L’appuntamento di oggi del PD

L’appuntamento di oggi del PD non mi lascia indifferente, sebbene non mi possa iscrivere tra i suoi elettori o simpatizzanti e sia da sempre solo un irregolare della sinistra. Non lascia indifferente perché, comunque e comunque la si giudichi, si tratta pur sempre della maggiore organizzazione destinata a rappresentare gli elettori che, un tempo, avremmo indicato di centrosinistra.
Quando c’erano i partiti, c’erano anche le sensibilità necessarie e utili ad individuare il giusto interprete di un sentire comune di una parte della società, prima ancora di una linea politica. Non servivano le primarie che qui in Italia, poi, si è stati in grado di tradurre con tratti spesso grotteschi.
Un partito non avrebbe mai immaginato che una figura come Renzi che, pur avendo energia, forza, numeri e intraprendenza mai avuti dai predecessori, è riuscito nell’impresa di “suicidare” sé, la sua esperienza di governo e soprattutto di generare, con decisioni folli e sconclusionate (scuola, lavoro, ambiente, assenza di una qualsivoglia strategia per il Mezzogiorno, legge elettorale, riforma costituzionale), così tante reazioni avverse, divisioni, lacerazioni, risentimenti all’interno del partito, con i naturali alleati e soprattutto nell’elettorato. Un dato, questo, per giunta chiaramente “certificato” dagli esiti referendari del 2016, che avevano indotto lo stesso Renzi a dimettersi e a comunicare addirittura il ritiro a vita privata. Annuncio, anche questo, smentito dai fatti.
Un partito, di quelli di un tempo, strutturati e sensibili, mai si sarebbe sognato di riproporsi agli elettori con lo stesso interprete. Sarebbe stata e sarebbe la prefigurazione di un’ineluttabile prossima sconfitta. Così non è andata.
Nel giorno in cui tanti, non tantissimi, si recheranno ad indicare il segretario di quel partito, pensando alla prospettiva di una conferma di Renzi alla guida del PD, anziché ad una nuova, mi è tornata alla mente la storiella di quello che cade nel vuoto da un grattacielo. Cadendo e passando da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Il problema, però, non è la caduta, ma l’atterraggio.