Teatro Mercadante: rovistando tra le carte.

di enzo colonna
(Comitato per la difesa del Teatro cittadino
Il Teatro di tutti)

comitatoteatro@hotmail.com

Il conferimento dell’incarico
all’avvocato Antonio Ventura per la redazione di un parere
pro veritate che contribuisca a chiarire l’assetto proprietario
del Teatro Mercadante costituisce senza dubbio un’apprezzabile
novità nella gestione della vicenda da parte dell’Amministrazione
comunale. Quest’iniziativa segue all’altrettanto opportuna
e lodevole decisione di ‘congelare’ un’intesa raggiunta
tra Amministrazione e Consorzio che noi (il Comitato per la difesa
del Teatro Cittadino ed altre dieci associazioni culturali) avevamo
denunciato come giuridicamente illegittimo ed invalido nell’atto/ricorso
depositato in Comune il 10 maggio scorso.

E’ chiaro a questo punto che
il Sindaco e la sua giunta hanno accolto, se non le ragioni (lo
verificheremo nel prosieguo della vicenda), i suggerimenti espressi
in quell’atto: 1) dare avvio ai necessari procedimenti diretti
a rimuovere illegittimità e discrasie dell’accordo Comune/Consorzio
e 2) fare chiarezza in ordine al reale assetto proprietario del
Teatro ed in ordine al suo utilizzo. Quest’ultima sollecitazione
ci sembrava essere (e continua ad essere) la condizione minima ed
imprescindibile di qualsivoglia futura intesa tra ente pubblico
e privati: a lume di logica (giuridica e comune) nessuno, tantomeno
un Comune, si arrischia ad acquistare qualcosa senza sapere esattamente
cosa compra e da chi deve comprare. Ponevamo domande elementari,
eppure basilari, a cui l’accordo, troppo frettolosamente ed
approssimativamente sottoscritto dall’Amministrazione, non
forniva alcuna risposta. Quell’intesa mancava di un seppur
laconico piano finanziario, di un piano di recupero dell’immobile,
di una realistica stima dell’immobile e dei necessari lavori,
di una definizione della funzione e del programma culturale che
il Teatro recuperato sarebbe stato chiamato a svolgere, di un’ipotesi
di gestione, dell’indicazione delle risorse finanziarie necessarie
per la sua gestione…. insomma di qualche benchè minimo
argomento che avesse potuto almeno giustificare, non certo far comprendere,
l’unica operazione chiara di quell’accordo: l’esborso
da parte del Comune di un miliardo e mezzo a favore dei consorziati.

Invero sempre nel nostro atto/ricorso
suggerivamo che "la sede per una definizione trasparente e
legittima della questione che tenga conto dei differenti interessi
coinvolti ben potrebbe essere una conferenza di servizi indetta
ai sensi dell’art. 14 della legge 241/90". Riteniamo che
tale strada possa essere comunque intrapresa senza indugi, ora o
dopo aver acquisito il parere dell’avvocato; così, almeno,
ci auguriamo che sia. E’ bene però che gli amministratori
comunali ricordino che le undici associazioni ricorrenti sono ormai
parti interessate e necessarie dei procedimenti amministrativi in
corso e, quindi, ogni iniziativa ed atto successivo, per legge,
devono essere sempre comunicati loro e, ove possibile, prevedere
il loro coinvolgimento preliminare nell’adozione di ulteriori
decisioni. E’ bene inoltre che il presidente del Consiglio
comunale trasmetta ai singoli consiglieri il ricorso già
depositato.

Il parere

La delibera di giunta pone all’avvocato
Ventura due quesiti: di chi è il Teatro? quali sono la natura
ed il ruolo del Consorzio?

