“Simple Rules for a Complex World.”

Avevo colto con estremo favore l’indicazione dal nuovo governo centrale di un criterio oggettivo, in grado di trattare in maniera differente situazioni differenti, di calibrare risposte (in termini di restrizioni, sempre dolorose) in funzione dell’andamento dei contagi nei diversi territori. Mi riferisco all’indicazione della soglia di 250 nuovi casi positivi / settimana ogni 100.000 abitanti, superata la quale è possibile a livello territoriale (regionale, provinciale, comunale) procedere con ulteriori restrizioni rispetto a quelle fissate a livello statale. Almeno, così avevo inteso il tutto.
In assenza di altre informazioni o dati, questo mi porta a non capire perché si stia trattando in maniera indifferenziata tutta l’area metropolitana barese. Non conosco i dati degli altri comuni baresi. Leggo dal sito del Comune di Bari, ad esempio, che lì l’incidenza dei nuovi casi è risultata “a decorrere dal 22 febbraio, superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, con un indice settimanale tuttora in crescita (indice 287,4 nella settimana fino al 7 marzo)”. Dalla stampa apprendo che tale soglia è stata superata anche in qualche altro comune.
Conosco, come tutti, i dati sulla nostra città:
– tra il 7 e il 14 febbraio, sono stati comunicati 103 nuovi casi (pari a un’incidenza di 146,1 su 100mila residenti).
– Tra il 14 e il 22 febbraio, sono stati comunicati 111 nuovi casi (pari a un’incidenza di 157,4 su 100mila residenti).
– Tra il 22 febbraio e il 1° marzo sono stati comunicati 145 nuovi casi (pari a un’incidenza di 205,6 su 100mila residenti).
– Tra il 1° e l’8 marzo sono stati comunicati 144 nuovi casi (pari a un’incidenza di 204,2 su 100mila residenti).
Andando indietro con le date, in due mesi circa sono stati accertati 1111 nuovi casi. L’8 gennaio i casi totali erano 3465, l’8 marzo 4576. Fanno una media di 19 nuovi casi al giorno, 130-135 a settimana.
In altri termini, applicando il criterio nazionale (la soglia di 250 nuovi casi a settimana su 100mila abitanti), questa volta Altamura “non ha colpe”. Forse (ma su questo mi muovo sempre con cautela) si sarebbero potute evitare ulteriori restrizioni sia sul fronte scuola che su tutto il resto (chiusure, divieti, ecc.).
C’è un altro elemento che desta perplessità. Contrariamente a quanto era stato annunciato, le ordinanze adottate dai comuni baresi sono tutte diverse tra loro. Se si escludono un paio di punti comuni a tutti (come lo stop alla vendita al dettaglio, tranne generi alimentari, tabacchi, farmaci, carburanti, a partire dalle 19 e lo stop ai distributori automatici a partire dalle 18), su tutto il resto le ordinanze o non dicono nulla o fissano regole differenti
– chiusura parchi e giardini: chi sì, chi in certe fasce orarie, pochissimi chiusura totale;
– uscita minori: i più non hanno disposto nulla al riguardo; alcuni, solo per i minori di età inferiore ai 14 anni; ad Altamura per tutti i minori il “divieto assoluto” (non si capisce perché questo è classificato “assoluto”, come se gli altri siano divieti relativi o attenuati);
– asporto e mercati: anche qui, ordinanze con differenze.
Domando allora, sempre che si ritenga che la fascia serale presenti rischi specifici di contagio: in tutti i Comuni dell’area metropolitana barese non si sarebbe potuta adottare una disposizione, una sola? Anticipiamo chiusure e rientri di un paio di ore. Punto. Alle 19, 19:30 o 20:00, chiuso tutto e per tutti, tranne specifiche attività (come farmacie, stazioni di servizio, ecc.) e fatti salvi i soliti spostamenti ammessi (lavoro, necessità, salute) e le consegne a domicilio. Per tutti, un’ora comune, chiara a tutti. Al riguardo, non si capisce perché regole diverse debbano valere per i minori, a cui, per di più, sono precluse uscite per la scuola e per attività sportive.
Non la sto facendo facile e non è permesso ad alcuno farla facile, ma almeno, credo, si impone a tutti di cercare di non complicarci la vita, già di per sé fortemente complicata. Non critico nessuno, non ne avrei nemmeno i “titoli” e, nella mia natura, c’è sempre un approccio propositivo e responsabile. Sono suggerimenti, anche se so bene che i suggerimenti, come le regole capotiche, sono destinati a non essere seguiti.
Per quanto mi riguarda, sono per un’osservanza fedele, vigile, ma tranquilla. Credo che la miglior difesa nei confronti di titanismi e noncuranze sia un’arrendevolezza consapevole. Si farà quello che si può, lo so e lo presumo sempre, almeno me lo auguro, anche perché di più non si è in grado di chiedere, tantomeno di ottenere.
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Su un piano più teorico, torno su un punto, dopo qualche mese. Non bisogna essersi formati alla scuola liberale di Chicago, per concludere che rispondere alla complessità delle relazioni sociali e dei problemi con un intricato groviglio di regole (decreti, ordinanze di vario livello, ricorsi, sentenze e sospensive, ecc.) non aiuta a far funzionare una società, né, sospetto, a risolvere i problemi. Finisce per paralizzarla e per determinare una pericolosa reazione, nella migliore delle ipotesi, di indifferenza, spesso di rigetto e avversione. Finisce, quel groviglio di regole e codicilli, per complicare la vita delle persone senza sortire alcun risultato concreto, ancor più senza una reale possibilità di verificare il rispetto per indisponibilità di mezzi o perché le stesse norme contengono poi una serie di subordinate, eccezioni, esenzioni che vanificano le intenzioni (come la possibilità di uscire dopo le 19 per acquistare generi alimentari, farmaci, sigarette, fare benzina!).
Non bisogna arrivare a letture scomode e urticanti come quella menzionata, con il solo titolo, nell’incipit di questo post (Epstein), peraltro nemmeno condivise da chi scrive, per apprezzare la semplicità delle regole.
La semplicità (che è cosa difficile da raggiungere e ottenere ed è cosa ben diversa dalla banalità) consegue adesioni più convinte, comprensione ed efficacia, crea condivisione, motiva solidarietà.