Stamane, in IV Commissione consiliare, il voto compatto di tutti i componenti dei gruppi di opposizione (centrodestra e M5S) ha consentito nuovamente (dopo un precedente tentativo risalente ad un anno fa) la soppressione della disposizione, contenuta nella legge regionale n. 8/2015 in materia di raccolta dei tartufi, che prevede, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni per la raccolta nelle aree protette, un criterio di priorità a favore dei residenti in tali ambiti territoriali.
Tutto mi sarei aspettato, tranne che prendere atto di un impulso, tenace e irrefrenabile, a creare ad arte un caso “tartufi” in Consiglio regionale, di cui, credo, alcuno avvertiva e avverte la necessità.
Le argomentazioni offerte dai colleghi promotori dell’iniziativa non convincono, non tengono conto del quadro normativo d’insieme, deformano la realtà.
La norma attualmente vigente (art. 4 della l.r. 8/2015), letta nel suo complesso, prevede che sia la Regione, assieme agli organismi di gestione delle aree protette, a stabilire “modalità e tempi per esercitare la ricerca e la raccolta di tartufi nelle aree ricomprese negli ambiti amministrativi degli enti parco nazionali e regionali, stabilendo il numero massimo delle autorizzazioni che possono essere rilasciate … in relazione alla necessità di non alterare gli ecosistemi che caratterizzano le aree di raccolta”.
Su questo tema, molte regioni sono intervenute con legge a disciplinare i criteri per selezionare l’accesso a questa risorsa della terra, tra cui anche quello della residenza o quello che fa salva l’utenza territoriale nelle aree gravate da demani collettivi o usi civici.
Cosa non è chiaro – verrebbe da chiedere – nella formulazione della norma pugliese allorquando si precisa che, in condizioni di parità di requisiti per l’ottenimento delle autorizzazioni alla raccolta, è stabilita semplicemente una priorità a favore dei residenti nelle aree protette, senza che siano previste esclusioni di sorta a danno di alcuno?
Sfugge forse che la legge quadro sulle aree protette (n. 394/91), proprio a fronte del particolare e stringente regime vincolistico cui sono sottoposte dette aree, prevede azioni positive di valorizzazione del territorio e delle comunità residenti, come, appunto, le iniziative dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività, tra le quali ben può rientrare la possibilità di conseguire l’autorizzazione alla raccolta di prodotti spontanei come i tartufi, in via preferenziale rispetto ai non residenti.
La previsione legislativa del criterio di priorità per i residenti, ribadisco, non esclude affatto la possibilità per alcuno di conseguire l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di raccolta, ma si limita a introdurre un semplice criterio di priorità a favore dei residenti nel rilascio di tali autorizzazioni, proprio in coerenza con lo spirito e l’impianto normativo della legge quadro nazionale.
E questo vale a maggior ragione in territori, ad esempio, come la Murgia o il Gargano (due aree pugliesi in cui insistono parchi nazionali), che da secoli sono altresì gravate in larga parte anche da usi civici, vale a dire la possibilità di trarre utilità dal terreno riconosciuta in favore proprio di chi abita quei territori e che contano su una popolazione, rispettivamente, di quasi mezzo milione e oltre duecentomila persone.
Proprio per questo, l’ostentato richiamo alla “lotta ai privilegi” (dei residenti!) e alla “parità dei diritti”, che meriterebbe certamente miglior campo di applicazione e dedizione, non ha alcun senso. Soprattutto, nella realtà, si traduce in un’ulteriore mortificazione delle aspettative di cittadini e operatori che risiedono e operano nei territori delle aree protette, del cui regime, secondo i promotori dell’iniziativa legislativa passata oggi in commissione, devono avvertire unicamente i vincoli, le limitazioni, e non gli effetti (pur piccoli, impercettibili, come nel caso della “priorità nel rilascio delle autorizzazioni per la raccolta dei tartufi”) di azioni positive e di “iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all’interno” dei parchi (come pure prescrive l’art. 14 della legge quadro sulle aree protette n. 394/91).
Mi auguro che, con il passaggio in Aula della proposta di legge, tutti i Colleghi Consiglieri possano inquadrare negli esatti termini la questione.
ENZO COLONNA