Sia consentito rinviare alle osservazioni
svolte su Carta libera (16 ottobre 1994) da chi ora scrive:



"A chi appartiene il Teatro
Mercadante? E’ comunale o privato? Domanda ricorrente seppur
in sé piena di limiti… il Teatro appartiene costitutivamente,
culturalmente, emotivamente e funzionalmente alla comunità
altamurana… Se solo si cessasse di parlare e di litigare sulle
"cose", sulle "quattro mura" che formano
un "recinto" ma non definiscono una proprietà
o un bene. Se si ripercorressero, invece, le linee del ragionamento
moderno e lungimirante seppur avviato un secolo fa dai nostri
avi. Se, dunque, si ritornasse a discutere sugli obiettivi,
sugli interessi della città, sul "bene" racchiuso
nelle "quattro mura", sul contenuto e non sul contenitore,
sulla funzione che qualifica una "cosa" e definisce
un "bene". Ebbene, solo allora, si comprenderebbe
che un Teatro come il Mercadante difficilmente riconducibile
alle rigide categorie del "pubblico" e del "privato".
Si potrebbe affermare di essere in presenza di un bene privato
con funzioni ed interessi pubblici oppure, con formula perfettamente
simmetrica ed altrettanto corretta, un bene pubblico su cui
gravano interessi privati: la sostanza, però, non cambia.
Il problema vero è allora quello… di capire come è
possibile "raccordare interessi privati, collettivi e pubblici
nel risolvere i problemi della ricostruzione e della futura
gestione". Per fare questo è necessario inventarsi
un luogo giuridico e, prima ancora, fisico in cui sia possibile
far incontrare (per superarle, senza annientarle!) soggettività
diverse (pubbliche, private, collettive) che si pongono come
obiettivo quello di restituire il Teatro Mercadante alla sua
funzione ed alla città".



Ma allora perché, dopo anni,
ci si continua ancora a scervellare sulla questione della proprietà?
perché ogni qualsivoglia dibattito si è claustrofobicamente
aperto e chiuso su tale questione? perché si continua da
anni a contemplare e circumnavigare tale questione ombelicare? Perché
non si sono affrontate questioni come: quali risorse sono necessarie
per il recupero e la piena funzionalità del Teatro? è
possibile reperirle da fondi statali e comunitarii anzichè
dalle casse comunali? come possiamo coinvolgere – memori dell’esperienza
vissuta all’epoca dell’edificazione – l’intera città
in un progetto di recupero e di gestione? come creare un soggetto
giuridico che finalizzi la gestione di questo bene collettivo al
progresso culturale, sociale ed economico della città e così
contribuisca a dare una più civile e moderna identità
al nostro territorio valorizzando professionalità e risorse
in esso presenti? Ecco, perché non si è discusso di
tutto questo, cioè del futuro?

Il problema

Nel consorzio si è imposta
una linea di mera conservazione, anzi di affermazione dell’interesse
egoistico dei singoli consorziati: cancellando un secolo di storia,
contraddicendo leggi ed intere disposizioni del codice civile, venendo
meno al compito che i loro nonni e bisnonni avevano loro affidato
e stravolgendo il senso e la lettera di ben due statuti consorziali
(quello fondamentale del 1895 e quello del 1955) gli attuali consorziati
(poche decine di persone a fronte dei trecento che contribuirono
economicamente alla costruzione del teatro) hanno preso a sostenere
da qualche anno (precisamente dal 1993, hanno di adozione del loro
ultimo statuto) che il teatro appartiene esclusivamente a loro,
diviso in quote. Insomma, un condominio tra pochi intimi!!

