Di seguito, il documento che ho sottoscritto insieme ad altri otto colleghi consiglieri regionali.
Ho già scritto e detto di non essere contro l’autonomia differenziata, nella cornice definita dalla Costituzione, in particolare dall’art. 116. Ove una regione, ho ripetuto, dimostri concretamente la sua capacità di governo dei processi, ha non solo l’opportunità di rivendicare maggiori margini di autonomia su specifiche materie, ma ha il dovere di offrire la sua specificità e la sua ricchezza di esperienza e di buona politica come modello sul piano nazionale ed europeo [rinvio, da qui, ad un mio intervento di qualche tempo fa].
Sono contro, però, e dal Sud non possiamo accettare la forma di autonomia proposta dal Veneto e dalle regioni del Nord.
Propone, infatti, una distribuzione e assegnazione delle risorse che fanno saltare l’unità e la solidarietà nazionali.
La proposta prevede che una parte delle tasse e imposte oggi dello Stato, come IVA e IRPEF non andrà allo Stato ma sarà trattenuta dalla regione stessa.
Ancora più gravi sono queste previsioni:
- “In via transitoria, in attesa della definizione dei nuovi parametri, alla Regione sarà riconosciuto un ammontare di risorse, calcolato in percentuale del Prodotto Interno Lordo regionale, uguale a quello determinato nell’ultimo anno precedente le suddette modifiche”;
- “La determinazione dei fabbisogni standard assume … come termine di riferimento la popolazione residente, le caratteristiche territoriali e il gettito dei tributi maturato nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali“;
- “In ogni caso, le risorse assegnate alla Regione del Veneto, in relazione all’ampliamento dell’autonomia di cui alla presente legge, dovranno mantenere le stesse dinamiche positive del Prodotto Interno Lordo della Regione.”
In altri termini, l’autonomia differenziata richiesta dalle regioni del Nord si basa sulla assegnazione di risorse calcolate non sul fabbisogno standard o sui livelli essenziali delle prestazioni definiti su base nazionale e tenendo conto dei limiti “storici” delle regioni meridionali, ma sul PIL, il prodotto interno lordo della Regione, su quanto ha speso la Regione l’anno precedente e sul gettito dei tributi maturato nel territorio regionale.
Questo significa che le regioni più ricche avranno maggiori risorse, maggiore capacità di spesa, quindi maggiori servizi e prestazioni per i propri cittadini.
Esattamente il contrario per le regioni più povere, quelle che hanno avuto una minore capacità di spesa in questi anni (imposta dal principio di pareggio di bilancio, dai piani di rientro nella sanità, ecc.).
Significa aggravare e costituzionalizzare il divario tra Nord e Sud. Rendere irreversibile la sperequazione. Dissolvere unità e solidarietà della Nazione, nella Nazione.
Tutto questo, dal Sud, non possiamo accettarlo passivamente.
ENZO COLONNA
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《Siamo contro la richiesta di autonomia di Salvini e delle regioni settentrionali, che a nostro danno – e forse pure con i nostri voti – pretendono maggiori competenze per assicurarsi maggiori risorse. E il tutto pure nella falsa illusione che la disgregazione del paese possa arricchire il nord, cioè la parte a cui tengono di più.
Per questi motivi presenteremo al Consiglio regionale un documento, aperto a tutti i contributi, per manifestare con il voto il nostro dissenso.
In un paese come l’Italia in cui occorre ancora lavorare a lungo per raggiungere la parità economica e infrastrutturale tra le diverse regioni, ove al futuro si può guardare con fiducia solo confidando sull’Europa e le sue politiche di riduzione degli accentramenti nazionali e regionali, si è oggi esposti al rischio di subire un progetto di riforma innanzitutto contro il meridione e a lungo andare contro l’intero paese.
A questo disegno anti-meridionale e anti-italiano dobbiamo opporci con forza e senza timori, perché si tratta di un’iniziativa che per beceri tornaconto elettorali non si occupa di riformulare competenze, magari per meglio proteggere cittadini e territorio, ma porta il sud nella maggiore povertà, l’Italia nel provincialismo sociale ed economico e i nostri giovani – educati alla globalità – trasferiti all’estero per mancanza di opportunità.
Per questi motivi nei prossimi giorni presenteremo la bozza di un documento da sottoporre alla riflessione e al contributo di tutti, per poi depositarlo in Consiglio regionale per l’approvazione. Si spera all’unanimità, ovviamente, senza il peso di miopi calcoli politici e piccole convenienze partitiche.》
I Consiglieri regionali:
Fabiano Amati, Sergio Blasi, Napoleone Cera, Enzo Colonna, Peppino Longo, Michele Mazzarano, Ruggiero Mennea, Mario Pendinelli, Donato Pentassuglia