Andiamo avanti! C’è un Paese che ha bisogno di essere governato.

Leggo molti commenti in cui molti si chiedono, con scetticismo o orrore, come faranno a “stare insieme” PD, M5S, FI, Lega, Azione, Più Europa, IV, non so se anche Leu, Fratelli d’Italia, in un governo a guida Draghi. Mi sono già espresso, venti giorni fa circa, su una prospettiva del genere (e per me il tema non era la figura del presidente del consiglio), spiegandone le ragioni, da qui:
Un paio di premesse da tener presente:
• non c’è mai stata in questa legislatura una coalizione di maggioranza che politicamente si sia presentata come tale alle ultime elezioni e, come tale, sia stata riconosciuta e votata dagli elettori.
• La nostra resta ancora una democrazia parlamentare e le maggioranze si formano comunque in parlamento.
• L’alternativa sarebbe andare al voto subito, come “a parole” hanno ipotizzato tanti esponenti politici. Ecco… con l’attuale legge elettorale? Una legge che, oltre ai suoi limiti (complessità o incomprensibilità, collegi enormi, listini bloccati, scarso o nullo collegamento tra eletti ed elettori, ecc.), riproporrebbe quasi sicuramente un scenario politico pressoché identico all’attuale, con gli stessi rapporti di forza all’interno del parlamento, con le stesse incertezze e gli stessi problemi di formazione di una maggioranza.
• Poi, qualcuno avrebbe mai immaginato che M5S e Lega “stessero insieme” come è stato con il primo governo Conte?
• Di più, caduto questo, nel giro di pochi giorni, qualcuno avrebbe mai immaginato la formazione di una maggioranza di segno opposto e di un altro governo, guidato sempre da Conte, con M5S, PD, Leu, Italia Viva?
• La discussione a cui, a livello nazionale, ci vogliono far appassionare “governo tecnico/ governo politico” è surreale, un’altra di quelle non-questioni che non significano alcunché e servono solo a distrarre. Un governo è sempre “politico” nella misura in cui e per la semplice ragione che deve necessariamente essere sostenuto da una maggioranza composta da forze politiche presenti in parlamento. È o, meglio, dovrebbe essere sempre “tecnico” nella misura in cui è legittimo attendersi che sia composto da figure con uno spessore culturale e professionale un pelo superiore a quello di tutti noi, della media degli italiani.
• Il compito principale da affrontare nei prossimi mesi è la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che l’Italia deve presentare in sede europea nell’ambito del programma Next Generation EU, e, poi, la sua attuazione in tempi stretti. Questo Piano implica un’imponente operazione di indebitamento, che ha pochi precedenti nella storia italiana. Gran parte dei duecento e passa miliardi di cui di parla, infatti, l’Italia dovrà restituirla sotto forma di rate di debito o di maggiori contributi all’UE per i prossimi 20-30 anni. Si tratta di decisioni, dunque, che coinvolgono tutti e vanno ben oltre questa stagione politica, al di là di questa o quella maggioranza, al di là di questa generazione. Devono avere una resa duratura, strutturale. Non può e non deve essere una effimera distribuzione di risorse di cui lasciamo solo il debito, unico lascito ereditario, alla prossima generazione.
Come si fa, allora? Considerata questa realtà, quella sotto i nostri occhi e con cui tutti dobbiamo fare i conti, non quello che desideriamo, immagino che forze politiche diverse e distanti possano stare insieme nello stesso modo in cui stanno insieme persone diverse (per carattere, sensibilità, formazione, cultura, per disponibilità economica e per orientamento politico) in una famiglia, in una comitiva di amici, in un luogo di lavoro, in un rapporto contrattuale, in un’associazione. Nel Paese, insomma. Tutti i giorni.
Ognuno si relaziona agli altri per quello che è, si impegna e lavora per far valere ragioni, sensibilità e obiettivi a cui tiene e che sente di rappresentare, si sforza di comprendere che anche gli altri hanno ragioni, sensibilità e obiettivi dalla loro. E poi, come facciamo tutti, tutti i giorni, nei contesti che richiamavo, si lavora per incastri progressivi tra tessere diverse cercando di comporre qualcosa che restituisca il mosaico, un insieme altro rispetto ai singoli pezzi, eppure possibile e forte di quei pezzi.
In tutti i contesti di relazione, l’insieme (una coppia, una famiglia, una comitiva, un contratto, un gruppo di lavoro, ecc.) è il frutto di spinte diverse, spesso contraddittorie e contrapposte (v. in un contratto). Ognuno è ciò che è ed è portatore di una verità, di un valore, di una storia, di un interesse.
È quel genere di verità o valori che non sono la verità o i valori universali del filosofo o del religioso. Non sono discorsi assoluti e forti, ma stabiliscono legami tra rapporti di forza (sociali, culturali, politici, ecc.). Non dicono la verità, ma istituiscono relazioni di verità. Non fanno la storia, ma sono espressione di contesti storici e parziali.
In altri termini, è necessario tornare ad essere consapevoli della relatività delle verità nelle quali crediamo, ma, giorno per giorno, dobbiamo pure sapere che l’unica cosa che possiamo fare è dare ad esse rigore, continuità, forma, e comportarci come se queste verità storiche, parziali, fossero la sola verità che abbiamo. È quello che facciamo tutti i giorni, più o meno bene. Ne siamo capaci.
Solo, la si smetta, una volta per sempre, con le sciocchezze (ipocrite e menzognere, dannose e a volte semplicemente imbonitrici) del “mai con quello o con quell’altro, mai questo o quest’altro”, delle opinioni spacciate per verità assolute, giudizi inappellabili, certezze. Affermazioni tanto roboanti, arroganti, sprezzanti, quanto repentine, ridicole, peinlich direbbero i tedeschi, si rivelano le ritirate e i cambi di direzione. Lo abbiamo visto in questi anni a tutti i livelli.
Andiamo avanti! C’è un Paese che ha bisogno di essere governato. Con coraggio e competenza, pazienza e disponibilità, lavoro e umiltà.
Claudia Carlucci, Marialisa Lomurno e altri 28
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