A questa operazione l’opinione
pubblica (semplici cittadini, associazioni, stampa locale) non poteva
rimanere silente ed inerte: è significativo che nella più
che secolare storia dei rapporti tra la città ed il consorzio,
l’ultimo quinquennio risulta essere quello in assoluto più
problematico e conflittuale. Il fatto è che lo statuto del
1993, a prescindere dalla sua dubbia validità e legittimità
giuridica, ha profondamente segnato e compromesso i rapporti tra
la comunità cittadina ed il consorzio. Anzi, in origine,
nel 1895, il senso di una siffatta dualità non era nemmeno
avvertito, né sottolineato: la città ed il consorzio
era una cosa sola o, meglio, il secondo ("un consorzio fra
tutti i cittadini allo scopo di edificare il teatro", art.
1 dello Statuto Fondamentale del 1895) era l’espressione più
moderna, progredita e lungimirante della prima: erano i figli acculturati
e certo benestanti di una città che cercava e vedeva nella
realizzazione del Teatro un’occasione di riscatto culturale,
civile ed economico. Gli scopi statutari di quel consorzio erano
condivisi da tutti i cittadini: la realizzazione del Teatro e poi
la sua amministrazione e conservazione. Quegli obiettivi saldavano
il consorzio alla città ed alla sua comunità. Non
v’erano ragioni per stare a discutere di chi fosse il teatro:
serviva, quindi apparteneva alla città. Nessuno dei consorziati
dell’epoca si è mai sognato di affermare la propria
titolarità esclusiva su quote del teatro; a loro lo statuto
riconosceva unicamente, quasi per deferente gratitudine, il diritto
di palco o di poltrona, cioè il diritto ad essere preferito
nella sottoscrizione degli abbonamenti stagionali (art. 10 dello
Statuto del 1895).

Diciamola tutta: l’adozione dello
statuto del 1993 con l’affermazione unilaterale del principio
che "l’intero complesso appartiene… in comproprietà
ai soli consorziati proprietari assoluti di palchi, poltrone e sedie,
pro correlativa proporzionale quota" (art. 2, Statuto 1993)
ha rappresentato il tentativo dei consorziati di capitalizzare l’impegno
profuso in maniera disinteressata e filantropica dai loro antenati;
come se la generosità fosse un bene frazionabile, monetizzabile
e commerciabile. Quell’operazione, però, si è
rivelata in fin dei conti un boomerang: non poteva e non può
produrre gli effetti giuridici desiderati (in quanto atto unilaterale
ed interno uno statuto non può costituire il titolo giuridico
per un’autoattribuzione della proprietà di un bene, 0, 0);
ha reciso definitivamente il cordone ombelicale che dopo un secolo
continuava a legare in simbiosi stretta il consorzio alla sua comunità
cittadina; ha infranto l’immagine che l’opinione pubblica
aveva del consorzio, un gruppo di gente perbene che continuava in
maniera disinteressata ad occuparsi della conservazione di un bene
collettivo e della preservazione di un simbolo della memoria collettiva.
E’ come se i soci dell’ABMC un giorno approvassero uno
Statuto che sancisse l’appartenenza, pro quota, di tutto il
suo patrimonio librario ai singoli soci: una follia!!

Nulla e’ come prima…. il
prima ed il dopo a confronto

L’opinione pubblica cittadina
si domanda ormai retoricamente: dove è il disinteresse personale?
dove l’assenza dei fini di lucro in persone la cui unica premura
in questi ultimi anni è stata quella di consacrare statutariamente
un supposto ed esclusivo interesse sul teatro? Lo statuto del 1993
ha segnato il definitivo divacarsi delle finalità, delle
idealità e delle strade del consorzio, da una parte, e della
comunità cittadina dall’altra.

E’ per questo che ben undici
associazioni e movimenti cittadini hanno impugnato e si sono formalmente
opposti ad un’intesa che impegnava il Comune a versare, a fondo
perduto, al consorzio un miliardo e mezzo della comunità
ed a consegnare definitivamente ai consorziati la proprietà
del Teatro divisa in quote. E’ per questo che il consorzio
risulta essere isolato nella città, osservato con disincanto
se non proprio con diffidenza. E’ per questo, e non a caso,
che l’Amministrazione comunale ora si è posta la questione
di chiarire "il ruolo e la natura del consorzio" (così
si legge nella delibera di conferimento dell’incarico all’avvocato
Ventura). E’ sulla base di queste oggettive circostanze e non
di supposte strumentalizzazioni politiche che si spiega la sensazione
di profondo isolamento giustamente avvertita dagli stessi consorziati
quando lamentano che



