Occorre intervenire con estrema urgenza per risolvere o quanto meno arginare i problemi causati dalla invasiva presenza di numerosissimi cinghiali sul territorio dell’Alta Murgia, che determinano rilevanti danni e difficoltà sia per le aziende agricole e zootecniche della zona, che per turisti, escursionisti e automobilisti che la frequentano o attraversano, nonché per la fauna e la flora tipiche del territorio murgiano.
Si tratta di un tema su cui insisto da tempo e per il quale, anche in seguito alle audizioni svolte su mia proposta in IV commissione nel maggio scorso [leggi qui; precedentemente una mia interrogazione] la Regione ha consumato alcuni passi importanti: ricordo ad esempio l’adozione del regolamento sulla caccia collettiva e la predisposizione del regolamento sul selecontrollo, il cui iter di approvazione è purtroppo fermo a causa di problemi di coordinamento con la normativa nazionale.
Tuttavia, le azioni intraprese e gli atti adottati non sono ancora sufficienti per risolvere o arginare in tempi brevi un fenomeno che determina una situazione di grandissima difficoltà e preoccupazione, specie per gli operatori agricoli, costretti da anni a constatare la distruzione dei campi a causa di questi animali (in particolare, le colture di leguminose). Quotidiane sono ormai le segnalazioni di incursioni e gravi danni nei campi coltivati. Una condizione che mette seriamente a rischio il lavoro e il reddito di tante aziende agricole del territorio murgiano.
Dunque, anche per le oggettive difficoltà di intervento sul piano normativo, alla luce della legislazione nazionale, è necessario e urgente che Regione e Parco Nazionale dell’Alta Murgia, in modo coordinato, predispongano e mettano in esecuzione rapidamente un piano straordinario e massiccio finalizzato alla cattura e al confinamento di questi animali. In tale direzione, sto sollecitando da tempo e mi attendo iniziative decise da parte dell’Assessorato regionale all’Agricoltura.
Sono poi necessarie ulteriori azioni coordinate tra le strutture regionali e del Parco Nazionale, gli altri Enti del territorio (ASL, Comuni, Ambiti Territoriali Caccia, ecc.) e le aziende agricole e zootecniche per arginare tale problema e ripristinare l’equilibrio biologico, ricorrendo magari sia a tecniche dirette di controllo sistematico della popolazione degli ungulati, sia a soluzioni preventive, quali, ad esempio, l’apposizione di recinzioni munite di dissuasori e la predisposizione, ove possibile, di colture ‘a perdere’ (destinate esclusivamente all’utilizzo da parte del cinghiale), il c.d. ‘foraggiamento dissuasivo’ e la collocazione di abbeveratoi in prossimità delle aree boscate frequentate dai cinghiali, in modo tale da ridurre i fenomeni di migrazione dei branchi alla ricerca di cibo e acqua.