rifiuti è assicurato dalle strutture artificiali.
Sono tuttavia necessari alcuni prerequisiti di base che riguardano
sia l’area geografica, nel suo complesso, che il sito stesso.
Alcuni di questi sono necessari per dimostrare, nel Rapporto di
Sicurezza che dovrà essere presentato all’autorità
licenziante (MICA e ANPA), che il deposito è sicuro nel
lungo periodo (almeno trecento anni) ed in tutte le condizioni
normali e perturbate prese a base per il progetto.Come sopra indicato,
depositi di questo tipo sono in realtà centri di attività
tecnologiche connesse con la gestione e custodia dei rifiuti e
sono compatibili con altri tipi di attività, in particolare
tecnico-scientifica, che possa insediarsi in un sito e in un’area
con le caratteristiche sopra viste. Essi possono in una certa
misura costituire poli di sviluppo e persino di attrazione per
unarea, come è avvenuto all’estero";
- per la realizzazione del deposito, il Documento
di Indirizzi Strategici ha previsto che venga rispettato il seguente
programma temporale:
- dichiarazione di eventuale interesse da parte
degli Enti locali 06/2000 - caratterizzazione dei siti proposti 06/2001
- indicazione del sito da parte della Conferenza
Stato-Regioni 12/2001 - qualificazione del sito e preparazione del Rapporto
di Sicurezza 06/2003 - presentazione del Rapporto di sicurezza al Ministero
dellIndustria 12/2003 - autorizzazione e inizio della costruzione del
deposito e avvio
interventi orientati sul territorio 06/2005
- termine costruzione e interventi orientati sul
territorio 06/2008 - avvio dellesercizio 12/2008
- la "Task Force per il sito nazionale di
deposito dei materiali radioattivi" operante presso lEnea
ha presentato nel novembre 2000 un primo rapporto che ha
illustrato il Sistema Informativo Geografico (GIS) per lindividuazione
di aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Deposito
Nazionale dei Materiali Radioattivi. Le tecniche GIS (Sistema
Informativo Geografico) agevolano l’analisi contestuale dei fattori
e dei requisiti territoriali (superficie topografica, idrogeologia,
vie di comunicazione, reticolo idrografico, distribuzione della
popolazione, attività socioeconomiche, idrogeologia regionale,
uso del suolo, sismicità, climatologia, ecc.). Tale analisi
permette di individuare le aree sul territorio nazionale che rispondono
ai principali requisiti fisici e di contesto territoriale per
la localizzazione dellimpianto di progetto. La selezione
avviene attraverso lapplicazione di una serie dei criteri
di esclusione che sono stati preventivamente individuati in relazione
al dettaglio dei dati disponibili. Il Sistema Informativo ha prodotto
la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla scala
1:200.000. Le aree in essa rappresentate sono attualmente oggetto
di una ulteriore selezione (GIS di terzo livello) attraverso una
estensione dei dati e un approfondimento delle analisi;
- il risultato ottenuto dalle elaborazioni GIS di
1° e 2° livello è rappresentato dalla Carta
delle Aree Potenzialmente Idonee riportata nella Fig. 1. "Queste
aree si legge nel rapporto della Task Force – manifestano
i requisiti fisici e territoriali che è stato possibile
valutare attraverso lapplicazione dei criteri di esclusione
esposti in precedenza. La potenziale idoneità risiede quindi
nel fatto che su di essa non sono presenti condizioni sfavorevoli
rispetto a ciò che è valutabile da analisi a scala
regionale. La verifica della effettiva idoneità è
oggetto delle attività ancora in corso". Nella Fig.
1 sono riportate tutte le aree potenzialmente idonee: "queste
hanno estensioni molto diverse e sono comprese tra 4 e 8700 ha;
le aree con estensione inferiore a 300 ha non sono state considerate
nella attuale fase di analisi (GIS 3) in quanto lordine
di grandezza della superficie che dovrà essere occupata
dagli impianti del deposito e dei suoi annessi è di 300
ha; il numero totale delle aree individuate sul territorio nazionale
è di 8107 per 330000 ha delle quali soltanto 214 superano
lestensione di 300 ettari Le 214 aree selezionate
sono ora oggetto di verifica e quindi di ulteriore selezione attraverso
lesecuzione delle analisi GIS di terzo livello";
- la metodologia selettiva adottata è
così riassunta dalla stessa Task Force:
- Definizione e applicazione della serie di criteri
di esclusione implementabili in un sistema informativo territoriale
e coerenti con le informazioni territoriali disponibili su tutto
il territorio nazionale (analisi GIS di primo livello). - Iterazione della definizione e applicazione di
criteri di esclusione su porzioni più ristrette del territorio
nazionale ma a livelli di maggiore dettaglio di scala (analisi
GIS di secondo livello). - Definizione e implementazione nel sistema informativo
di una procedura di analisi parametrica sui singoli fattori
fisici che determinano lidoneità e descrivono le
condizioni antropiche e infrastrutturali delle aree. Ciò
utilizzando dati a scala locale e inserendo giudizi professionali
(analisi GIS di terzo livello). - Selezione e classificazione delle aree potenzialmente
idonee applicando una procedura appositamente sviluppata per
il calcolo del grado di idoneità e dellindice
di inserimento territoriale.