"abbiamo subito e sopportato
da vari anni gli attacchi indiscriminati e certamente infondati
da parte di cittadini, di associazioni e della stampa locale
riguardo alle vicende del Teatro Mercadante e al suo riattamento.
Addirittura abbiamo visto affissi manifesti annunziante la morte
del "Teatro Mercadante""

(Relazione del presidente del
consorzio, avvocato Raffaele Caso, all’ultima assemblea
del 21 marzo 1999, 0, 0);



o confessano, alcuni, che l’ultimo
accordo con l’amministrazione comunale



"è già stato
ratificato dall’Assemblea del Consorzio con voto favorevole
unanime anche se per alcuni, tra cui i sottoscritti, molto sofferto"

(così nell’istanza
presentata dai consiglieri comunali, nonché consiglieri
di amministrazione del consorzio, Alfredo Striccoli e Francesco
Viti).



I consorziati si sono davvero isolati
non solo, per le ragioni anzidette, dal presente, ma anche dal loro
stesso passato, quello di cui furono nobili protagonisti i loro
antenati. Proviamo a raffrontare presente e passato nelle parole
dei protagonisti, così come sono riportate in una serie di
documenti sinora inediti e che sono stati da noi ritrovati dopo
una non semplice ricerca presso la biblioteca dell’ABMC e dell’Archivio
di Stato.

Le parole dei nonni…



"Nel presentare a questo
rispettabile Consesso la domanda per la concessione del suolo,
su cui dovrà sorgere il nuovo Teatro… è necessario
illustrarla di tutte le ragioni, che hanno indotto il Comitato
provvisorio a preferire il largo Panettieri… Questo dovere
incombe a me quale componente del detto Comitato e quale ingegnere;
per ciò sin dal primo sorgere di tale idea, vedendo la
necessità di presentarsi al pubblico con proposte concrete,
scevro di poesia, e con un certo piano finanziario, indispensabile
a raggiungere la desiata meta
, ho dovuto prima studiare
con gli amici la ubicazione più conveniente e poi redigere
un progetto di massima. Quindi il mio ragionamento non è
empirico parto di sole considerazioni tecniche generali, ma
di riflessioni intime speciali, per noi più importanti
delle prime, giacché esse sono state il punto di partenza
e la base fondamentale del nostro operato
… I principali
criterii intimi del Comitato sono di già riassunti nello
statuto fondamentale redatto, che oramai è a conoscenza
di tutti:

a) Commemorare cioè
il 1° Centenario dalla nascita di F.S. Mercadante…

b) Dare immediatamente
lavoro agli operai altamurani, visto che la maggior parte di
essi è in ozio e priva dei mezzi necessarii di sussistenza;
e questo è un bisogno impellente, al quale i rappresentanti
la cittadinanza nel Consiglio Municipale devono assolutamente
provvedere, qualunque sia lo stato della pubblica finanza.

c) In ultimo subordinare
il progetto alla somma, di cui può disporsi, scrutinando
tutti i mezzi capaci a fare il massimo possibile con la minima
spesa"

(brano tratto dalla Relazione
letta dall’ingegnere Vincenzo Striccoli, progettista del
teatro, nella seduta del Consiglio Comunale del 15 gannaio 1895).

