21.2.2009 – 21.2.2019
Ricordo Fabio ogni anno, allo stesso modo, con la bella prima pagina che Antonio Cornacchia compose per Carta Libera, il periodico che ci inventammo negli anni ’90 con uno straordinario, unico, gruppo di amici. Fu in occasione della mancata rielezione di Fabio al Parlamento, per una manciata di voti, che fu una grave perdita, in termini di rappresentanza, del nostro territorio. So, peraltro, quanto duri, di isolamento e incomprensioni, siano stati gli ultimi sette otto anni della sua lunga esperienza politica e civica.
Lo ricordo ogni anno perché a me piace il culto dei defunti. Lo pratico ogni giorno con le persone più care che non ho più, fisicamente, accanto a me. Mio Padre, mia Madre, il mio Maestro di vita e di diritto. Non la retorica, l’agiografia. Mi piace il culto dei defunti che impegna ad essere all’altezza dell’amore, dell’affetto, dell’orgoglio o dell’amicizia che ci riservavano da vivi. I nostri defunti non sono immaginette o santini. I sentimenti e le qualità che in loro riconoscevamo e amavamo devono essere vissute, animare la vita quotidiana. Praticate, non solo dichiarate. Altrimenti, diversamente, sono pretesti, alibi o altro ancora.
Un culto che mi ricorda sempre che le parole, i sentimenti, l’affetto, l’amore li dobbiamo rivolgere ai vivi, li dobbiamo esternare. Alimentano le relazioni, alimentano le persone, le tengono in vita, sono impulsi di vita. Le parole, ai morti, non servono. Ai vivi, sì, anche quando servono a dire loro che sbagliano.
Come ricordavo ieri, citando la “cecità” di Saramago, scrittore amato da Fabio, nella bella serata di presentazione del saggio di Michele Cozzi, il male, l’urgenza, dei nostri tempi è l’indifferenza. Che ci fa regredire ad uno stato animalesco e che uccide.
„Forse è proprio vero che di fatto non esistiamo finché non c’è qualcuno che ci vede esistere, che non parliamo finché qualcuno non è in grado di comprendere ciò che diciamo; in sintesi, che non siamo del tutto vivi finché non siamo amati.“, scriveva Alain de Botton, in un passo che spesso riprendeva il mio Maestro, Michele Costantino.
Buona giornata.
Affronto la mia, come tento ogni giorno, nel cuore, nella mente e nell’azione, gli insegnamenti e i sentimenti dei miei Padri (mio Padre, mia Madre, il Maestro, Fabio, pochi altri riferimenti ideali): l’attenzione per le persone (fatta di risoluzioni di piccoli e grandi problemi, di lavoro quotidiano, di serietà, di governo della realtà, spesso solo di semplici gesti e parole) e l’idea che la politica non possa rinunciare al dovere di essere speranza, non limitarsi ad alimentarla, anche quando non la si ha per sé.