COVID E SCUOLE: NATURA DEL PROBLEMA.

450 ad #Altamura
4.000 a #Bari e provincia
10.000 in #Puglia
Questi sono i numeri, non precisi all’unità e impietosi, dei casi #Covid attualmente positivi. Tali numeri, quindi, non comprendono i casi positivi accertati negli ultimi due mesi che hanno superato la quarantena, a seguito dei tamponi di controllo risultati negativi.
Vediamo, sommariamente e in modo frammentato, come funziona il sistema.
Ad ogni caso positivo segue individuazione dei conviventi e dei contatti stretti, che vengono posti in quarantena e sottoposti a tampone (non sempre).
Ogni positivo sviluppa mediamente una quindicina di contatti stretti. Facciamo i calcoli, moltiplichiamo per dieci/quindici i 600-700 casi complessivi di questa seconda ondata e immaginiamo il numero delle persone da seguire, monitorare, ecc.. Poi ci sono i casi sintomatici segnalati dai medici o autosegnalati, cioè persone che non sono state individuate nell’attività di tracciamento svolta dalla Asl.
Fortunatamente (anche se la fortuna non c’entra nulla), riuscimmo, con la responsabile del servizio igiene di Altamura, ad attivare la prima postazione tamponi drive-trough di tutto il barese in via Manzoni, in tempi non sospetti, tra luglio e agosto. Da allora, effettuano tamponi tutti i giorni, domenica compresa. Un’altra postazione del genere è stata attivata due giorni fa a Cassano; un’altra si spera presto anche a Gravina.
In ambiente scolastico tutto si complica. Come sa chi ci è passato (alunno, studente, genitore, docente, personale), il numero dei contatti stretti sale enormemente: un’intera classe se si tratta di un alunno o tutte le classi in cui insegna se si tratta di un docente.
Con questi numeri il sistema salta.
Quando si accerta un caso positivo nella scuola, bisogna predisporre un elenco (dati anagrafici, mail, telefono). Bisogna inviare il provvedimento che dispone l’isolamento domiciliare. Poi c’è la quarantena. Al termine della quarantena, l’Asl invia la convocazione per il tampone di di verifica. Se positivi, si resta in quarantena. I negativi, però, per essere riammessi a scuola devono presentare un certificato del pediatra o del medico di famiglia, che, ovviamente, sono in estrema difficoltà: come fanno a certificare, con un esame compiuto giorni addietro, che il bambino o lo studente può rientrare a scuola?
Per non parlare delle sanificazioni degli ambienti (di dubbia utilità) e di tutta una serie di passaggi e adempimenti che conoscono bene i dirigenti scolastici e il personale amministrativo.
Questo prevedono le indicazioni “operative” (sic!) del Ministero dell’Istruzione.
Ci salviamo così? Che dite? Non credo proprio!
Questo delirio italico (fatto di carte “a posto”, di formalità, incertezze, contorsioni linguistiche, interpretazioni, circolari, di “non è competenza mia” o “la colpa è di quello”) fa sì che il sistema scolastico, didattico e formativo, si ingolfi e si inceppi. Basta un caso positivo (con contagio contratto fuori, magari nel localetto vissuto con tutta la comitiva nel centro storico, sull’autobus, in famiglia il più delle volte, al supermercato, al mercato o chissà dove!) e la scuola va in tilt.
Tutto questo (con raffiche di tamponi che, alla prova pratica, si rivelano del tutto inutili) impegna personale (scolastico e sanitario) e risorse in numeri ingentissimi.
Questo è il problema, non il numero dei contagi, non i focolai nella scuola (che, come ho scritto più volte, almeno dalle nostre parti non si sono verificati), non i tamponi, non il sistema sanitario (che ha altri limiti e altro genere di problemi).
Tutto questo ha l’effetto perverso di impegnare personale e risorse in procedure ed esami, rallentando e bloccando le attività destinate ad individuare, isolare, tracciare, sorvegliare tutti i casi che non coinvolgono persone dell’ambiente scolastico (che sono, almeno da noi, tantissimi, come ho scritto prima).
Allora la partita vera, per chi vuole impegnarsi per la piena funzionalità della scuola, è cambiare i protocolli ministeriali, rendere tutto più agile, semplice, efficace.
La Puglia e altre regioni hanno da tempo proposto di passare ad un sistema di verifiche basato sui cosiddetti tamponi rapidi o antigenici. Gli antigeni sono proteine virali che il nostro organismo riconosce come corpi estranei e contro i quali produce anticorpi. Il vantaggio di questo test è la velocità. In circa 15-30 minuti si ha una risposta e quindi potrebbero essere molto utili nelle scuole, per screening di massa. L’unico limite è che se si rileva una positività, deve poi comunque essere confermata con un tampone tradizionale, cioè con il test molecolare, perché il test antigenico potrebbe rilevare solo antigeni del virus, cioè tracce del virus, che non per forza indicano la presenza del virus vivo e in grado di infettare. Per le indagini di massa è lo strumento migliore, vista la bassa prevalenza di positivi.
Questo consentirebbe di liberare subito, in mezz’ora, quanti sono risultati negativi, quindi senza la necessità di porre in quarantena intere classi, bloccando le attività didattiche, e di individuare rapidamente i pochi casi dubbi (i positivi a questo test), che poi verrebbero sottoposti al tradizionale tampone (il molecolare che, unanimemente, è l’unico esame diagnostico di riferimento per verificare con certezza la presenza del Sars-Cov2).
Questo approccio consentirebbe, inoltre, di non rallentare l’attività di cosiddetta sorveglianza epidemiologica svolta dai dipartimenti di prevenzione delle asl, che potrebbero e dovrebbero concentrarsi sulla ricerca dei casi positivi (contatti stretti di positivi, sintomatici segnalati dai medici, ecc.).
La questione sta tutta qui. Allora, vogliamo continuare a giocare a “vedo/non vedo”? Vogliamo continuare a scaricare tutte le responsabilità e le colpe su qualcuno? Vogliamo continuare a fare esercizio di indignazione? Sempre verso un altro? O vogliamo parlare il linguaggio della realtà e della verità? Che sono cose crude, sotto i nostri occhi!
Domandate a chi opera nella scuola, nella sanità, al vostro medico o pediatra. Vi prego, non fermatevi a queste mie parole, a questi miei tentativi (inadeguati, come tutti i miei in questi anni e su tanti temi) di spiegazione, di condivisione di conoscenza e consapevolezza, di presa d’atto della realtà. E della conseguente assunzione di responsabilità e dei conseguenti doveri che ci spettano, ovviamente in misura diversa. La vita è una cosa pratica, spesso anche faticosa. Forza!