Chiedo al papa di scomunicare Bush

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Chiedo al papa di scomunicare Bush

di Giorgio Falck

Fra poco più di un mese una pioggia di tremila bombe cadrà  sull’Iraq, il bombardamento durerà  una settimana e porterà  il paese al collasso. Così prevede la pianificazione militare americana. Considero il bombardamento su obiettivi civili come la forma più bassa e più ignobile della guerra: dall’alto si sgancia in tutta sicurezza, in basso si soffre e si muore nella totale impotenza; tanto più ignobile se chi bombarda è la più grande potenza militare mondiale e sotto vi è una nazione inerme, miserabile, e stremata da dieci anni di sanzioni e da una dittatura nefasta.

Per una mia particolare curiosità  ho molto letto sui bombardamenti: Dresda, il bombardamento incendiario su Tokyo, Hiroshima; eventi orrendi, ognuno di loro ha causato circa centomila morti civili, morti terribili, gente bruciata viva con sofferenze inenarrabili. Per me sono dei veri e propri crimini umanitari, di un’efferatezza appena inferiore alla Shoah e ai Gulag sovietici; ma per lo meno avevano la parziale giustificazione di avvenire verso la fine di una guerra micidiale, quando gli animi esacerbati dai propri morti avevano perso ogni razionalità  e ogni regola morale.

Lo stesso si può dire dei terribili bombardamenti su Hanoi, ma anche in questo caso avvenivano cinque anni dopo l’inizio della guerra in Vietnam, e gli americani erano frustrati da una guerra che stavano per perdere, e contavano già  più di trentamila morti. Ciò nondimeno, Hanoi resta un’onta dell’amministrazione Nixon e dell’America intera.

Nel caso Iraq, invece, la cosa avviene a freddo, chirurgicamente, preventivamente: certo i numeri previsti sono ben minori che nei casi precedentemente citati. Facciamo un po’ di conti: ipotizzando (ottimisticamente) che in media ogni bomba faccia due morti, vi saranno «solo» seimila morti. Contando che in quel paese la popolazione sotto i quindici anni rappresenta il venticinque per cento, saranno fatti a pezzi millecinquecento bambini. E tutto questo per il petrolio!

Va anche aggiunto che questa è la prima volta che l’America scatena una guerra, precedentemente le aveva tutte subìte: nel caso della Seconda Guerra Mondiale era stata trascinata per i capelli dal proditorio attacco su Pearl Harbor; nel caso della Corea e del Vietnam è venuta in soccorso di nazioni non comuniste attaccate da regimi comunisti; nella precedente guerra del Golfo è intervenuta a liberare il Kuwait; nel Kosovo a fermare un macellaio.

Oggi ha inventato la perversa formula della guerra preventiva, applicando una logica molto semplice: sono più forte, dunque attacco. La stessa logica che aveva Hitler nel ‘38.

Si sta cioè perpetrando un altro grave crimine umanitario, senza che nessuno di fatto ne parli, i media preferendo gingillarsi con le parole di improbabili e forse inesistenti «armi di distruzione di massa»!

Quando ci si avvicina ad un grave crimine umanitario, è dovere di tutti noi fare il massimo per impedirlo, ed in primo luogo spetta a coloro che ne hanno il potere e la statura morale.

In particolare penso al Papa, la massima autorità  etica del mondo. Gli consiglierei di non accontentarsi di «auspicare» la pace, ma di fare un gesto clamoroso per impedire la guerra, recandosi personalmente a Baghdad a fare da scudo umano. La sua figura, già  così straordinaria, assurgerebbe all’eroismo.

Un’altra possibilità  è che egli usi un’arma medioevale, oggi desueta, ma di cui ha ancora possesso: la scomunica di Bush in caso di guerra; ciò avrebbe un grosso peso, in quanto gli farebbe perdere parte dell’elettorato cattolico americano, condannandolo, per lo meno, alla sconfitta elettorale.

L’ultimo appello lo faccio a Chirac, lo statista che con Schroeder ha dimostrato statura e indipendenza intellettuale. Chirac ha il diritto di porre il veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu? Ebbene, usi questo diritto. Oggi dopo l’11 di settembre e il disastro dello Shuttle l’America si interroga se Dio è arrabbiato con loro. Penso che di fatto sia un po’ arrabbiato, ma non è certo così «interventista» da dare dei segnali così cruenti.

Quello che invece è certo è che metà  dell’umanità  è arrabbiata con gli Stati Uniti, e ne brucia le bandiere in piazza. Sarebbero certamente più popolari se dopo aver bombardato il mondo dalle loro fortezze volanti per cinquant’anni, non avessero l’intenzione dichiarata di continuare su questa strada, e soprattutto se capissero una volta per tutte che i bambini sono più importanti del petrolio.