Dieci ragioni per un esproprio.

di enzo colonna
e lello rella
(Comitato cittadino "Il Teatro di tutti")
comitatoteatro@hotmail.com

Qualcuno continua a dire che la situazione
è complessa, difficile da risolvere. Si alimenta ad arte
la confusione, introducendo ulteriori elementi di complicazione
e di perplessità. Quale risultato si vuol perseguire? Dilatare
ancora a dismisura i tempi della riapertura e della riconquista
del Teatro alla città?

E’ opportuno allora spendere
alcune buone ragioni a favore dell’acquisizione al patrimonio
comunale del Teatro; seguire la strada del ragionamento per far
comprendere che la situazione e la soluzione da noi suggerita sono
semplici, quasi banali, anzi ovvie. Solo chi, per i motivi più
vari, non vuole vedere ora risolto il problema dell’abbandono
e del degrado del Teatro può proseguire nel lamentoso refrain
della difficoltà e della confusione, che sono, come è
noto, gli alibi a cui si fa usualmente ricorso per gabbare la gente
semplice e di buon senso e per mascherare le proprie reali intenzioni.

Cerchiamo dunque di isolare le
risposte possibili alla domanda: perché la stragrande maggioranza
della cittadinanza altamurana (in 6000 hanno sinora aderito alla
petizione da noi promossa) sta chiedendo all’amministrazione
ed al consiglio comunali di espropriare e di riprendere un bene
che da sempre è stato sentito come un bene di tutti, della
collettività?

1) Perchè esproprio,
in questo caso, significa realizzare semplicemente il trasferimento
della proprietà del Teatro dal Consorzio (un ente giuridico
privato che riuniva un tempo i trecento cittadini che contribuirono
economicamente alla costruzione del Teatro ed ora conta appena una
trentina di soci) al Comune; vale a dire da chi (il Consorzio) un
secolo fa’ riusciva effettivamente, per l’ampiezza della
compagine associativa e la pubblicità delle proprie attività,
a rappresentare gli interessi diffusi dell’intera collettività,
impegnandosi per statuto a "conservare ed amministrare il Teatro",
ed ora non riesce, per esiguità dei componenti e di risorse
economiche proprie, a mantenere fede a quel patto stipulato con
la città, a chi (il Comune) per legge è tenuto ora
a difendere gli interessi di tutti su un bene di evidente utilità
pubblica e può assicurare il recupero e la riapertura, quindi
un futuro non precario, del Teatro.

2) Perché esproprio
significa restituire alla collettività un bene realizzato
davvero con uno sforzo collettivo senza precedenti: il suolo su
cui sorge, le suppellettili ed il sipario sono stati concessi gratuitamente
dal Comune; circa 300 cittadini nel 1895, altre centinaia negli
anni successivi, hanno contribuito economicamente alla costruzione
del Teatro; decine di operai, artigiani e professionisti (ad esempio
il progettista, l’ingegnere Vincenzo Striccoli) hanno prestato
anche gratuitamente la propria opera ed il proprio lavoro.

3) Perché esproprio
significa tradurre giuridicamente un senso di appartenenza collettiva
del Teatro che è già forte e radicato. E’ sufficiente
domandare ad un qualunque altamurano di chi, pensi, sia il Teatro.
La risposta stupita è una sola: perché non è
del Comune?!

