Il Decreto legge sulla conservazione degli habitat naturali.

Preambolo

(Omissis)

Art. 1. Campo di applicazione.

1. Il presente regolamento disciplina
le procedure per l’adozione delle misure previste dalla direttiva
92/43/CEE “Habitat” relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche,
ai fini della salvaguardia della biodiversità  mediante la
conservazione degli habitat naturali elencati nell’allegato A e
delle specie della flora e della fauna indicate agli allegati B,
D ed E al presente regolamento.

2. Le procedure disciplinate dal presente
regolamento sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino,
in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali
e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

3. Le procedure disciplinate dal presente
regolamento tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali,
nonché delle particolarità  regionali e locali.

4. Le regioni a statuto speciale e
le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all’attuazione
degli obiettivi del presente regolamento nel rispetto di quanto
previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

Art. 2. Definizioni.

Ai fini del presente regolamento sono
adottate le seguenti definizioni:

a) conservazione: un complesso di
misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali
e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato
soddisfacente come indicato nelle lettere e) ed i) del presente
articolo;

b) habitat naturali: le zone terrestri
o acquatiche che si distinguono in base alle loro caratteristiche
geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali;

c) habitat naturali di interesse comunitario:
gli habitat naturali, indicati nell’allegato A, che, nel territorio
dell’Unione europea, alternativamente: 1) rischiano di scomparire
nella loro area di distribuzione naturale; 2) hanno un’area di distribuzione
naturale ridotta a seguito della loro regressione o per il fatto
che la loro area è intrinsecamente ristretta; 3) costituiscono
esempi notevoli di caratteristiche tipiche di una o più delle
cinque regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, continentale,
macaronesica e mediterranea;

d) tipi di habitat naturali prioritari:
i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire per la cui
conservazione l’Unione europea ha una responsabilità  particolare
a causa dell’importanza della loro area di distribuzione naturale
e che sono evidenziati nell’allegato A al presente regolamento con
un asterisco (*, 0, 0);

e) stato di conservazione di un habitat
naturale: l’effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat
naturale nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano,
che possono alterarne, a lunga scadenza; la distribuzione naturale,
la struttura e le funzioni, nonché la sopravvivenza delle
sue specie tipiche. Lo stato di conservazione di un habitat naturale
è definito “soddisfacente” quando: 1) la sua area
di distribuzione naturale e la superficie che comprende sono stabili
o in estensione; 2) la struttura e le funzioni specifiche necessarie
al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare
ad esistere in un futuro prevedibile; 3) lo stato di conservazione
delle specie tipiche è soddisfacente e corrisponde a quanto
indicato nella lettera i) del presente articolo;

f) habitat di una specie: ambiente
definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la
specie in una delle fasi del suo ciclo biologico;

g) specie di interesse comunitario:
le specie, indicate negli allegati B, D ed E, che, nel territorio
dell’Unione europea, alternativamente: 1) sono in pericolo con l’esclusione
di quelle la cui area di distribuzione naturale si estende in modo
marginale sul territorio dell’Unione europea e che non sono in pericolo
né vulnerabili nell’area del paleartico occidentale; 2) sono
vulnerabili, quando il loro passaggio nella categoria delle specie
in pericolo è ritenuto probabile in un prossimo futuro, qualora
persistano i fattori alla base ditale rischio; 3) sono rare, quando
le popolazioni sono di piccole dimensioni e, pur non essendo attualmente
né in pericolo né vulnerabili, rischiano di diventarlo
a prescindere dalla loro distribuzione territoriale; 4) endemiche
e richiedono particolare attenzione, a causa della specificità 
del loro habitat o delle incidenze potenziali del loro sfruttamento
sul loro stato di conservazione;

h) specie prioritarie: le specie di
cui alla lettera g/ del presente articolo per la cui conservazione
l’Unione europea ha una responsabilità  particolare a causa
dell’importanza della loro area di distribuzione naturale e che
sono evidenziate nell’allegato B al presente regolamento con un
asterisco (*, 0, 0);

