COVID, ERA CHIARO DA TEMPO PER CHI VOLEVA VEDERE. TRA PARADOSSO DELLA PREVENZIONE E ABUSO DELLA PAROLA “DIRITTO”.

📍 1° ottobre 2020
Altamura: circa 100 casi positivi, pari al 3,8% del totale in Puglia (2.607)
Incidenza: Altamura, 14,17 casi ogni 10.000 residenti / Puglia, 6,5 ogni 10.000 residenti.
Ne avevo scritto qui:
📍 29 ottobre 2020
Altamura; circa 450 casi positivi, pari al 4,4% del totale in Puglia (10.002)
Incidenza: Altamura, 63,77 casi ogni 10.000 residenti / Puglia, 24,95 casi ogni 10.000 residenti.
Ne avevo scritto qui:
Qui:
E qui:
📍 7 novembre 2020
Altamura: circa 800 casi positivi, pari al 4,8% del totale in Puglia (16.573)
Incidenza: Altamura, 113,37 casi ogni 10.000 residenti / Puglia, 41,34 casi ogni 10.000 residenti.
L’andamento dei contagi, da noi era ben chiaro da tempo, da due mesi almeno. Se ogni giorno, pur in numeri ancora contenuti, i casi si incrementavano, prima, a fine agosto – inizi di settembre, uno al giorno, poi 2-3, poi 5-6, era chiaro che si dovesse arrivare, a fine ottobre a 15-20 nuovi casi accertati ogni giorno.
In un contagio, ciò che conta è l’andamento, la progressione, non il numero assoluto dei casi.
Viene fuori quello che gli epidemiologici chiamano il “paradosso della prevenzione”.
Se si fa, se si adottano misure anche dolorose e impopolari e comportamenti individuali si passa per folli, imbecilli, malauguranti, antidemocratici, oppressori di diritti e libertà e poi quando, proprio grazie a quelle misure e quei comportamenti adottati, il contagio non arriva, viene contenuto, il pericolo viene scampato, allora si mette in dubbio l’utilità delle misure stesse, la portata del pericolo scampato.
Invece, se non si fa prevenzione, se non si adottano misure, iniziative, condotte, e ti accorgi del problema solo quando il pericolo è accanto a te, quando lo vedi in casa, quando i numeri sono diventati imponenti, beh… allora è solo una corsa a mettere pezze da una parte all’altra.
Ce ne siamo accorti? O vogliamo aspettare ancora? Non bastano gli 800 contagiati attuali, le centinaia di persone in isolamento domiciliare? Non bastano le decine e decine di persone a casa, ma con sintomi evidenti? Non bastano i circa cinquanta ricoverati nell’Ospedale della Murgia, di cui 8 in rianimazione?
* * *
Questa è la brutalità dei numeri. Ognuno faccia le proprie valutazioni, tragga le proprie conclusioni. Scuola in presenza o DAD, liberi tutti o chiusi tutti, mascherina sì o mascherina no! Ognuno ha le proprie ragioni, buone o pessime, fondate o di fantasia. Tutti possono contestare azioni e omissioni, scelte e inerzie, assunzione di responsabilità e deresponsabilizzazione. Tutti hanno e portano le proprie ragioni. Tutti rivendicano i propri Diritti. Ci sta! Ma ci sta, poi, la realtà con cui dobbiamo fare i conti e che non possiamo plasmare secondo le nostre convinzioni e il nostro volere. Ed è complessa, articolata, composita, contraddittoria, imperfetta.
Si dice “è la Democrazia”, “è la Libertà”, “è la Costituzione”. I Diritti! Ma qualcuno ricorda e ha consapevolezza che questi sono valori e riferimenti che tengono tutto e tutti e che quindi il problema è capire come si tengono tutti insieme e come si tiene tutto assieme, in un unico corpo sociale, che la pandemia ci ha fatto scoprire (almeno questa ritrovata consapevolezza potrebbe essere un dato positivo) come organismo vivente, unico, composto da elementi e cellule interconnessi?
