C’è qualcosa di nuovo, nella vile uccisione del professore Marco Biagi. Il copione è sempre lo stesso, anche se ogni volta ci coglie di sorpresa e ci fa inorridire. E questa volta è addirittura una calcografia del delitto D’Antona, se si può usare questo termine per un evento sanguinoso. Ma c’è qualcosa di più, che non è un dettaglio ma un mistero che bisognerebbe capire.
Si legge su tutti i giornali che si è trattato di una “morte annunciata”. Non è il titolo di un romanzo sudamericano. Significa che questo agguato mortale era stato autorevolmente previsto cinque giorni prima, non in una palla di vetro ma negli uffici ministeriali e dai servizi di sicurezza. E non in termini generici ma specifici, con l’identificazione della vittima designata.
La dietrologia è un brutto esercizio e neppure voglio chiedere, da comune cittadino, perché le autorità di governo non abbiano provveduto, in quei cinque giorni, a tutelare la vita della persona in pericolo. Dovrebbero bastare una telefonata e due ore di tempo per ripristinare una scorta. Ma il vero interrogativo è: com’è possibile che le autorità e i servizi competenti conoscano tutto di un imminente delitto e ignorino tutto, prima e dopo, dei suoi autori? Così come ignorano tutto, a tre anni di distanza, dei killer del professor D’Antona che sono presumibilmente gli stessi?
Non voglio arrivare alla conclusione che le autorità e i servizi preposti alla sicurezza pubblica siano degli incapaci oltre misura, anche se il sospetto è lecito. E tanto meno che siano in qualche modo conniventi, magari per omissione, anche se in molte occasioni del passato questo sospetto si è dimostrato fondato. Dico che c’è del marcio in danimarca e che nasconderlo con grida manzoniane contro un terrorismo senza volto è una disonestà troppo facile.
Certo basta un singolo delitto come questo, che non è una bomba di carta, per resuscitare allarme nell’animo di tutti. E’ una provocazione sanguinosa che raggiunge un massimo effetto con un minimo sforzo. Ma quale che sia la sua matrice e quali che siano gli esecutori (sicari, estremisti, sigle occasionali, manovalanza malavitosa) non basta per evocare gli anni di piombo per sempre sepolti. E l’oscurità che avvolge questa e altre vicende non ci impedisce di vedere chiaramente che il bersaglio politico siamo noi, è il sindacato, sono i movimenti di lotta, è tutta la sinistra italiana.
Non è una difficoltà in più ma una ragione di più per alzare il livello della mobilitazione contro le politiche dissennate della destra di governo. La manifestazione romana di sabato sarà contro il terrorismo, anzi i terrorismi, ogni terrorismo, in quanto e perché sarà per la democrazia e per il primato del lavoro: umiliando il quale i fondamenti stessi della repubblica e della convivenza civile vengono meno. Sarà un solare primo maggio anticipato, così come il raduno milanese di otto anni or sono fu un eccellente venticinque aprile sotto il diluvio. Poi lo sciopero generale ci ricorderà che a far girare il mondo non è la prepotenza dei potenti ma la fatica materiale e immateriale delle persone in carne e ossa.