i) stato di conservazione di una specie:
l’effetto della somma dei fattori che, influendo sulle specie, possono
alterarne a lungo termine la distribuzione e l’importanza delle
popolazioni nel territorio dell’Unione europea. Lo stato di conservazione
è considerato “soddisfacente-º quando: 1) i dati
relativi all’andamento delle popolazioni della specie indicano che
essa continua e può continuare a lungo termine ad essere
un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene; 2) l’area
di distribuzione naturale delle specie non è in declino né
rischia di declinare in un futuro prevedibile; 3) esiste e continuerà 
probabilmente ad esistere un habitat sufficiente affinché
le sue popolazioni si mantengano a lungo termine;

l) sito: un’area geograficamente definita,
la cui superficie sia chiaramente delimitata;

m) sito di importanza comunitaria:
un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene,
contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare
un tipo di habitat naturale di cui all’allegato A o di una specie
di cui all’allegato B in uno stato di conservazione soddisfacente
e che può, inoltre, contribuire in modo significativo alla
coerenza della rete ecologica “Natura 2000” di cui all’articolo
3, al fine di mantenere la diversità  biologica nella regione
biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione. Per le
specie animali che occupano ampi territori, i siti di importanza
comunitaria corrispondono ai luoghi, all’interno della loro area
di distribuzione naturale, che presentano gli elementi fisici o
biologici essenziali alla loro vita e riproduzione;

n) zona speciale di conservazione:
un sito di importanza comunitaria designato in base all’articolo
3, comma 2, in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie
al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente,
degli habitat naturali o delle popolazioni delle specie per cui
il sito è designato;

o) esemplare: qualsiasi animale o
pianta, vivi o morti, delle specie elencate nell’allegato D e nell’allegato
E e qualsiasi bene, parte o prodotto che risultano essere ottenuti
dall’animale o dalla pianta ditali specie, in base ad un documento
di accompagnamento, all’imballaggio, al marchio impresso, all’etichettatura
o ad un altro elemento di identificazione;

p) aree di collegamento ecologico
funzionale: le aree che, per la loro struttura lineare e continua
(come i corsi d’acqua con le relative sponde, o i sistemi tradizionali
di delimitazione dei campi) o il loro ruolo di collegamento (come
le zone umide e le aree forestali) sono essenziali per la migrazione,
la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche;

q) reintroduzione: traslocazione finalizzata
a ristabilire una polazione di una determinata entità  animale
o vegetale in una parte del suo areale di documentata presenza naturale
in tempi storici nella quale risulti estinta;

r) introduzione; immissione di una
entità  animale o vegetale in un’area posta al di fuori dei
suo areale di documentata presenza naturale.

Art. 3. Zone speciali di conservazione.

1. Le regioni e le provincie autonome
di Trento e di Bolzano individuano, con proprio procedimento, i
siti in cui si trovano tipi di habitat elencati nell’allegato A
ed habitat delle specie di cui all’allegato B e ne danno comunicazione
al Ministero dell’ambiente, ai fini della formulazione della proposta
del Ministro dell’ambiente alla Commissione europea, dei siti di
importanza comunitaria, per costituire la rete ecologica europea
coerente di zone speciali di conservazione denominata “Natura
2000”.

2. Il Ministro dell’ambiente, in attuazione
del programma triennale per la aree naturali protette, di cui all’articolo
4 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, designa con proprio decreto
i siti di cui al comma 1 quali “Zone speciali di conservazione”,
entro il termine massimo di sei anni, dalla definizione, da parte
della Commissione europea dell’elenco dei siti.

3. Al fine di assicurare la coerenza
ecologica della rete “Natura 2000”, il Ministro dell’ambiente,
d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, definisce
nell’ambito delle linee fondamentali di assetto del territorio,
di cui all’articolo 3 della legge 6 dicembre 1991 n. 394, le direttive
per la gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale,
che rivestono primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche.

4. Il Ministro dell’ambiente trasmette
alla Commissione europea, contestualmente alla proposta di cui ai
comma 1 e su indicazione delle regioni e delle provincie autonome
di Trento e di Bolzano, le stime per il cofinanziamento comunitario
necessario per l’attuazione dei piani di gestione delle zone speciali
di conservazione e delle misure necessarie ad evitare il degrado
degli habitat naturali e degli habitat di specie, con particolare
attenzione per quelli prioritari, e le eventuali misure di ripristino.

Art. 4. Misure di conservazione.

