25 aprile: tra vuoti di memoria, di idee e non-luoghi.

L`ho vissuto in quella Germania dalle cui truppe di invasione e dal cui nazismo l`Italia si liberò definitivamente il 25 aprile del 1945.
Ma sono andate davvero così le cose? Non è forse una lettura di comodo, autoassolutoria ed autoconsolatoria, pensare che il male sia stato e sia negli altri, sia venuto e venga dagli altri, che lo si subisca e se ne resti vittima o contagiati, che sia un fenomeno di importazione?
Ed il nostro fascismo, i nostri fascisti? Quanti erano? Cosa pensava e faceva la -´maggioranza silenziosa` di quegli anni? Dove affondò le sue radici il fascismo ed il suo regime? In quali sentimenti e pulsioni, pregiudizi ed errori, falsità  e superficialità , errori e sottovalutazioni, frastuoni e frustazioni, retoriche e parole, trovò alimento e forza?
Ne siamo ora immuni? Cosa fa e pensa la -´maggioranza silenziosa` di questi giorni? A sentire il nostro primo ministro il 90% la pensa come lui!
Non voglio però rischiare di scivolare pericolosamente io stesso, antiretorico per costituzione, in una retorica sciatta e quotidiana… non voglio parlare di nuovi regimi o di sospetti tali.
Ma in una giornata (normale, non celebrativa) caduta in un momento in cui intenso, inequivocabile è il lezzo che si leva insolente e prepotente dalle fogne di mezza Europa (e quando penso all`Europa, alludo ai suoi paesi, alle sue città , piccole e grandi, anche alla nostra) formando condense di diversa consistenza e forma (demagogia, razzismo, nazionalismo, populismo, antisemitismo, repulsione ed odio per l`avversario ed il diverso che diventano il nemico da eliminare, intolleranza o fastidio per il dissenso o la critica), nel momento in cui le regole e gli organismi di una democrazia ed il diritto e la legge vengono vissuti dai più con sopportazione e diffidenza, con un senso di fastidio ed inutilità  (Fabio Perinei ha scritto del declino dello -´spazio pubblico` da luogo della partecipazione e decisione a -´non-luogo`; tempo fa, in consiglio comunale ed in questo sito, parlai di -´vuoto in un circolo di ambizioni ed interessi personali`), mi sono venute in mente alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa da esponenti pubblici ed un articolo.
Strana la capacità  associativa della nostra mente… si muove secondo una logica random, mette insieme frammenti di vita, spezzoni di emozioni e di razionalità  raccolti chissà  dove e li fa diventare ragionamento, riflessione, convincimento.
Così come sono li propongo, senza indugiare ad esplicitare le intime connessioni che li tengono insieme e che forse ai più resteranno oscure. I cinque frammenti si legano peraltro anche all`interessante intervista di Chomsky segnalata da Ant.
L`articolo di Amos Luzzatto lo custodisco gelosamente nel mio mail box da un anno, per il suo contenuto e per l`amicizia che mi lega alla persona (un giovane giurista tedesco, Jonas Hees, raffinato amante della nostra lingua, cultura e terra) che me lo ha inviato. Quanto alle dichiarazioni, quella di Pannella è tratta dal Corriere della Sera del 18 aprile 2002 (articolo di Francesco Merlo, 0, 0); quelle di Santoro (intervistato da Curzio Maltese), di Fassino e di Violante (a commento del risultato elettorale del primo turno delle presidenziali francesi) sono state riprese dal sito www.repubblica.it.


enzo colonna

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Il valore della Libertà 
il rispetto della Legge

di AMOS LUZZATTO*

Credo di interpretare i sentimenti di tutti gli ebrei italiani facendo giungere il mio augurio personale e quello della Comunità  che rappresento pro tempore a tutti gli italiani, a tutti i nostri concittadini che condividono con noi ansie e preoccupazioni ma anche intenzioni e speranze. La Pasqua cristiana, che giunge quest’anno a conclusione degli otto giorni delle festività  pasquali ebraiche, ci spinge a fare alcune brevi considerazioni.

