Noi, movimento italiano per la pace, fratelli e sorelle di Simona Pari e di
Simona Torretta, operatrici di pace in Iraq, chiediamo alle persone che le
detengono insieme ai due operatori iracheni, Ra’ad Alì Abdul-Aziz e Mahnaz
Bassam, di liberarli subito. Vi chiediamo di considerare quanto danno state
provocando alla causa della pace e a quella del popolo iracheno.
Come ha scritto l’Unione delle comunità islamiche in Italia, “testimoniate
coscienza di un debito di riconoscenza nei confronti di coloro che hanno
condiviso la sofferenza del popolo iracheno negli anni dell’embargo, che
sono rimasti nel paese quando dal cielo piovevano le bombe, che non l’hanno
abbandonato neanche in questi mesi orribili di confusione e violenza”.
Vi chiediamo di non spezzare il filo di solidarietà che, nonostante e contro
l’embargo prima e la guerra poi, nonostante e contro le scelte del nostro
governo, persone come le nostre sorelle hanno mantenuto tenacemente e
coraggiosamente, ad esempio rifornendo di acqua la popolazione assediata di
Falluja e Najaf.
“Un ponte per”, la loro Ong, insieme a centinaia di organizzazioni sociali e
politiche del nostro paese, ha organizzato gigantesche manifestazioni a
favore della pace e per il ritiro delle truppe straniere dall’Iraq, e ha
cercato di non abbandonare gli iracheni all’arbitrio dell’occupazione
militare.
In nome di questa lotta e della verità , vi scongiuriamo: liberateli subito.
Al popolo iracheno e a tutti gli amanti della pace nel mondo, e in Italia,
chiediamo di aiutarci nel tentativo di salvare la vita di Simona Pari, di
Simona Torretta, di Ra’ad Alì Abdul-Aziz, di Mahnaz Bassam. Erano a Baghdad
a nome di tutti noi. Nella loro prigione siamo anche noi, oggi.
La loro liberazione sarebbe uno spiraglio di luce nel buio della violenza.
Ancora in queste ore, in molte città irachene, la guerra miete vittime
innocenti. Perciò continuiamo a chiedere con fermezza che tacciano le armi,
che termini l’occupazione.
Ogni forma di mobilitazione, di pressione, gli appelli e le fiaccolate, i
messaggi ai rispettivi governi sono i mezzi di cui disponiamo, noi popolo
della pace. Usiamoli tutti, adesso.
Al movimento italiano chiediamo di scendere in piazza, in ogni città , da
subito, con i colori dell’arcobaleno e nel nome delle nostre sorelle e dei
nostri fratelli sequestrati in Iraq.
Il Comitato italiano Fermiamo la guerra, organizzatore delle marce del 15
febbraio 2003 e del 20 marzo 2004
Un ponte per Baghdad