Diario di una giornata di delirii

Giovedì
21 marzo 2002
I
fatti del giorno

– 

Come tutte le rivendicazioni
delle Brigate rosse quella
pubblicata oggi su Internet
dal sito Caserta24ore,
e giudicata attendibile dagli inquirenti, è di una noia mortale.
La prosa è al solito farraginosa, infarcita di subordinate e prolissa,
pachidermica, priva di qualsiasi raffinatezza di analisi. Verrebbe da
definirla bulgara e ottusa. Leggendola non puoi fare a meno di immaginare
le sinapsi di chi l’ha redatta e ne senti quasi il rumore, meccanico,
industriale, ottocentesco. Da questo punto di vista, niente di nuovo quindi.
Eccone alcuni brani:
"Con
questa azione combattente le Brigate Rosse attaccano la progettualità 
politica della frazione dominante della borghesia imperialista nostrana
per la quale l’accentramento dei poteri nell’Esecutivo, il neocorporativismo,
l’alternanza tra coalizioni di governo incentrate sugli interessi della
borghesia imperialista e il “federalismo” costituiscono le condizioni
per governare la crisi e il conflitto di classe in questa fase storica
segnata dalla stagnazione economica e dalla guerra imperialista. (…)
Compito di una forza rivoluzionaria come le Brigate Rosse è attaccare
questa progettualità  e così incidere nello scontro politico tra le classi,
in funzione di una linea di combattimento che in questa fase della guerra
di classe deve riferirsi a obiettivi rivolti a produrre disarticolazione
politica dello Stato e in cui si sostanzia l’agire da partito per costruire
il Partito. Con questo attacco le Brigate Rosse operano per spostare in
avanti lo scontro tra le classi e collocano su un punto di forza la posizione
degli interessi politici autonomi del proletariato, facendo così avanzare
la linea politica sulla quale indirizzare lo scontro prolungato con lo
Stato e l’imperialismo, che propongono alle avanguardie e al proletariato
rivoluzionario e a tutta la classe. (…) L’azione riformatrice di Marco
Biagi, esperto giuslavorista e delle relazioni industriali, rappresentante
delle istanze e persino dei sogni della Confindustria, si è espressa nell’Esecutivo
Berlusconi nelle responsabilità  primarie ricoperte nell’elaborazione del
“Libro Bianco”, nell’aver sostenuto le misure di abrogazione dell’articolo
18 dello Statuto dei lavoratori, e nell’essere promotore e conseguentemente
incaricato del compito di guidare l’ apposita commissione governativa,
che ne dovrà  realizzare il definitivo superamento con lo “Statuto dei
lavori” che adeguerebbe la regolazione dei rapporti di lavoro alle nuove
condizioni di mercato, e cioè costituirebbe uno strumento normativo che,
alludendo alla tutela dei nuovi lavoratori precarizzati, in realtà  definisce
le garanzie per i padroni nelle diverse forme di sfruttamento del lavoro
salariato. (…) Non meno degna di nota è la sua responsabilità  nel Patto
di Milano, anticipazione del modello di mercato del lavoro e sociale che
avrebbe voluto oggi generalizzare e con cui si è tentato di ritagliare
il prezzo e le condizioni di impiego della forza-lavoro sulla base nuda
e cruda della ricattibilità  di condizioni sociali di dipendenza particolarmente
svantaggiate, a prescindere e persino in contrasto con le condizioni di
mercato locali della forza-lavoro, con cui veniva dimostrato in modo inequivoco
come gli intenti odierni della borghesia non siano affatto riferibili
alla ideologia liberista che segnò lo sviluppo del capitalismo, non sono
rivolti a lasciare al “libero mercato” il rapporto tra capitale e lavoro,
sciogliendolo da vincoli politici, ma sono tesi a disporne altri a proprio
favore e a garanzia della subordinazione politica del proletariato. (…)
In relazione a questo quadro l’attacco portato dalle Br, nella figura
di Marco Biagi, alla progettualità  politica della borghesia imperialista,
si colloca nella contraddizione dominante tra classe e Stato e sull’asse
programmatico dell’attacco allo Stato e si dialettizza con le istanze
di potere espresse dalla lotta di classe per l’affermazione dei suoi interessi
generali contro quelli della borghesia imperialista, sancendo nella pratica
la necessità  e realizzabilità  di una prospettiva rivoluzionaria politica
e sociale. Il proletariato e la classe operaia in questa fase politica
non sono disposti nello scontro perseguendo autonome finalità  rivoluzionarie,
né sono quindi organizzati in strutture adeguate a praticare e sostenere
la guerra necessaria. Il proletariato si misura con le forzature della
classe dominante, con l’obiettivo di resistervi e con l’aspirazione a
conquistare posizioni sociali e politiche più avanzate e utilizza per
mobilitarsi gli strumenti organizzativi che trova a disposizione, essenzialmente
gli apparati sindacali. Fa i conti quindi con la capacità  che ha lo Stato
di sostenere la sua lotta, e di assumere le decisioni volute pur a fronte
di ampie e determinate mobilitazioni; in questo misura i rapporti di potere
e di forza che ci sono tra sé e lo Stato, tra gli strumenti che usa lo
Stato e quelli che trova a disposizione per sè, misura la mancanza di
potere e la realtà  del potere contro i suoi interessi generali, oggi rivolta
a erodere gli ultimi baluardi di un rapporto politico e di forza ottenuto
in un secolo di dura e sanguinosa lotta e a rimodellare le relazioni sociali
e politiche per consolidare un rapporto di subalternità ".
Bla
bla bla

