La pubblicazione (nella prima immagine, la mappa generale: informazioni, dati, documenti, mappe, schede relative ai singoli siti sono disponibili nel sito www.depositonazionale.it) della proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e del connesso Parco Tecnologico ha generato numerosissime reazioni e comprensibili preoccupazioni, ma anche una produzione e diffusione impressionante di sciocchezze e approssimazioni, che, a loro volta, non fanno altro che alimentare ulteriore confusione, distogliendo l’attenzione e la necessaria razionalità dal merito della questione, dalle valutazioni da fare, dagli argomenti e dalle iniziative da mettere in campo.
Anche chi ha ruoli di responsabilità (pubblica, istituzionale, politica, culturale) preferisce, alla riflessione e al ragionamento (che aiutano tutti a riflettere e ragionare e che servono per adottare le giuste decisioni, le giuste iniziative), la velocità per un post e, quindi, il tempo di un post. Folate isteriche e emotive. Senza la pazienza, la fatica e senza nemmeno prendersi la briga, prima, di leggere atti e documenti, comprendere procedure, cosa è avvenuto sinora e cosa deve essere fatto, soprattutto senza sforzarsi di far comprendere a tutti di cosa si discute.
Magari, anche con la consapevolezza che, oggi, in tutti i comuni, le regioni, i territori interessati dalle 67 aree potenzialmente idonee si sono ritrovati a fare le stesse considerazioni: mai da noi, non sapevamo nulla, questo territorio merita altro, questa cosa non passerà da noi, faremo le barricate, l’ambiente, la salute… cose così! Immagino. Le bacheche facebook di cittadini, figure istituzionali e politiche di tutti i 67 territori, dal Piemonte alla Puglia, dal Lazio alla Basilicata, dalla Toscana alla Sicilia e alla Sardegna, oggi grondano indignazione e chiamate alla lotta.
Così, però, non ne usciamo, da questa vicenda serissima e lunghissima: se ne parla da almeno 25 anni (già io me ne sono occupato la prima volta vent’anni fa: nel mio blog www.enzocolonna.com potete recuperare almeno una ventina di interventi sul tema).
Mi scuso se i miei toni possono apparire perentori e paradossali. Io, invece, apprezzo questa pubblicazione, la ufficializzazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee. Giudico questa decisione del Governo nazionale, che, nel suo percorso, non mi ha offerto certo motivi di entusiasmo, un atto di governo vero, serio e responsabile, lontano da calcoli e opportunismi che sinora, per moltissimo tempo, avevano impedito di consumare questo primo passo, difficile politicamente.
RESPONSABILITÀ
Se vogliamo essere seri e se non vogliamo semplicemente strappare qualche like o consenso con facilità, dovremmo tutti convenire che la realizzazione di un deposito nazionale è una necessità. Non un’opzione, non un’ipotesi, non certo un capriccio. L’Italia deve mettere in sicurezza e stoccare definitivamente scorie e materiale radioattivo (di diversa intensità) che ha prodotto nei decenni scorsi (a seguito, prima, dell’esercizio per diversi anni di centrali nucleari e, poi, della loro dismissione con la fine della stagione nucleare sancita nel referendum degli anni ’80) e che ha prodotto e produce, quotidianamente, con attività ordinarie, che diamo per scontate, ma che implicano la produzione di questo tipo di rifiuti (medicina nucleare, una serie di cicli produttivi, ricerca, ecc.). È una questione lasciata in sospeso da decenni.
L’Italia trasferisce, con rischi e costi, all’estero tali rifiuti o li deposita “provvisoriamente” in decine di siti “temporanei” (sono decenni!!) la cui sicurezza è lontana mille miglia da quella di un impianto come quello che si dovrebbe realizzare, anche a pochi chilometri da noi (sulla Jonica, a Rotondella, c’è un centro in cui sono “provvisoriamente” stoccati oltre tremila metri cubi di materiale radioattivo in stato liquido e solido). Che facciamo, come Paese Italia?! Decine di depositi “temporanei” sparsi lungo la penisola, insicuri e dai costi di gestione elevatissimi, non li vediamo, non ce ne occupiamo e si va avanti da decenni… mentre un deposito unico efficiente, attrezzato, moderno, no, non lo vogliamo?!
Il progetto prevede, in superficie e ricoperto da una collina artificiale, la realizzazione del Deposito Nazionale e di un Parco Tecnologico (centro di ricerca nel campo del nucleare, oltre che della salvaguardia ambientale) in un un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico.