Esse sono centrate su due parolechiave ebraiche: la prima è la parola cherùt, che vuol dire «libertà ». È certo che la festività  ebraica commemora ed esalta la liberazione di un popolo intero dal giogo della schiavitù. Non si tratta certamente di un evento secondario nella storia dell’umanità , se ancora ai nostri giorni esso si rivela a tal punto attuale da essere in grado di mobilitare le coscienze e di indurre a sacrifici tutti coloro che vogliono ottenere la libertà  quando viene loro negata e difenderla ardentemente quando viene minacciata. Ma la tradizione ebraica non fa della libertà , di qualunque forma di libertà , un valore assoluto. La liberazione dall’Egitto è seguita immediatamente (si potrebbe anche dire che essa ha lo scopo preciso) dalla tappa del Monte Sinai, che rappresenta l’accettazione della legge, di una disciplina, la sottomissione a determinati vincoli, a obblighi sia positivi che negativi. Non vi è contraddizione in tutto questo? La libertà  non parrebbe in contrasto con il concetto stesso di vincoli? Non si tratta forse di una libertà  che nega se stessa nel momento stesso in cui si afferma? Anche questa domanda pare essere di scottante attualità , tanto da farsi spesso, più che un problema di storia, un frammento di cronaca dei nostri tempi.

I Maestri ebrei dell’antichità  citavano il versetto del libro del Levitico (32, 16) che suonava: «E lo scritto era scritto di Dio, inciso sulle Tavole». Si parla evidentemente delle Tavole della Legge e dei Dieci Comandamenti, pilastro e avvio di una legislazione nella quale i «vincoli» non mancano davvero. Ma la parola «inciso» suona in ebraico charùt, termine che si distingue per una sola vocale da cherùt, che abbiamo già  detto significare «libertà ». E in una lingua dalla scrittura solo consonantica come quella ebraica, le due vocali possono essere facilmente interscambiate. «Non si deve leggere -dicono pertanto i Maestri – inciso sulle Tavole, bensì «la libertà  è sulle Tavole». In altre parole: è proprio la legge quella che dà  la libertà . A pensarci bene, sembra una banalità : una società  è libera se tutti i suoi membri godono della stessa libertà ; e a garanzia di questi «tutti» c’è, appunto, la legge (che vale, egualmente per tutti). Ma è tanto poco banale che ne discutiamo ancora, dopo millenni.

La seconda parola chiave ci spiegherà  meglio il concetto. Essa è ger, che significa approssimativamente «un forestiero che risiede per un tempo più o meno lungo nel territorio, che non possiede terre ma che vive del proprio lavoro». In tutta la Bibbia, ger rappresenta (come le vedove e gli orfani cui è parificato) una categoria debole, che sarebbe alla mercé dei più forti, dei «liberi» cittadini, che dovrebbe subire umiliazioni e discriminazioni se non intervenisse la Legge per proteggerlo, vista la sua inferiorità  obiettiva. «Il ger sia per voi come uno dei vostri cittadini. Tu lo amerai come te stesso, poiché anche voi siete stati gerim in Terra d’Egitto» (Levitico 19, 34).

Troppe volte la libertà  non è stata intesa come libertà  per sé e per il proprio prossimo. Troppe volte è stata trattata come se fosse un bene da acquisire per colui che dispone dei mezzi per farlo. Allora la libertà  si trasforma nel diritto di esercitare il potere; e in questo caso è sempre il diritto dei pochi nei confronti dei molti.

Viviamo dunque questa ricorrenza festiva con serena consapevolezza. Dai tempi più antichi, essa ci ricorda che cosa sia o debba essere una società  umana matura; una società  che difende la libertà  nel rispetto e nel sostegno dei più deboli. E che accetta e riconosce dei doveri, che spetta alla legge sancire, delle regole che il nostro senso morale c’impone di accettare.

*Amos Luzzatto è presidente dell’Unione Comunità  Ebraiche Italiane

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“Ci sono troppe splendide cose che potremmo fare con il nemico per pensare di eliminarlo”
(Marco Pannella)

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Uno stralcio dell`intervista a Santoro.
Curzio Maltese: Conosce Berlusconi, ha lavorato a Mediaset. Si aspettava un attacco così violento da parte del suo ex editore? Lei lo ha definito un vigliacco. Un termine forte, quasi alla Mancuso.