Sono giorni di fatti indecenti.
E di parole inaccettabili. L’oscar va alla imbecille dichiarazione del
sindacato autoorganizzato dello Slai Cobas
di Pomigliano d’Arco, che dichiara in una nota ufficiale:
“Non verseremo una sola lacrima per i loro morti, perché
loro non versano lacrime per i nostri morti (…). Marco Biagi consulente
del lavoro del Ministro Maroni, come D’Antona, faceva parte di quella
schiera di consulenti del lavoro pronti ad assecondare le aspettative
dei padroni di qualunque colore politico. Padre del libro bianco di Maroni,
quell’insieme di provvedimenti che puntano alla totale distruzione dei
diritti dei lavoratori, dall’articolo 18 alle pensioni, già  consulente
del governo Prodi e dell’ex ministro Bassolino è comunque da ritenersi
tra gli strateghi responsabili delle drammatiche condizioni di lavoro
e di vita dei lavoratori, quelli che contribuiscono a determinare ogni
anno i circa 1500 omicidi bianchi sul lavoro di cui poco si parla, per
cui nessuno versa lacrime e niente si fa per evitarli”.

Ecco s’avanza l’avvocato Carlo
Taormina
che in una nota non mostra dubbi: "Gli
assassini di Biagi si propongono come braccio armato di Cofferati e dei
comunisti”. Cofferati lo querela e Taormina cerca di smentire,
ma non ci riesce proprio: "Cofferati
e i comunisti hanno creato le condizioni perché i terroristi si mettessero
a disposizione”. La nota di Taormina argomentava: ”Gli
italiani vogliono il cambiamento, il governo vuole il cambiamento. La
riforma dell’ art 18 dello statuto dei lavoratori è elemento essenziale
del cambiamento. Biagi era uomo-chiave del cambiamento. Cofferati e i
comunisti sono contro il cambiamento. Biagi è stato assassinato contro
il cambiamento. Gli assassini si propongono come braccio armato di Cofferati
e dei comunisti. Cofferati e i comunisti hanno creato le condizioni perchè
i terroristi si mettessero a disposizione. Gli assassini di Biagi sono
gli stessi che hanno assassinato D’Antona. Gli assassini di D’Antona non
sono stati arrestati dalla magistratura. Chi non ha arrestato gli assassini
di D’Antona ha creato oggettivamente, pur se involontariamente, le condizioni
perchè gli assassini di D’Antona trucidassero Biagi.Chi non ha arrestato
gli assassini di D’Antona è oggettivamente, pur se non involontariamente,
responsabile dell’ azione terroristica ed altrettanto oggettivamente ed
involontariamente allineato a quei Cofferati e a quei comunisti contrari
al cambiamento”. C’è da augurarsi che la signora Biagi non segua le orme
della signora D’Antona, la quale, oggi siede sui banchi della Camera dei
deputati insieme a quei comunisti storicamente padri dei terroristi che
hanno ucciso il marito”
.
Davvero inaccettabili anche
le parole di Massimo D’Alema che seguono,
quasi alla lettera, toni usati da Berlusconi, Castelli e Cossiga. Stamattina
parlando a Montecitorio, D’Alema ha detto: “Eccoli
gli effetti di chi va a parlare in giro di regime, di pericolo della democrazia.
Ecco i risultati dei girotondi, dei salotti buoni dell’intellighenzia.