Il lavoro delle analisi territoriali
è stato quindi svolto per gradi ed è stato strutturato
su tre livelli di dettaglio per scendere dallanalisi
dellintero territorio nazionale alle valutazioni a scala
locale sulle aree individuate. In particolare:
- le analisi GIS di I livello sono state effettuate
con dati e cartografia a scala 1:250.000 – 1:500.000; - al II livello sono stati utilizzati dati a scala
1:100.000 – 1:250.000; - al III livello la scala di analisi sale a 1:10.000
– 1:100.000
Criteri di esclusione adottati
I criteri di esclusione sono stati definiti singolarmente
per le analisi automatizzate di I e II livello. Nel complesso
della loro applicazione risultano, a valle delle analisi di
II livello, escluse le aree:
– insulari;
– entro 50 km dai confini nazionali continentali;
– entro:
- 15 km da centri abitati con più di 100.000
abitanti - 10 ” 20.000-¸ 100.000 ”
- 5 ” 20.000-¸ 10.000 ”
- 3 ” 10.000-¸ 1.000 ”
- 2 ” 200-¸ 1.000 ”
– entro:
- 2 km da autostrade e superstrade
- 1 km da strade statali
- 1 km dalle ferrovie
– protette, i parchi e le riserve naturali;
– prossime ai corsi dacqua;
– che insistono su formazioni rocciose fratturate o solubili
o sedimenti alluvionali recenti ed attuali;
– con pendenza > 5°;
– ad altitudini < 20 m s.l.m. e > 600 m s.l.m.;
– boscate e le zone umide;
– ad elevata pericolosità sismica (valore di accelerazione
al suolo, comprensiva degli effetti di sito, pari o superiore
a 0,3 g per una probabilità di occorrenza del 90% in
300 anni ovvero tempo medio di ritorno di circa 3000 anni).
- dalla Carta delle Aree Potenzialmente Idonee elaborata
dalla Task Force e riportata nella Fig. 1, nonché da notizie
diffuse da organi di stampa, si è tratta la convinzione
che la Murgia, insieme alla Maremma, sia una delle aree
verso cui, con maggiore convinzione e plausibilità, si
sta indirizzando la scelta tecnica di individuazione del sito
per il Deposito Nazionale dei materiali radioattivi.
Considerato che
- lAlta Murgia rivela un fascino raro e prezioso.
La sua specificità consente una molteplicità di
prospettive che invitano a scrutare curiosi un universo ancora
non del tutto esplorato: innanzitutto lo spazio che si apre su
uno scenario di rara primitività e bellezza e percorribile
in lungo e in largo in tutte le direzioni; poi il clima che corona
la sua altitudine e la sua posizione strategica sia rispetto al
mare che alle montagne. Lo spazio e il clima dellAlta Murgia
dovrebbero essere posti nel novero di terapie efficaci e guarire
particolari malattie della nostra civiltà moderna, prima
fra tutte la congestione di uomini e cose; - lAlta Murgia presenta un paesaggio duro,
ma anche delicato e puro che estende i suoi colori e i suoi profumi
su unarea che rappresenta lunico residuo di vegetazione
spontanea della provincia barese e in cui si riscontrano quasi
tutti i maggiori fenomeni del carsismo. In queste dune calcaree
si dispongono e si confondono, senza distonie con lambiente
circostante, le opere varie e complesse dellingegno e dellarte
contadina e pastorale, frutti di un lavoro secolare. Chilometri
di muri a secco, tratturi, trulli, cisterne, neviere, splendidi
jazzi e masserie, casali e castelli testimoniano un fenomeno di
altissimo valore storico e culturale che, oltre a sancire lequilibrio
tra attività agro-silvo-pastorali ed esigenze abitative,
ha implicato unesemplare assetto sociale che si prefiggeva
il controllo dellambiente. Un patrimonio architettonico
rurale dunque dislocato in vario modo sul territorio che, pur
registrando oggi un relativo stato di abbandono, è necessario
sottrarre al progressivo degrado perché sia recuperato
e riutilizzato. Infine, le scoperte dellUomo di Altamura
e delle Orme dei Dinosauri avvenute nel territorio di Altamura,
arricchiscono un patrimonio di rilevanza mondiale che attende
ancora di essere studiato e valorizzato ai fini turistici con
la prevedibile e positiva ricaduta economica su ampi settori della
produzione e dei servizi locali; - lAlta Murgia rappresenta, allora, un connubio
straordinario ed unico di valori paesaggistici, naturalistici
e storico-culturali destinato a crescere negli anni a venire.