4) Perché esproprio
significa dar finalmente corso anche ad Altamura alla nuova stagione
politico-amministrativa del settore dei beni culturali, inaugurata
da recenti provvedimenti (dei governi Prodi e D’Alema) per
l’attuazione del decentramento amministrativo, che vedrà
in pochi anni un sensibile aumento di beni ed istituzioni culturali
governate direttamente a livello locale. Gli enti territoriali sono
chiamati ad attivare reti locali (cittadine, provinciali, territoriali)
i cui nodi, enti ed istituzioni culturali della "filiera culturale",
possono condividere strutture, costi organizzativi e specifiche
competenze professionali, ottimizzandone in tal modo la gestione.
Esperienze e ricerche sinora avviate (come al solito il Sud si muove
anche in questo campo con ritardo rispetto al Centro-Nord Italia)
valorizzano le potenzialità economiche, sociali e culturali
derivanti dalla creazione di sistemi civici di integrazione dei
servizi culturali, di cui un Teatro, un Museo o una Biblioteca rappresentano
le cellule di base. Sono proprio questi elementi costitutivi di
base, che gli enti locali possono concretamente offrire e gestire,
a delineare non solo la mappa dell’offerta culturale italiana,
ma anche quel patrimonio di beni, risorse e servizi degli enti locali
che rivela la qualità della vita di una comunità e
quindi la capacità di attrazione di ulteriori risorse (nuovi
investimenti produttivi, flussi turistici, investimenti nazionali
e comunitari nel settore dei beni e delle attività culturali,
valorizzazione di nuove professionalità). E’ sufficiente
menzionare solo l’ultimo, in ordine di tempo, dei provvedimenti
adottati: il decreto del Ministro Melandri n. 470 del 4 novembre
1999, in vigore dal 30 dicembre 1999, che dispone il regolamento
sui "criteri e modalità di erogazione di contributi
in favore delle attività teatrali, in corrispondenza agli
stanziamenti del Fondo unico per lo spettacolo". Il regolamento
riorganizza il meccanismo di distribuzione delle risorse finanziarie
statali privilegiando le attività teatrali stabili ("L’attività
teatrale stabile è attività di interesse pubblico
ed è caratterizzata dal peculiare rapporto con il territorio
entro il quale è ubicato ed opera il soggetto che la svolge,
nonché da particolari finalità artistiche, culturali
e sociali, dalla priorità dell’assenza di fine di lucro
e dal conseguente reinvestimento nell’attività teatrale
degli eventuali utili conseguiti": art. 12), in particolare
quelle svolte dai "Teatri stabili ad iniziativa pubblica"
("I teatri stabili ad iniziativa pubblica sono costituiti dalle
regioni e dagli enti locali, direttamente o attravero forme associative
o consortili di loro emanazione": art. 13, 0, 0); in ogni caso, anche
quando non abbiano i requisiti per divenire teatri stabili, i teatri
municipali godono di un regime di favore in ordine ai "contributi
sui costi della gestione della sala e della pubblicità"
(art. 19).

5) Perché esproprio
significa avere accesso, in via prioritaria e preferenziale (gli
"interventi in immobili di proprietà di enti pubblici
territoriali, e soggetti alle disposizioni della legge 1° giugno
1939, n. 1089" sono al primo posto nell’ordine di priorità:
art. 4, comma 2, decreto ministeriale n. 516/97), ai finanziamenti
previsti per il restauro, la ristrutturazione e l’adeguamento
funzionale degli immobili adibiti a teatro (legge n. 135/97, art.
4; legge n. 444/98, art. 1; legge n. 513/99, art. 2; decreto ministeriale
n. 516/97).

6) Perché esproprio
significa avere la possibilità per il Comune di effettuare
i costosi lavori di restauro attingendo ai circa 300 miliardi destinati
dal Programma Operativo Regionale (POR), elaborato nell’ambito
dell’Agenda 2000-2006 (i fondi strutturali riservati dalla
Comunità Europea alle regioni del Sud Italia), alla "Tutela
e valorizzazione del patrimonio culturale" (Asse 2, Settore
2.1, del POR). In particolare, il Settore 2.1 prevede, tra gli altri,
almeno due programmi di intervento che fanno al caso del Teatro
di Altamura: "valorizzazione e tutela del patrimonio culturale
pubblico attraverso interventi di: recupero di contenitori destinati
ad attività culturali, teatrali, musicali e cinematografiche"
(Misura 14, 0, 0); "interventi per il miglioramento dell’offerta
e della qualità dei servizi culturali, finalizzata anche
ad accrescere il suo potenziale attrattivo a livello nazionale ed
internazionale" (Misura 16). E’ appena il caso di evidenziare
che ciò significa riaprire il teatro a costo zero (o ridotto
al minimo) per il Comune, alla duplice condizione però che
"il bene sia pubblico e che il destinatario dei finanziamenti
sia un’amministrazione pubblica". I tempi sono stretti:
entro la fine di quest’anno la Regione individuerà i
progetti da ammettere al finanziamento. Chi (privato o forza politica)
si opporrà all’acquisizione al patrimonio comunale del
Teatro o ne tarderà l’acquisizione si assumerà
dunque una gravissima responsabilità nei confronti della
città.