"… l’idea primogenita
e fondamentale, sulla quale, ripeto, il Comitato preventivò
tutto il piano finanziario, fu della ubicazione al Largo Panettieri…
E’ questa l’unica zona che presenta senza molto pensare
le più indiscutibili ragioni di economia. Essendo
proprietà municipale e ricercata per un opera pubblica,
può facilmente dalla munificenza dei nostri Amministratori
essere ceduta senza alcun compenso e senza richiedere alcun
indugio
pel disbrigo di tutte le pratiche amministrative
indispensabili: oltre di che si è sicuri di non essere
ostacolati dalle Autorità superiori… Conchiudo col
pregare caldamente le SS. LL. a voler concedere al Comitato
tutta la zona quivi esistente… Ciò facendo saranno
sicure di far opera grata a tutta la popolazionee degna del
plauso e dell’unanime grido di evviva non solo da parte
della stessa classe operaia, ma dei componenti il Comitato,
i quali vedrebbero in tal modo realizzata quella idea, che fu
creduta un’utopia, e coronati con esito felice i loro sforzi
per dare ad Altamura un Teatro degno del posto, che essa dovrebbe
occupare tra le altre città della nostra Provincia"

(Relazione dell’ingegnere
Striccoli al consiglio comunale del 15 gennaio 1895).

"L’ingegnere Vincenzo
Striccoli legge la sua relazione che al finire viene applaudita.

Patella: … La relazione è
stata fatta con tutta dottrina, con la massima accuratezza e
ridonda ad onore del giovane Ingegnere che ritornato dai suoi
studi prende a cuore una nobile iniziativa pel decoro della
nostra Patria e per onorare un nostro sommo concittadino. Il
compenso che va dato alla relazione dell’Ingegnere Striccoli
è che la relazione medesima formi parte integrante del
verbale della seduta odierna e che il Consiglio approvi tutto
quanto in essa è detto, cioé si concedi il suolo
domandato per il nuovo Teatro. La concessione si può
fare perché non è nell’interesse privato…
Si ritenga il Teatro il monumento dei monumenti
.

Presidente (il Sindaco dell’epoca
Pietro Priore, ndr
). Dichiarerà che quando si cominciò
a parlare di questa iniziativa la credette un’utopia; ora
deve compiacersi col Comitato promotore che ha saputo vincere
la patia (sic!) e l’avarizia della generalità
dei Cittadini, portando un vantaggio ai poveri operai dissoccupati
(sic) ed un lustro al Comune. Propone quindi un voto
di plauso.

Il Consiglio approva."

(dal verbale della seduta straordinaria
del consiglio comunale del 15 gennaio 1895 che deliberò
la concessione del suolo comunale antistante la villa).

"Dopo tanto trepidare, ogni
dubbio oramai si è dileguato; ciò che sino a ieri
fu un pio desiderio per alcuni, un’utopia per altri, oggi
è divenuto realtà. In un baleno, prima che la
mente si fosse abituata ad accogliere questa idea, Altamura,
mettendosi davvero sul cammino del progresso, volendo mostrarsi
città che degnamente partecipa della moderna vita, getta
come per incanto le prime fondamenta di un monumento della civiltà.
Questo sorgere repentino di tale opera dell’arte non solo
sarà per i nostri nepoti un esempio incancellabile di
abnegazione cittadina, ma dimostrerà ad evidenza l’indole
generosa del popolo Altamurano
. In fatti, o Signori, sono
appunto i monumenti, che rivelano a chiarissime note la storia
ed il carattere di un popolo. Attraversiamo l’Italia dall’Alpi
all’Etna, e dalle migliaia di monumenti, disseminati nelle
cento città, avremo il quadro completo dei tempi che
furono… Diversi per la nostra città sono i vantaggi
che risulteranno dalla costruzione di questo tempio dell’arte.
L’utilità materiale è troppo evidente, perché
cade ogni momento sotto i nostri sensi. Il lavoro che si procura
agli operai, tuttora disoccupati, è il vantaggio più
immediato… Quasi tutti gli operai Altamurani sono disoccupati;
li vediamo infatti da mane a sera, come tante larve, aggirarsi
per le vie della città in cerca del necessario. Sono
privi del nutrimento, patiscono la fame e con questa, voi lo
sapete, non si ragiona. E’ dessa che fa scaturire inaspettatamente
quelle tristi bufere, che sono causa di funeste calamità;
il grido della miseria a lungo soffocato erompe a guisa di vulcano,
e compie le più grandi rivoluzioni; gli ultimi fatti
di Sicilia e di Massa – Carrara, il socialismo e quell’associazione
tanto funesta, di cui siamo spettatori ai giorni nostri, l’anarchia,
ne sono un esempio evidente. per apprestare un rimedio atto
a prevenire questo morbo, che fortunatamente in Altamura si
trova ancora nel periodo d’incubazione, noi del Comitato
abbiamo creduto di farci iniziatori della costruzione di questo
edifizio, il quale procurando il pane agli operai, segnerà
una data memorabile di abnegazione cittadina nella storia di
Altamura…

