Facebook mi sottopone ad esercizio di memoria un mio post del 18 dicembre 2017. Tre anni fa. Un ricordo molto positivo, per me e per la nostra Comunità. Dopo un lavoro durato oltre un anno, ebbi la prima ufficializzazione del riconoscimento, da parte della Regione, di un finanziamento di 700mila euro per la realizzazione della nuova palestra della
ScuolapadrePio Altamura
(che si cumulava ad oltre un milione del comune).
Il post, nelle immagini e qui:
Sono seguite tutta una serie di altre tappe, che ho ricostruito nella mia ultima nota dedicata a quest’opera pubblica, risalente al 4 luglio 2019, disponibile dal seguente link:
I tempi si sono dilatati rispetto a quanto programmato, ma i lavori ora stanno procedendo. Per avere un’idea dell’opera finale, riporto alcune immagini con la sua rappresentazione digitale, che sono stati diffusi qualche giorno fa attraverso la bacheca Facebook dell’istituto scolastico, da qui:
È il lento fiorire delle cose, che si presenta, con tutte le sue incertezze e i suoi imprevisti, a distanza di tempo. Ancor più lento nel campo politico, amministrativo e pubblico, soprattutto quando sono coinvolti enti diversi. Notevole è spesso la distanza temporale (in questo caso, almeno quattro anni) da quando ci si è posti un obiettivo, dalla sua programmazione, dal reperimento delle risorse necessarie.
Un lavoro costante, paziente, tenace, il più delle volte misconosciuto e invisibile, sottraendosi alla prigione dorata del quotidiano, dell’effimero, del consenso ricercato e ruffiano e con il suo carico di fatiche e ingratitudini. Ma è l’unico lavoro che rende frutti, prima o poi. E deve essere un lavoro che si unisce e si coordina con quello di tanti altri, molti anonimi: impiegati, funzionari e dirigenti (di regione e comune), tecnici e progettisti incaricati, figure istituzionali in quel momento all’opera. Si è fortunati se si alimenta della “energia/spinta” della propria comunità (semplici cittadini, operatori del settore, volontari, comitati, associazioni). Un lavoro, quello degli altri, che non mi stancherò mai di riconoscere e ringraziare.
Come ripeto spesso, il futuro non ci appartiene, se non come idea: non ci è dato prevederlo, occuparlo, ipotecarlo.
Si tratta di mettere un piede davanti all’altro, saggiando il terreno e mutando direzione quando è troppo instabile. Un passo alla volta, tutti i giorni.