Quella di ieri è stata una bella serata. Ho spiegato tutti i dettagli nel mio precedente (lungo) post, disponibile da qui:
La presentazione dei primi lavori e risultati (un volume curato dall’Associazione Campo 65, un documentario e un corto realizzato da studenti del Liceo Cagnazzi e del Liceo Federico II di Svevia di Altamura, coordinati dai rispettivi bravi e motivati docenti e con il prezioso e indispensabile supporto del videomaker Gianfranco Maiullari) è stata resa ancora più intensa e coinvolgente grazie alla partecipazione degli studenti stessi.
Il lavoro sviluppato sinora (nella cornice dei progetti rispettivamente del Comune di Altamura e del Liceo Cagnazzi, entrambi finanziati dalla Regione) dai volontari dell’Associazione e dai docenti e studenti dei due Licei risponde appieno al senso delle iniziative legislative e delle azioni che ho cercato di mettere in campo nei miei anni in Regione.
Ringrazio gli organizzatori per avermi dato la possibilità di prendere la parola. Ho tentato di riferire proprio questo. In questi casi, i miei interventi sono un affannato “corpo a corpo” con i minuti, con le esigenze di sintesi e brevità imposte dal rispetto per tutti e dal necessario equilibrio dei tempi dei vari momenti di un evento.
Per chi fosse interessato, sul senso dell’azione regionale che avviai con una norma della legge collegata al bilancio 2019 e che ho poi sviluppato con la legge regionale sui “Luoghi della Memoria e Archivi Storici” approvata nel febbraio 2020, riporto di seguito il testo che scrissi nel settembre scorso, presente nelle prime pagine del volume dedicato alla storia del Campo, anni 1942-1943, presentato ieri sera (lo sfoglio nel video).
_________
«Un luogo, un monumento, un’opera d’arte, un bosco diventano “cose” (anonime, insignificanti, accidentali), gli ideali diventano finzioni o superstizioni, se perdono l’anima della memoria e della cultura.
Questa è la traccia di fondo che ha ispirato la mia iniziativa legislativa regionale dedicata ai “Luoghi della Memoria” della storia contemporanea pugliese, da cui si è sviluppata la misura che ha assicurato il primo sostegno finanziario alle iniziative dedicate a Campo 65, tra Altamura e Gravina in Puglia. Questa, ritengo, è la traccia di fondo della straordinaria attività che, da tempo, stanno svolgendo ricercatori e, negli ultimi tempi, l’Associazione Campo 65, che, in diverse occasioni, ci ha sollecitato a riflessioni condivise e ora, qui, in questo volume, a tentare di organizzarle in forma scritta.
Campo 65 è attualmente un perimetro incerto, resti, ruderi, segni e disegni su pareti degradate, soprattutto è il tempo che passa, che demolisce e cancella, rovi che seppelliscono. Sappiamo però – ce lo raccontano i nostri anziani, le testimonianze e i documenti raccolti dai cercatori e restauratori di memoria – che è il luogo in cui, per quasi un ventennio, si è svolta e intrecciata la vita di migliaia di persone: madri, padri, bambini, resistenti, combattenti per la libertà, tantissimi ragazzi, giovanissimi, l’età dei nostri figli, figli del mondo, di terre lontane, diversi per nazionalità, religione, colore, cultura. Il lavoro degli appassionati volontari dell’Associazione Campo 65 ci sta restituendo i volti, le parole, la vita vissuta di queste persone, qui, nella nostra Murgia. Ci ricordano che nulla è scontato: pace, libertà, giustizia, democrazia richiedono impegno, lavoro, dedizione, pazienza, nel loro caso, dolore e sacrificio estremo.
Campo 65, con il suo carico di umanità e storie, individuali e collettive, è allora, a pensarci bene, solo un pretesto. Una preziosa, importante, emblematica occasione per riflettere su di noi, sul nostro presente. Questa è, direi, l’intima e radicale “capacità” dei “Luoghi della Memoria”.
Raccontandoci di quello che fu e che siamo stati, ci sollecita domande a cui quella umanità e quelle storie sono in grado fornire risposte o stimoli di riflessione: sappiamo ancora cosa significhi vivere insieme, quale inscindibile rapporto di obblighi/diritti implichi, quale trama di valori, elementi comuni, colpe e responsabilità collettive ci sorregga e anche quali solidarietà (non retoriche, essenziali) esige? È ancora viva la memoria del dolore, della perdita, del trauma che portarono non solo alla liberazione dalla violenza, dal dolore, dalla sofferenza, ma soprattutto a “liberarsi”, cioè a ritrovarsi come comunità, consapevole di una storia e di un destino comuni?
Il nostro cuore, indurito da un lungo tempo di certezze e sicurezze date per scontate, è capace di sentire e riscoprire la sua verità nascosta e dimenticata, la sua memoria svanita e con essa la nostra capacità di cogliere il segreto delle cose, spesso oscenamente coperto, nel presente, da lazzi, grida, parole vuote di senso e cariche di retorica o rancore, sospetto o ipocrisia, egoismo o diffidenza, odio o paura?
Perché, senza la riscoperta di quel segreto, il segreto dello stare insieme, viene meno assieme al nostro corpo, a quello dei nostri cari o simili, anche la capacità di immaginarci un futuro, insieme in un futuro. Che poi è come morire.