Questa consapevolezza contribuisce a rimuovere le troppe ambiguità
che la parola "sviluppo" porta con sé: lo sviluppo
cui si vuole tendere non consiste in una mera espansione della
capacità produttiva del territorio o nella definizione
di sparuti interventi di tutela ambientale. La sperimentazione
che si vuole progettare è nella direzione di uno sviluppo
socio-economico compatibile che salvaguardi lintegrità
fisica, biologica e paesaggistica dellAlta Murgia, uno sviluppo
che operi su questo patrimonio per arricchirlo e tutelarlo creando,
nel contempo, concrete opportunità di lavoro nei settori
dellagricoltura biologica, delle nuove tecniche di allevamento
zootecnico, del turismo rurale, della produzione scientifica e
culturale; - alla luce di quanto esposto precedentemente, la
salvaguardia delle risorse naturali di questo territorio non può
limitarsi ad una semplice logica di conservazione passiva, ma
deve semmai passare attraverso un processo complessivo di rivitalizzazione
dei suoi complessivi assetti territoriali. Le qualità
di quest’area richiedono pertanto un intervento non settoriale
di semplice istituzione di un’area protetta, ma piuttosto una
strategia complessa capace di avviare, insieme ad una politica
di attenta salvaguardia delle risorse ambientali, un processo
di riequilibrio territoriale; - l’importante valore ecologico, storico e culturale
del paesaggio altomurgiano e la stessa difesa del patrimonio di
diversità biologica non possono prescindere, anzi in questo
caso dipendono, da una attenta salvaguardia dei paesaggi agricolo-pastorali
prodotti dalla millenaria azione dell’uomo; - si intende attraverso l’istituzione di un parco
creare le condizioni affinché questo territorio possa diventare
il laboratorio di una convivenza tra uomo e natura; un laboratorio
in cui sperimentare un progetto concreto di valorizzazione e di
promozione della straordinaria ricchezza umana, culturale e naturale
presente in questo contesto, in grado di realizzare l’obiettivo
del riequilibrio territoriale, attraverso la gestione sostenibile
delle risorse naturali e territoriali; - a tal fine, si intende promuovere l’istituzione
di un parco che faccia della salvaguardia attiva, della promozione
dello sviluppo rurale, in chiave ecologicamente sostenibile, nonché
della reinterpretazione del patrimonio ereditato dal passato,
l’obiettivo prioritario da raggiungere; - si intende in questo modo non solo conservare –
in quanto essenziale per il mantenimento della biodiversità
a livello continentale – questo particolare “giardino di pietra”,
esito della millenaria interazione fra uomo e natura, ma anche
lavorare per far sì che la “cultura del paesaggio” che
ha prodotto l’immagine e l’identità, ma anche la naturalità
stessa di questo territorio possa diventare il motore stesso di
un nuovo progetto di sviluppo sostenibile per questo territorio; - a questo proposito si intende promuovere, nella
stessa istituzione del parco, in coerenza con gli obiettivi del
V Programma d’azione europea, l’avvio di un approccio integrato
che, escludendo la visione settoriale dei problemi esistenti,
operi: per salvaguardare i caratteri geomorfologici, geologici
e idrologici, le componenti biotiche del territorio; per valorizzare
le aree rurali attraverso la loro qualificazione globale, ovvero
sociale, ambientale, economica; per realizzare un equilibrio sostenibile
tra l’attività agricola, le altre forme di sviluppo rurale
e le risorse naturali dell’ambiente; per salvaguardare in unottica
attiva le strutture storiche e gli assetti di paesaggio.
