CHE FARE?
A questo punto risuona lo stringente interrogativo di Lenin: che fare?
Questa è l’essenziale domanda, in cui ogni altra si risolve, che le chiare e dure parole del consigliere regionale Pietro Pepe hanno risvegliato (clicca qui).
La validità di una risposta esige metodi e contenuti validi. La risposta – io credo – viene dai tempi lontani, dai tempi della nostra elezione al governo della città nel 2001, dall’entusiasmo e dalla fiducia che riuscimmo a conquistare. Ed esige una ferma e scabra sincerità . Esige, ora e per quanto ancora possibile, il recupero di quell’entusiasmo e di quei propositi iniziali. Esige che il volére politico si converta in valére amministrativo. La scelta dei metodi e dei contenuti è indispensabile, perché il politico non può restare sospeso nel vuoto. Ha bisogno di univocità e stabilità dei punti di vista, idonei a determinare l’appartenenza di una scelta a un dato schieramento. Ecco perché è apprezzabile e condivisibile la domanda di chiarezza e di senso sollevata da Pepe dinanzi a membri della coalizione schierati con il centrodestra nelle prossime competizioni elettorali e dinanzi ad un’esperienza amministrativa erosa e sconvolta.
Che fare, dunque?
Coltivare un quieto attendismo, e vedere come il dramma (fra poco? fra molto?) si svolga e concluda? Oppure mobilitare le energie superstiti intorno ad una nuova (nei metodi e nei contenuti) stagione amministrativa ed erigerla ad estrema linea di generalità e stabilità ? Rimettersi al gioco perdente delle parti e dei tatticismi che ha visto aprire e chiudere, senza chiarezza e senza discontinuità , crisi in questi tre anni e piegarsi alla sorte “cinica e bara”? O innalzarvi di contro la volontà di nuovi disegni politici, di nuove stagioni amministrative?
Se questa seconda è la prospettiva che ci si propone, chiunque abbia condiviso l’esperienza elettorale di tre anni fa, quindi anch’io, non può che sentirsi coinvolto.
Questo intervento si è aperto con una domanda, con alcune domande si chiude. D’altronde, domandare, diceva Heidegger, è la pietà del pensiero.
L’importante è che ci sia un pensiero, sia chiaro, e che i punti in comune risaltino nelle azioni.
Altamura, lì 4 giugno 2004