Le tragedie fanno emergere il meglio e il peggio delle persone, quanto, nel mondo, ci sia di buono (tanto, spesso invisibile) e di brutto, che è sicuramente il dolore, la sofferenza, la morte, la perdita, ma è anche l’emersione degli istinti, quel tratto ferino da cui, nella nostra storia plurimillenaria, ci siamo a fatica e, con contraddizioni, emancipati, quella dimensione in cui a prevalere sono la forza, il ringhio, la violenza, lo sguardo sospettoso nei confronti dell’altro, la chiusura nelle proprie tane e rifugi incapaci di sospettare le buone ragioni dell’altro. Il brutto è anche quel grumo irriducibile di retorica e opportunismo, banalità ed emozioni programmate, egoismi ed esibizionismi, tutto ciò che agevola, alimenta, fomenta tali istinti primordiali e oscura ciò che ci ha resi umani.
Insisto spesso e da tempo su questo punto, a mio parere cruciale. Peraltro, confesso, è il motivo ispiratore della mia norma che fu approvata dal Consiglio regionale nel corpo della legge collegata al bilancio regionale 2019 finalizzata a diffondere la conoscenza e la fruizione di beni, luoghi e archivi legati agli accadimenti che hanno segnato la storia contemporanea in Puglia, del Novecento in particolare, e poi sviluppata con la legge regionale n. 10 del 27 marzo 2020 (“Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione dei Luoghi della Memoria del Novecento e degli Archivi storici della Puglia”), da me promossa con l’obiettivo di rendere strutturali e stabili le iniziative della Regione a sostegno di queste iniziative.
Nell’ambito della prima edizione di questa misura regionale sono stati finanziati diversi interventi che interessano, per i “Luoghi della Memoria”, la “Casa Rossa” di Alberobello, il “Museo della memoria e dell’accoglienza” di Nardò e, appunto, il “Campo 65” tra Altamura e Gravina; per gli Archivi storici, invece, hanno ottenuto un finanziamento quelli della Fondazione Di Vagno, della Fondazione Gramsci e dell’IPSAIC – Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea “Tommaso Fiore”.
Si tratta di Luoghi e Archivi che meritano di essere preservati, aperti alla conoscenza e alla fruizione, in primo luogo delle comunità territoriali di riferimento. Si tratta di una operazione assolutamente in linea con altre azioni messe in campo in questi anni dalla Regione (ad esempio, “Biblioteche di Comunità”, “Luoghi Identitari”, “Street Art”, “Luoghi Comuni”, “Beni culturali ecclesiastici”, “I Musei raccontano la Puglia”, “La Murgia abbraccia Matera”, “Utilizzo degli spazi scolastici in orari extracurricolari”), orientate a perseguire l’ambizioso obiettivo di contribuire a costruire e rafforzare, attorno a questi beni o attività, legami, rapporti e relazioni tra persone e tra generazioni, in modo da rinsaldare il tessuto sociale di una comunità.
Restituendo i Luoghi in cui si sono svolte la storia e la vita di uomini e donne alla conoscenza collettiva, alla fruizione diffusa, recuperandoli anche dal punto di vista materiale, così restituendo loro l’anima della memoria e della cultura, riusciamo a capire e far capire cosa la nostra storia plurimillenaria ci ha insegnato per affrontare drammi e dolori grandissimi, ben superiori a quelli che siamo ora chiamati ad affrontare, cosa e come ci siamo rialzati dopo le numerose cadute rovinose della nostra storia. Non sono stati gli istinti (umani pure questi), l’odio, il rancore, la diffidenza, l’astio, l’esibizionismo, l’invidia, l’opportunismo, l’egoismo. Non ne siamo usciti indugiando sulla contemplazione di ciò che la sorte aveva consegnato, esternando indignazione, maledicendo gli altri, autoassolvendoci. No, ne siamo usciti, recuperando il senso dello stare insieme, la consapevolezza di una storia unica e l’inscindibilità di un destino comune. Ne siamo usciti confermando la nostra umanità, che è imperfetta e sa di esserlo, ma non si rassegna alla sua imperfezione, comodo rifugio di pavidi, inetti e opportunisti. Ne siamo usciti resistendo a queste tentazioni. Ne siamo usciti facendo il nostro, ciascuno il suo, anche piccolo, e confermando la fedeltà a questo dovere. Ne siamo usciti cercando di non smarrire la direzione di questa Storia comune.
Solidarietà, lavoro, doveri e fiducia reciproca, quanto si richiede nell’incedere lungo il percorso che lega le generazioni, passato e futuro, nel cui di mezzo ci siamo noi. Imperfetti, ma capaci di bene dire e fare, di inventare, scoprire cercando e sortendo insieme un futuro comune. Questa forma di resistenza, nella storia, ci ha reso liberi e migliori.
I Luoghi della Memoria, come Campo 65, testimoniano, dunque, di cosa è capace l’Uomo: distruggere o creare, fare bene o fare male, alimentare rapporti o soffocarli nel mare dei propri egoismi. Ricordano cosa siamo, di quale sostanza, di quali virtù e difetti, di quali capacità, qualità o debolezze. Indicano la nostra capacità di resistere e vincere male e sopraffazione, dolore e violenza, istinti animali e indifferenza.
In questi Luoghi è transitata l’Umanità, perciò in questi Luoghi possiamo leggere e scoprire chi siamo stati e chi, quindi, siamo o possiamo essere. Qui, ora, parlano di noi e ci impegnano nel presente. Una questione di scelte. Resistenza o indifferenza. Azione o lamentazione. Liberazione dal male di cui siamo capaci e che è in noi. O rassegnazione, accondiscendènza, resa a quel male.» (Altamura, settembre 2020)
ENZO COLONNA
[dal volume “Campo 65. La memoria che resta”, 2020, a cura dell’Associazione Campo 65]