Il Consiglio dei Ministri ha deliberato ieri, 21 giugno, di non impugnare la legge da me proposta e approvata a larghissima maggioranza dal Consiglio regionale pugliese circa due mesi fa (la n. 16 del 30.04.2018), che punta a valorizzare e promuovere i prodotti agricoli e agroalimentari “a chilometro zero”, istituendo anche un apposito segno distintivo.
Rispetto a due sole osservazioni pervenute dai ministeri, nei giorni scorsi è stata concordata una lieve modifica dell’art. 13, dedicato al commercio di tali prodotti. In particolare sono state eliminate, per un verso, l’indicazione di una superficie minima da riservare alla vendita dei prodotti a km 0 negli esercizi commerciali per poter beneficiare di incentivi da parte del Comune e, per l’altro, la previsione di una riserva minima di posteggi nei mercati.
Sulla base di tale intesa, il Governo nazionale ha dato il definitivo via libera alla legge regionale.
Si tratta di un’ottima notizia, che conferma la bontà di questo articolato e organico intervento legislativo, che, ricordo, per la prima volta in Puglia ma anche nel panorama normativo nazionale, si propone, per un verso, di sostenere le produzioni di qualità e a basso impatto ambientale e, per l’altro, di promuovere la loro diffusione e commercializzazione, favorendo altresì la vendita diretta da parte degli stessi produttori agricoli.
La proposta, presentata lo scorso a giugno del 2017 a valle di una lunga fase di elaborazione e di una proficua interlocuzione con organizzazioni del mondo agricolo (in particolare con la Coldiretti Puglia, che ringrazio per gli argomenti e gli spunti di riflessione forniti), è scaturita dalla necessità di intervenire sul piano legislativo per invertire la rotta nei processi di commercializzazione e distribuzione dei prodotti agricoli. Negli ultimi decenni, infatti, si sono consolidate le cosiddette “filiere lunghe”, modalità di distribuzione dominate da imprese di grandi dimensioni che operano su mercati globali. Tale processo ha condotto all’omologazione delle colture agricole, all’impoverimento della diversità biologica e culturale, nonché di gusti e consumi, e all’incremento dei costi ambientali (dovuto ai molteplici passaggi intermedi della distribuzione). Ha inoltre decisamente ridimensionato la possibilità per il cittadino-consumatore di esercitare un effettivo controllo sull’origine e sulle modalità di produzione di ciò che acquista e consuma.
Tuttavia, in anni recenti, numerose iniziative hanno cercato di ricondurre i prodotti agroalimentari al loro luogo di origine e di restituire visibilità e dignità al lavoro dei produttori, secondo un modello di «filiera corta», radicata cioè nel territorio in cui il prodotto è coltivato e quindi legata alle sue risorse naturali, culturali e sociali. Un approccio che consente anche di salvaguardare l’ambiente.
La legge regionale punta perciò a valorizzare nel territorio regionale i prodotti agricoli e agroalimentari «a chilometro zero», ossia quelli che soddisfano congiuntamente requisiti di sostenibilità ambientale e di qualità alimentare (prodotti di qualità certificata, di aree protette, di risorse genetiche autoctone, a marchio collettivo, ecc.), promuovendone l’acquisto e il consumo da parte delle pubbliche amministrazioni e da operatori commerciali privati, garantendo ai consumatori una informazione trasparente, puntuale ed efficace in ordine alla tracciabilità dei prodotti.
Quanto al primo requisito è necessario che, per il trasporto dal luogo di produzione a quello presumibile di consumo, siano prodotti meno di 25 kg di anidride carbonica equivalente per tonnellata (si stima, per rispondere a tale requisito, che una tonnellata di prodotto non possa percorrere più di 110 km circa tra un punto e l’altro).
Diversi gli interventi previsti:
- disposizioni per favorire l’utilizzo di prodotti a “km 0” nell’ambito dei servizi di ristorazione collettiva e nelle forniture di prodotti alimentari gestiti da enti pubblici, con la previsione di criteri preferenziali, nelle procedure di aggiudicazione dei relativi appalti, per le imprese che garantiscano l’utilizzo di questi prodotti per almeno il 35%;
- disciplina della vendita diretta da parte dei produttori;
- disposizioni in ordine alla diffusione e commercializzazione di tali prodotti, con la previsione di incentivi a favore degli operatori del settore della ristorazione, della ricettività e della distribuzione che assicurino soglie minime di prodotti a “km 0”;
- previsioni indirizzate ai Comuni nella programmazione dei mercati finalizzate a favorire la vendita diretta e la vendita di prodotti a “Km 0”;
- creazione di un marchio «Puglia Km 0», un segno distintivo destinato a certificare la provenienza dei prodotti oltre che delle attività che ne fanno uso;
- disposizioni dirette a garantire ai cittadini, anche attraverso una specifica sezione del portale web della regione, le informazioni sulle iniziative regionali di promozione dei prodotti a “km 0” e l’elenco delle imprese che assicurano la vendita o l’utilizzo di tali prodotti.
Con tali misure, che saranno avviate grazie a una iniziale dotazione finanziaria di 500 mila euro, si intende sostenere sul territorio regionale nuovi modelli di distribuzione e vendita, innescando nuove economie e valorizzando il lavoro delle piccole e medie imprese agricole pugliesi.
Un provvedimento dunque “di sistema”, atteso da anni da produttori e consumatori, frutto anche di un proficuo confronto avviato cone le organizzazioni del settore del Commercio (Confcommercio, Confesercenti) e che, nel corso del suo iter di approvazione ha ottenuto pieno sostegno da parte di importanti organizzazioni del mondo agricolo (come CIA e Coldiretti), dell’ANCI Puglia, del Governo regionale delle strutture regionali di riferimento.
Alla Giunta regionale spetterà ora il compito di disciplinare, entro novanta giorni dalla pubblicazione della nuova legge, gli aspetti di dettaglio delle singole disposizioni.