La discussione svoltasi oggi in Consiglio regionale sulla proposta di legge finalizzata a prorogare al 31 dicembre 2020 il termine di applicazione degli interventi previsti dalla legge regionale sul cosiddetto “Piano Casa” è stata caratterizzata da animosità e toni duri tra maggioranza e opposizioni, oltre che all’interno della stessa maggioranza di governo, al punto da non consentire di raggiungere un obiettivo, in realtà, ampiamente condiviso (appunto, la proroga) al fine di continuare ad assicurare sostegno al settore dell’edilizia.
In Aula, infatti, si sono con forza confrontate due diverse visioni dell’urbanistica, entrambe comprensibili, legittime e portatrici di elementi di veridicità e ragionevolezza, che, però, non si è stati in grado di ricondurre a sintesi, nonostante ci fossero, in realtà, tutti i presupposti per raggiungere un punto di mediazione avanzato tra due posizioni non del tutto inconciliabili.
In tal senso, certamente, militava l’emendamento da me proposto all’art. 4 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (recante “Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio esistente”) finalizzato proprio a individuare, al di fuori di ideologiche contrapposizioni, un punto di equilibrio possibile, in modo del tutto coerente con la disciplina in materia di perequazione e compensazione urbanistica approvata dal Consiglio regionale nella scorsa primavera (l.r. 30 aprile 2019, n. 18, recante “Norme in materia di perequazione, compensazione urbanistica e contributo straordinario per la riduzione del consumo di suolo”).
In particolare, l’emendamento da me presentato [è possibile leggere il testo della proposta di legge e dei relativi emendamenti depositati da qui] era finalizzato ad affrontare il tema generale e più spinoso dei cambi di destinazione d’uso, con riferimento agli interventi di demolizione e ricostruzione realizzati non solo nelle aree produttive (zone D) ma anche in quelle destinate a servizi, attrezzature ed impianti di interesse generale (zone F), prevedendo che le volumetrie derivanti dagli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici non residenziali, che insistano su aree non destinate alla residenza dagli strumenti urbanistici, possano essere utilizzate a fini residenziali solo nell’ambito di uno specifico piano adottato dal comune (Piano di Intervento ex art. 10 della l.r. 18/2019 o Programma Integrato di Rigenerazione Urbana ex art. 2 della l.r. 21/2008).
In tal modo si sarebbe andati certamente incontro alle argomentazioni di chi contesta la possibilità, oggi prevista dalla norma, di modificare, in sede di demolizione e ricostruzione, la destinazione d’uso di un immobile a prescindere dalla vocazione dell’area su cui insiste, così come definita dallo strumento urbanistico vigente, senza però precludere del tutto l’eventualità di operare in tal senso solo nell’ambito di un piano tutto orientato alla riqualificazione e rigenerazione urbana da realizzarsi appunto con il ricorso agli strumenti della compensazione urbanistica e delle misure premiali.
Il fragore del dibattito, però, non ha consentito di affrontare con pacatezza e serenità il merito della questione, precludendo la possibilità di trovare un compromesso tra posizioni solo apparentemente molto distanti.
Mi auguro che alla ripresa dei lavori consiliari si possa valutare con maggiore tranquillità la soluzione da me prospettata che consentirebbe di raggiungere l’obiettivo ampiamente condiviso di prorogare il Piano Casa e, conseguentemente, gli effetti benefici che lo stesso ha prodotto e può continuare a produrre per tutto il comparto edilizio, superando taluni aspetti di obiettiva criticità che sono stati evidenziati da più parti.
ENZO COLONNA