MURGIA
Non mi sorprende affatto che questo territorio, quello di cerniera tra Puglia e Basilicata, nel tarantino e nel barese, ai piedi dell’altopiano murgiano sia contemplato tra i siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Da molti anni, questa ipotesi è presente negli studi e nella documentazione (prima della SOGIN, della questione si è occupato l’ENEA).
Il tema è stato affrontato, evidenziato ed è stato ben presente in numerose iniziative (ad esempio, le marce Gravina-Altamura del 2003 e 2005) di gruppi e movimenti attivi sul territorio (v. qui, ad esempio, nel 2016: https://www.facebook.com/notes/2665686587078212/ ). Ricordo che fu oggetto di una delle mie primissime iniziative (assieme alla predisposizione della delibera consiliare di adesione al Parco della Murgia) da consigliere comunale, eletto poche settimane prima: il 27 luglio 2001, infatti, il consiglio approvò all’unanimità un mio ordine del giorno il cui testo è disponibile nel mio blog [v. qui: https://www.enzocolonna.com/…/deposito-nazionale-dei…/].
Il tema è stato poi affrontato, nel corso degli anni, anche con iniziative dei parlamentari del territorio: ricordo quelle, in particolare, del Senatore Ferdinando Pappalardo, dell’Onorevole Donato Piglionica (leggi qui: https://www.enzocolonna.com/…/la-murgia-non-sara…/), dell’Onorevole Liliana Ventricelli e del Senatore Dario Stefàno. Fu oggetto, nel 2016, di una seduta congiunta dei consigli comunali del territorio.
Ora, a distanza di anni, se ne ha ufficialità e ne possiamo, ne dobbiamo discutere con metodo, decisione, serietà, efficacia. A distanza di tanti anni, pezzi di questo territorio, sul versante materano, sono nell’elenco dei siti idonei ad ospitare un impianto del genere (v. immagini).
L’elenco pubblicato conferma, inoltre, quanto abbiamo più volte ribadito: la presenza del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (la sua istituzione e il suo perimetro) ha tenuto fuori diverse altre aree della Murgia, proprio perché un’area protetta di quella natura era un “criterio escludente” l’insediamento del deposito.
PROCEDURA
È bene chiarire che quella pubblicata non è la mappa dei siti per lo stoccaggio delle scorie radioattive. Viene ora, finalmente, pubblicato l’esito di uno lungo studio (di carattere esclusivamente tecnico) di ricognizione e censimento delle aree, estese almeno 300 ettari, potenzialmente idonee ad ospitare l’impianto sulla base di “criteri di esclusione e di approfondimento”, definiti a livello nazionale e internazionale: quelli, ad esempio, che escludono le aree interessate da elevato rischio vulcanico e sismico, frane, alluvioni o che insistono su aree protette, presentano determinate conformazioni geologiche o della superficie, si trovano ad una certa distanza dal mare e corsi d’acqua, da centri abitati, strade e linee ferroviarie, ad un certa altitudine, ecc..
Quella pubblicata, a dire il vero, non è nemmeno la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale, ma una Proposta, esito appunto dello studio tecnico a cui facevo riferimento prima. La pubblicazione della proposta di Carta avvia finalmente il procedimento del dibattito pubblico a livello nazionale con presentazione “formale” di osservazioni, incontri e seminari nazionali, eventuali disponibilità di territori ad ospitare l’impianto. Quindi, è il primo necessario passo di un lungo procedimento, tutto da svolgere, su cui sarà necessario essere vigili, attenti, precisi, partecipi, uniti:
– Dalla pubblicazione, ora, decorrono i sessanta giorni assegnati dal decreto legislativo n. 31/2010 per la presentazione di osservazioni e proposte da parte degli enti locali, delle regioni, dei soggetti portatori di interessi qualificati.
– Entro “centoventi giorni”, la Sogin promuove un seminario nazionale, cui sono invitati, tra gli altri, Ministeri interessati, Regioni, Province e Comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Carta, l’Unione delle Province, l’ANCI, soggetti portatori di interessi qualificati, università e enti di ricerca.
– Dopo il Seminario Nazionale, Sogin raccoglie le ulteriori osservazioni trasmesse formalmente a Sogin e al Ministero dello Sviluppo Economico e aggiorna la proposta di CNAI, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministro dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo ISIN (ex ISPRA), del Ministro dell’Ambiente e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. In base a questi pareri, il Ministero dello Sviluppo Economico convaliderà la versione definitiva della CNAI, che sarà quindi il frutto della sintesi della proposta originaria ora pubblicata e dei contributi e pareri sottoposti durante la fase di consultazione pubblica.