Gridano al regime e ora hanno fornito un alibi a quei mascalzoni del Polo.
E’ successa la stessa cosa negli anni Settanta. Io il ’77 me lo ricordo
bene. L’effetto della tensione sociale fu quello di condannarci a vent’anni
di opposizione”. Tutti buoni e zitti, state a casa. La democrazia
è, prima di tutto, silenzio e obbedienza.
Il Paese sembra impazzito.
Il segno più chiaro è l’orgia di parole senza senso, di
argomentazioni monche e rozze che si sentono e si leggono. Ieri sera,
l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga,
parlando a Porta a Porta, ha dato vita a uno show manicomiale.
Dopo avere invitato il governo a rinunciare all’articolo 18, avere ricordato
che negli anni Settanta il terrorismo fu sconfitto grazie al Pci e ai
sindacati, ha argomentato in modo non diverso da Massimo D’Alema: la logica
conseguenza delle critiche di illegittimità al governo Berlusconi
è il tirannicidio (concetti espressi parlatro anche dall’ex leader
di Potere operaio, Oreste Scazone). Cossiga ha poi rimpianto Lama e Pecchioli
e ha concluso dando della "signorina" a Piero Fassino.
In questo festival di parole
irresponsabili, brilla per lucidità e misura, l’editoriale
di Sergio Cofferati, oggi in prima
pagina sull’Unità:
"E’ importante però
non sottovalutare quella che si presenta comne una diversità profonda
rispetto agli altri omicidi (D’antona e Tarantelli,
ndr)
: il professor Marco Biagi viene ucciso mentre sta svolgendo
attivamente il suo ruolo di negoziatore in una situazione di dialettica
aspra, caratterizzata da forti tensioni sociali. Dunque, l’obbiettivo
dei suoi assassini non può ssere interpretato soltanto come l’ennesimo
tentativo di produrre lesioni alla democrazia uccidendo persone che lavorano
per consolidare il tessuto sociale e quello delle relazioni. C’è
di più e di peggio in questa circostanza. Per la prima volta il
terrorismo interviene per alterare esplicitamente, insieme alla pratica
democratica, il carattere più intimo delle relazioni tra le parti,
produce dunque una lesione ancora più profonda di quelle precedenti.
E ancora una volta distruggendo una vita umana. Il tentativo è
quello di condizionare un confronto già difficile come mai si era
visto in precedenza. (…) Per questa ragione è indispensabile
che il sindacato riconfermi, come hanno fatto le confederazioni, le sue
valutazioni di merito, anche quelle negative, sulle politiche sociali
indicate dal governo e sostenga con ferma assunzione di responsabilità
la sua posizione con la lotta e con la mobilitazione".
Da segnalare anche le constatazioni
di Umberto Eco, sentito da Repubblica:
"Mi limito ad osservare che è
un assassinio più misterioso di altri. In genere questi fatti sono
tutti avvenuti per impedire un accordo. Voglio dire che di solito, da
Aldo Moro in avanti, hanno ammazzato per evitare un accordo. Questa volta
invece sembra che lo si sia fatto per impedire un disaccordo. Suona strano.
Questo omicidio rimane strano, tanto da chiedersi chi sono gli autori.
Ma la mia rimane un’osservazione".
NEL
WEB

La
rivendicazione BR
(testo integrale)