In questi tempi difficili, per
le tristi condizioni economiche, che tutti deploriamo, ci parve
ben ardua l’impresa; però i fatti hanno dimostrato
il contrario; poiché il risultato delle noste richieste
ha superato di molto le aspettative di tutti; nello spazio appena
di due mesi col foglio di sottoscrizione si è raggiunto
la somma di lire quaranta mila circa. Questo spontaneo concorso
di tutti i cittadini dimostra ad evidenza che Altamura non rimane
seconda agli altri paesi civili e, malgrado la crisi che attraversa,
dà prove non dubbie di qualunque sacrifizio, quando il
dovere ad essa s’impone
"

(stralci del discorso tenuto il
25 marzo 1895, in occasione del collocamento della prima pietra
del Teatro Mercadante, dal dottor Filippo Baldassarra, presidente
del comitato promotore della costruzione del teatro: il testo
del discorso fu pubblcato integralmente dal periodico gravinese
"La Ginestra – Gazzetta Settimanale del Circondario"
del 28 aprile 1895).



Il Teatro sorgeva grazie all’impegno
economico e lavorativo di tutti gli altamurani; era il tempio dell’arte,
il monumento di civiltà destinato al futuro ed al progresso
della città, voluto e realizzato dai suoi cittadini. L’impegno
e le risorse della città per il Teatro non cessarono, nel
1895, con la sua costruzione. Era il Teatro Cittadino, un patrimonio
collettivo da salvaguardare ed incrementare; e non ancora la proprietà
privata ed esclusiva di un ristretto manipolo di persone.

Il Consiglio comunale, infatti, non
ebbe alcuna difficoltà il 2 luglio 1896 a deliberare
"la cessione dei locali e suppellettili del vecchio al nuovo
Teatro"
: tra il vecchio Teatro Comunale S. Francesco ed
il nuovo era avvertita evidentemente un’inscindibile contiguità
e continuità storica, culturale, funzionale e giuridica.

Nel 1899 fu avviata una nuova,
dopo quella del 1895, raccolta di fondi tra i cittadini altamurani.
In ballo vi erano le celebrazioni del primo centenario dei moti
del 1799 e si rendevano necessari ulteriori lavori per il completamento
della facciata del teatro; la città risponde, come al solito,
generosamente:



"Circola da parecchi giorni
per la città una commissione di cittadini allo scopo
di raccogliere firme per offerte volontarie da servire al completamento
della facciata del nostro teatro Mercadante. Ci viene assicurato
che con poco lavoro hanno già raccolto oltre settecento
lire, sebbene della suddetta commissione faccia parte qualche
persona cordialmente antipatica alla maggior parte dei cittadini.
Questo vuol dire che le offerte sono fatte per il vero scopo
di finire il teatro e non per pura convenienza. Certamente qualcuno,
firmando ripete fra sè il notissimo: "Non tibi sed
Petro""

(riporta la notizia il periodico
altamurano "Le Forbici", diretto da Cherubino Giorgio,
nel numero 6 del 12 marzo 1899).

