Gli errori politici sono peggio di un crimine, ma con le dichiarazioni selvagge del premier contro le star della tv dell’Ulivo c’è l’abbinata: l’errore e l’abuso di potere. Che Enzo Biagi non ci sia simpatico, si sa: dalle uova a Benigni a una quantità di sberleffi e di critiche (leggetevi l’Andrea’s Version di oggi), abbiamo la coscienza a posto e vantiamo anche una bella e pluridecennale primogenitura nell’opposizione alla sua faziosità . Non parliamo di Luttazzi o di Santoro, prediletti bersagli di cento nostri articoli contro l’arroganza manipolatoria del potere mediatico. Ma nessuna “attenuante della provocazione”? può valere di fronte alla caccia al giornalista ordinata con tono autoritario dal proprietario di Mediaset e presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il quale secondo noi, e anche su questo abbiamo dato battaglie esplicite, può e deve governare in piena legittimità nonostante il conflitto di interessi, ma non può usare per nessuna ragione toni intimidatori, dal suo posto di capo del governo, contro il servizio pubblico radiotelevisivo. Con le dichiarazioni di ieri Berlusconi ha mostrato un tratto di insofferenza e di intolleranza che non corrisponde alla sua storia di editore e al suo profilo personale, e che rischia seriamente di compromettere la sua carriera politica. Si può avere ragione degli altri, e cancellare una postazione nemica dalla quale arrivano colpi bassi fra gli applausi prevedibili delle tifoserie, ma per nessun motivo si possono travolgere le regole del gioco. Un premier ha diritto di criticare i giornalisti, ma non di comportarsi nei loro confronti come un padrone o di adottare toni correzionali. Non è questione di ipocrisia ma di forma e di sostanza. Chi ha un’influenza potenziale su ben sei reti televisive, e molto potere politico e finanziario concentrato nelle sue mani, deve sapersi controllare, deve saper garantire il paese, anche la parte che lo combatte in modi spesso grotteschi, sulla sua freddezza razionale, sul suo rispetto per la libertà di stampa e di opinione. In Italia esiste una società civile matura, non siamo in una giungla dove la vittoria spetta a chi fa uso e abuso della forza. Le sparate manipolatorie di un Michele Santoro possono essere rintuzzate con successo: ci sono autorità che hanno già giudicato i suoi eccessi, comminando multe; c’è un Consiglio d’amministrazione della Rai, appena nominato, che deve fare il suo mestiere di editore di un servizio pubblico; c’è una Vigilanza parlamentare presieduta da un deputato dell’opposizione che proprio ieri, sulle nostre colonne, invitava a mettere in discussione pubblicamente il ruolo demiurgico e demagogico del conduttore unico. L’alternativa non è e non deve essere tra manipolazione populista e intolleranza governativa. Fosse così, Berlusconi lascerebbe un segno nella storia del paese, sì, ma un segno devastante di divisione e di caduta dei principi fondamentali di una società democratica.