Michele Santoro: “Come definire uno che, con il suo potere, da presidente del consiglio e padrone del novanta per cento dell’informazione, attacca personalmente due giornalisti e un comico? E’ una lotta impari”.

C.M.: Creare un nemico assoluto fa parte però della politica berlusconiana.

M.S.: “Lui punta sempre alla personalizzazione esasperata, sulla creazione del nemico. Anche perché sul piano della lotta personale può far pesare tutto il proprio gigantesco potere. Ma qui c’è dell’altro, una strategia”.

C.M.: E quale sarebbe?

M.S.: “Berlusconi si è stufato perfino del finto duopolio Rai-Mediaset, punta direttamente a un monopolio, al controllo totale. Sa che oggi può ottenerlo e quindi stringe i tempi. Vuole un monopolio come l’aveva la vecchia Dc. Ma con la differenza che almeno quello si sposava con un progetto politico, economico e perfino tecnologico di crescita del Paese e del sistema televisivo. Questo sarebbe un monopolio regressivo, un salto all’indietro”.

C.M.: Ma perché tanta rabbiosa fretta?

M.S.: “Già , in fondo Berlusconi ha ottenuto tutto l’immaginabile, di chiudere nel cassetto il conflitto d’interessi, di nominare i suoi alla Rai, perché doveva pretendere anche lo scalpo di un paio di giornalisti, visto che Luttazzi è già  fuori? Ma perché è la sua natura e quella del berlusconismo, un progetto egemone. Il grande errore della sinistra, e non solo, è stato pensare che nel berlusconismo la politica potesse un giorno separarsi dalla proprietà  delle televisioni. Ma non è così. Per Berlusconi tv e politica sono la stessa cosa”.

C.M.: In questo, secondo lei, Berlusconi sarebbe peggio di Haider?

M.S.: “Non ho detto peggio, ho detto che è un fenomeno più importante di Haider, che andrebbe studiato di più. Anche dal resto d’Europa, per il quale rappresenta una minaccia. Separare tv e politica è la vera battaglia democratica del presente e del futuro. Altrimenti questo connubio si estenderà . Berlusconi ha già  provato a sbarcare nel resto d’Europa da imprenditore, anni fa, e ha fallito. Ora prova a sbarcare in Europa da imprenditore della telepolitica. C’è riuscito in Spagna, dove ha una televisione che sponsorizza il governo Aznar e ne è affettuosamente ricambiata. Ci ha appena provato in Germania, col tentativo di rilevare il gruppo Kirch. Tentativo bloccato da Schroeder. Ma se vincesse Stoiber? E vedrà  che in Russia, con l’amico Putin, qualcosa verrà  fuori. Questa saldatura fra potere televisivo e populismo è profondamente, pericolosamente anti europea. Molto più delle sparate di Haider o di Bossi”.

C.M.: E’ la teoria del partito azienda su scala continentale.

M.S.: “E sarebbe doppiamente grave perché c’è l`esperienza italiana. Almeno qui abbiamo l’alibi di esserci trovati di fronte a un problema nuovo. Come disse Giuliano Amato, era la prima volta che un gruppo industriale usciva da una crisi riconvertendosi in gruppo politico, trasformando la politica nel nuovo core business”.

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“Quello che più inquieta è la diffusione del fascino di parole d’ordine populiste che tengono assieme la vecchia tradizione di destra con strati popolari che di fronte alle mille paure e angosce trovano così rassicurazione. Se un tempo il populismo era arginato dalla sinistra, oggi proprio il populismo sfonda nell’elettorato della sinistra e ne raccoglie i consensi”.
(Piero Fassino)

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“Un partito di sinistra non può andare alle elezioni con un programma sfocato e anodino. Non mi è sembrato che quella campagna fosse caratterizzata da un valore forte e invece c’è bisogno di mettere in campo opinioni forti, perché opinioni deboli non convincono”.
(Luciano Violante)