– Dopo l’approvazione della Carta, Sogin aprirà la successiva fase di confronto finalizzata a raccogliere le manifestazioni d’interesse, volontarie e non vincolanti, da parte delle Regioni e degli enti locali il cui territorio ricade anche parzialmente nelle aree idonee. In assenza di manifestazioni d’interesse, la Sogin avvierà trattative bilaterali con le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee. In caso di insuccesso delle trattative bilaterali (mancata intesa), verrà convocato un tavolo tra le diverse istituzioni centrali e locali, come ulteriore tentativo di pervenire a una soluzione condivisa. Raggiunta l’intesa su una o più aree, Sogin, di concerto con gli enti locali interessati, svolgerà campagne d’indagine tecnica al fine di individuare il sito del Deposito Nazionale. Successivamente, il Ministero dello Sviluppo Economico individuerà il sito con un proprio decreto, che sarà emanato anche nel caso in cui dovessero fallire le diverse procedure per il raggiungimento dell’intesa.
QUALCHE CONSIDERAZIONE E APPROCCIO ALLA QUESTIONE
Erano anni che si attendeva la pubblicazione di questa mappa tenuta sino ad ora riservata. A più riprese è stata data per imminente la pubblicazione (ricordo, nel 2010, nel 2015, nel 2016, nel 2018). Nulla, invece, sino ad oggi, almeno ufficialmente. Sono circolate ipotesi, più o meno fondate, alcune riconducibili a chi aveva condotto studi (ne ricordo una risalente al 2001 che allegai all’ordine del giorno presentato in consiglio comunale). Non è dunque una proposta di Carta che nasce per volontà di questo o quel ministro, di questo o quel governo, ma attraversa le stagioni governative degli ultimi 20-25 anni. Non nasce, soprattutto, dalla sera alla mattina.
Ora, finalmente a mio parere, viene resa pubblica e pubblicamente se ne può e deve discutere. E prima di trarre conclusioni, in termini istituzionali, sarebbe utile avere momenti di approfondimento, di conoscenza del progetto, con diverse voci e diversi approcci.
Per quanto ci riguarda, credo sia opportuno mettere da parte argomenti e atteggiamenti tipo: “abbiamo già dato, questo territorio ha subìto tanto” o “scansatevi, passerete sul nostro cadavere” o “così distruggiamo l’ambiente, danneggiamo la salute, i tumori, ecc.”.
Sono argomenti o del tutto privi di fondamento (perché un impianto del genere è molto più sicuro, ma molto di più, dei depositi temporanei attuali e sicuramente molto meno dannoso per ambiente e salute di tanti impianti esistenti di altra natura) o perfettamente replicabili in tutti i 67 territori ipotizzati.
Il rischio è di cadere in un madornale errore di presunzione – con fatica sopportabile in altre situazioni, ma del tutto intollerabile e controproducente su temi così seri – che porta a ritenerci (come emerge in diversi post e commenti diffusi oggi) più abili, più intelligenti o più vittime e più in credito di tutti gli altri territori in discussione!!
A mio parere, invece, a noi tocca affrontare il tema con serietà e razionalità, formulare, se ci sono, osservazioni e repliche di natura tecnica (tenendo presente i criteri utilizzati) e, soprattutto, spiegare come questo territorio ha fatto delle scelte, si è dato un profilo, ha individuato le sue vocazioni (dall’agroalimentare alla cultura, dai beni paesaggistici, naturalistici e archeologici al turismo), ha strette connessioni, su queste vocazioni e questi interessi, con i territori del tarantino e della Basilicata, anche con la prossimità, quasi contiguità, di un Parco Nazionale (Alta Murgia) e due Parchi Regionali (“Murgia Materana” e “Terra delle Gravine”). Insomma, non è possibile qui insediare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico non “perché fanno male alla salute o all’ambiente!” o “perché già siamo stati vittime di qualcosa, in qualche tempo, in qualche modo, vittime!” (tutti dicono e possono dire le stesse cose o sciocchezze), ma perché in decenni, con fatica e anche con notevoli risorse pubbliche e private abbiamo definito un’identità territoriale (culturale ed economica), difficilmente compatibile con un polo tecnologico come quello proposto, che rispettiamo e la cui necessità comprendiamo bene (almeno io), ma che spazzerebbe via tutto quello che abbiamo costruito sinora.
ENZO COLONNA