Dubbi e preoccupazioni sulla qualità del grano importato. Necessaria legge regionale che valorizzi produzioni di qualità e di filiera corta e che tuteli salute dei consumatori.
La notizia del sequestro, avvenuto nel porto di Bari, di 50 mila tonnellate di grano proveniente dal Canada per la sospetta presenza di sostanze nocive in percentuali superiori ai limiti consentiti dalla legge, desta grande preoccupazione.
Da tempo i dubbi sulla qualità del grano importato sono legati alla sospetta presenza di micotossine e al trattamento delle coltivazioni con glifosato, un potente diserbante, utilizzato (nei territori più umidi e freddi rispetto ai nostri) proprio nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire – in modo artificiale – un livello proteico elevato. Una pratica, quest’ultima, vietata in Italia.
Una situazione che perdura da tempo e conferma ancora una volta l’attualità e la centralità del tema della tracciabilità delle materie prime utilizzate dall’industria della trasformazione nel settore agroalimentare e, più in generale, della qualità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole.
Un tema su cui è necessario e ineludibile un intervento normativo da parte della Regione, che persegua l’obiettivo di valorizzare e promuovere le produzioni agricole del nostro territorio e i prodotti agroalimentari derivanti da ‘filiera corta’ o a Km 0, caratterizzati cioè dalla “prossimità” tra produttori agricoli e consumatori finali. Si tratta, quindi, di prodotti di origine locale in grado di coniugare qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale dei sistemi di trasformazione e distribuzione.
È, questo, un tema su cui sono già impegnato da tempo con un lavoro sviluppato anche di concerto e con il contributo di realtà rappresentative del mondo agricolo e che a breve sarà presentato più in dettaglio