1. Le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano adottano per i siti di importanza comunitaria,
entro tre mesi, dall’inclusione nell’elenco definito dalla Commissione
europea, le opportune misure per evitare il degrado degli habitat
naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione
delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura
in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative
per quanto riguarda gli obiettivi del presente regolamento.

2. Le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano adottano per le zone speciali di conservazione,
entro sei mesi dalla loro designazione, le misure di conservazione
necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione
specifici od integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune
misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi
alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato
A e delle specie di cui all’allegato li presenti nei siti.

3. Qualora le zone speciali di conservazione
ricadono all’interno delle aree naturali protette, si applicano
le misure di conservazione per queste previste dalla normativa vigente.

Art. 5. Valutazione di incidenza.

1. Nella pianificazione e programmazione
territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale
dei siti di importanza comunitaria.

2. I proponenti di piani territoriali,
urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistici
venatori, presentano al Ministero dell’ambiente, nel caso di piani
a rilevanza nazionale, o alle regioni o alle province autonome di
Trento e di Bolzano, nel caso di piani a rilevanza regionale o provinciale,
una relazione documentata per individuare e valutare i principali
effetti che il piano può avere sul sito di importanza comunitaria,
tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.

3. I proponenti di progetti riferibili
alle tipologie progettuali di cui all’articolo 1 del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, e
successive modifiche ed integrazioni ed agli allegati A e B dei
decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, nel caso in
cui tali progetti si riferiscono ad interventi ai quali non si applica
la procedura di valutazione di impatto ambientale, presentano all’autorità 
competente allo svolgimento ditale procedura una relazione documentata
per individuare e valutare i principali effetti che il progetto
può avere sul sito di importanza comunitaria, tenuto conto
degli obiettivi di conservazione del medesimo.

4. La relazione di cui ai commi 2
e 3 deve fare riferimento ai contenuti di cui all’allegato G al
presente regolamento.

5. Nel caso in cui i progetti si riferiscono
ad interventi ai quali si applica la procedura di valutazione di
impatto ambientale, si procede ai sensi della vigente normativa
in materia.

6. Le autorità  di cui ai commi
2 e 3 effettuano la valutazione di incidenza dei piani o progetti
sui siti di importanza comunitaria, entro novanta giorni dal ricevimento
della relazione di cui ai commi 2 e 3, accertando che non ne pregiudicano
l’integrità , tenendo conto anche delle possibili interazioni
con altri piani e progetti, e qualora ricadenti anche parzialmente
in aree naturali protette, sentito l’ente di gestione dell’area.
Le Autorità  di cui ai commi 2 e 3 possono chiedere una sola
volta integrazioni della relazione ovvero possono indicare prescrizioni
alle quali il proponente del piano o progetto deve attenersi. Nel
caso in cui la predetta autorità  chiede integrazioni della
relazione, il termine per la valutazione di incidenza è interrotto
e decorre dalla data in cui le integrazioni pervengono all’autorità 
medesima.

7. L’autorità  competente al
rilascio dell’approvazione definitiva del piano o del progetto acquisisce
preventivamente la valutazione di incidenza eventualmente individuando
modalità  di consultazione del pubblico interessato dalla
realizzazione del piano o del progetto.

8. Qualora, nonostante le conclusioni
negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza
di soluzioni alternative possibili, il piano o progetto debba essere
realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico,
inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni
competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire
la coerenza globale della rete “Natura 2000” e ne danno
comunicazione al Ministero dell’ambiente per le finalità 
di cui all’articolo 13 del presente regolamento.

9. Qualora nei siti ricadono tipi
di habitat naturali e specie prioritari il piano o il progetto di
cui sia stata valutata l’incidenza negativa sul sito di importanza
comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento
ad esigenze connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica
o con esigenze di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo
parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di
rilevante interesse pubblico.

Art. 6. Zone di protezione speciale.

1. Gli obblighi derivanti dall’articolo
4, commi 2 e 3, e dall’articolo 5 del presente regolamento si applicano
anche alle zone di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 11 febbraio
1992, n. 157.

Art. 7. Monitoraggio.

1. Le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano adottano le idonee misure per garantire il
monitoraggio dello stato di conservazione delle specie e degli habitat
naturali di interesse comunitario, con particolare attenzione a
quelli prioritari, dandone comunicazione al Ministero dell’ambiente.