Precisato che
- l’Alta Murgia aspira ad assumere un ruolo di primo
piano nel più vasto contesto territoriale in cui si colloca
e ciò risponde alla necessità di poter coniugare
la tutela di un patrimonio di enorme valore storico ed ambientale
con un’ipotesi di sviluppo sostenibile, in grado di emanciparla
dalla condizione di marginalità economica e dal degrado
in cui sempre più versa; - il risultato del percorso compiuto da un vasto
ed eterogeneo movimento di forze politiche e sociali consiste
nel riconoscimento dell’Alta Murgia prima come “area di reperimento”
per nuovi parchi nazionali (L. n. 394/91, art. 34) e poi come
Parco Nazionale (L. 426/98, art. 2 comma 5, 0, 0); - l’istituzione del Parco, in realtà, non
è altro che la presa d’atto di una serie di vincoli già
esistenti sul territorio. Infatti, per la particolarità
del sistema idrogeologico (vi si riscontra l’intera gamma dei
fenomeni carsici presenti su tutto il territorio nazionale), l’Alta
Murgia è sottoposta a vincolo [R.D. 30.12.1923 n. 3267;
L. 10.5.76 n. 319 e sue modifiche; P.R.A. (Piano Regionale Acque)
del. Cons. Reg. n. 455 del 10.5.1984]; - l’Alta Murgia è stata individuata come Zona
di Protezione Speciale (ZPS), ai sensi della Direttiva 79/409/CEE
(Direttiva per la conservazione degli Uccelli selvatici – codice
IT9120007; Sup. 143.152), con nota del 24.12.1998 per SCN/DG/98/20775
del Ministero dellAmbiente. Si tratta di unarea di
grande importanza che ospita specie ad habitat di interesse comunitario
già individuata come S.I.C. (Sito dInteresse Comunitario)
ai sensi della Direttiva 43/92 CEE "Habitat"; - insistono inoltre sul territorio altri vincoli
quali quelli della Legge Galasso e successive modifiche (L. n.
431/85 e L.R. n. 30/90), della direttiva 43/92/CEE relativa alla
conservazione degli Habitat naturali e seminaturali nonché
della flora e fauna selvatiche, del Piano Regionale Acque (Del.
Cons. Reg. 455/84), del PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico, 0, 0); - la legge 426/98 art. 2 comma 5 istituisce il Parco
Nazionale dellAlta Murgia, previa intesa tra Ministero dellAmbiente
e Regione Puglia; - la Regione Puglia con la Legge Regionale che ha
introdotto le "Norme per l’istituzione e la gestione delle
aree naturali protette nella Regione Puglia", nell’art.5,
ha individuato l’Alta Murgia come area protetta; - le associazioni di categoria ed ambientaliste (ACLI,
Confcommercio ed i sindacati unitari CGIL, CISLI, UIL hanno espresso
consenso all’istituzione del Parco; che questultimi insieme
alla COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, ITALIA NOSTRA, W.W.F e
LEGAMBIENTE) hanno sottoscritto un documento unitario (Bari, 10.05.99)
nel quale esprimono parere sostanzialmente favorevole allistituzione
del parco; - si registra un consenso diffuso e a più
riprese rinnovato nella società civile ed in altri settori
produttivi, da parte dell’Università, del mondo della scuola
e della ricerca scientifica, delle associazioni culturali, ambientaliste
e professionali, delle comunità ecclesiastiche e religiose; - il Ministero dell’Ambiente ha più volte
sollecitato la Regione Puglia a sottoscrivere l’intesa (note del
6/10/99 e del 22/12/99 del Servizio Conservazione Natura, 0, 0); - i Comuni inclusi nell’area dei Parco fino ad oggi
hanno già espresso, e a più riprese, il loro assenso,
presso la Regione Puglia e il Ministero dellAmbiente, all’intesa
per l’istituzione del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Documenti
approvati dalle Conferenze di Servizi tenute presso il Comune
di Ruvo di Puglia, il 27.02.98, ed il Comune di Andria il 27.10.2000, 0, 0); - il Ministero dellAmbiente e la Regione Puglia
hanno già erogato fondi per uno "Studio per il Piano
di Area dellAlta Murgia", attualmente in fase di avanzata
elaborazione da parte del Politecnico di Bari, Dipartimento di
Architettura ed Urbanistica.
Tanto premesso, rilevato, considerato
e precisato,
il Consiglio Comunale del Comune
di Altamura
approva il seguente Ordine del
Giorno
con il quale si conferma che
- lobiettivo di questo Comune è di procedere,
di intesa con le associazioni di categoria e ambientaliste, nonché
con gli altri comuni dellAlta Murgia, alla costruzione del
Parco Nazionale dellAlta Murgia, che rappresenta un’occasione
unica ed irripetibile per attivare, grazie alle risorse messe
a disposizione dalla comunità nazionale e europea, un vero
e proprio cantiere pilota di “produzione ambientale, storico-culturale,
agroalimentare, turistica”,
e pertanto si esprime
- il dissenso e la contrarietà della comunità
altamurana rispetto alla prospettiva di allocare il Deposito Nazionale
di materiali radioattivi nel territorio della Murgia, in quanto
ciò si porrebbe, per le ragioni suesposte, in netto contrasto
con la vocazione ed il disegno di sviluppo e crescita che le comunità
della Murgia hanno scelto ed intendono perseguire per sé
e per le generazioni future.