"Nella sua inaugurazione
(17 settembre 1895, n.d.r.) fu pronto ciò che era indispensabile
per la rappresentazione, la sala cioè ed il palcoscenico:
di poi, in diverse volte, furono aggiunti altri locali, quali
il vestibolo, l’atrio ecc. il tutto eseguito con sottoscrizioni
suppletive"

(Giuseppe De Napoli, I Teatri
d’Italia – Il Teatro Mercadante di Altamura
, in Corriere
delle Puglie
, 8 e 9 febbraio 1913).


Le parole dei nipoti…



"Art. 2 – L’intero complesso,
con ogni accessione, pertinenze e adiacenze appartiene al Consorzio
e per esso in comproprietà ai soli consorziati proprietari
assoluti di palchi, poltrone e sedie, pro correlativa proporzionale
quota.

Art. 4 – Il diritto dei proprietri
assoluti indicati nell’art. 2 è pieno e completo
diritto di proprietà …"

(articoli 2 e 4 dello Statuto
approvato nel 1993 dai consorziati)

"Art. 2 – L’intero complesso,
con ogni accessione, pertinenza ed adiacenza appartiene al Consorzio
e per esso in comproprietà ai consorziati proprietari
di palchi, poltrone e sedie, pro correlativa proporzionale quota.

Art. 4 – Il diritto dei comproprietari,
indicati nell’art. 2, è pieno diritto di proprietà
nella proporzionale quota"

(articoli 2 e 4 della Bozza di
Statuto frutto della intesa raggiunta tra Amministrazione comunale
e Consorzio nel febbraio scorso e contestata da undici associazioni
cittadine).


Nota finale

Siamo sicuri che l’avvocato Ventura
avrà modo ed argomenti per bocciare, nel suo parere, come
infondate ed inconsistenti tali previsioni statutarie: è
sufficiente sfogliare un qualunque manuale di diritto privato per
ritrovare la chiara puntualizzazione che gli aderenti ad un ente
associativo non a scopo di lucro (quale è il consorzio) non
hanno e non possono vantare alcun diritto di proprietà sui
beni del fondo comune.

Ma non è questo il problema:
le contestazioni ed i suggerimenti di natura giuridica li abbaimo
già ampiamente formulati nell’atto/ricorso depositato
a maggio in Comune.

L’amarezza nasce invece dinanzi
alla chiusura (dieci anni ormai!) ed al progressivo degrado del
nostro Teatro; dinanzi allo scarto etico, culturale e giuridico
che separa irrimediabilmente la gloria passata ed il presente.



"Animo, miei buoni concittadini
Altamurani, – così il dottor Filippo Baldassarra concludeva
il suo discorso, in occasione del collocamento della prima pietra
del Teatro Mercadante – svegliamoci dal letargo che ci ha tenuti
assopiti da molti anni. Se i nostri maggiori scolpirono col
loro sangue nel 99 una pagina incancellabile nella storia, crearono
questo tempio dell’istruzione, che sorge qui d’accanto,
l’Asilo d’Infanzia e tanti istituti di educazione
e di beneficenza, di cui va orgogliosa Altamura, non saremo
al certo noi degeneri loro successori. Avanti adunque, dimentichiamo
in questo momento le ire di parte e le fatali distinzioni di
classi, continuiamo insieme l’opera con tanto ardore da
noi iniziata, adoperiamo tutta la nostra energia per mandare
a compimento questo tempio dell’arte, questo monumento
della civiltà. E quando i più tardi nostri nepoti
sapranno che questo edifizio, in un tempo di massima crisi economica,
sorse per onorare la memoria di un insigne concittadino altamurano
e per dar lavoro al popolo, che pativa la fame, mandandoci le
più calde benedizioni, cercheranno anch’essi di
fondare nuove istituzioni, procureranno anch’essi di dare
incremento alla città di Altamura e renderla sempre più
degna degli alti destini della novella generazione".



Appunto…