2. Il Ministero dell’ambiente definisce
con proprio decreto, sentiti per quanto di competenza il Ministero
delle politiche agricole e forestali e l’Istituto nazionale per
la fauna selvatica, le linee guida per il monitoraggio.

TUTELA DELLE SPECIE

Art. 8. Tutela delle specie faunistiche.

1. Per le specie animali di cui all’allegato
D, lettera a), al presente regolamento, è fatto divieto di:

a) catturare o uccidere esemplari
ditali specie nell’ambiente naturale;

b) perturbare tali specie, in particolare
durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo o durante l’ibernazione,
lo svernamento e la migrazione;

c) distruggere o raccogliere le uova
e i nidi nell’ambiente naturale;

d) danneggiare o distruggere i siti
di riproduzione o le aree di sosta.

2. Per le specie di cui al predetto
allegato D, lettera a), è vietato il possesso, il trasporto,
lo scambio e la commercializzazione di esemplari prelevati dall’ambiente
naturale, salvo quelli lecitamente prelevati prima dell’entrata
in vigore del presente regolamento.

3. I divieti di cui al comma 1, lettere
a) e b), e al comma 2 si riferiscono a tutte le fasi della vita
degli animali ai quali si applica il presente articolo.

4. Le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano instaurano un sistema di monitoraggio continuo
delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate
nell’allegato D, lettera a), e trasmettono un rapporto annuale al
Ministero dell’ambiente.

5. In base alle informazioni raccolte
il Ministero dell’ambiente promuove ricerche ed indica le misure
di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni
accidentali non abbiano un significativo impatto negativo sulle
specie in questione.

Art. 9. Tutela delle specie vegetali.

1. Per le specie vegetali di cui all’allegato
D, lettera b), al presente regolamento è fatto divieto di:

a) raccogliere, collezionare, tagliare,
estirpare o distruggere intenzionalmente esemplari delle suddette
specie, nella loro area di distribuzione naturale;

b) possedere, trasportare, scambiare
o commercializzare esemplari delle suddette specie, raccolti nell’ambiente
naturale, salvo quelli lecitamente raccolti prima dell’entrata in
vigore del presente regolamento.

2. I divieti di cui al comma 1, lettere
a) e b), si riferiscono a tutte le fasi del ciclo biologico delle
specie vegetali alle quali si applica il presente articolo.

Art. 10. Prelievi.

1. Il Ministero dell’ambiente, sentiti
per quanto di competenza il Ministero delle politiche agricole e
forestali e l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, qualora
risulti necessario, sulla base dei dati di monitoraggio di cui all’articolo
7, con proprio decreto stabilisce adeguate misure affinché
il prelievo, nell’ambiente naturale, degli esemplari delle specie
di fauna e flora selvatiche di cui all’allegato E, nonché
il loro sfruttamento, siano compatibili con il mantenimento delle
suddette specie in uno stato di conservazione soddisfacente.

2. Le misure di cui al comma 1 possono
comportare, in particolare, oltre alla prosecuzione del monitoraggio
di cui all’articolo 7:

a) le prescrizioni relative all’accesso
a determinati settori;

b) il divieto temporaneo o locale
di prelevare esemplari nell’ambiente naturale e di sfruttare determinate
popolazioni;

c) la regolamentazione dei periodi
e dei metodi di prelievo;

d) l’applicazione, all’atto del prelievo,
di norme cinegetiche o alieutiche che tengano conto della conservazione
delle popolazioni in questione;

e) l’istituzione di un sistema di
autorizzazioni di prelievi o di quote;

f) la regolamentazione dell’acquisto,
della vendita, del possesso o del trasporto finalizzato alla vendita
di esemplari;

g) l’allevamento in cattività 
di specie animali, nonché la riproduzione artificiale di
specie vegetali, a condizioni rigorosamente controllate, onde ridurne
il prelievo nell’ambiente naturale;

h) la valutazione dell’effetto delle
misure adottate.

3. Sono in ogni caso vietati tutti
i mezzi di cattura non selettivi suscettibili di provocare localmente
la scomparsa o di perturbare gravemente la tranquillità  delle
specie, di cui all’allegato E, e in particolare:

a) l’uso dei mezzi di cattura e di
uccisione specificati nell’allegato F, lettera a, 0, 0);

b) qualsiasi forma di cattura e di
uccisione con l’ausilio dei mezzi di trasporto di cui all’allegato
F, lettera b).