7) Perché esproprio
significa, dopo dieci anni di abbandono e di degrado, intervenire
rapidamente sul bene. L’eventuale contenzioso che il consorzio
vorrà intentare contro la città non potrà pregiudicare
l’acquisizione al patrimonio comunale del Teatro, ma interesserà
unicamente la misura dell’indennizzo di esproprio. E’
ovvio peraltro che un simile contenzioso sarebbe l’occasione
e la sede ideale per fare definitivamente chiarezza sul reale ed
attuale assetto proprietario del Teatro: chi chiede un indennizzo
deve infatti provare ed esibire il proprio titolo di proprietà.
Non è escluso che un tale contenzioso possa accertare definitivamente
che il teatro, come qualcuno ha ipotizzato in questi anni, è
già della città, quindi del Comune che ne è
la sua espressione.

8) Perché esproprio
significa trasferire la proprietà del teatro dal suo attuale
proprietario, che si assume essere il Consorzio, al Comune. I diritti
dei singoli consorziati non verrebbero toccati ed espropriati (si
raffronti la situazione giuridica prima e dopo l’esproprio
attraverso le Tabelle 1 e 2
). A loro lo statuto fondamentale
del 1895 e la legge n. 1336 del 1939 riconoscono unicamente il diritto
di palco o poltrona, vale a dire il diritto ad essere preferiti
nell’acquisto dell’abbonamento teatrale stagionale: se
la proprietà del teatro passasse al Comune, la loro posizione
giuridica ed i loro diritti non subirebbero alcun mutamento. Anzi
sarebbe interesse degli stessi consorziati agevolare il trasferimento
del Teatro al Comune, poiché in tal modo potrebbero esercitare
appieno il loro diritto di palco in un teatro finalmente riaperto
e funzionante. Né l’esproprio determinerebbe lo scioglimento
del Consorzio: infatti, continuerebbe ad essere un’associazione
senza fini di lucro che riunisce i titolari del diritto di palco
e che ha come unico scopo statutario "la conservazione del
teatro", scopo a cui sarebbe destinato il proprio fondo comune
costituito non più dall’immobile (passato al Comune),
ma dalla somma ricevuta a titolo di indennizzo (si veda la Tabella
3
). Tale somma, quindi, non potrebbe mai essere divisa tra i
componenti del consorzio (è bene ricordare che anche il Comune
è membro del consorzio), ma sarebbe destinata sempre al perseguimento
di quel nobile scopo associativo. Che sia cento lire o un miliardo,
l’indennizzo non potrebbe mai essere distratto da quell’unica
destinazione: la conservazione del Teatro.

9) Perché esproprio
significa assicurare al Teatro un assetto proprietario stabile,
non soggetto a capricci privati e non condizionato dalle ristrettezze
finanziarie di un’associazione. Dopo anni di trattative mancate,
mediazioni fallite o fallimentari, capaci solo di elaborare soluzioni
giuridicamente inconsistenti od illegittime, l’esproprio per
pubblica utilità (per pubblica necessità, si dovrebbe
dire!) si rivela oggi come l’unica via d’uscita legittima
e rapida rispetto ad una condizione di stallo che dura da almeno
dieci anni.

10) Perché esproprio
significa dare una risposta ad una comunità che chiede oggi,
con forza, di essere difesa nella sua storia, nei suoi diritti e
nel suo futuro. Chiede a chi amministra la cosa pubblica di restituirle
quanto le spetta: un Teatro che sia davvero di tutti.