Quello scampato ieri, a costo, però, di lunghi mesi dedicati esclusivamente alla campagna referendaria piuttosto che al difficile compito di governare il Paese, era il rischio di una macelleria costituzionale e istituzionale.
Ricordo due dati, perché dobbiamo a noi stessi, in primo luogo, memoria, questa sconosciuta ormai:
– Non si cambia la Costituzione a strettissima maggioranza, per giunta non espressione del voto popolare ma frutto di maneggi parlamentari (cambi di casacca e scambi di potere). Non cambia così radicalmente la Costituzione un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale (Porcellum). Non si cambia la Costituzione con l’alternativa secca “o tutto o niente”. Non è il Governo a cambiare la Costituzione. Non si cambia la Costituzione come se fosse un videogioco, un torneo ad eliminazione diretta, una prova muscolare sul “chi è più forte”.
– Un tentativo di riforma che si abbinava ad una vergognosa legge elettorale (l’Italicum), che andrebbe subito spazzata via, a mio parere, con il ripristino del maggioritario con collegi uninominali.
A diversi contatti e amici, nostalgici del tempo e del presidente persi, voglio dire che rammarico e nostalgia sono immotivatamente sprecati. Certo, colpiscono le dimissioni del presidente del consiglio, un atto che gli fa onore, perché segue per una volta alle sue parole, ma ancora una volta tutto incentrato sulla sua persona, autoreferenziale.
Diciamola tutta. Tutta questa storia si è risolta con uno scampato pericolo. Ecco, nulla che soddisfi e appaghi, ma, alle condizioni date, è un successo essere riusciti a evitare danni irreversibili. Non importa in compagnia di chi. Non devi costruire nulla con costoro, quando devi difenderti non guardi a chi ti accompagna, per calcolo o cinismo, nell’impresa.
Diciamola tutta. Quella di Renzi, è stata una gran cazzata. Una inutile e inutilmente dannosa prova muscolare, infantile, sulla pelle della Democrazia e della Costituzione, quindi di tutti noi. Mi gioco tutto, ha detto. Ha voluto giocare a sasso-carta-forbice e ha perso. Bene, era scontato che prima o poi dovesse andar via. Lui, come tutti coloro che in Parlamento lo stanno seguendo in questa folla avventura, con entusiasmo o solo con opportunistico silenzio. Stiamo sereni. Sopravvivremo. Ma una Costituzione pasticciata, una Democrazia compromessa negli equilibri costituzionali tra istituzioni e poteri, in gran parte ridotti e concentrati nelle mani di pochi, fanno danni irreversibili, che avremmo pianto per decenni. E questo non ha lasciato sereni chi teneva ancora a questo Paese e al suo Futuro.
Contro Renzi, oggi, si è ritorta la medesima logica che ha messo in campo in questi anni di governo e tentato di introdurre come regola di sistema. Quella della giungla, primitiva e pericolosa, la legge del più forte. Come scrissi un anno e mezzo fa almeno, con facile profezia, «una maggioranza incapace di prefigurarsi come minoranza di domani non ha alcun senso delle istituzioni e dello stare insieme, principio non scritto fondante qualunque Comunità e Democrazia. E non ha senso del Futuro e, essa stessa, non ha futuro.»
Costituzione era, è e deve restare patrimonio comune. Non appartiene ad una forza politica, ad un governo, ad una generazione. Non si consuma in una stagione di governo o in una generazione. Non è qualcosa da contemplare o celebrare alla ricorrenza, nella sua fissità. Libertà non significa liberarsi dagli altri, dal dissenso, dalle minoranze, dal “fastidio” dell’altro o del differente da sé, dalla fatica delle regole e procedure democratiche. Democrazia è ogni giorno, ricercando, scoprendo e confermandosi reciprocamente – con generosità, fatica e pazienza, perché ogni relazione ha bisogno di generosità, fatica e pazienza – la necessità di stare insieme, l’orgoglio di sentirsi una Comunità, un Popolo.
Guardiamo avanti. Viva l’Italia. Questo, Sì!