Art. 11. Deroghe.

1. Il Ministero dell’ambiente, sentiti
per quanto di competenza il Ministero delle politiche agricole e
forestali e l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, può
autorizzare le deroghe alle disposizioni previste agli articoli
8, 9 e 10, comma 3, lettere a) e b), a condizione che non esista
un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento,
in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della
specie interessata nella sua area di distribuzione naturale, per
le seguenti finalità :

a) per proteggere la fauna e la flora
selvatiche e conservare gli habitat naturali;

b) per prevenire danni gravi, specificatamente
alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico,
alle acque ed alla proprietà ;

c) nell’interesse della sanità 
e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica,
o tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza
per l’ambiente;

d) per finalità  didattiche
e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie
e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa
la riproduzione artificiale delle piante;

e) per consentire, in condizioni rigorosamente
controllate, su base selettiva e in misura limitata, la cattura
o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle
specie di cui all’allegato D.

2. Qualora le deroghe, di cui al comma
1, siano applicate per il prelievo, la cattura o l’uccisione delle
specie di cui all’allegato D, lettera a), sono comunque vietati
tutti i mezzi non selettivi, suscettibili di provocarne localmente
la scomparsa o di perturbarne gravemente la tranquillità ,
e in particolare:

a) l’uso dei mezzi di cattura e di
uccisione specificati nell’allegato F, lettera a, 0, 0);

b) qualsiasi forma di cattura e di
uccisione con l’ausilio dei mezzi di trasporto di cui all’allegato
F, lettera b).

3. Il Ministero dell’ambiente trasmette
alla Commissione europea, ogni due anni, una relazione sulle deroghe
concesse, che dovrà  indicare:

a) le specie alle quali si applicano
le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio,
con l’indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte
e dei dati scientifici utilizzati;

b) i mezzi, i sistemi o i metodi di
cattura o di uccisione di specie animali autorizzati ed i motivi
della loro autorizzazione;

c) le circostanze di tempo e di luogo
che devono regolare le deroghe;

d) l’autorità  competente a
dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte
e a decidere quali mezzi, strutture o metodi possono essere utilizzati,
i loro limiti, nonché i servizi e gli addetti all’esecuzione;

e) le misure di controllo attuate
ed i risultati ottenuti.

Art. 12. Introduzioni e reintroduzioni.

1. Le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, nonché gli enti di gestione delle
aree protette, sentiti gli enti locali interessati e dopo un’adeguata
consultazione del pubblico interessato, richiedono al Ministero
dell’ambiente le autorizzazioni per la reintroduzione delle specie
di cui all’allegato D e per l’introduzione di specie non locali,
presentando un apposito studio.

2. Fermo restando quanto previsto
dall’articolo 20 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, la reintroduzione
di specie dì cui all’allegato D, può essere autorizzata
dal Ministero dell’ambiente, sentito per quanto di competenza l’Istituto
nazionale per la fauna selvatica o altri organismi tecnico-scientifici
competenti, qualora lo studio di cui al comma 1, condotto anche
sulla scorta delle esperienze acquisite in altri Stati membri dell’Unione
europea o altrove, assicuri che tale reintroduzione contribuisca
in modo efficace a ristabilire uno stato di conservazione soddisfacente
per la specie medesima e per l’habitat interessato.

3. L’introduzione di specie non locali
può essere autorizzata secondo la procedura di cui al comma
2 qualora lo studio di cui al comma i assicuri che non venga arrecato
alcun pregiudizio agli habitat naturali, né alla fauna, né
alla flora selvatiche locali. Le valutazioni effettuate sono comunicate
ai competenti organismi dell’Unione europea.

Art. 13. Informazione.

1. Il Ministero dell’ambiente trasmette
alla Commissione europea, secondo il modello da essa definito, ogni
sei anni, a decorrere dall’anno 2000, una relazione sull’attuazione
delle disposizioni del presente regolamento. Tale relazione comprende
informazioni relative alle misure di conservazione di cui all’articolo
4, nonché alla valutazione degli effetti ditali misure sullo
stato di conservazione degli habitat naturali di cui all’allegato
A e delle specie di cui all’allegato B ed i principali risultati
del monitoraggio di