Prima di evocare Libertà, Diritti, Democrazia, ci domandiamo come si fa? Quale sforzo di com-prensione e con-divisione esigono?
Se rivendico il diritto di fumare, la mia Libertà, tengo conto che c’è il diritto di un altro, mio simile, di non vedersi “affumicato”, “intossicato”, che c’è la sua salute, quindi mi pongo il problema, prima, di come queste due posizioni possano stare insieme?
Se non ho questa consapevolezza della posizione degli altri, se non com-prendo l’altro, non è Libertà, la mia. È affermazione del più forte, del più abile, del più temerario, di chi fa sentire meglio (per cultura, per tono, per possibilità economiche, per potere) la sua voce. Non è libertà, è solo pretesa di liberarsi dagli altri.
Ecco, Democrazia e Diritto trovano la loro ragion d’essere, la loro funzione, in questo sforzo (un tentativo continuo, quotidiano, faticoso, complicato, paziente) di tenere insieme tutti, sottraendo le sorti di ciascuno alla prova di forza muscolare, al gioco degli istinti, agli equilibri/squilibri dettati dalla nostra natura.
Democrazia, Libertà e Diritto sono costrutti dell’Uomo, processi di emancipazione dalla propria natura. Sono opere, come l’arte, dell’Uomo, che attraverso consapevolezza e cultura interpreta, traduce, addomestica istinti, paure, debolezze, quindi la propria natura.
Ce lo ricorda, in alcuni passi straordinari, spesso sottaciuti e misconosciuti, anche la nostra Costituzione:
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” (art. 2)
“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” (art. 4, comma 2)
Ogni confronto, dunque, come quelli generati dagli effetti della pandemia, non può essere ridotto ad richiamo ai diritti, vissuti come proiezioni dei propri desideri, delle proprie convinzioni o convenienze. La nostra storia, soprattutto recente, e il nostro presente è ricco di siffatti richiami destinati inesorabilmente a generare deviazioni, equivoci, conflitti insanabili.
Democrazia, Libertà, Diritto esigono altro. Esigono la consapevolezza dei doveri verso gli altri. Si hanno e si difendono se la smettiamo di concentrarci sul nostro “io” e cambiamo prospettiva, prendendo coscienza dell’urgenza dei doveri. Gli uomini, in ogni contesto sociale o plurisoggettivo, dal più piccolo (nella coppia, nella famiglia, nel condominio, in una comitiva di amici) al più complesso, prima di essere titolari di diritti, sono soggetti ad obblighi. I diritti non sono pretese o desideri, ma relazioni. Si è soggetti, solo in quanto si è capaci di assumersi la responsabilità nei confronti dei diritti di ogni altro essere umano, ancor prima di rivendicare i propri, perché «l’uomo non ha alcun potere, eppure ha una responsabilità» (come ricordava Simone Weil, che cito spesso).
Non a caso, al riconoscimento dei diritti, la Costituzione affianca, sul medesimo piano, la richiesta di adempiere “i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2) e di svolgere, “secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4).
La Repubblica va oltre l’io per unire persone (e le generazioni).
Anche ora, invece, si preferisce la guerriglia verbale e politica all’assunzione della responsabilità dei problemi, che è faticosa, dura, paziente. Anche questa volta si cerca il pretesto. Non per l’affermazione del diritto, ma del proprio io.
La vita è responsabilità. E invece qui si continua con il solito gioco al massacro: la perenne assoluzione di noi stessi, con l’attribuzione di responsabilità e colpe ad altri.
In giro, solo spargimento di diffidenza, pessimismo, odio, sospetti e rancore.
Scivoliamo nella guerra di tutti contro tutti, in nome, tutti, di supposti Diritti. E non ce ne accorgiamo. I danni li pagheremo tutti, se non torniamo alla faticosa pratica della responsabilità, dei doveri, della paziente opera quotidiana. Senza alibi.